mercoledì 24 settembre 2014

Al suono dello shofar



Oggi al tramonto comincia la festa ebraica di Rosh Ha-Shanah.


(Zion Evrony, Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede) «Parla ai figliuoli d’Israele, dì loro: “Il settimo mese, il primo giorno del mese avrete un riposo solenne, una commemorazione fatta a suon di tromba, una santa convocazione”» (Levitico, 23, 24). Rosh Ha-Shanah è un’importante festività ebraica, della durata di due giorni, celebrata nel mese di Tisheri, il primo mese del calendario ebraico. Quest’anno, il 24 settembre sera segnerà l’inizio dell’anno 5775.
Il mese di Tisheri è preceduto dal mese di Elul, durante il quale il bisogno di pentimento si fa più urgente. Vengono aggiunte al ciclo quotidiano delle preghiere le Selichot per chiedere perdono, preghiere da recitare presto prima di quelle del mattino (Shacharit).
Rosh Ha-Shanah è considerato l’anniversario della creazione di Adamo ed Eva, i primi esseri umani. In altre parole, Rosh Ha-Shanah si distingue da tutti gli altri momenti dell’anno per il fatto che segna l’arrivo di qualcosa di nuovo. In ebraico Rosh Ha-Shanah — che letteralmente significa “capo dell’anno” o “primo dell’anno” — è comunemente conosciuto come il capodanno ebraico. Questa terminologia è però ingannevole perché non c’è grande similarità tra la festa ebraica e il capodanno che inaugura il nuovo anno civile, anche se, entrambi, sono considerati come un giorno per pianificare una vita migliore. Il capodanno ebraico è quindi un’occasione di preghiera e di introspezione, per riparare gli errori commessi.
Nel primo giorno di Rosh Ha-Shanah ci si reca nel pomeriggio presso una fonte d’acqua. Lì si pronuncia la preghiera di Tashlich per gettare i propri peccati nelle «profondità del mare».
I dieci giorni che iniziano con Rosh Ha-Shanah e terminano con il giorno di Kippur (il giorno dedicato all’espiazione), sono conosciuti come Yamim Noraim, vale a dire «i giorni del pentimento». Si crede che Dio abbia dei Libri sui quali scrive i nomi di chi vivrà e di chi morirà, di chi avrà una buona vita e di chi una cattiva. Questi Libri sono scritti il giorno di Rosh Ha-Shanah, ma il nostro comportamento prima dello Yom Kippur possono far cambiare il decreto divino. Questo concetto è l’origine del saluto comunemente usato in questo periodo: «Possiate essere iscritti e sigillati per un buon anno».
Nel Talmud è scritto che nel giorno di Kippur sono espiati solo i peccati verso Dio. Per espiare i peccati verso gli uomini bisogna prima cercare la riconciliazione e la riparazione degli errori commessi, quando possibile. È per questo che un periodo dell’anno è dedicato alla ricerca della riconciliazione con gli uomini.
Il nome Rosh Ha-Shanah non è usato nel Vecchio Testamento per menzionare questa festività. Nella Torah vi si fa riferimento definendolo «il giorno del suono dello shofar» (Yom Terua, Levitico, 23, 24). La letteratura rabbinica e la liturgia descrivono Rosh Ha-Shanah come il “giorno del giudizio” (Yom ha-Din) e il “giorno del ricordo” (Yom ha-Zikkaron).
Uno dei riti più importanti di questa ricorrenza è ascoltare il suono dello shofar (un piccolo corno di montone usato come strumento musicale). In entrambi i giorni in cui si celebra Rosh Ha-Shanah, sono suonate cento note. Ci sono quattro tipi di note che possono essere suonate dallo shofar ovvero tekiah, nota sostenuta per tre secondi, shevarim, tre note da un secondo con tono crescente, teruah, una serie di suoni in staccato che si estendono in un tempo di circa tre secondi e, infine, la grande tekiah, un suono tenuto a lungo fino a quando il suonatore ha fiato. Lo shofar non è suonato se la celebrazione cade di sabato.
In tutte le festività ebraiche il cibo e la famiglia giocano un ruolo molto importante. Per poter iniziare il nuovo anno nel migliore dei modi, si mangia del cibo che ha un significato simbolico, come le mele con il miele per augurare un “dolce anno nuovo”. Altri cibi sono serviti secondo i minhag (costumi) locali: come a esempio la testa del pesce a simboleggiare la preghiera «fa che noi possiamo essere la testa e non la coda». Molte comunità si riuniscono per il seder (cena) di Rosh Ha-Shanah durante il quale vengono pronunciate diverse benedizioni sui vari cibi. Le benedizioni iniziano con la frase «Yehi ratzon» che significa «possa questa essere la tua volontà». Il pasto può quindi includere mele, datteri, melograni, fagioli neri, zucca ripiena di dolci e un pesce intero con la testa. Questi cibi sono tutti menzionati nel Talmud. I melograni sono utilizzati in molte tradizioni per augurare di essere fecondi come il frutto con tutti i suoi semi. L’uso di cibi dolci simboleggia la speranza per un dolce anno e fa parte della tradizione medievale askenazita anche se, a oggi, è accettata universalmente. Il tipico pane rotondo challah è servito per simboleggiare il ciclo annuale.
Durante la seconda sera nuovi frutti sono serviti proprio per celebrare la ricorrenza di un evento che fu a sua volta nuovo, come appunto la creazione del primo uomo e della prima donna, e per pronunciare la benedizione chiamata Shehecheyanu, che viene recitata ogni volta che si intraprende qualche cosa di nuovo.
Nell’imminenza del Rosh Ha-Shanah gli ebrei romani prendono tre tipi diversi di semi (grano, mais e lenticchie) e li seminano in un piatto che è esposto alla luce e annaffiato regolarmente. Una volta cresciute, le piantine sono poste vicino o sopra il tavolo imbandito per la festa. Quando la crescita termina, le piante vengono gettate via. Questo rito non è accompagnato da nessuna preghiera particolare e in generale sta ad augurare una buona fortuna per il nuovo anno.
La vita degli antichi ebrei era legata alla terra. Proveniamo da famiglie di pastori e agricoltori e molte delle nostre tradizioni religiose lo ricordano.

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Per una convivenza pacifica. Chiamati a un nuovo inizio

«È il tempo della seconda chance e comincia con il rimettersi in discussione: lo sguardo si volge al passato, scruta la memoria, per riavviare qualcosa in noi, per dare, se possibile, un nuovo orientamento alla nostra vita, alle nostre scelte, ai nostri valori, alle nostre priorità, senza distruggere ciò che è stato costruito, in un rinnovato slancio di amore e giustizia». Così, sul quotidiano francese “la Croix”, Rivon Krygier, rabbino della sinagoga Adath Shalom e della comunità ebraica masorti di Parigi, spiega il significato di Rosh Ha-shanah e del mese a cui dà inizio, Tisheri, dedicato appunto alla riflessione, all’introspezione, all’auto esame, al rinnovamento spirituale. Rosh Ha-Shanah — si legge sul sito dell’Unione delle comunità ebraiche italiane — è il giorno in cui, secondo la tradizione, il Signore esamina tutti gli uomini e tiene conto delle azioni buone o malvagie che hanno compiuto nel corso dell’anno precedente. «A Rosh Ha-Shanah tutte le creature sono esaminate davanti al Signore», è scritto nel Talmud.
Questa festa riguarda dunque il singolo individuo, il rapporto che ha con il suo prossimo e con Dio, le sue intenzioni di miglioramento. E in ottemperanza al comando biblico, il suono dello shofar rappresenta il richiamo all’uomo verso il Signore: «Questo suono serve a suscitare una rinascita spirituale e a portare verso la teshuvà, il pentimento, il ritorno verso la giusta via». Il suo suono stridente, spiega ancora Krygier, ha lo scopo di suscitare, attraverso la catarsi, un brivido, il terrore, che «muove la nostra coscienza fino a immergerla nella memoria oscura e a farci attraversare “la valle della morte” (Salmo 23, 4)». Ma per ottenere il perdono divino occorre dapprima riconciliarsi con il prossimo, con il proprio vicino, ripristinare la fiducia tradita, fino a tornare a guardarsi reciprocamente con benevolenza malgrado il risentimento che spesso rimane nascosto nel cuore. La capacità di concentrare l’attenzione sulle virtù più che sui vizi del prossimo: anche questo, nella liturgia di Kippur, chiede l’ebreo a Dio, perché il suo perdono dipende dalla capacità di ognuno di vedere le cose in modo diverso, di tornare a essere degno di fiducia e di saperla accordare agli altri.
«Questo processo di purificazione interiore — osservava Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, nel messaggio dello scorso anno — deve essere compiuto da ogni essere umano, non per sottoporsi a una sterile afflizione ma per correggere i propri errori, per porre rimedio, per quanto è possibile, alle loro conseguenze e soprattutto per evitare di ripeterli. Quanto più l’umanità si allontana dal grande disegno originario di fratellanza, tanto più compromette la speranza di realizzare quell’era di pace universale alla quale espressamente proclamano di aspirare le grandi religioni. Ma questo fine rimarrà irraggiungibile fino a quando, da parte di tutti, la diversità non sarà accolta come una fonte di ricchezza invece che come un pericolo e fino a quando non saranno neutralizzate tutte le spinte di natura fondamentalista e integralista».
Spinte particolarmente preoccupanti in Francia dove, il 17 settembre, il Conseil représentatif des institutions juives ha organizzato a Parigi un seminario dal titolo «Pacificare la società per vivere meglio insieme», aperto a rappresentanti delle istituzioni civili e delle altre religioni. E il giorno dopo, il primo ministro Manuel Valls si è recato personalmente, su invito del presidente del Concistoro centrale, Joël Mergui, nella grande sinagoga della Victoire, dove ha tentato di rassicurare la comunità ebraica, inquieta dopo la recrudescenza di atti antisemiti avvenuta negli ultimi mesi.
L'Osservatore Romano