sabato 29 marzo 2014

Sclero, sbraito, servo.


sicut cervus 
di Marcello Belletti
Oltre il tormento acustico dell’aspirapolvere che qualcuno sta passando, emerge un’onda d’urto sonora che mi riga la faccia di smorfie. «Perché fanno tutto ‘sto casino?!» Mi rivolgo a mia moglie, già psichicamente logorato, alle 8:00 del sabato mattina. Radiosa mi risponde: «Stanno giocando».
Frana sotto i miei piedi tutto il piano argomentativo: Gesù Cristo, quanto siamo diversi!
Io, maschio, monogamo e monotasking. Lei, l’esatto contrario, tranne la fissa per la monogamia. Lei alza la radio mentre lavora, io la abbasso. Lei gira il tavolino sul lato stretto, io lo giro dall’altra parte. Due monadi unite in matrimonio, umanamente rimangono due monadi, anche quando le gonadi si sono date da fare e come: sette figli in poco meno di 100 mq e un bagno solo! Un miracolo continuo, una provocazione continua. Sì perché, dietro a questa storia ci dev’essere un pazzo. Un innamorato pazzo. Uno che ci stima fuor di misura, un benefattore che non bada a spese. Ma come si fa a puntare così tanto su due come noi? Soprattutto su uno come me… Ci dev’essere anche dell’ironia, quella buona, quella tipica delle personalità intelligenti. Come si fa, ad affidare sette figli, dico sette, a uno che ha la pazienza di un motorino a due tempi che sfriziona ancora prima di partire?
Senza un minimo di silenzio, senza ordine, senza un ritmo costante nelle cose da fare, sclero in un nanosecondo. Vado in cortocircuito e comincio a sbraitare.
Eppure, dopo diciottanni, sono più vero ora di allora. Eppure sono più forte. Lei è più forte. Insieme siamo più forti. E non solo nella sopportazione reciproca.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione. (Ct 8,6)
Madre di Dio, quanta cruda poesia nella Bibbia!  Bellissime parole, potenti, carnali, senza fronzoli sentimentali. Sì, voglio tutto, e lo voglio per sempre.
Voglio stare là dove c’è il tempio sacro dell’amata. Ma perché rovinare tutto mettendo subito in campo la morte, la tenacia degli inferi? Chi ti parla così, anche assestandoti un pugno nello stomaco se necessario, se non Colui che ti vuole bene?
Dopo aver rischiato di precipitare senza luce nel pozzo profondo del nostro cuore mai sazio, bramoso di infinito, abbiamo riconosciuto la voce dell’unico che poteva tirarci fuori dai nostri impaludamenti e saziarci per davvero. Che ironia: ancora passando da noi! Sì, sempre quelli. Ma finalmente di nuovo noi. Intravediamo ora il Santo dei Santi attraverso il velo della carne della nostra carne. Che meraviglia!
Se anche nella più minuscola parte dell’ostia c’è interamente Cristo, così forse si può dire di ogni cellula del mio corpo: ci sono già tutto anch’io. Sono già maschio lì. E lei è già femmina. Siamo già desiderio, siamo già tesi al compimento lì. Il nostro amore s’innesta fino a quelle profondità, anche giù, fino alle giunture, dove la carne si intreccia con lo spirito e non si distingue dove finisce l’una e comincia l’altro. Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, mio Dio! Così l’anima mia trova te, mio Dio, se non per altra carne della carne che hai messo al mio fianco. Che hai estratto dal mio fianco! Questa è la strada che Tu mi hai preparato, che m’hai dato la grazia di riconoscere, una strada viva, in tensione come me, verso Te: la mia sposa.
«Ma Elia, non sei contento se non rompi le PALLE a qualcuno!»
Sbotto a tavola dopo che il primogenito ha torturato la più piccola sul seggiolone.
«PALLE!» Ripete sillabando Veronica, due anni, soddisfatta, mostrando i suoi denti da latte.
«Papi, Veronica ha detto PALLE!», riprende Tommaso sull’altro seggiolone dal lato opposto del tavolo, dall’alto dei suoi cinque anni.
«Ma Veronica, non si dicono le parolacce, devi dire Porca Paletta!», sentenzia Emma, una delle gemelle di nove anni.
Il vantaggio della famiglia, soprattuto se numerosa, è svelare, rivelare, anche crudamente, ma spesso nella comica, il concatenamento di tutte le cose. Come la vita procede, entra, laddove la lasci entrare, sbaraglia le carte, sconquassa, lacera, con i suoi nuovi germogli. Se tu la servi, procede da te, e ciò che hai ricevuto, passa, fluisce da te e lasciandola passare, ti lascia, la perdi, perché non è nelle tue mani, ma poi la ritrovi a fine corsa. Se non la servi, lei passa lo stesso. La perdi e basta. Non la ritrovi più.