domenica 26 gennaio 2014

Uno calmo, un altro arrabbiato....




 Subito si nota nei due commenti che seguono la differenza di tono.........

Ho letto con attenzione e interesse i numerosi commenti indignati all’intervista che cardinale Maradiaga ha concesso a un quotidiano di Colonia, nella quale invitava il confratello Müller, Prefetto della dottrina della fede e neo-cardinale, a essere «più flessibile». In molti si sono stracciati le vesti, chiedendosi come sia possibile e dove andremo a finire, etc. etc. Devo dire che leggendo bene ciò che afferma Maradiaga – porporato che ha rilasciato moltissime interviste e che coordina gli otto consiglieri del Papa – non mi è parso in alcun modo rivoluzionario in merito alla pastorale matrimoniale, tema che come sappiamo sarà trattato nel prossimo concistoro e nei Sinodi del 2014 e 2015.
Quello che mi ha colpito di più è stato notare che gli stessi commentatori che oggi si stracciano indignati le vesti per le parole di Maradiaga non più tardi di qualche mese fa avevano fatto a pezzi lo stesso Müller (sì, sempre lui, il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio) per i suoi interventi sulla Teologia della Liberazione pubblicati in un libro scritto a quattro mani con il teologo Gustavo Gutierrez. Morale: criticare il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede si può. Basta farlo dalla trincea “giusta”, cioè quella dei suddetti commentatori.
A. Tornielli
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I NUOVI INQUISITORI CONTRO RATZINGER. RICOMINCIA L’AUTODEMOLIZIONE DELLA CHIESA


Ci sono stati grandi papi il cui pontificato è stato praticamente affossato dagli errori degli ecclesiastici del loro entourage. Anche per papa Francesco si presenta questo rischio.
Sconcertano infatti episodi, decisioni e “sparate” di alcuni prelati, penso al cardinale Maradiaga e al cardinale Braz de Aviz, che si sentono così potenti in Vaticano da usare il bastone sia contro il Prefetto dell’ex S. Uffizio Müller, sia contro i “Francescani dell’Immacolata”.

CONTRO BENEDETTO

I bersagli delle loro “randellate” (assestate ovviamente in nome della misericordia) sono coloro che, a diverso titolo, vengono individuati come paladini dell’ortodossia cattolica e che hanno avuto a che fare con papa Benedetto XVI.
Il vero bersaglio infatti sembra proprio lui, “reo” di tante cose, dalla storica condanna della teologia della liberazione, alla difesa della retta dottrina, al Motu proprio sulla liturgia.
Il cardinale Oscar Maradiaga è arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, diocesi in decadenza. Ma il prelato, che gira per i palcoscenici mediatici del mondo, nei giorni scorsi ha fatto clamore per una sua intervista a un giornale tedesco dove – fra corbellerie new age e banalità terzomondiste – ha attaccato pubblicamente il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Müller, a cui il papa ha appena dato la porpora cardinalizia. Un fatto clamoroso, anche perché Maradiaga è il capo della commissione che dovrebbe riformare la Curia.
Cosa era accaduto? Müller, chiamato a quell’incarico da Benedetto XVI e confermato da Francesco, nei mesi scorsi aveva ribadito che – pur cercando nuove vie pastorali (già indicate anche da Benedetto XVI) – il prossimo sinodo sulla famiglia non può sovvertire, con “un falso richiamo alla misericordia”, la legge di Dio sulla famiglia uomo-donna, affermata da Gesù nel Vangelo e sempre insegnata dalla Chiesa.

MARADIAGA SHOW

Müller, che era già stato attaccato personalmente da Hans Küng, è stato liquidato da Maradiaga con queste parole: “è un tedesco e per giunta un professore di teologia tedesco. Nella sua mentalità c’è solo il vero e il falso. Basta. Io però rispondo: fratello mio, il mondo non è così, tu dovresti essere un po’ flessibile”.
Parole che hanno scandalizzato molti fedeli. Anzitutto perché l’accenno polemico al “professore di teologia tedesco” fa pensare inevitabilmente che il bersaglio fosse Benedetto XVI, che chiamò Müller a quell’incarico.
Poi perché è del tutto irrituale un attacco pubblico fra cardinali, come se Müller fosse lì a sostenere una sua teologia personale e non l’insegnamento costante della Chiesa e di tutti i papi.
Infine Maradiaga – secondo cui sarebbe sbagliato vagliare la realtà in termini di vero e di falso – dimentica che Gesù Cristo nel Vangelo dette questo preciso comandamento: “il vostro parlare sia sì (se è) sì e no (se è) no. Il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37).
Maradiaga preferisce quel “di più” all’annuncio della Verità? Sui temi della famiglia, su cui c’è un’offensiva ideologica simile a quella marxista degli anni Settanta, diversi ecclesiastici sono pronti – proprio come allora – a calare le braghe.
E lo fanno anche con i sofismi di Maradiaga, il quale dice che le parole di Gesù sul matrimonio sono vincolanti, sì, “però si possono interpretare” e siccome oggi ci sono tante nuove situazioni di convivenza occorrono “risposte che non possono più fondarsi sull’autoritarismo e il moralismo”.
Questa frase da sola liquida tutto il Magistero della Chiesa: evidentemente per Maradiaga era autoritario e moralista anche Gesù, che si espresse con tanta nettezza.
Ma che significa chiedere “più cura pastorale che dottrina”? Ogni grande pastore, da S. Ambrogio a S. Carlo, da don Bosco a padre Pio, è stato un paladino della dottrina.
Maradiaga dice che occorrono sulla famiglia “risposte adatte al mondo di oggi”. Sono frasi vuote e allusive che alimentano confusione e dubbi.
E’ il tipico modo, che oggi dilaga nella Chiesa, di sollevare domande senza fornire risposte.
A tal proposito san Tommaso d’Aquino si espresse così: “Ebbene costoro sono falsi profeti , o falsi dottori, in quanto sollevare un dubbio e non risolverlo è lo stesso che concederlo” (Sermone “Attendite a falsis  prophetis”).
Oggi c’è chi, nella Chiesa, alle parole di Gesù riportate nel Vangelo preferisce il famoso questionario relativo al Sinodo, che è stato mandato a tutte le diocesi del mondo e viene presentato da taluno come un sondaggio, come se la Verità rivelata dovesse essere sostituita dalle più diverse opinioni.

AUTODEMOLIZIONE

Anche questo ci riporta agli anni Settanta, quando Paolo VI denunciava allarmato:
Così la verità cristiana subisce oggi scosse e crisi paurose. Insofferenti dell’insegnamento del magistero (…) v’è chi cerca una fede facile vuotandola, la fede integra e vera, di quelle verità, che non sembrano accettabili dalla mentalità moderna, e scegliendo a proprio talento una qualche verità ritenuta ammissibile; altri cerca una fede nuova, specialmente circa la Chiesa, tentando di conformarla alle idee della sociologia moderna e della storia profana”.
E’ come spazzar via di colpo i pontificati di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per tornare ai cupi anni Settanta, all’autodemolizione della Chiesa (come la definì Paolo VI).
Non è un rinnovamento, ma il ritorno del vecchio più rovinoso.

LA VERGOGNA

Un altro episodio di autodemolizione della Chiesa è la persecuzione dei “Francescani dell’Immacolata”, una delle famiglie religiose più ortodosse, più vive (piene di vocazioni), più ascetiche e missionarie.
Ma alla quale – come ho già scritto su queste colonne – non è stata perdonata la zelante fedeltà a Benedetto XVI, a cominciare dal suo Motu proprio sulla liturgia.
Il rovesciamento delle parti è clamoroso. Infatti sul banco degli accusati ci sono dei cattolici ubbidienti e nella parte dell’inquisitore c’è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz che, in una lunga intervista, ha avuto nostalgiche parole di elogio per la disastrosa stagione della Teologia della liberazione, fregandosene della condanna di Ratzinger e Giovanni Paolo II.
Braz de Aviz confessò tranquillamente che – in quegli anni – era pronto anche a lasciare il seminario per quelle idee sociali. Però ha fatto carriera. Oggi è a capo della Congregazione per i religiosi, lui che non è nemmeno un religioso.
Il prelato, che si proclama molto amico della Comunità di S. Egidio, ha una strana idea del dialogo che – per lui – vale verso tutti, meno che verso i cattolici più fedeli al Magistero.
Quando era arcivescovo di Brasilia partecipò tranquillamente fra i relatori a un convegno del “Forum Espiritual Mondial” con l’ex frate Leonardo Boff, leader della Tdl, Nestor Masotti, presidente della Federazione Spiritista Brasiliana, Ricardo Lindemann, presidente della Società Teosofica in Brasile e Hélio Pereira Leite, Gran Maestro del Grande Oriente.
Appena arrivato a capo della Congregazione per i religiosi ha subito iniziato il dialogo con le “vivaci” Congregazioni religiose femminili degli Stati Uniti che tanto filo da torcere dettero a Benedetto XVI.
Braz ha fatto una specie di critica alla Santa Sede: “abbiamo ricominciato ad ascoltare… Senza condanne preventive”.
Invece i “Francescani dell’Immacolata”, che non hanno mai dato alcun problema, non sono mai stati da lui chiamati e ascoltati. La condanna preventiva contro di loro c’è stata e pesante.
Curioso, no? Giorni fa “Vatican Insider” titolava: “In Italia ci sono sempre meno frati e suore”. Credete che Braz de Aviz si preoccupi di questo? Nient’affatto. Pensa a punire uno dei pochi ordini le cui vocazioni aumentano.
Sul primo numero di “Jesus” del 2014 si fa un monumento a Vito Mancuso, noto per negare “circa una dozzina di dogmi” (come scrisse “La Civiltà cattolica”). Ma state certi che nessuno farà obiezione ai paolini.
Invece vengono repressi i “Francescani dell’Immacolata” per averli difesi i dogmi della Chiesa. L’autodemolizione è ripresa con forza.

Antonio Socci

Da “Libero”, 26 gennaio 2014

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Verso un “Vaticano III”

In pieno corso la disputa cattolica tra novatori radicali, che vogliono cambi di dottrina, e frenatori. Il tema è la famiglia: sesso, procreazione, gender, educazione, matrimonio. Sinodo, in gioco anche i sacramenti

Oltretevere è l’appuntamento cruciale dell’autunno, il Sinodo straordinario sulla famiglia convocato dal Papa. Si parlerà di tutto, dal sacramento del matrimonio al divorzio, fino a quelle “problematiche inedite”, come recita il documento preparatorio dell’assise. Tradotto, all’ordine del giorno ci saranno anche maternità surrogata, gender, diritti delle coppie omosessuali, famiglie allargate, genitori single. L’elenco lo ha fatto il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga nell’intervista al quotidiano tedesco Kölner Stadt-Anzeiger (ripresa anche da America magazine, la rivista dei gesuiti d’America). I risultati della discussione “non sono al momento prevedibili”, chiariva il cardinale di Monaco, Reinhard Marx, e nessuno può permettersi di bloccare il dibattito fissando limiti oltre i quali non si può andare. Anche se a farlo fosse il custode dell’ortodossia cattolica, il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede. Il Sinodo sarà dunque una sorta di “Vaticano III” dove si porrà il problema di adeguare il concetto di famiglia ai tempi correnti, sfiorando anche i sacramenti e bucando con la svolta dottrinale il tetto fino a ora preservato della riforma di stile e pastorale. D’altronde, ha detto Maradiaga, “le parole di Cristo non si discutono, ma si possono interpretare”. E questo vale anche per la riammissione dei divorziati all’eucaristia. Un ufficio della diocesi di Friburgo ha già provato a svoltare, con il tacito assenso dell’arcivescovo emerito Robert Zollitsch, che ancora per pochi mesi guiderà l’agguerrita, potente e ricca Conferenza episcopale tedesca. Non a caso, mentre il Sant’Uffizio di Gerhard Ludwig Müller ordinava di ritirare quel documento in cui si aprivano le porte sacramentali ai divorziati, Zollitsch opponeva un garbato ma fermo rifiuto, aggiungendo che “al Sinodo la chiesa di Germania farà sentire la sua voce”.
Ma se c’è chi è pronto ad archiviare la Familiaris Consortio giovanpaolina e a dare immediate risposte “al gran numero di fedeli che non comprende perché una seconda unione non è accettata dalla chiesa” (parole del cardinale Marx), c’è anche chi frena e invita alla calma. Uno è il cardinale Karl Lehmann, non certo un conservatore, già capo dei vescovi tedeschi. Il porporato è stato ricevuto qualche giorno fa dal Papa, e i due hanno anche discusso di pastorale familiare. “Per Francesco – ha detto in un’intervista a una radio tedesca – è importante che in questo campo ci sia un avanzamento e perciò punta sui due prossimi sinodi dei vescovi (quello straordinario di ottobre e quello ordinario del prossimo anno, ndr). Mi sembra che vi veda in qualche modo un test”. Tuttavia, “la questione dei sacramenti non deve essere la prima cosa da affrontare. La chiesa deve preoccuparsi di persone che hanno vissuto relazioni distrutte o disturbate, e tra queste ci sono in primo luogo i divorziati risposati”. Però, ha aggiunto Lehmann, “bisogna considerare bene le specifiche situazioni. Non si può predicare misericordia dappertutto, della misericordia fa parte anche la giustizia. Questo rapporto deve essere ripensato a fondo”. Le Conferenze episcopali locali, insomma, sono avvisate. Anche perché, dice il porporato tedesco, “è vero che Francesco vuole rafforzare le chiese locali, attribuendo loro una certa autorità di insegnamento”, ma “non in stretto senso teologico”. Sulla questione, sollevata dal Papa con l’esortazione Evangelii Gaudium, è intervenuto sulla rivista Jesus monsignor Marcello Semeraro, vicino anch’egli a Bergoglio e segretario della consulta cardinalizia guidata da Maradiaga: “Francesco affida al discernimento degli episcopati locali tutte le problematiche che si prospettano nelle chiese particolari”, ma attenzione: “Il Papa pone il termine decentralizzazione tra virgolette. Vuol dire che occorre osservarlo con attenzione. Il Papa lo impiega per affermare che dal magistero papale non si deve sempre attendere una parola definitiva e completa su qualsivoglia problema”. A ogni modo, continua Semeraro, “allarmismi su questa parola possono essere motivati, anche se non giustificati. Il Sinodo è una struttura canonica che non appartiene alla tradizione della chiesa cattolica latina”, e comunque benché il Pontefice “abbia spesso parlato di sinodalità e la immagini come una forma di vita nella chiesa, non mette né può mettere in discussione la sua struttura, che è gerarchica per volontà di Cristo”.
Matteo Matzuzzi (Il Foglio)