martedì 25 marzo 2014

L'Onnipotente nel grembo di un'umile donna

L'incontro con il Cielo mette in luce la "qualità" del cuore

L'Annunciazione: grazia, vocazione e missione della Chiesa

Uno dei rischi più diffusi e ricorrenti, accostandoci e addentrandoci nel testo evangelico, è quello di confinare nel territorio della “pia fantasia” contesti, eventi, parole, avvertiti spesso come espressioni ingenue o vagamente infantili: poco o per nulla rilevanti, ormai, ai nostri occhi, di cristiani “adulti”. In realtà, ogni passaggio -come l’odierna pagina dell’annuncio alla Vergine- va colto nella sua verità e originalità: certamente tenendo conto dei vari “generi letterari”, che connotano e arricchiscono straordinariamente il linguaggio “composito” della Sacra Scrittura, ma senza mai dimenticare la “storicità” degli avvenimenti, che hanno segnato profondamente, fin dalle origini, il cammino della Chiesa e la fede di intere successive generazioni.
L’Annunciazione non è una favola o semplicemente una rappresentazione, allusiva o simbolica, quasi “da copione” ben collaudato (con i medesimi protagonisti e le medesime circostanze: un angelo, un intervento celeste, un veggente, il timore e il turbamento conseguenti, una parola di rivelazione ecc), nello stile quasi di un “dejà vu” biblico.
Il quadro evangelico rappresenta piuttosto l’accadere di un mistero, narrato in modo facilmente comprensibile da tutti. È l’insorgere, nella storia umana, della Grazia, del soprannaturale. Dio si fa carne, penetra negli abissi della materia, segnata e contagiata dalla colpa dell’uomo, santificandola e vivificandola finalmente di luce nuova.
L’intera Creazione assiste, con stupore, al miracolo di questo inatteso ingresso, che si compie nella cornice, a noi abituale e familiare, di una maternità, senza lo sfarzo e lo splendido apparato che la Maestà dell’Altissimo richiederebbe e meriterebbe; ma nella sublime umiltà di un Cuore purissimo, che si rende dimora di Dio.
Maria Santissima pone le condizioni perché avvenga tale incontro tra l’umanità e il Cielo stesso. Questo è il carattere proprio dell’azione di Dio, che si introduce nel tempo con la assoluta discrezione di chi rispetta fino in fondo la libertà dell’uomo. “Io sto alla porta e busso” (Ap. 3,20): Dio “domanda il permesso” di intervenire; attende sull’uscio, paziente, finché sia rimosso ogni ostacolo alla sua opera.
La festa odierna non costituisce il ricordo passato di un evento importante, ormai sepolto dalla coltre dei secoli: è il nostro “oggi”; è una continua riproposta del Cielo, che si china sulla Terra e che tocca l’esistenza di ciascuno, perché la Salvezza possa raggiungerci. Oggi la Grazia ci interpella; oggi bussa al nostro cuore; oggi cerca “adoratori in Spirito e Verità”(Gv 4,24), nell’assordante silenzio di senso e di valore che connota questa nostra epoca.
L’incontro con Jahvé mette in luce “i segreti dei cuori”, come avrebbe poi profetizzato alla Vergine il vegliardo Simeone, nel Tempio di Gerusalemme: l’Annunciazione rivela il candore di Maria Santissima e la sua missione, unica, di ricevere nel suo seno e nella sua vita il Signore. Ma diviene “paradigma” anche della Chiesa, maternamente attenta ad accogliere e a educare ogni uomo; e diventa modello del nostro cammino di fede. Noi pure siamo “provocati” continuamente dal Cielo, sollecitati a conversione, attratti dalla fecondità del Vangelo, affascinati dalla libertà dei Santi. A noi parla il Signore, in mezzo alle complesse vicende quotidiane, perché anche dai “bassifondi” dell’umano si innalzi la lode per il dono della Vita e si elevi la nostra gratitudine, per la predilezione che Dio riserva ai suoi figli.
L’attualità del “sì” della Vergine si è trasmesso nell’ansia della Nuova Evangelizzazione, che accompagnò i lunghi indimenticati e indimenticabili anni di Giovanni Paolo II, fino a oltrepassare la soglia del Nuovo Millennio; si è manifestata nel costante, lucidissimo e stringente riferimento ai “principi non negoziabili”, che ha connotato il luminoso pontificato del suo successore, fino alla travolgente “simpatia” evangelica e alla capacità catalizzatrice di Papa Francesco. Pensando alla Cattedra di San Pietro e a questi ultimi decenni, sembra di poter tracciare e ridefinire alcune “linee portanti”, imprescindibili, del nostro “essere cristiani”: la chiarezza, la fermezza e la radicalità delle proprie convinzioni di fede, accompagnata alla capacità e alla volontà di raccogliere, da chiunque, ogni pur piccolo frammento di vera umanità; l’impegno personale e comunitario per una autentica conversione; la essenzialità e la povertà evangelica, che si esprimono in gesti di sincera cordialità e di profonda stima per la dignità di ogni uomo; la missionarietà, come “stile” costante ed esigente di vita: non ripiegata su se stessa, ma protesa verso il prossimo.
Il Vangelo non riguarda il passato, ma il nostro presente: è contemporaneo a ogni epoca e a ogni uomo. Meditare l’Annunciazione, varcare la soglia di quel Cuore Immacolato, significa incontrare, anche oggi, il Signore e imparare a conoscere se stessi e il proprio destino, sempre più coscienti della propria altissima vocazione.    
M. Piatti, i.c.m.s.
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L’annunciazione dell’angelo Gabriele alla Beata Vergine Maria segna l’inizio di un nuovo modo di relazionarsi con Dio. Maria era promessa sposa di Giuseppe; prima che andassero a vivere insieme rimase in cinta per opera dello Spirito Santo. Maria era fidanzata con Giuseppe, e il fidanzamento nel mondo ebraico costituiva una vera e propria promessa di matrimonio, promessa che si sarebbe concretizzata in matrimonio in un arco temporale stabilito. Accogliere l’annunzio dell’angelo avrebbe potuto compromettere il matrimonio con Giuseppe e mettere a serio rischio la sua stessa vita.
Questo fa intendere come il suo “si” all’angelo sia avvenuto come frutto della sua adesione fiduciosa, sicura che Dio avrebbe compiuto quanto stava promettendo. Maria non avrebbe potuto mai immaginare di ricevere la proposta di diventare Madre di Dio, non immaginava certo di poter concepire e partorire verginalmente il suo Figlio divino.
Questo atteggiamento di Maria è una testimonianza di fede per ogni uomo e donna. La nostra società ci dice ogni giorno che tutte le scelte devono essere attentamente ponderate e scrupolosamente calcolate: non bisogna lasciarsi trascinare nel fare il bene se questo comporta pericoli e sacrifici, non bisogna seguire troppo il nostro cuore se il rischio è perdere qualcosa di importante. Tutto deve essere razionale, tutto deve avere una certa logicità e prevedibilità. Se non si riesce a preventivare tutto quello che può succedere di fronte ad una scelta, allora è meglio lasciar perdere. Tutto deve essere sempre sotto il nostro controllo: si viene considerati stolti quando si confida di avere fiducia nella provvidenza di Dio.
Quante situazioni di questo genere avvengono nella vita quotidiana: perchè devo sposarmi senza andare prima a convivere? Perchè devo sposarmi se prima non ho messo da parte una somma di denaro adeguata per vivere bene senza fare troppe rinunzie? Perchè la Chiesa mi deve dire che cosa devo fare nel matrimonio? Come fanno i preti a parlare del matrimonio se non sanno che cosa vuol dire essere sposati?
Tutte queste domande trovano una risposta adeguata proprio nel mistero dell’annunciazione a Maria, un avvenimento che in ogni tempo della storia parla al cuore di tanti uomini. Maria è la piena di grazia; Dio ha voluto racchiudere tutte le grazie in Maria, affinchè ogni uomo potesse ricevere una qualunque grazia da Gesù. La madre chiede una grazia, il Figlio la concede. Queste spiega perchè la fede di Maria è cristocentrica: nella relazione tra Cristo e Maria, Gesù occupa il centro, Maria rimane al suo fianco supplicando grazie a nostro favore.  E’ vero che Maria pone Cristo al centro, ma il suo margine è prossimità, perchè Lei tra tutte le creature è Colei che gli è rimasta più vicina di tutti in quanto madre e in quanto prima discepola umile e fedele.
Infatti quando gli viene proposto di diventare Madre di Dio, Ella dimostra di non sapere come questo prodigio sarebbe potuto avvenire. Le sue parole non contengono incredulità, ma una umile fiducia da parte di Colei che crede pienamente in Dio. Le sue parole sono piene di speranza nel domandare come possa avvenire quel concepimento misterioso.
Maria trova risposta alle sua domanda: “Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,35-37)”.
La risposta dell’angelo a Maria racchiude un grande insegnamento. La fede di Maria è totale verso la volontà di Dio, ma questo non significa che la fede non debba essere accompagnata dalla rivelazione sul come si realizzerà quella promessa. A Maria gli viene risposto come sarebbe rimasta in cinta, per permettergli di compiere pienamente la volonta di Dio.
E questo è un esempio su come ogni cristiano debba pregare in questo tempo di Quaresima. Quando Gesù Cristo parla al nostro cuore, non dobbiamo limitarci ad ascoltare cosa ci chiede di fare, ma anche come lo dobbiamo fare.
Tante volte ci accontentiamo di avere ascoltato da Dio quale sia la via da seguire. Il passo successivo che siamo chiamati a compiere è di avere il coraggio, sull’esempio di Maria, a domandare come fare, affinchè quel progetto di Dio possa realizzarsi nella nostra vita. Se avremo fede e coraggio ad osare nel chiedere, e se avremo umiltà nell’ascoltare la voce di Dio che parla alla nostra coscienza, allora avremo trovato tutto quello che ci serve per essere gioiosi e diventare veri collaboratori del piano di salvezza di Dio.
Può essere utile riflettere su un altro aspetto suggerito da questo Vangelo: ogni rivelazione divina deve essere scrutata. Il discernimento è parte integrante della fede cristiana. Maria era una profonda conoscitrice della Sacra Scrittura; Ella avrà pensato nel suo cuore alle parole del profeta Isaia: “Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14).
Maria si sarà identificata in quella vergine di cui ha parlato il profeta Isaia. Ma oltre al riscontro biblico, il Signore offre tanti segni per condurci a Lui e invitarci a compiere il suo volere. Egli vuole offrirci conferme attraverso fatti quotidiani vissuti da persone che si trovano nella nostra cerchia familiare.
La maternità miracolosa della cugina Elisabetta viene annunziata a Maria dall’angelo non solo per dare la conferma dell’onnipotenza di Dio, ma soprattutto per offrire a Maria la possibilità di essere serva non solo di Dio ma anche degli uomini, perchè un autentico amore a Dio non può essere mai separato dall’amore al prossimo.
Allora questa ricorrenza di Maria, che normalmente sembra essere più appropiata per il tempo di Avvento, è quanto mai propizia anche per il tempo di Quaresima, perchè indica ad ogni fedele il cammino umile dell’ascolto, l’audacia del domandare, e il coraggio per affidarsi al Dio che supera la nostra intelligenza e le nostre povere aspettative umane. E queste virtù sono il frutto dell’amore di Cristo Risorto e della potenza dello Spirito Santo.
Per questo Maria è destinataria anticipatamente, già all’annunziazione, di ogni tipo di grazia che tutte le altre creature hanno ricevuto dopo la risurrezione del suo Figlio. Il suo concepimento verginale è la dimostrazione di questa pienezza di grazia da Lei ricevuta, perchè rimanda l’apparizione del Cristo Risorto nella sera di Pasqua, quando i discepoli si trovavano nel cenacolo a porte chiuse. La verginità di Maria è un richiamo alle porte chiuse del cenacolo di Gerusalemme. Il pace a voi ascoltato dai discepoli nel cenacolo, Maria lo sperimenta nel suo cuore quando accetta la proposta di accogliere Gesù e lo concepisce per fede nel suo grembo verginale.
O. Rinaldi
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L'Onnipotente nel grembo di un'umile donna

Nella storia del Santuario di Loreto si può rintracciare il significato profondo dell'Incarnazione del Figlio di Dio, nel ventre di Maria


L’alma chiesa di santa Maria di Loreto fu camera della casa della gloriosissima Madre del nostro Signore Gesù Cristo… La quale casa fu in una città della Galilea, chiamata Nazaret. E in detta casa nacque la Vergine Maria, qui fu allevata e poi dall’Angelo Gabriele salutata; e finalmente nella stessa camera nutrì Gesù Cristo suo figliuolo… Quindi gli apostoli e discepoli consacrarono quella camera in chiesa, ivi celebrando i divini misteri…”.
Questo si legge nella cronaca del 1465 redatta da Pier Giorgio di Tolomei, desunta da una tabula molto più antica, del 1300, che racconta il trasporto della santa casa di Nazaret a Loreto: “Ma dopo che quel popolo di Galilea e di Nazaret abbandonò la fede in Cristo e accettò la fede di Maometto, allora gli Angeli levarono dal suo posto la predetta chiesa e la trasportarono”, prima a Fiume, poi “in una selva di cui era padrona una gentildonna chiamata Loreta; da qui prese il nome la chiesa: ‘Santa Maria di Loreta…”. Infine fu trasportata definitivamente sull’attuale colle su cui si trova, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294.
La Vergine Maria era stata proclamata Dei Genetrix, Madre di Dio, con il Concilio di Efeso del 431 d.C., ma il ricordo liturgico dell’annunciazione della nascita di Cristo ha origini molto più antiche: il culto mariano era sicuramente diffuso da sempre, legato agli eventi della vita della sacra famiglia e al luogo fisico che era la casa di Gesù, Giuseppe e Maria; luogo fisico, dimesso, e luogo del mistero, perché Dio non è sceso sulla terra come un ufo, ma ha scelto di nascere dal grembo di una donna: così, Uno come un altro, nella pancia della madre per nove mesi, con tutto quello che ne consegue. Unica particolarità sta nel fatto che quella donna è vergine…
Farà mica parte di un racconto fiabesco con angeli, cammelli, re magi? Mi viene da sorridere pensando alla provocazione di un carissimo sacerdote, che una volta disse: “Uno che da morto è risorto poteva forse avere problemi di compatibilità con la verginità di Maria?”. Non sarà questo fatto, una parte fondamentale del piano di Dio? Viene pur sempre da chiedersi: ‘Ma perché? Cosa mi rappresenta?’.
Maria era feconda di un’opera non sua, un po’ come avviene quando ti ritrovi senza uno spiccio in tasca, senza forze, senza capacità o risorse di alcun tipo… e ad un certo punto avviene qualcosa che non ti aspetti, che era impossibile che accadesse, perché le possibilità che avevi tu erano pari a zero. Maria portava in grembo l’opera di Dio, suo figlio. Perché Dio, si sa, è onnipotente, mentre io e te, per quanto muscolosi e cerebralmente dotati, non lo siamo…
E la nostra grandezza sta unicamente nell’accoglienza, nel dire sì e nel dare la chance a Dio misericordioso di compiere la sua opera in noi, un’opera che non è nostra, come è avvenuto a Maria: “magari poter concepire opere non umane, ma opere di Dio nella verginità!”, ho sentito spesso dire da quello stesso sacerdote di cui parlavo: “questo è il segreto della nostra sponsalità che è condizione di ogni uomo, accomuna tutti”, è il segreto a cui siamo chiamati io e te per amare fino in fondo, senza possedere nulla, dandosi tutto… Che bella la festa dell’annunciazione di Maria sempre vergine!
La casa di Nazaret e le parole che su di essa pronunciò papa Giovanni Paolo II sono per questo indimenticabili: “Quello Lauretano è un Santuario mirabile. In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita. Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…” (Lettera per il VII centenario lauretano, indirizzata all’arcivescovo di Loreto, 15 agosto 1993).
Maria G. Filippi