mercoledì 27 agosto 2014

Il luogo della misericordia



Intervento del segretario generale della Cei alla Settimana liturgica nazionale. 

L’assemblea eucaristica è il luogo della misericordia: essa dovrebbe essere dunque «un luogo dove tutti si sentano a casa»: migranti, fedeli in situazione matrimoniale irregolare, persone disabili, malati, poveri, anziani, bambini. È l’esortazione, in estrema sintesi, contenuta in un lungo intervento che il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha pronunciato mercoledì a Orvieto in occasione della 65ª Settimana liturgica nazionale organizzata dal Cal (Centro azione liturgica).
Il presule ha evidenziato prima di tutto la necessità di adottare l’atteggiamento suggerito da Papa Francesco di una Chiesa «in uscita», che «prende l’iniziativa» di essere «accogliente» e «accorciare le distanze». Ciò non è in contrasto con l’immagine della Chiesa riunita in assemblea liturgica: «Secondo un certo modo di vedere la Chiesa — ha detto il vescovo Galantino — da parte di chi ne sta al di fuori e talvolta persino da parte di alcuni cristiani, gode di maggiore apprezzamento l’azione per i poveri, quale per esempio una mensa della Caritas, che non l’immagine di un’assemblea radunata per la celebrazione liturgica. Questo giudizio, per quanto talvolta giustificato, è in verità un giudizio superficiale; non coglie infatti la realtà autentica e profonda della comunità ecclesiale, che vive per sua natura di questo duplice movimento: l’accoglienza del dono di Dio e la sua trasmissione vitale». La costituzione dogmatica Lumen gentium, aggiunge il presule, «delineando i tratti della Chiesa missionaria, mostra che, anche quando celebra i sacramenti, la Chiesa svolge la propria missione; in questo senso, la liturgia è atto missionario, anche se non nel modo della Chiesa “in uscita”».
Ma la «cultura della misericordia», ha detto il vescovo, «deve essere attuata nella Chiesa in modo evidente in ogni suo gesto. Non solo nell’azione sociale e caritativa con l’attenzione verso gli ultimi, ma anche nella celebrazione liturgica, in particolare dell’Eucaristia. L’assemblea liturgica è epifania della Chiesa (cfr. Sacrosanctum concilium, 26) e, in quanto tale, deve essere epifania della Chiesa misericordiosa e incarnazione della misericordia del Padre». In questa ottica, monsignor Galantino ha raccomandato, passando all’ambito liturgico, di non organizzare celebrazioni eucaristiche «settoriali», pensate cioè «solo per qualche gruppo o categoria» ma momento di «convocazione e raduno di tutta la comunità». Nelle «messe dei bambini», ad esempio, «non si tratta di celebrare in modo infantile, né di snaturare i riti liturgici con l’illusione di renderli più comprensibili o interessanti, ma di porre in atto alcune attenzioni», come «canti adatti, valorizzazione delle posizioni del corpo, opportune e brevi monizioni». Anche i gruppi presenti nelle comunità sono invitati «a non volersi isolare nel proprio cammino».
Un’attenzione particolare dell’assemblea eucaristica, ha ricordato il vescovo Galantino, è «la misericordia nei confronti dei poveri»: «sono lontani i tempi in cui nelle chiese era evidente la differenza fra ricchi e poveri — ha osservato monsignor Galantino — per esempio con i posti riservati per le persone più agiate o anche con sedie e banchi di loro proprietà. Questo grazie a Dio non accade più. Ma basta questo per dire che i poveri nelle nostre assemblee sono accolti? I poveri sono scomodi, lo sappiamo bene».
Il segretario generale della Cei ha posto una serie di domande provocatorie sulle quali i cristiani sono chiamati a interrogarsi: «Siamo sicuri — si è chiesto il presule — che i poveri partecipino volentieri alla messa domenicale perché si sentono accolti? Siamo sicuri che nelle nostre assemblee non si facciano davvero differenze tra ricchi e poveri? In che modo ci interroga la presenza di persone che chiedono l’elemosina alla porta della chiesa? Talvolta costoro sono cristiani, anche cattolici, ed entrano in chiesa per pregare o per partecipare alla messa: quale accoglienza viene loro riservata?». Allo stesso modo, ha proseguito, le celebrazioni devono dedicare particolari premure verso «malati, sofferenti, persone disabili», per esempio eliminando le barriere architettoniche e riservando dei posti che «si adattino alle condizioni fisiche e psicologiche dei malati, in particolare per le difficoltà motorie e uditive».
Stesso atteggiamento va espresso nei confronti dei migranti: «Le comunità del luogo hanno il dovere dell’accoglienza, sono tenute ad accordare loro ospitalità, evitando di farli sentire ospiti, perché nella Chiesa ogni cristiano è a casa propria». Nel caso di singoli fedeli, famiglie o piccoli gruppi «è da prevedere un’accoglienza e una conoscenza da parte del sacerdote o di altre persone». Per le comunità più grandi «non si tratta soltanto di offrire l’ospitalità in un edificio di culto — ha suggerito il vescovo Galantino — ma è opportuno cercare anche dei contatti tra le comunità e, almeno qualche volta all’anno, svolgere delle celebrazioni comuni».
Infine, il segretario generale della Cei ha ricordato la situazione dei fedeli in situazione matrimoniale irregolare, che «vivono la loro condizione con grande sofferenza» e «percepiscono la disciplina della Chiesa come molto severa, non comprensiva se non addirittura punitiva». Ha detto il vescovo: «Con sincerità dovremmo però riconoscere che anche gli altri fedeli percepiscono la disciplina della Chiesa come un’esclusione di questi loro fratelli e sorelle, e, talora, li osservano con uno sguardo carico di pregiudizio», imponendo loro «un ulteriore fio da pagare, una loro discriminazione di fatto». Serve quindi «accoglienza, comprensione, accompagnamento, supporto», e «percorsi di vita ecclesiale» sebbene questi fedeli «non possano ricevere la comunione eucaristica».
È tutta la comunità cristiana, ha concluso monsignor Galantino, «che deve farsi carico di queste attenzioni pastorali, da manifestarsi anche nell’ambito dell’assemblea liturgica. Se alcuni fedeli si sentono esclusi dalla vita della comunità e per questo non partecipano all’assemblea domenicale, sicuramente sono i primi a soffrirne; ma questo dovrebbe essere motivo di sofferenza per tutta la comunità a causa della mancanza di alcuni suoi figli, che evidentemente non ha saputo accogliere con misericordia. L’assemblea eucaristica, che celebra la misericordia del Padre, sa accogliere tutti i suoi figli, soprattutto coloro che si trovano in situazioni di sofferenza».

L'Osservatore Romano