martedì 24 dicembre 2013

Il cardinale Bergoglio e «Lo spirito del Natale»




Il cardinale Bergoglio nel 2011
«Lo spirito del Natale»
Il cardinal Bergoglio era solito ce­lebrare la Messa di Natale la sera del 24 nella cattedrale. Nel 2011, però, l’attuale papa Francesco ha voluto rivolgersi all’intera nazione in un articolo scritto per il quoti­diano La Nación e pubblicato il 23 dicembre 2011, intitolato “Lo spi­rito del Natale”. Avvenire lo riporta integralmente.

In una vignetta pubblicata di recen­te, una bambina raccontava all’a­mica che, questo Natale, aveva chie­sto in regalo ai genitori non giocattoli ma dello “spirito natalizio”. Questi ul­timi erano rimasti sconcertati, senza capire né sapere che cosa fare. Il mes­saggio mi è parso molto acuto e di cer­to ci pone di fronte alla domanda: che cos’è lo spirito natalizio? Per rispon­dere sembrerebbe necessario fare una corsa a ostacoli, scavalcando una serie di impedimenti, primo fra tutti il fre­netico consumismo di fine anno.

L’interrogativo, però, rimane. In ogni epoca, l’arte ha cercato di esprimere “lo spirito natalizio” in mille modi. Gra­zie ai quali è riuscita ad avvicinarci pa­recchio al significato di “spirito natali­zio. Quanti racconti di Natale ci regalano e­pisodi così prossimi a quest’ultimo! Le bellissime storie di Andersen, Tillich, Lenz, Böll, Dickens, Gorki, Hamsun, Hes­se, Mann e tanti altri ci spalancano orizzonti di significato che ci fanno avanzare nel percorso di compren­sione del mistero.

Restano, comunque, insufficienti rispetto a quest’ultimo. È, al contrario, proprio un racconto, un racconto storico, ad a­prirci le porte sul significato reale del­lo “spirito natalizio”. Un racconto sem­plice e preciso. Dice così: «In quei gior­ni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governato­re della Siria Quirinio.

Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era del­la casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Ga­lilea salì in Giudea al­la città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i gior­ni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo de­pose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2,1-7).

Si tratta di un racconto storico sem­plice, con un riferimento preciso al cammino realizzato dal popolo di I­sraele. Quando Dio ha scelto il suo po­polo e ha cominciato a camminare con lui, gli ha fatto una promessa; non gli ha regalato illusioni bensì ha semina­to nel suo cuore la speranza; la spe­ranza in Lui, il Dio che si mantiene fe­dele poiché non può contraddire sé stesso. Ha donato, dunque, loro la spe­ranza che non delude. In base al rac­conto riportato prima, noi cristiani so­steniamo che quella speranza si è rea­lizzata. Si realizza e ci proietta verso il futuro, verso il momento del reincon­tro definitivo. Così si manifesta lo “spi­rito natalizio”: promessa che genera speranza, si compie in Gesù e si proiet­ta, ancora nella speranza, verso la se­conda venuta del Signore.

Il testo citato continua narrando la sce­na dei pastori, l’apparizione degli an­geli e il cantico che è un messaggio ri­volto a ciascuno «Gloria a Dio nell’al­to dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». La speranza realiz­zata non ci spinge solo verso il futuro, ma “deborda” nel presente stesso e si manifesta nel desiderio di pace e fra­ternità che, per diventare realtà, deve radicarsi in ogni cuore.

Ogni volta che leggo quel racconto e contemplo la scena addentrandomi in questo spirito di speranza e di pace penso a tutti gli uomini e le donne, cre­denti o non credenti, che affrontano il sentiero della vita, camminando e cer­cando, a volte con speranza, altre sen­za, e mi viene il desiderio di avvicinar­mi, di augurare a tutti loro pace, mol­ta pace e di riceverne; pace di fratelli, poiché tutti lo siamo, pace che co­struisce. Augurare e ricevere quella pa­ce che renda finalmente possibile, in mezzo a tanta notte e nebbia, il rico­noscerci e rincontrarci come fratelli. Il vedere in ogni volto quello di Dio, da cui siamo creati a immagine e somi­glianza. Sarà forse questo, lo spirito na­talizio che la bambina della vignetta a­veva chiesto in regalo ai genitori?

Jorge Mario Bergoglio