lunedì 31 marzo 2014

"Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina"




Trentotto anni, una vita. Come la nostra, sino ad oggi, una vita per incontrare Cristo. Il fallimento umano, infatti, è il corteggiamento di Dio. Lui ha posto i suoi occhi su di noi, come su questo paralitico, gettato sul ciglio della vita, alla "porta delle pecore", confuso tra tanta sofferenza, tra gli animali destinati alla macellazione sacrificale. In "un sabato" che non è festa, quella vita che sembra andarsene a morire insieme a quella delle pecore, ma non è soave l'odore di quelle membra sacrificate. E' solo quell'uomo, come noi. Nessuno si accorge di lui. Quante volte lo abbiamo pensato; quante giornate trafelate a correr dietro a mille cose, e poi la cena, e i bimbi a letto che non vogliono dormire, e arriva lui, nervoso, neanche ti guarda, si getta sulla cena e poi sprofonda sul sofa. Quante volte ci siamo trovati sul bordo di quella "piscina", giusto mentre il vento ne agitava le acque, l'occasione attesa da tanto, per riconciliarci, per ricominciare, e niente, proprio quella mano che aspettavi non si è mai distesa. E sei ancora lì, sul bordo di mille speranze infrante, il cinismo a farti la corte, e perché non cedere alle lusinghe, in fondo è l'unico con cui ci intendiamo. E questa solitudine acida che corrode ogni speranza: "La vita dell'uomo si svolge laggiù, tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. E' un fastidio alla fine, Melete. C'è una burrasca che rinnova le campagne - nè la morte nè i grandi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo sforzo di star vivi d'ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come le mosche d'estate - quest'è il vivere che taglia le gambe. Melete" (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò). Siamo soli, con il fastidio di parlare ancora una volta, e discutere con chi non si accorge di noi; il fastidio di non riuscire mai ad immergersi nell'occasione giusta, perché proprio nel momento in cui "l'angelo agita le acque", quando la predicazione, la preghiera, un'ispirazione sembra "agitare le acque" della nostra vita, "qualcun altro arriva prima", con una menzogna, un'illusione, la paura e il peso del passato, e niente, non ce la facciamo, e le acque tornano alla stessa fatica e alle stesse mancanze. Ma c'è questo tempo, ed è l'annuncio della svolta: digiuno, elemosina, preghiera, ovvero fame, povertà e speranze, la Quaresima ci proietta la clip della nostra vita, sino a questo istante. Giusto "trentotto anni", o cinquanta, o diciotto; non un giorno in più, non un anno in meno. Oggi, perché è qui che la clip ha un sussulto, un volto di luce e una parola. Qualcuno si accorge di te, qualcuno si preoccupa di te: "Vuoi guarire?". Un'eco come una saetta, fin nelle giunture dell'anima. Di colpo si illumina tutto il passato, e non era quello che il demonio ci ha raccontato. Se il paralitico avesse avuto "qualcuno ad immergerlo", non avrebbe incontrato il Signore. Non avrebbe ascoltato la Sua voce. Si sarebbe immerso, forse sarebbe guarito, avrebbe trovato lavoro, una casa, un fidanzato, un bel matrimonio, un po' di salute, uno stipendio adeguato, non avrebbe perso il padre da piccolo, niente violenze, avrebbe studiato e si sarebbe laureato, sarebbe un pochino più bello e presentabile, la sua famiglia non sarebbe stata così povera, non avrebbe subito l'ombra del fratello maggiore. Non sarebbe stato crocifisso trentotto anniNon avrebbe conosciuto il Signore. E non sarebbe stato felice. La Croce, il lettuccio e la tua vita distesa, prostrata, inutile agli occhi carnali, proprio tutta la tua storia sino ad ora, le frustrazioni, la solitudine, il fastidio e la fatica di vivere, tutto è stato per incontrare Lui. E' Gesù la piscina dove non è necessario che qualcuno ci immerga; le sue ferite sono per te, nessuno può passarti avanti. La tua storia sino ad oggi è il talamo preparato per la sua misericordia. "Alzati, risorgi, prendi il tuo lettuccio e cammina": è qui la novità, il segreto, la rivoluzione. Non basta immergersi e guarire, per una vita migliorata, ma pronta pronta a scivolare di nuovo nella paralisi. Gesù ci guarisce per "incominciare a camminare" in una vita nuova, in un percorso di conversione quotidiano, aggrappati nella comunione della Chiesa alla Parola e ai sacramenti, per "non peccare più". Chi ha conosciuto la gratuità del suo amore sa che tornare a dar credito al demonio e peccare, sarebbe l'accadere di "qualcosa di peggio". Gesù ci invia nella storia a conoscere ogni giorno di più il suo amore testimoniandolo a ogni fariseo che vorrà strapparci alla Grazia per schiacciarci con i moralismi; ad annunciare a tutti che Dio ha compiuto il "sabato" e ogni iota della Legge risorgendoci per imparare a camminare nella fatica e nel fastidio di vivere, portando la Croce che tutti rifiutano. Forse soli, senza che nessuno ci si accorga e ci aiuti, perché saremo noi ad immergere ogni paralitico che ci è accanto, nella misericordia di Cristo incarnata in noi.