venerdì 25 aprile 2014

Martire della carità a Dachau



Ad Alba la beatificazione di Giuseppe Girotti. 

(Italia) Ad Alba, ore 15.30, domani sabato 26 aprile, beatificazione di Giuseppe Girotti, Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati predicatori. Padre Girotti fu uno dei 1500 preti (soprattutto tedeschi) morti nel lager di Dachau. Nato ad Alba il 15 luglio 1905, da famiglia poverissima, fu ordinato prete nell’ordine dei Domenicani nel 1930.
Solennità di Pasqua 1945: nel campo di concentramento di Dachau con un’iniezione letale viene ucciso il domenicano Giuseppe Girotti (1905-1945). Un suo compagno di prigionia incide sulla sponda del giaciglio del religioso la scritta: «San Giuseppe Girotti».
A distanza di quasi settanta anni, la Chiesa riconosce il martirio di questo frate piemontese, la cui unica colpa è stata quella di esercitare la carità verso tutti indistintamente, in particolare verso quelli che in quel tempo erano i più perseguitati: gli ebrei. Il rito della sua beatificazione si svolge, sabato pomeriggio, 26 aprile, nella cattedrale di Alba, presieduto dal cardinale Severino Poletto in rappresentanza del Papa.
Dal 29 agosto 1944, giorno dell’arresto del domenicano a Torino, e il suo internamento e la morte nel lager di Dachau passano solo alcuni mesi. È stato tuttavia un periodo segnato da una grande sofferenza, da profonde umiliazioni, dal completo annientamento della dignità umana e sacerdotale da parte degli aguzzini.
Un odio certamente alimentato dall’avversione contro la carità. Nel registro di Dachau, infatti, è evidente la motivazione dell’arresto del domenicano: aiuto agli ebrei. I persecutori confermano così la ragione della sua morte, causata lentamente, come uno stillicidio. Il prigioniero doveva morire, ma non in modo istantaneo: doveva spegnersi lentamente e soffrendo, come una sorta di via crucis che minasse non solo il suo fisico, ma anche la sua volontà e il suo equilibrio psicologico.
Padre Girotti riuscì a contrastare fino all’ultimo questo tentativo di annientamento programmato e, mentre il suo corpo cedeva sotto i segni della denutrizione e degli stenti, mantenne la sua integrità psicologica e religiosa. Egli vide in quella prova effettivamente una via crucis, ma la visse come un’occasione per imitare Cristo nella passione e nella morte sulla croce. Partecipava ogni mattina alla messa celebrata, alle 4, nella cappella del blocco 28, dove erano internati i sacerdoti. Nel poco tempo libero, studiava la Bibbia insieme con un pastore luterano tedesco e scriveva saggi, si ipotizza sul libro del profeta Geremia. Non fu certa casuale lo studio delle Sacre Scritture in compagnia del ministro protestante. Girotti, infatti, era un celebre esegeta e nutriva un grande amore per l’unità dei cristiani.
Il 21 gennaio 1945, tenne un’omelia sul tema dell’unità, nella quale fece un paragone tra la situazione dell’Europa devastata dal conflitto mondiale con i secoli barbari che succedettero alla fine dell’impero romano. L’unico fattore che a quel tempo — è il pensiero di Girotti — poteva stabilire l’ordine era la Chiesa. Essa era, e lo è ancora oggi, «l’unico rifugio dell’ordine naturale nella politica e nella vita sociale, familiare, individuale ed economica». Questa straordinaria missione della Chiesa, affermava il domenicano, «non può essere perfettamente condotta a termine, se i fedeli di Cristo, uniti nell’anima della Chiesa — poiché la grazia del Salvatore abbraccia tutti quelli cresciuti nel suo seno — rimangono invece divisi nel corpo visibile a causa di scismi e di divisioni».
Nato ad Alba nel 1905, Giuseppe entrò nell’ordine dei predicatori nel 1919, dove emise la prima professione religiosa nel 1923. Compì gli studi filosofici a Fiesole e Viterbo e infine a Chieri. Venne ordinato sacerdote nella chiesa di San Domenico a Chieri il 3 agosto 1930. Negli anni 1931-34 perfeziona gli studi in Sacra Scrittura prima a Torino e alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma e poi a Gerusalemme, alla scuola del grande servo di Dio, Marie-Joseph Lagrange. Per tre anni, dal 1935 al 1938, si dedicò all’insegnamento a Torino. Nella Bibbia aveva cercato Dio e lo aveva incontrato. Presentava la Parola come fosse qualcosa di vivente, spiegandola più con la sua stessa esperienza di vita che con le parole.

L'Osservatore Romano