sabato 28 dicembre 2013

Il dialogo al tempo di Francesco




Intervista al cardinale Tauran. 

(Mario Ponzi) «Dopo il Papa “teologo” — anche del dialogo tra le religioni — l’elezione di un Pontefice con uno stile diretto e semplice e con una capacità sorprendente di comunicazione fa ben sperare che il dialogo continuerà, rafforzandosi». Ne è convinto il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che in questa intervista al nostro giornale traccia un bilancio delle attività del dicastero in questo anno che sta per concludersi. Attività fortemente caratterizzate dallo storico passaggio di testimone tra i due Papi e dalle ripercussioni che le novità del pontificato di Francesco hanno avuto anche nei rapporti con le altre religioni. 

Che cosa hanno significato per il vostro dicastero la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco?
Entrambi hanno profondamente segnato il cammino della Chiesa, non senza ricadute anche sul dialogo interreligioso: in occasione della rinuncia, a Benedetto XVI sono giunti messaggi e segni di vicinanza e gratitudine anche da parte di leader religiosi e credenti appartenenti ad altre tradizioni religiose. Del resto, a questo tema egli ha dedicato un gran numero di discorsi, messaggi e incontri, come testimonia anche il volume Il dialogo interreligioso nell’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica (1963-2013)pubblicato di recente dal nostro Pontificio Consiglio. Vicinanza ed entusiasmo sono stati espressi anche quando è stato eletto il Pontefice «preso alla fine del mondo». Nel solco dei suoi predecessori, Papa Bergoglio ha invitato a proseguire sulla via del dialogo. E così il nostro dicastero ha continuato la sua intensa attività al servizio di rapporti di rispetto reciproco, migliore mutua conoscenza e collaborazione tra cattolici e seguaci di altre religioni. Lo ha fatto con la solita attenzione al ruolo insostituibile delle Chiese locali. Se infatti il Pontificio Consiglio è un “laboratorio” per il dialogo, la messa in pratica di tale processo avviene “sul campo”, dove i cattolici e i cristiani in generale vivono accanto ai credenti di altre religioni. Infatti, è una costante del dicastero svolgere la missione a esso affidata in collaborazione con le Chiese locali, in particolare le Conferenze episcopali e le loro commissioni per il dialogo interreligioso.
Quali sono state le novità portate da Papa Francesco nel vostro campo specifico?
Sono state diverse, a cominciare dal gesto insolito durante l’udienza concessa ai rappresentanti di altre Chiese cristiane e altre religioni, il 20 marzo, giorno successivo alla messa di inizio del suo ministero petrino: la richiesta di preghiera da parte del Pontefice. A lui alcuni dei presenti hanno risposto: «Siamo noi ad aver bisogno della sua preghiera». Abbiamo potuto riscontrare, ancora una volta, l’attenzione con cui si guarda alla Chiesa cattolica anche da parte di coloro che professano altre religioni. Poi c’è stato il suo invito, lo scorso 7 settembre, a digiunare e a pregare per la pace in Medio Oriente, in particolare in Siria. L’invito, al quale hanno aderito diversi rappresentanti di varie tradizioni religiose, è stato accolto molto positivamente in particolare dai musulmani, alcuni dei quali si sono uniti alla preghiera per la pace indetta da Papa Francesco. Da ultimo ha molto colpito la decisione di firmare personalmente il tradizionale messaggio che il Pontificio Consiglio invia ai musulmani, fin dal 1967, in occasione della fine del Ramadan.
A proposito del dialogo con l’islam, quali sono stati i momenti più importanti in questo 2013?
Esistono rapporti di amicizia e collaborazione con le varie anime di questa grande realtà. Tra i dialoghi meglio strutturati c’è quello con il Centro per il dialogo interreligioso dell’Islamic Culture and Relations Organization (Iran), in particolare in vista del ixcolloquio congiunto, in programma a Teheran nel 2014, che sarà preceduto da una riunione preparatoria. I partner iraniani del dicastero si dimostrano sempre aperti e disponibili ad affrontare anche temi spirituali o teologici, oltre a essere ben preparati. Esiste poi il Comitato islamo-cattolico di collegamento, costituito dal nostro dicastero e dall’International Islamic Forum for Dialogue, con sede in Arabia Saudita. Inoltre si stanno facendo tanti sforzi per riprendere il dialogo sospeso dal 2011 con al-Azhar, al Cairo, in Egitto, il più prestigioso istituto dell’islam sunnita, con l’augurio che i rapporti possano ristabilirsi, riprendendo un dialogo iniziato nel 1998. È da ricordare ancora il partenariato con il Royal Institute for Inter-Faith Studies, ad Amman, in Giordania, iniziato nel 2007, e la costituzione del Forum cattolico islamico, che risale al 5 marzo 2008. Un altro partner del Pontificio Consiglio è la Presidenza degli Affari Religiosi (Diyanet) in Turchia: una dichiarazione d’intenti per avviare una stretta collaborazione è stata siglata a Roma nel 2002.
Iniziative che assumono un valore particolare in un’area geografica come quella mediorientale, ancora segnata da destabilizzazione e conflitti.
Infatti. Alla luce dell’attuale situazione politica, sociale e religiosa, è significativo, per esempio, il nuovo partenariato stabilito il 30 ottobre scorso con le sovrintendenze sciita, sunnita, cristiana, yazida e sabea, che hanno sede a Baghdad, in Iraq. Lo scopo di tale iniziativa è stato quello di avviare una collaborazione fra il dicastero vaticano e le comunità religiose irachene. La prima importante riunione ha offerto l’opportunità di approfondire la reciproca conoscenza e di valutare ulteriori prospettive di dialogo, in particolare attraverso lo stabilimento di un comitato permanente per il dialogo. Oltre a questi tipi di partenariati, il dicastero coopera con enti civili per la promozione del dialogo interreligioso, come il Centro internazionale di Doha per il dialogo interreligioso, il Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, promosso dal presidente della Repubblica del Kazakhstan, e il King Abdullah bin Abdul Aziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue (Kaiciid). Esiste pure una collaborazione su alcuni progetti con la Religions for Peace, con sede a New York. Più in generale, non bisogna dimenticare la commissione per i rapporti religiosi con i musulmani istituita da Paolo VI nel 1974, come organismo d’informazione e di riflessione, presso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ma distinta da esso. La provenienza dei consultori da diverse aree geo-religiose del mondo — attualmente Iraq, ma anche Nigeria, Stati Uniti d’America, Italia, Germania, Pakistan, Gran Bretagna — consente di approfondire da un punto di vista teorico e pratico temi relativi, in particolare, ai rapporti tra cristiani e musulmani nel modo in cui si pongono in Paesi diversi.
Per quanto riguarda l’islam, quali sono le scadenze più significative in calendario il prossimo anno?
Segnalerei anzitutto il seminario che avrà luogo a Roma, dall’11 al 13 novembre, sul tema: «Lavorare insieme per servire gli altri», nel quadro degli incontri scaturiti dopo la lettera aperta che, nel novembre 2007, 138 esponenti musulmani, di differenti tradizioni e ruoli, indirizzarono a Benedetto XVI e ad altri responsabili di Chiese e comunità cristiane. Per quanto riguarda poi i musulmani in Asia e in Oceania, facendo seguito alla mia visita in Indonesia nel 2009, è prevista nel 2014 una visita del segretario del dicastero nel Paese asiatico per incontrare la Chiesa locale, in particolare le persone e le istituzioni coinvolte nel dialogo interreligioso, nonché i responsabili di Nandlatul Ulama e Muhammadiyah, le due maggiori organizzazioni islamiche dell’Indonesia, per esplorare le possibilità di avviare relazioni formali.
Nel contesto geografico asiatico esistono diverse altre religioni. Che progressi ci sono stati nei rapporti tra il Pontificio Consiglio e gli esponenti delle diverse scuole e organizzazioni buddiste e shintoiste?
Hanno continuato a svilupparsi e arricchirsi attraverso incontri e visite. Il 6 maggio scorso, all’Urbaniana, si è svolto il colloquio buddista-cristiano «Pace interiore, pace tra i popoli», frutto anche di precedenti incontri con rappresentanti del buddismo in Italia appartenenti alle tre principali correnti buddiste. Più in generale, riguardo alle religioni e ai nuovi movimenti religiosi giapponesi, diverse sono state le visite nel Paese e numerose sono le occasioni di incontro e di scambio con rappresentanti del buddismo, dello shintoismo e di altri movimenti religiosi. Ogni anno, tranne rare eccezioni, il nostro dicastero ha partecipato al Religious summit meeting del Monte Hiei, all’inizio del mese di agosto. Frequenti sono inoltre gli incontri, a Roma e altrove, con i rappresentanti del movimento buddista laico Rissho Kosei-kai con i quali intratteniamo da tempo cordiali rapporti. Non mancano pure occasioni per incontri di dialogo con i seguaci dello shintoismo. A proposito di questa religione, è bene ricordare che il Pontificio Consiglio sta cercando di avviare un dialogo ufficiale. In tal senso verrà inviato un messaggio di auguri in occasione di una loro festività. Da tempo il dicastero intrattiene relazioni amichevoli anche col movimento Tenrikyo. Infine, un settore particolare di dialogo è quello monastico, atteso il rilevante apporto che l’esperienza monastica può dare al dialogo interreligioso.
Un’altra grande realtà, soprattutto dal punto di vista numerico, è quella dell’induismo. Le persecuzioni dei cristiani in alcune regioni del subcontinente indiano hanno fatto segnare il passo al dialogo?
Direi di no. Il Pontificio Consiglio ha continuato anche quest’anno a promuovere il dialogo cristiano-induista attraverso numerosi contatti con rappresentanti di varie organizzazioni indù, avviando anche relazioni formali con loro. In collaborazione con la Chiesa d’Inghilterra e del Galles, dal 12 al 16 giugno abbiamo organizzato l’incontro «Cattolici e indù: compassione come contributo alla pace» che si è tenuto a Neasden, Londra. «Insieme in preghiera per la pace» è stato il tema di una riunione multireligiosa durante la quale i rappresentanti di nove religioni presenti in Inghilterra hanno pregato. Al termine è stato preso un impegno a favore della pace. Sempre in Inghilterra, con i sikh, si è tenuto nel 2013 un meeting a Birmingham sul tema «Cattolici e sikh: servizio all’umanità come contributo alla pace». L’ormai multietnica e multireligiosa Inghilterra ha inoltre ospitato a giugno un incontro promosso dal nostro dicastero e dai giainisti a Londra, sul tema «Cattolici e giainisti: non-violenza come contributo alla pace».
E per quanto riguarda il dialogo in Africa?
Dal 2004 il dicastero si sta adoperando per promuovervi la formazione dei giovani al dialogo, continuando a dare la dovuta attenzione alle religioni tradizionali africane. Sono in programma iniziative specifiche di dialogo con i loro seguaci.
Cosa c’è in cantiere il prossimo anno?
Poiché il dialogo promosso dal nostro Pontificio Consiglio ha continuato e si è anche rafforzato, nonostante difficoltà interne ed esterne, abbiamo il dovere di proseguire lungo la strada intrapresa cercando anche di migliorare. D’altro canto, il dicastero si accinge a celebrare il cinquantesimo anniversario della sua istituzione — avvenuta il 19 maggio 1964, quando nacque il Segretariato per i non-cristiani, divenuto dal 28 giugno 1988 Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso — e della successiva promulgazione della dichiarazione conciliare Nostra aetate (28 ottobre 1965), la magna charta del dialogo interreligioso.
L'Osservatore Romano