giovedì 31 ottobre 2013

Protestanti e cattolici: dal conflitto alla comunione

Come ogni anno, il 31 ottobre le Chiese luterane festeggiano l’anniversario dell’evento che simbolicamente ha dato inizio alla Riforma protestante: l’affissione delle 95 tesi di Lutero a Wittemberg, nel 1517.
Una festa per celebrare una lacerazione della Chiesa? Forse nei secoli è stato così, ma non più oggi: il cammino ecumenico percorso in questi decenni, a partire in particolare dal Concilio Vaticano II, ha ottenuto risultati inimmaginabili solo mezzo secolo prima. Così le Chiese si sono incamminate per giungere a commemorare in modo congiunto il 500° anniversario della Riforma, che cadrà nel 2017.
Ma come è stata possibile questa guarigione - o, per lo meno, questa cura efficace - delle memorie? Il 17 giugno scorso è stato reso pubblico un documento,  Dal conflitto alla comunione. La commemorazione comune luterana-cattolica della Riforma nel 2017, messo a punto dalla Commissione teologica bilaterale. Un testo che ripercorre la vicenda di quell’istanza evangelica che si tramutò ben presto in divisione nella Chiesa d’Occidente. È un racconto condiviso delle vicende del passato che non si nasconde dietro luoghi comuni e non evita interrogativi cruciali, ma che affronta le questioni più scottanti di allora e di oggi con l’intento di ricostruire una storia comune, di riconoscere gli errori commessi e le intenzioni stravolte, così come le ricadute positive nella vita di fede quotidiana di tanti cristiani.
È un testo denso, frutto non solo dell’ottimo lavoro di teologi e storici della Chiesa, ma più ancora del vissuto quotidiano di tante comunità cristiane. Si coglie anche un clima più propenso a ricercare non solo «ciò che ci unisce che è più grande di ciò che ci divide» (per citare Giovanni XXIII), ma soprattutto Colui che unisce i cristiani, Cristo stesso, più grande e più forte di colui che divide, il diavolo il cui nome è «divisore», appunto. Questa riflessione teologica accompagna per mano anche chi della Riforma e della Controriforma conosce solo qualche episodio, perlopiù negativo: scomuniche, condanne reciproche, persecuzioni, cedimenti al potere temporale.
Il testo termina con un’affermazione decisiva - «il conflitto del XVI secolo è finito» - e pone cinque «imperativi» da assumere come compiti ineludibili da qui al 2017: istanze evangeliche che proiettano le Chiese verso la testimonianza resa a Cristo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo e che offrono l’unico criterio decisivo per una celebrazione autenticamente cristiana: «Gli inizi della Riforma saranno ricordati in maniera adeguata quando luterani e cattolici ascolteranno insieme il Vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo chiamare a fare comunità insieme al Signore». Ecco la perenne vocazione cristiana: fare comunità con il Signore Gesù. Con lui e attorno a lui le nostre infedeltà sono avvolte dal suo perdono e le nostre differenze diventano carismi complementari a beneficio della corsa della Parola nella storia.
Davvero i teologi hanno fatto la loro parte, ora tocca ai cristianiconvertirsi all’unico Signore, riscoprire i sentieri che la Parola di Dio traccia nelle loro vite, rinnovare quel desiderio di essere portatori di una buona notizia che è messaggio di speranza per l’umanità intera: la vita è più forte della morte, il Signore ha vinto la morte, per tutti e per sempre.
Guido Dotti Monaco di Bose, esperto di questioni ecumeniche

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incontro
Ma Bergoglio non è Lutero
Lo scorso 30 settembre, nel quadro del Meeting internazionale per la pace promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini – presente al Meeting come oratore – ha partecipato a un'udienza papale in Vaticano e ha avuto un breve colloquio con papa Francesco.
– È stato il primo incontro di un rappresentante del protestantesimo italiano con il nuovo papa. Che cosa vi siete detti?
«Si è trattato di un breve saluto. Mi sono rivolto a lui in spagnolo, come gesto di cortesia, e gli ho accennato che la nostra chiesa italiana ha anche comunità e pastori a Buenos Aires e nel Rio de la Plata.
Bergoglio, stringendomi le mani, ha fatto un piccolo movimento di sorpresa con la testa e mi ha detto che ricorda un pastore valdese, un suo buon amico fraterno, che ora non è più con noi; gli ho risposto che sono stato messo al corrente di quella conoscenza e mi sono congedato con la frase"che Dio benedica il suo ministero", una frase tipica di saluto tra cristiani latinoamericani. Il "buon amico fraterno" ricordato dal papa era Norberto Bertón, pastore e professore di teologia. Negli ultimi anni della sua vita, anziano e non più autosufficiente, Bertón fu accolto dall'alloraarcivescovo Bergoglio in una casa per sacerdoti anziani, dove poi morì nel 2010».
– Nelle ultime settimane papa Francesco ha moltiplicato gli interventi sui media: la lettera di risposta a Eugenio Scalfari, la lunga intervista a Civiltà cattolica, e infine il dialogo con Scalfari (La Repubblica, 1 ottobre), dove troviamo espressioni sorprendenti sulla bocca di un papa, del tipo «la corte è la lebbra del papato» o «quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto». Quasi tutti sono entusiasti di papa Francesco, a parte certi settori conservatori del cattolicesimo; e anche in casa nostra, per motivi ovviamente diversi, ogni volta che pubblichiamo qualcosa su Francesco arrivano messaggi che dicono: fate attenzione, perché comunque è pur sempre un papa...
«Io stesso sono stato attaccato su siti evangelicali che considerano il papa un anticristo, per cui il fatto di avergli stretto la mano e di aver detto la frase «Dio benedica il suo ministero» sarebbe la dimostrazione che neanche la Chiesa valdese è una chiesa cristiana. Quando Bergoglio è stato eletto avevo espresso l'auspicio di poter prima o poi incontrare una chiesa cattolica con una sua struttura, con un suo responsabile come hanno tutte le chiese, magari un papa, ma senza il papato; un papa nel senso di un dirigente ecclesiastico, di un presidente di una chiesa ma senza quel contorno del papato che noi tutti conosciamo dal punto di vista della concezione ecclesiologica, teologica, dottrinale, disciplinare, simbolica... La sensazione è che papa Francesco abbia in programma proprio quello di far cambiare pelle alla figura del papa e quindi cambiare anche il papato. Questo secondo me è un programma rallegrante per tutti, che però non ci può far pensare che la chiesa cattolica stia diventando una chiesa protestante. Questo non è nel suo programma. Quindi non bisogna aspettarsi una «protestantizzazione» del cattolicesimo, ma c'è da augurarsi che Bergoglio riesca a realizzare il programma che dichiara – e cioè una chiesa vicina alle persone. Perché la gerarchia oggi, specie da noi, è lontana dalla chiesa, i palazzi vescovili, sono lontani dalla gente. Lui no, lui come altri vescovi soprattutto in altri continenti, non lo è. E il fatto che uno come Bergoglio sia arrivato a Roma, al ruolo del papato, è importante e ci auguriamo che abbia successo: ma non ci illudiamo che la Riforma luterana sia arrivata dentro il palazzo apostolico».
 Il papato di Francesco tornerà a dare priorità al dialogo ecumenico?
«Credo di sì, lo ha dichiarato anche nell'intervista a Scalfari affermando che i padri del Concilio Vaticano II "sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti" e aggiungendo: "dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l'umiltà e l'ambizione di volerlo fare". Ho la sensazione che non l'abbia solo dichiarato ma che lo realizzerà, dando impulso in molti modi a questa sua volontà. Abbiamo già dei segnali in questo senso: la presenza di mons. Bianchi al Sinodo valdese di quest'anno, l'invito all'incontro di S.Egidio, il mio breve colloquio col papa sono dei segnali e spero che ce ne saranno altri, ancora più significativi».
– Su Riforma del 4 ottobre Simone Maghenzani affermava che questo papa gesuita, con il suo stile pastorale, «spariglia le carte» e noi, abituati a trovare spazio nelle chiusure etiche della chiesa cattolica oggi siamo spiazzati e dovremmo spostare il confronto su un terreno più teologico.
«Non sarei così ottimista sul fatto che ci troveremo compagni di strada vicini sul piano etico. Questo papa ha sì accennato alla questione dei divorziati, ma per esempio sui temi della famiglia o dell'interruzione di gravidanza non mi sembra che si sia discostato per nulla dalle posizionitradizionali espresse dalla gerarchia cattolica. Sicuramente Francesco vuole spogliare la chiesa cattolica di formalismi che derivano dal considerarsi comunque, a livello di apparato, tra i potenti di questo mondo; ha la priorità di avvicinare la realtà della chiesa cattolica agli svantaggiati: non solo ai poveri economici, ma anche ai poveri di diritti, di salute, di età. Su questo farà dei passi in avanti. 
Probabilmente potrebbe anche riuscire a ottenere un riconoscimento per il ruolo della donna nella chiesa – si parla di accesso non al sacerdozio ma al cardinalato anche per qualche figura femminile – e forse farà qualche scelta simbolica in questo senso. Però sul piano generale dell'etica non sarei così sicuro che ci saranno cambiamenti significativi: aspettiamo e vedremo. Ritengo comunque che qualsiasi avvicinamento sul piano della chiesa al servizio dei più svantaggiati, dei senza diritto è positivo, perché abbandonare i formalismi e l'atteggiamento da "potenti della terra" è positivo, ci avvicina nella strada del servizio verso i più umili del mondo, che è la strada delle chiese cristiane e della loro collaborazione ecumenica. Anche sul piano liturgico si possono vedere dei cambiamenti: Francesco ha preso le distanze dalla messa in latino, da una liturgia che non parla direttamente alle persone, ha cambiato i responsabili dell'ufficio liturgico papale. Queste sono tutte notizie positive per noi ma, lo ribadisco, non dobbiamo pensare che la Riforma di Lutero stia per entrare in Vaticano. Secondo me siamo su un altro piano, che però faciliterà la collaborazione e il dialogo ecumenico. Per questo vedo con simpatia la sua opera».
Intervista a Eugenio Bernardini a cura di Luca Maria Negro in "Riforma" del 18 ottobre 2013
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Sotto un video con un intervento (parte da 16.40) di Angela Pellicciari su Martin Lutero.