lunedì 30 giugno 2014

Martedì della XIII settimana del Tempo Ordinario



In quel tempo, essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.
Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!».
Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
 (Dal Vangelo secondo Matteo 8, 23-27)
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La vita è una traversata sul mare, immagine della morte. "Passare" in ebraico si dice HBR, da cui deriva “ebreo”: i fratelli maggiori, sul cui “passare” siamo stati innestati: “Dietro Gesù … l’evangelista … desidera che risuoni nelle orecchie dei discepoli il nome di “ebreo”. Desidera che i suoi ascoltatori abbiano l’intelligenza dell’indispensabile coesione della loro vita. Essi debbono attraversare fisicamente, concretamente, il mare. Simultaneamente dovranno forgiare la loro tenuta spirituale per andare avanti. Dire spirituale significa dire il loro respiro del vento di Dio. Qui appunto, c’è tutto: il vento, il mare, il pericolo, le onde marine, la tempesta di vento… Allora l’evangelista forma in greco un verbo nuovo, “diegeiro”, per dire svegliare. Impossibile da tradurre letteralmente, questo verbo ha l’accento ebraico di “passare”. Dunque, i discepoli che sono nella barca di Gesù lo svegliano… Lo chiamano…. E quando si sarà “svegliato sarà passato di là”, e tutte le cose si saranno placate, quando ci sarà la calma, l’evento non finirà lì. La “traversata” continuerà con la domanda di Gesù, alla maniera della Torah…”Dove sei?”. Gesù dirà: “Uomini di poca fede, perché avete paura?”, Come dire: “ Ebrei, dove siete? Avete dimenticato di sentire il vostro nome? Avete dimenticato il vostro nome, la vostra vita?” (M. Vidal). La stessa domanda che oggi prorompe nella nostra vita: “Perché avete paura?”. Perché siete ancora senza fede? Perché siamo ancora schiavi, atterriti dalla paura di morire, ecco perché; siamo incatenati. La "barca", che è anche immagine della la nostra vita, è percorsa da tempeste violente. In greco si trova “grande sisma”, lo stesso vocabolo usato nei racconti della crocifissione per il terremoto occorso alla morte di Gesù. La barca è, dunque, anche immagine del legno della Croce. Le simbologie si intrecciano: la Chiesa, la Croce e la nostra vita. La nostra vita è una traversata verso il Cielo, da compiere crocifissi con Cristo nella Chiesa, mentre intorno e dentro di noi è il terremoto, la tempesta delle tentazioni, delle sofferenze, dei peccati. Acqua, acqua che qualcuno ci rovescia addosso, e sembra sommergerci senza lasciarsi scampo. Ma la "barca" non è fatta per affondare; così è la nostra vita, spinta da Gesù nel mare, "assicurata" contro ogni intemperie dalle sue parole che ci hanno promesso che nessuna tentazione sarà mai superiore alle nostre forze. La nostra vita “passa”, infatti, attraverso questo mondo a cui non apparteniamo, e per il quale siamo stranieri e pellegrini; solchiamo "il mare", ma è per andare all'altra riva. Non è quell'acqua il nostro destino, neanche quando c'è bonaccia. Non lo sono le "onde", anche se ci stanno abbracciando, violente. All'inizio era una brezza soave, ma poi rapidamente s'è fatto vento gagliardo, e il cielo s'è tinto di nero, e le onde si sono rizzate come bastioni  insormontabili, e secchiate d'acqua, che una mano invisibile ha cominciato a rovesciare dentro la barca. Ed è così che si insinua il demonio. E non basta averne l'esperienza; come Pietro esperto del lago di Tiberiade non poteva nulla contro l'infuriare della tempesta, così neanche noi, pur essendo caduti tante volte nelle lusinghe e trappole del demonio, e sapendole riconoscere, abbiamo la forza per resistere quando si getta su di noi con furia improvvisa. Quando si scatena una "tempesta così violenta che la barca si ricopre di onde", stanne certo, è opera del demonio. La barca non deve arrivare al porto; ed era un porto speciale quello al quale erano diretti Gesù e i suoi apostoli. Era nella regione dei Garadeni, in piena Decapoli, terra pagana, territorio del nemico, perché il "mondo giace sotto il potere di satana". Gesù lo stava andando ad attaccare, per così dire. E lui non poteva restarsene con le mani in mano. Doveva difendersi, doveva impedire a Gesù di compiere la sua missione, che coincideva proprio con la sconfitta definitiva del demonio e della morte. Quella"tempesta", dunque, non era come le altre. Nessuna delle tempeste che infuriano sulla "barca" di Gesù e Pietro, repentine e violente come quelle che accadono sul mare di Galilea, è davvero improvvisa: quella "barca" le attira, come il miele attira le api... Per questo Gesù "dorme". Non lo sorprende, neanche quando la barca si riempie d'acqua si sveglia. Lui aspettava quella tempesta, e sapeva che l'unico modo per passarci dentro indenni era dormire: sapeva che il demonio vi si nascondeva, come in tutta la sua vita come nella Passione, e l'unico modo per compiere la sua missione sarebbe stato "reclinare il capo" sulla Croce come aveva velatamente annunciato allo scriba dell'episodio precedente, e addormentarsi nella morte. Per questo quando si sveglia rivolge agli apostoli una domanda che potrebbe suonare beffarda: "perché avete paura?". Ma come, stiamo per affondare e tu ci chiedi perché abbiamo paura? Essi erano "uomini di poca fede", non avevano compreso nulla di quello che stava accadendo. Perché la "fede" è entrare con Cristo nella tempesta e mettersi a dormire! E', concretamente, addormentarsi con Lui nella morte che oggi ci attende, lasciando che le "onde ci ricoprano", perché, ed è il cuore del cristianesimo che batte nel Mistero Pasquale di Gesù, per "passare all'altra riva" occorre affondare. Per avere la vita in abbondanza bisogna perderla; per vivere bisogna morire. Gesù "dormiva" perché sapeva che per raggiungere il mondo pagano e liberarlo dal potere del demonio doveva lasciare che le onde lo ricoprissero sino a togliergli la vita! Solo allora avrebbe potuto scovare il demonio a casa sua, nel suo quartier generale, e farlo saltare una volta per tutte , e sterminare la "legione" con i suoi ufficiali e generali, e con loro il principe de demonio. Le parole che Egli usa per placare il mare sono, infatti, le stesse usate dagli evangelisti nei racconti degli esorcismi. Le stesse che, nella versione greca della Settanta, presentano il gesto di Yahvè che con l’onnipotenza della sua parola prosciuga le acque del Mar Rosso (Cfr. Nota a Mt. 8, 26 de “La Bibbia. Nuovissima Versione dai Testi Originali”). Gesù aveva una missione che gli apostoli non avevano capito: erano stati chiamati, ma per essere apostoli dovevano ricevere lo Spirito Santo che plasmasse in loro lo stesso cuore e la stessa mente di Gesù. Avevano bisogno di camminare ancora per ricevere la natura nuova di Cristo, senza la quale ogni chiamata è destinata ad essere frustrata. Avevano bisogno di fede, per vivere crocifissi con Cristo, e con Lui morire per dar morte al signore della morte. La missione di Pietro e della Chiesa, infatti, è la stessa di Gesù: "sciogliere" sulla terra quello che Lui ha sciolto per sempre, perché gli uomini possano entrare, liberi, nel Cielo preparato per loro "sin dalla fondazione del mondo". Per questo la "barca" sarà sempre attaccata dal demonio. Se nella Chiesa c'è fede, saprà riconoscere la tempesta e si metterà a "dormire" con Cristo! Entrerà nella storia, nel martirio e nella sofferenza che suppongono l'annuncio del vangelo e l'esorcismo del mondo. E' opera impossibile all'uomo, per questo gli uomini della Chiesa devono addormentarsi per lasciar spazio all'opera di Dio. Come Gesù, con Gesù. Perché è nella debolezza che si manifesta pienamente la potenza di Dio, scriveva San Paolo. E' nella prostrazione del Getsemani, nel corpo offerto al flagello, agli sputi, alle ingiurie e alle calunnie, al legno della Croce; è nel sonno della morte che il Padre ha agito con onnipotenza in quell'impotente corpo del suo Figlio. E tutti noi siamo il frutto eterno di quel mistero, annunciato in quel sonno di Gesù tra le onde del mare. E siamo con Lui e per Lui in questa generazione, per compiere a sua missione. E’ Lui che ci ha spinti a salire sulla barca, Lui ci ha attirato a sé con il suo amore e la sua misericordia. Ci ha messi in cammino, con noi ha iniziato la traversata. E ora "dorme", proprio mentre infuria la "tempesta" a casa, in ufficio, con la fidanzata, con i soldi e la salute. Come lo sposo del Cantico dei Cantici, ha bussato alle nostra porta ma poi s’è nascosto. Le onde, il sisma che scopre il fondo del mare, l’inganno che ci ha sedotto e tenuto schiavi, la menzogna del demonio che ci ha obbligato a seguire e compiere i suoi desideri. La notte oscura dell’Innominato, le angosce che ci atterriscono. La solitudine. Il nulla. La Croce che tutto relativizza, che sembra togliere ogni speranza. La nostra esperienza di oggi, qualunque sia, il mare o il deserto, è l’odore di morte che ci atterrisce. Lui è lì con noi, ma "dorme". Abbiamo fede? O abbiamo paura? Non viviamo ancora da figli di Dio, cioè non possiamo ancora partecipare della sua missione! Anzi, è Lui che deve, ancora una volta, "destarsi" e "sgridare i venti e i mari" perché torni la "bonaccia" nella nostra vita. Non siamo ancora pronti a morire con Lui. Ecco perché gridiamo e abbiamo paura, spaventati e colti di sorpresa dalla storia che non potrebbe essere diversa... E' la storia di un cristiano, la tua, la mia, la storia perseguitata della Chiesa, anche oggi. E Gesù "dorme", e noi, senza fede, non capiamo che proprio così ci sta amando, e sta amando ogni uomo. "Dorme" e non ferma le guerre. "Dorme" e non guarisce il cancro di mio padre. "Dorme" e non cambia il carattere di mio marito. "Dorme" e non dà un lavoro a mio figlio. "Dorme" perché non mi ama... "Uomo di poca fede", non hai capito nulla! Gesù "amava Lazzaro", eppure si è fermato ancora due giorni dove si trovava senza scendere da lui ammalato, quasi aspettando che l’amico morisse. E quando infatti Lazzaro si “addormenta” Gesù dice ai Suoi discepoli di godere per loro di non essere stato dall’amico, “affinchè crediate”. Siamo chiamati innanzi tutto a scendere al fondo di noi stessi, dove incontrare la propria morte, sino all’ultimo gradino della piscina battesimale. E qui, annegare l’uomo vecchio nella morte di Cristo, addormentarci con Lui per risorgere con Lui. Questa è la fede! Questa esperienza che ci crocifigge alla carne e al mondo, dove siamo tutti per Lui. Come Lui è tutto per noi. La fede battesimale per donarci la quale il Signore s’e addormentato nel sepolcro dei nostri peccati. Entriamo allora oggi nella barca con il Signore, addormentiamoci con Lui, non temiamo, con Lui passeremo indenni tra le acque della morte. Lui solo basta. Il Suo amore è la nostra vita e noi viviamo per Lui.