venerdì 28 marzo 2014

Papa Francesco: il bilancio di Dio non è quello di un'azienda, l'attivo è l’amore

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 Il tweet di Papa Francesco: "Tutti abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti." (28 marzo 2014)

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Messa a Santa Marta. Ritorno a casa

«Se vuoi conoscere la tenerezza di un padre prova a rivolgerti a Dio: prova, poi mi racconti!». È il consiglio spirituale che Papa Francesco ha suggerito nella messa celebrata venerdì mattina, 28 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta. Per quanti peccati possiamo aver commesso, ha affermato il Pontefice, Dio ci aspetta sempre ed è pronto ad accoglierci e a fare festa con noi e per noi. Perché è un Padre che non si stanca mai di perdonare e non guarda se alla fine il “bilancio” è negativo: Dio non sa fare altro che amare.

Questo atteggiamento, ha spiegato il Papa, è ben descritto nella prima lettura della liturgia, tratta dal libro del profeta Osea (14, 2-10). È un testo che «ci parla della nostalgia che Dio, nostro Padre, ha di tutti noi che siamo andati lontano e ci siamo allontanati da lui». Eppure «con quanta tenerezza ci parla!».
Scrive Osea: «Così dice il Signore: torna, Israele, al Signore». Sì, «torna a casa!». E il Pontefice ha voluto rimarcare proprio la tenerezza del Padre. «Forse quando sentiamo la parola che ci invita alla conversione — convertitevi! — ci suona un po’ forte perché ci dice di cambiare la vita, è vero». Ma dentro la parola conversione c’è proprio «questa nostalgia amorevole di Dio». È la parola appassionata di un «Padre che dice al figlio: torna, torna, è ora di tornare a casa!».
«Soltanto con questa parola possiamo passare tante ore di preghiera» ha affermato il Pontefice, facendo notare come «Dio non si stanca» mai: lo vediamo in «tanti secoli» e «con tante apostasie del popolo». Eppure «lui torna sempre, perché il nostro Dio è un Dio che aspetta». E così anche «Adamo è uscito dal paradiso con una pena e anche una promessa. E il Signore è fedele alla sua promessa perché non può rinnegare se stesso: è fedele!».
Ecco, dunque, che «Dio ha aspettato tutti noi, lungo la storia». Infatti «è un Dio che ci aspetta sempre». E, in proposito, il Papa ha invitato a contemplare «quella bella icona del padre e del figliol prodigo». Il Vangelo di Luca (15, 11-32) «ci dice che il Padre vede il figlio da lontano perché l’aspettava e andava sulla terrazza tutti i giorni a guardare se il figlio tornava». Il padre, dunque, aspettava il ritorno del figlio e così «quando lo vede arrivare, è andato di fretta e gli si è gettato al collo». Il figlio, sulla strada del ritorno, aveva persino preparato le parole da dire per ripresentarsi a casa: «Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma «il padre non lo lasciò parlare» e «con l’abbraccio gli tappò la bocca».
La parabola di Gesù ci fa capire chi «è nostro padre: il Dio che ci aspetta sempre». Qualcuno potrebbe dire: «Ma, padre, io ho tanti peccati non so se lui sarà contento!». La risposta del Papa è: «Provaci! Se tu vuoi conoscere la tenerezza di questo Padre, va da lui e prova! Poi mi racconti!». Perché «il Dio che ci aspetta è anche il Dio che perdona: il Dio della misericordia». E «non si stanca di perdonare; siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono. Ma lui non si stanca: settanta volte sette! Sempre! Avanti col perdono!».
Certo, ha proseguito il Papa, «dal punto di vista di un’azienda il bilancio è negativo, è vero! Lui perde sempre, perde nel bilancio delle cose. Ma vince nell’amore perché Lui — si può dire questo — è il primo che compie il comandamento dell’amore: lui ama, non sa fare altre cose!», come ricorda il passo evangelico della liturgia del giorno (Marco 12,28-34).
È un Dio che ci dice, come si legge nel libro di Osea: «Io ti guarirò perché la mia ira si è allontanata da te!» È così che parla Dio: «Io ti chiamo per guarirti!». Tanto che, ha spiegato il Pontefice, «i miracoli che Gesù faceva con tanti ammalati erano anche un segno del grande miracolo che ogni giorno il Signore fa con noi, quando abbiamo il coraggio di alzarci e andare da lui».
Il Dio che aspetta e perdona è anche «il Dio che fa festa». Ma non organizzando un banchetto, come «quell’uomo ricco che aveva alla porta il povero Lazzaro. No, questa festa non gli piace!» ha affermato il Santo Padre. Invece Dio prepara «un altro banchetto, come il padre del figliol prodigo». Nel testo di Osea, ha spiegato, Dio ci dice che «pure tu fiorirai come il giglio». È la sua promessa: ti farà festa. Tanto che «si spanderanno i tuoi germogli, e avrai la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano».
Papa Francesco ha concluso la sua meditazione ribadendo che «la vita di ogni persona, di ogni uomo, ogni donna che ha il coraggio di avvicinarsi al Signore, troverà la gioia della festa di Dio». Da qui l’auspicio finale: «Che questa parola ci aiuti a pensare a nostro Padre, il Padre che ci aspetta sempre, che ci perdona sempre e che fa festa quando noi torniamo!».
L'Osservatore Romano