venerdì 22 novembre 2013

Paolo VI e gli studi di Oscar Cullmann sul primo degli apostoli.




Anni della fede. Paolo VI e gli studi di Oscar Cullmann sul primo degli apostoli. Un inedito di Papa Montini

Domenica 24 novembre, durante la liturgia conclusiva dell’Anno della fede presieduta da Papa Francesco, saranno venerate le reliquie che la tradizione attribuisce all’apostolo Pietro. Proprio per ricordare il diciannovesimo centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo dal 29 giugno 1967 al 30 giugno 1968 fu celebrato per volere di Paolo VI il precedente Anno della fede. Nel cinquantesimo anniversario dell’elezione in conclave di Giovanni Battista Montini (21 giugno 1963), il «Notiziario» dell’Istituto Paolo VI (n. 65, pp. 7-14) ha pubblicato un suo appunto inedito, risalente al tempo del pontificato, che riproduciamo in questa pagina insieme a un brano dei Dialoghi con Paolo VI di Jean Guitton (Milano, Mondadori, 1967, pp. 219-223) dove il Pontefice rende omaggio agli studi di Oscar Cullmann sul primo degli apostoli.
In un inedito di Papa Montini

Pietro è unico Pietro — discepolo — maestro apostolo pastore e pescatore d’uomini martire. Quanto Cristo lo amò. Cristo amò Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”, con una predilezione di amicizia interiore. Amò Pietro, nelle debolezze stesse di lui, con una predilezione in ordine alla Chiesa per il compimento d’una missione; lo amò e lo chiamò, lo investì d’una missione, lo amò e lo rimproverò (Mt. 16, 23), lo corresse e lo premunì (Mt. 26, 34), lo sopportò (Mt. 26, 40), lo perdonò (Lc. 22, 61), volle da lui, come da nessun altro, essere amato (Jo. 21, 15 ss.), e a lui confermò il supremo mandato pastorale in ordine al suo gregge, la Chiesa, e volle da lui la testimonianza totale del martirio, sempre con l’invito, col comando, con la grazia: “Sequere me” (Jo. 21, 19-22).
Pietro, ovvero sia dell’umiltà. (cfr. S.Th. II-II-33, 4, ad 2).
È per lui dovere fondamentale per il fatto che Gesù Cristo lo ha insignito di tale nome e della corrispondente funzione: essere cioè base della sua Chiesa.
Ora la base, che tutto sostiene, sta in basso e non in alto, e quasi si nasconde nel terreno sul quale sorge l’edificio. Erunt primi novissimi (Mt. 19, 30). Qui praecessor est, sicut ministrator (Lc. 22, 26). Jo. 13, 14: lavare pedes.
E Pietro, davanti a Cristo, era predisposto all’umiltà. Cfr. Lc. 5, 8; Jo. 13, 8-9.
Davanti agli altri? non si legge ch’egli fosse ambizioso (cfr. Mt. 20, 22)[.] Esercitò per primo e coraggiosamente la sua funzione di capo del collegio apostolico (cfr. Mt. 16, 16; Jo. 6, 68; Act. 11, 2 ss.). Anche nel famoso episodio di Antiochia (Gal. 2, 11-16) non è detto ch’egli abbia reagito per motivo di prestigio. Ma è capo. Act. 2, 14; Act. 15, 7 ss. Per l’autorità, che gli viene da Cristo a guida della Chiesa (cfr. Jo. 21, 15 ss.).
Quanto alla sua spiritualità di Pastore: cfr. 1 Pet. 5, 6[.]
Pietro è unico. Da notare i momenti e i segni di questa distinzione, che Cristo gli conferisce nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli, non per separarlo, sì bene per inserirlo ancor meglio fra gli altri Apostoli e la comunità dei seguaci.
Questa posizione lo rende, in una sua speciale spiritualità, cioè in un suo singolare rapporto col Signore, solo. Solitudine di Pietro, solo colmata da un maggiore amore a Cristo e da una tacita e totale dedizione alla Chiesa.
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Paolo VI e gli studi di Oscar Cullmann sul primo degli apostoli
(Jean Guitton) IL PAPA. Come non essere grato a Cullmann, questo erudito così nobile? L’ho visto più volte durante il Concilio. Durante la prima sessione ero più edificato dalla sua attenzione per le nostre deliberazioni, che non per il suo raccoglimento nella preghiera. Meritava di esserci: per noi Cullmann è l’esempio del dialogare ecumenico. Il suo libro su san Pietro credo abbia rinnovato il problema tanto dibattuto, e per noi tanto importante, della personalità, della carica di san Pietro; della relazione di Pietro con Cristo e con la Chiesa nascente. Evidentemente noi auspicheremmo che le sue conclusioni coincidessero con quello che la Chiesa di Roma afferma e crede. Ma volere questa coincidenza, significa volere che l’unione si realizzi, oggi stesso. E non bisogna tentare Dio, che è paziente. Noi possiamo, noi dobbiamo implorare il Padre della luce, con la supplica, la costanza, la speranza, l’impazienza dell’amore. Attendendo l’ora che ha stabilito misteriosamente nella sua potenza, le divergenze sono inevitabili. Non vi insisto. D’altra parte lei le ha individuate molto bene nel suo libro: La Chiesa e il Vangelo.
IO. Ai miei occhi la differenza «nucleare» è la diversa concezione che ha il mio collega Cullmann sul tempo della Chiesa. Per Cullmann, quando il Signore dice Pietro, dice Pietro e basta. Di quello che succede dopo Pietro, Gesù non si occupa più. Per noi, quando Gesù dice Pietro egli vede in Pietro tutta la successione dei papi. E quando dà a Pietro il suo privilegio per costruire la Chiesa, pensa alla Chiesa fino alla fine dei tempi, a tutti i successori di Pietro.
IL PAPA. Credo che in fondo sia la tesi di Cullmann. Ma il nostro dialogo prevede che noi mettiamo tra parentesi ciò che ci allontana ancora. Ho notato nel bel libro su san Pietro del Cullmann un passaggio che le voglio leggere. È la conclusione del libro: «La rocca, il fondamento di tutte le Chiese di tutti i tempi è il Pietro storico, l’uomo che Gesù aveva scelto e distinto in modo speciale tra i Dodici, come testimone della sua vita, della sua morte, e come primo testimone della sua resurrezione. È su Pietro che Cristo, lui stesso pietra angolare, costruirà incessantemente la sua Chiesa, finché vi sarà una Chiesa sulla terra».
IO. È vero: è la «corona» finale. Ma Cullmann fa di Pietro una rocca centrale proprio perché non accetta il meccanismo di successione, che farebbe dipendere Pietro da un seggio episcopale. Pietro diventa una rocca superiore al tempo e allo spazio, alle circostanze storiche, la chiave di volta della Chiesa.
IL PAPA. Non ho detto che la concezione di Cullmann sia la nostra. Ma come è bello, quanto è confortante, come è onorevole per la critica che un ricercatore che non appartiene al mondo cattolico, unicamente sollecitato dal rispetto per il contenuto delle Scritture, per le manifestazioni delle origini, e contro molti esegeti della sua Chiesa, i quali insistono a ritenere che certi passaggi del Vangelo troppo favorevoli a san Pietro siano interpolati; come è confortante, per l’onore della intelligenza e della ricerca, per il mutuo rispetto delle opinioni, per l’avvenire del dialogo ecumenico vedere che, senza nessuna sollecitazione da parte nostra, e nessun desiderio di farci piacere, un critico della statura di Cullmann attribuisca a Pietro questa funzione di rocca, di primo testimone della fede. Lei mi dice che per questo autore la funzione di Pietro muore con Pietro. Forse. Non so. Bisognerebbe interrogarlo su questo punto; sapere quale è lo stato attuale della sua indagine; la sua prospettiva: ma egli apre delle vie, delle possibilità. E il passaggio finale che le ho letto lascia supporre, presentire una possibilità, una congiuntura (abbastanza diversa da quelle conciliari ma forse anche più notevole) in cui un successore della Rocca si troverebbe, per forza di cose, ad assumere la carica e l’altezza di pietra angolare, di chiave di volta, dal momento che questa rocca (è Cullmann che parla) è «il fondamento delle Chiese, di tutte le Chiese, di tutti i tempi». Comunque sia, io rendo omaggio al metodo, alla intenzione, all’arte discreta, ricca di sfumature, di finezza, di riserva sui punti controversi; alla cura costante che questo autore sottile, prudente, ha di distinguere, nell’ambito del suo assunto, differenti piani di consenso. In qualche punto dice, se ho buona memoria, «sono quasi sicuro»; altrove «questo punto sarà sempre ipotetico»; ancora, con un certo umorismo, perché ha dell’umorismo «è una concezione personale del critico e coinvolge lui solo». Questa considerazione della luce ombrata nella quale in modo ricco gioca l’intelligenza, mi piace.
Alla chiusura del Concilio, una domenica mattina di dicembre, quando ho avuto un po’ di distensione, ho chiesto a Cullmann di parlarmi delle sue ricerche su san Pietro, sul problema delle reliquie dell’apostolo; della sua morte, di dove è seppellito. Non si aspetti che io prenda partito: è un problema estremamente aperto, in cui l’autorità poggia unicamente sulla competenza. Forse non si potrà mai uscire dalla zona del probabile; il che lascia campo alla libertà. Se esiste una palestra naturale alla libertà, un terreno dove essa sia totale, limitata (come in ogni altra ricerca) solo dalla verità, la verità sperimentale, del fatto archeologico o storico, è questa. Lo stesso pensava Pio XII quando prese l’ardita iniziativa di consentire a queste ricerche; quando ne pubblicò i risultati; quando propose questi risultati alla discussione degli studiosi. Nessuno deve aver paura della verità; e noi non cerchiamo che la verità, nelle grandi e nelle piccole cose. Nessuno contesta che i pontefici romani siano i successori di san Pietro; che alle origini siano stati considerati i successori di san Pietro.
IO. La scienza storica può benissimo ritenere, un giorno, che Roma non possieda le ceneri di Pietro o anche ammettere che noi ne possediamo le ossa e le ceneri... A parer mio, questo problema non ha una importanza determinante.
LUI. Ripeto, le libertà di ricercare e di concludere sono totali. Questa apertura allo spirito e alla libertà della ricerca, in questa basilica che è la nostra, e su un punto che ci sta tanto a cuore, ma sul quale noi abbiamo tutta la nostra libertà di opinione, è come un pegno dato dalla sollecitudine dei papi alla scienza, all’onore della scienza. Il professor Cullmann lo ha capito. E sono certo che egli peserà accuratamente, come ha sempre fatto, il pro e il contro, l’incerto e il probabile. E noi dovremo sempre felicitarci delle sue osservazioni, e dei suoi apporti.
L'Osservatore Romano

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Margherita Guarducci. La punta di diamante
L'Osservatore Romano
Nel dibattito sulle reliquie attribuite all’apostolo Pietro un ruolo fondamentale fu svolto da Margherita Guarducci. A lei è dedicata una voce, scritta dal nostro direttore e qui ripubblicata, nel dizionario biografico Italiane (Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2004, seconda edizione 2011). 
La punta di diamante. Epigrafista e storica del mondo antico, Margherita Guarducci (Firenze 1902 – Roma 1999) legò il suo nome al ritrovamento e alla discussa identificazione delle reliquie di san Pietro.