lunedì 30 dicembre 2013

Madrid: la testimonianza delle famiglie cristiane, speranza dell’Europa




Un giorno di particolare bellezza a Madrid, con un sole e una luce che ha dato alla Piazza di Colón tutto il suo fascino e splendore, ha visto ieri riunite decine e decine di migliaia di famiglie cristiane per celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Da Madrid il servizio di padre Ezechiele Pasotti:
Per il 7° anno consecutivo tantissime famiglie, provenienti da tante Diocesi della Spagna, ed ovviamente da Madrid, ma anche da diversi paesi dell’Europa (Portogallo, Francia, Italia, Austria, Germania, Polonia, Ungheria) sono venute a testimoniare non solo l’importanza della famiglia cristiana, ma soprattutto la sua centralità per tutta l’Europa, per dare all’Europa quella speranza, quella gioia di vivere che sembra farsi ogni giorno più evanescente, creando problemi sociali, demografici, economici e politici che sembrano insolubili.
Ed è stata una vera festa: famiglie con numerosi figli, con tante carrozzine, con tanti nonni hanno ascoltato diverse testimonianze di coppie, appartenenti soprattutto a diverse realtà ecclesiali (Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, Opus Dei, ed altre) che hanno raccontato la loro gioia di vivere la fede cristiana oggi, testimonianze inframmezzate da canti e da “villancicos” (i tipici gioiosi canti di Natale).
A rendere la festa particolarmente significativa quest’anno erano presenti un centinaio di famiglie del Cammino Neocatecumenale, con i loro numerosi figli, provenienti da diversi paesi dell’Europa, che saranno inviate in missione ai cinque continenti da Papa Francesco il prossimo 1° febbraio, in un’udienza particolare che avranno nell’Aula Paolo VI. Kiko Argüello – iniziatore con Carmen Hernández del Cammino Neocatecumenale e animatore sin dall’inizio dell’evento madrileno, insieme al card. Antonio Maria Rouco, arcivescovo di Madrid, alla diocesi e ad altre realtà ecclesiali – prima della celebrazione dell’Eucaristia, ha sottolineato che queste famiglie “missionarie” del Cammino, non sono dei “marziani”, gente speciale, ma sorelle e fratelli normali che in un cammino di iniziazione cristiana hanno riscoperto la bellezza della loro fede, del loro battesimo; si sono sentiti perdonati, amati gratuitamente da Dio e che, per gratitudine a Lui, non vogliono più tenere per sé la grazia e la speranza ricevuta.
Partendo da un passo di Paolo ai Corinti (5,15), dove dice che Cristo “è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”, Kiko ha mostrato come “è il peccato che abita in noi ad obbligarci a vivere tutto per noi stessi, ad offrire tutto a noi stessi e così diventiamo egoisti, violenti, lussuriosi, mentitori…, mentre nel nostro Dna continua ad essere scritto che vivere, vivere davvero, è amare, è donare la nostra vita.
San Paolo dice che siamo divisi: desideriamo operare il bene e ci troviamo il male fatto tra le mani, e questo per il peccato che abita in noi (cf Rm 7,14ss), che ci domina e contro il quale non abbiamo potere. Gesù Cristo – ha detto con forza Kiko – è venuto a liberarci da questa schiavitù e nel battesimo ci offre la sua vittoria. Non per magia, ma nella misura in cui, mediante un cammino graduale di iniziazione cristiana, a questo peccato viene tolto potere e forza, l’uomo si apre al dono di sé, fa nuovamente della sua vita quel dono agli altri per il quale Dio lo ha creato.
È la croce di Cristo che ha vinto e vince il mondo. È la croce l’unica verità che salva. È da questa liberazione profonda, da questa situazione di vita nuova, che nasce l’evangelizzazione, la chiamata a portare questa buona notizia agli altri uomini, dovunque sia, senz’altra certezza e consolazione che quella di fare, con gioia, la volontà di Dio. Portando con sé, in questa avventura divina, i propri figli – ha concluso Kiko – certi non solo di non privarli di alcun bene, ma di donare loro il senso vero della vita, perché si fa di essa un dono per gli altri”.
Questa è la speranza di cui l’Europa ha urgente bisogno: non avere paura di aprirsi alla vita, di donare la vita, di dare la vita ai figli, come ha sottolineato mons. Juan Antonio Reig, incaricato della Conferenza episcopale spagnola per la famiglia e la difesa della vita e vescovo di Alcalá. A mezzogiorno, in collegamento speciale con Piazza S. Pietro, tutta la grande assemblea ha ascoltato commossa la parola del Papa ed ha recitato l’Angelus con Lui.
Subito dopo ha avuto luogo la solenne celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal card. Rouco Varela, accompagnato dai cardinali Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e Carlos Amigo, emerito di Sivilla, da oltre 35 vescovi, insieme a moltissimi presbiteri.
All’omelia l’arcivescovo madrileno ha sottolineato come proprio davanti alla dura crisi in cui si trova l’Europa oggi, è la famiglia “cristianamente costituita” a dimostrare ancora una volta “il suo valore insostituibile per la solidarietà e la pace sociale” e “a confermarsi come la vera formula personale e sociale per il bene e la realizzazione piena della persona umana”.
Conclusa l’omelia, le cento famiglie in partenza per la missione ai cinque continenti, si sono raccolte davanti al cardinale che ha rivolto loro la stessa preghiera di invio preparata dal Beato Giovanni Paolo II per un’altra occasione simile.
Al termine della celebrazione, il card. Rouco ai microfoni della Radio Vaticana ha voluto sottolineare due cose in particolare: “In questo 7° anno, la celebrazione della Santa Famiglia, qui nella piazza di Colón, si sta convertendo in una formula di pastorale per la famiglia molto viva e molto contagiosa per l’Europa. E dobbiamo continuarla. Infatti, davanti alle sfide che la situazione della famiglia affronta in Europa, sia in rapporto alla sua fede, come anche davanti alla sua espressione più profondamente umana, c’è un lungo cammino di evangelizzazione da portare avanti. Quest’anno sono rimasto molto impressionato ed è stato particolarmente stimolante fare l’invio di cento famiglie “ad gentes”. Un’altra cosa che mi ha dato molta soddisfazione e molta allegria – ha sottolineato il porporato – è stato vedere che questa festa sta mettendo radici profonde qui a Madrid, ma anche in tutta la Spagna”.
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La Santa Famiglia, modello da seguire sempre. I commenti dei fedeli in Piazza San Pietro

In piazza San Pietro, ieri mattina, erano decine di migliaia le famiglie arrivate festose da ogni parte del mondo per ascoltare le parole di Papa Francesco. 

R. - La famiglia oggi è il nucleo più importante da cui la fede deve nascere e deve essere trasmessa. Quindi è importante che tutto parta dalla famiglia, per potersi poi allargare alla grande famiglia della comunità, della parrocchia, della Chiesa universale.

R. - La famiglia ha un significato straordinario anche perché se ci sono dei bei giovani che oggi riempiono la piazza, è proprio perché dietro ci sono delle famiglie belle. E nei nostri Paesi ce ne sono ancora tante, però bisogna crederci sempre e insegnare soprattutto ai giovani che tutto parte da lì; una vita bella è possibile solo in una famiglia dove c’è l’amore di Gesù.

D. - La famiglia di Nazareth in che modo è esempio per le famiglie?

R. - La famiglia di Nazareth è il modello per tutte le famiglie del mondo. E l’amore che ha trasmesso la famiglia di Nazareth è sicuramente il motivo per la felicità del mondo intero, non solo delle famiglie.

R. - La mia famiglia per me significa tutto quello che i miei genitori mi hanno trasmesso, quindi tutta una serie di valori, tanto affetto … ovviamente con la fatica quotidiana, perché non esiste oggi la famiglia perfetta.

R. - Immagino la famiglia come passato, presente e futuro. Presente perché comunque tuttora la vivo, la vivo bene e lo stare insieme è fantastico; e futuro perché creare una famiglia anche come ci ha insegnato il Signore per vivere e condividere la vita è un obbiettivo grande. E la famiglia di Nazareth ne è sicuramente l’esempio più grande e più bello.

D. - Oggi è l’ultimo Angelus dell’anno con Papa Francesco. Cosa vi è rimasto nel cuore di questi mesi di pontificato?

R. - La volontà soprattutto di dire che il modo ha bisogno di una testimonianza di noi cristiani semplici ma soprattutto convinti.

R. - Sicuramente il primo momento quando si è affacciato e ha chiesto di pregare per lui; credo che questo racchiuda un po’ tutto il suo obbiettivo e il suo pontificato; la semplicità, il sorriso e comunque i gesti semplici che toccano e restano nel cuore.

R. - La vicinanza alla gente, la semplicità, l’amicizia, il modo molto umano con cui si è posto nei confronti di tutti.

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Anche la Basilica dell'Annunciazione di Nazareth in video collegamento col Pontefice


Nell’ambito delle iniziative di preghiera in preparazione alla prossima Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, a ottobre 2014 sul tema “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, il Pontefice - come anticipato - ha pronunciato al termine dell’Angelus di ieri una preghiera per la famiglia composta personalmente. In video collegamento con Piazza San Pietro, c’erano le famiglie di tutta Europa riunite, tra l'altro, a Madrid per celebrare l’odierna festa della Santa Famiglia e i fedeli che hanno partecipato alla Messa nella Basilica della “Sagrada Familia” di Barcellona, con mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e nel Santuario della Santa Casa di Loreto, con il delegato pontificio mons. Giovanni Tonucci. Collegati in diretta pure i fedeli e i pellegrini che alla Basilica dell’Annunciazione di Nazareth hanno preso parte alla Messa celebrata dal segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Lorenzo Baldisseri. Sull’evento di Nazareth, ascoltiamo fra’ Bruno Varriano, guardiano e rettore della Basilica dell’Annunciazione.

R. – Nella Basilica dell’Annunciazione siamo già impegnati nella preghiera per le famiglie: ogni martedì, a Nazareth, preghiamo proprio per le famiglie. L’appello del Papa e anche la convocazione di un Sinodo per la famiglia nel 2014 sono stati per noi un momento di grande speranza e di grande gioia, perché è la continuazione di ciò che noi frati già facciamo qui, insieme con i cristiani locali e i pellegrini che vengono nei luoghi della Santa Famiglia. L’evento ha avuto una bella risonanza, perché proprio questa domenica – a livello parrocchiale – stiamo celebrando i 50.mi e i 25.mi anniversari di matrimonio dei nostri fedeli: la nostra minoranza cristiana si è sentita davvero privilegiata. Noi cristiani rappresentiamo soltanto il 2 per cento della popolazione in Terra Santa e avere proprio qui, nel luogo della Sacra Famiglia, l’inviato del Santo Padre, il segretario del Sinodo mons. Baldisseri, è stato un grande incoraggiamento per i cristiani del posto, per i nostri parrocchiani. Parlo anche a nome del nostro parroco, padre Amjad Sabbara: questo piccolo gregge di Terra Santa si è sentito incoraggiato. Quindi, la celebrazione oggi è avvenuta nella Basilica dell’Annunciazione, nella cui basilica inferiore si ricorda il luogo dell’Annunciazione; poi in processione siamo andati fino alla cripta della Santa Famiglia ed è stata recitata la nuova preghiera del Santo Padre, che è stata anche tradotta in arabo. E’ stata pronunciata dai cristiani locali proprio nel luogo in cui si ricorda la Famiglia di Nazareth, una preghiera per tutte le famiglie del mondo.

D. – Anche voi state lavorando sul questionario di 38 domande, in vista del Sinodo sulla famiglia?

R. – Certo: abbiamo ricevuto dalla nunziatura il questionario – anche in lingua araba – e abbiamo risposto: anche noi siamo partecipi della Chiesa e, nel luogo dove è nata, ci sentiamo tanto bisognosi dell’aiuto della Chiesa universale.

D. – Dal luogo in cui l’arcangelo Gabriele annunciò a Maria la nascita di Gesù e dove poi Cristo visse per 30 anni, fino a Piazza San Pietro, passando per le chiese di tutto il mondo, che famiglia si osserva oggi? Quali sono le sfide pastorali?

R. – Le nostre famiglie cristiane costituiscono una minoranza tra ebrei e musulmani. A volte si sentono sole. Ma penso che la sfida delle nostre famiglie - e penso soprattutto a quelle di Nazareth, poi ci sono anche i cristiani che vivono nei Territori palestinesi - siano le stesse che hanno le famiglie nel mondo. La globalizzazione ha portato le medesime difficoltà che vediamo in quasi tutte le culture: il relativismo, i mezzi di comunicazione che a volte entrano nelle famiglie e prendono più spazio del dovuto, le separazioni… Sono le difficoltà di tutte le famiglie, ma viviamo pure la loro bellezza!

D. – Papa Francesco, anche nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, il prossimo 1° gennaio, ha ricordato che la famiglia è la “sorgente di ogni fraternità e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace”. Che significato assumono queste parole per la Terra Santa?

R. – Ogni società deve vivere l’umanità, la fraternità vissuta qui da Gesù, Giuseppe e Maria, dalla Sacra Famiglia. Dobbiamo vivere questo stile di Nazareth, in questa quotidianità costituita da fatti, amore, lavoro. Noi ricordiamo anche l’anniversario della visita di Paolo VI, nel gennaio ’64, tanto che nella Liturgia odierna se ne è fatto cenno. Nazareth è una scuola, una scuola per l’umanità, una scuola di ascolto, una scuola di relazioni.

D. – In diretta con Piazza San Pietro, vi siete collegati con il Santo Padre. Come attendete Papa Francesco in Terra Santa?

R. – Attendiamo la visita di Papa Francesco con molto affetto. C’è tanta attesa, perché Papa Francesco è proprio l’icona di questa vicinanza di Dio. Ricordiamo che la visita di un Papa in Terra Santa è sempre un grande incoraggiamento per i cristiani locali: non dimentichiamo che tante famiglie vanno via, soprattutto dai Territori. A Betlemme, tante famiglie cristiane hanno lasciato la zona dopo la costruzione del Muro, con molte difficoltà. Quindi è giusto che la presenza del Santo Padre sia di grande incoraggiamento.
 Radio Vaticana