mercoledì 24 settembre 2014

Intervento del Segretario di Stato Card. Pietro Parolin al Vertice Onu sul clima.



Intervento del Segretario di Stato Card. Pietro Parolin al Vertice Onu sul clima. Traduzione in lingua italiana

Riportiamo di seguito l’intervento che il Segretario di Stato Card. Pietro Parolin ha pronunciato ieri a New York al Climate Summit 2014 nell’ambito della 69.ma Assemblea Generale della Nazioni Unite:
Signor Segretario Generale,
Sono lieto di portare il cordiale saluto di Sua Santità Papa Francesco a questo importante Vertice che vede alti esponenti del mondo governativo, del settore privato e della società civile qui riuniti al fine di individuare e proporre iniziative rilevanti volte ad affrontare il preoccupante fenomeno del cambiamento climatico. E’ ben noto come quest’ultimo chiami in causa aspetti non solo scientifico-ambientali o socio-economici, ma anche e soprattutto etico-morali, visto che incide su tutti, in particolare sui più poveri, che sono più esposti ai suoi effetti.
Al cospetto di siffatta consapevolezza, la Santa Sede ha spesso ribadito quell’imperativo morale ad agire che interpella ognuno di noi circa la nostra responsabilità a custodire e valorizzare il creato per il bene della presente generazione, così come di quelle future. Papa Francesco, fin dall’inizio del Suo Pontificato, ha sottolineato l’importanza di «custodire questo nostro ambiente, che troppo spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro» (Udienza al Corpo Diplomatico della Santa Sede, 22 marzo 2013). Vi è ormai un consenso scientifico piuttosto consistente sul fatto che il riscaldamento del sistema climatico a partire dalla seconda metà del secolo scorso sia inequivocabile. Si tratta di un problema molto serio che, come detto, ha gravi conseguenze per i settori più vulnerabili della società e, ovviamente, per le generazioni future.
Numerosi studi scientifici hanno, inoltre, sottolineato i grandi rischi e i costi socioeconomici dell’inerzia dell’azione umana di fronte a tale problema, sulla base del fatto che la sua principale causa sembra essere l’aumento nell’atmosfera delle concentrazioni di gas ad effetto serra provocate da attività antropiche. Di fronte a detti rischi e costi, deve prevalere la virtù della prudenza, che richiede di ben deliberare in funzione di un’accurata analisi degli impatti futuri che comportano le nostre azioni. Ciò richiede un grande impegno politico-economico da parte della comunità internazionale, al quale anche la Santa Sede vuole dare il proprio contributo, nella consapevolezza che «il dono della scienza ci aiuta a non cadere in alcuni atteggiamenti eccessivi o sbagliati. Il primo è costituito dal rischio di considerarci padroni del creato. Il creato non è una proprietà, di cui possiamo spadroneggiare a nostro piacimento; né, tanto meno, è una proprietà solo di alcuni, di pochi: il creato è un dono, è un dono meraviglioso che Dio ci ha dato, perché ne abbiamo cura e lo utilizziamo a beneficio di tutti, sempre con grande rispetto e gratitudine» (Papa Francesco, Udienza del 21 maggio 2014). Signor Segretario Generale,
Il lungo dibattito sui cambiamenti climatici, che ha dato vita nel 1992 alla Convenzione quadro dell’ONU sul cambiamento climatico e al suo processo di attuazione, mostra come si tratti di una materia estremamente complessa. Da allora, molte cose sono cambiate: le dinamiche dei rapporti internazionali hanno dato vita a contesti geopolitici mutati, mentre gli strumenti scientifici ed informativi si sono straordinariamente raffinati. Uno dei principali elementi emersi in questi trenta e più anni di studi sul fenomeno del riscaldamento globale è la sempre più forte consapevolezza che l’intera comunità internazionale faccia parte di un’unica interdipendente famiglia umana. Le decisioni e i comportamenti di uno dei membri di questa famiglia hanno profonde conseguenze su altri componenti della medesima; non vi sono frontiere, barriere, mura politiche, entro le quali potersi nascondere per proteggere un membro rispetto all’altro dagli effetti del riscaldamento globale. Non vi è spazio per quella globalizzazione dell’indifferenza, per quell’economia dell’esclusione, per quella cultura dello scarto così spesso denunciate da Papa Francesco (Evangelii gaudium, no. 52, 53 e 59). Nel processo finalizzato a contrastare il riscaldamento climatico, troppo spesso abbiamo visto la prevalenza di interessi particolari o di comportamenti cosiddetti “free-riders” sul bene comune; troppo spesso abbiamo registrato una certa diffidenza o mancanza di fiducia da parte degli Stati, così come degli altri attori partecipanti. Tuttavia, se vogliamo realmente essere efficaci, è necessario attuare una risposta collettiva basata su quella cultura della solidarietà, dell’incontro e del dialogo, che dovrebbe essere alla base delle normali interazioni all’interno di ogni famiglia e che richiede la piena, responsabile e impegnata collaborazione da parte di tutti, secondo le proprie possibilità e circostanze.
In questa direzione, sembra opportuno richiamare un concetto che è stato sviluppato anche all’interno del foro delle Nazioni Unite, quello della responsabilità di proteggere. Gli Stati hanno una responsabilità comune di proteggere il clima mondiale attraverso azioni di mitigazione, di adattamento e di condivisione delle tecnologie e del “know-how”. Ma hanno soprattutto una responsabilità condivisa di proteggere il nostro pianeta e la famiglia umana, assicurando alla generazione presente e a quelle future la possibilità di vivere in un ambiente sicuro e degno. Le basi tecnologiche e operative per favorire questa responsabilità condivisa sono già disponibili o alla nostra portata. Abbiamo la capacità di avviare e rafforzare un vero e proprio processo virtuoso che, in un certo senso, irrighi attraverso attività di adattamento e di mitigazione un terreno di innovazione economica e tecnologica dove è possibile coltivare due obiettivi tra di loro concatenati: combattere la povertà e attenuare gli effetti del cambiamento climatico. Le sole forze di mercato, specie se prive di un adeguato orientamento etico, non possono però risolvere le crisi interdipendenti concernenti il riscaldamento globale, la povertà e l’esclusione. La sfida più grande risiede nella sfera dei valori umani e della dignità umana; questioni che riguardano la dignità umana degli individui e dei popoli non possono essere ridotte a meri problemi tecnici. In questo senso, il cambiamento climatico diventa una questione di giustizia, di rispetto e di equità; una questione che deve sollecitare le coscienze di ognuno di noi. Signor Segretario Generale,
Alla base di ogni risposta politica complessa devono essere chiare le motivazioni etiche che la orientano. Si tratta, adesso, di consolidare una profonda e lungimirante reimpostazione dei modelli di sviluppo e degli stili di vita, per correggerne le numerose disfunzioni e distorsioni (Caritas in veritate, no. 32); ciò è richiesto anche dalle numerose crisi che l’attuale società sta vivendo in ambito economico, finanziario, sociale, culturale ed etico. In tale direzione, è necessaria un’autentica svolta culturale che fortifichi i nostri sforzi formativi ed educativi, soprattutto a favore dei giovani, verso l’assunzione del senso di responsabilità nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale per tutti i popoli, presenti e futuri.
Lo Stato della Città del Vaticano, per quanto piccolo, sta compiendo sforzi significativi per ridurre il suo consumo di combustibili fossili, realizzando progetti di diversificazione e di efficienza energetica. Tuttavia, come indicato dalla Delegazione della Santa Sede nella COP-19 di Varsavia, «parlare della riduzione delle emissioni è inutile se non siamo pronti a cambiare il nostro stile di vita e gli attuali modelli dominanti di consumo e di produzione». La Santa Sede attribuisce grande importanza alla necessità di diffondere un’educazione alla responsabilità ambientale che cerchi anche di tutelare le condizioni morali per un’autentica ecologia umana. Sono molte le istituzioni educative cattoliche, così come le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie e le ONG di ispirazione cattolica impegnate in tale campo, nella convinzione che il degrado della natura è direttamente legato alla cultura che plasma la coesistenza umana. Il rispetto dell’ecologia ambientale è condizione di ed è condizionata dal rispetto dell’ecologia umana nella società.
Affrontare seriamente il problema del riscaldamento globale richiede non solo di rafforzare, approfondire e consolidare il processo politico a livello globale, ma anche di intensificare l’impegno di tutti noi verso un profondo rinnovamento culturale e una riscoperta dei valori fondamentali su cui edificare un migliore futuro dell’intera famiglia umana. La Santa Sede si impegna in tale direzione, affinché in questo ambito la comunità internazionale venga guidata dall’imperativo etico di agire, ispirato dai principi di solidarietà e di promozione del bene comune, nella consapevolezza che «la dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica» (Papa Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 203ss).

Grazie!