domenica 28 settembre 2014

Ognuno ha l'età dei suoi sogni



"Il Mondiale dei Giovani a Napoli? Un appuntamento con la coscienza"


Intervista a Ernesto Olivero, fondatore, guida e neo-padre della Fraternità del Sermig, pochi giorni dopo il riconoscimento canonico ricevuto da Nosiglia e in vista dell’avvenimento del 4 ottobre

DOMENICO AGASSO JRTORINO
Nel 2014 ha festeggiato i cinquant’anni di vita della sua “creatura”, il Sermig (Servizio missionario Giovani). Il 16 settembre ha ricevuto dall’arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia il riconoscimento canonico della Fraternità del Sermig, che consiste nello statuto con cui la Chiesa torinese riconosce la “Fraternità della Speranza” che raccoglie i membri del gruppo impegnati nei tre Arsenali (Torino, Madaba in Giordania e San Paolo in Brasile) e nelle centinaia di servizi e attività dirette a poveri, ragazzi, famiglie. E adesso Ernesto Olivero lancia il “4° Appuntamento mondiale Giovani della Pace”, che si svolgerà a Napoli il 4 ottobre.

Vatican Insider l’ha intervistato.

Olivero, che significato assume per te e per i membri, gli amici e i collaboratori del Sermig, il riconoscimento canonico consegnato da monsignor Cesare Nosiglia?
«È una tappa della nostra storia che viviamo con grande commozione. Aspettavamo questo momento con tanta fiducia, senza cercare mai scorciatoie. Ed è bello che questo sia avvenuto nel ricordo dei nostri primi cinquant’anni. Mai avrei immaginato di vivere una storia come questa. Quando siamo partiti nel 1964 eravamo davvero un piccolo gruppo di giovani. Eravamo inesperti, senza mezzi e risorse, ma avevamo un sogno, il sogno di sconfiggere la fame nel mondo, di vivere nella Chiesa, di risvegliare la speranza assopita nel cuore dell’uomo. È quello che vogliamo continuare a fare. La strada si è allargata e il riconoscimento è una carezza. Poi, come ci ha detto il nostro padre Vescovo, la natura del Sermig non cambia. Piuttosto sentiamo ancora di più la nostra responsabilità».

Tu sei Padre della Fraternità a vita: che effetto ti crea?
«Anche per me vale il discorso della responsabilità. All’inizio di questa avventura, io pensavo di animare un semplice gruppo missionario. Insieme a mia moglie Maria e ai miei amici ero convinto che avrei donato due-tre ore alla settimana. Invece, il nostro tempo, la nostra disponibilità, la nostra stessa famiglia si sono allargate e l’ideale iniziale si è preso tutto. Fino a trasformare con l’aiuto di milioni di persone la vecchia fabbrica di armi di Torino in Arsenale della Pace. La vera svolta però è arrivata quando più di 30 anni fa, una giovane del nostro gruppo mi disse che si sarebbe voluta consacrare, dando la vita nel Sermig. All’inizio, rimasi sconvolto. “Non se ne parla”, dissi, perché sentivo che era qualcosa più grande di me. Alla fine, però, anche grazie al confronto con tanti maestri credenti e non credenti, mi chiesi: “Ma Ernesto, ragioni secondo te o secondo Dio”. La risposta mi venne. È nata così la Fraternità della Speranza, realtà formata da consacrati, consacrate, famiglie, giovani, tutti uniti dallo stesso ideale di vita. Essere padre significa allargare il cuore, non entrare mai nell’abitudine, essere custodi gli uni degli altri. È uno stupore continuo».

Quali sono le prossime sfide per il Sermig?
«Non abbiamo mai avuto programmi. Le sfide vecchie e nuove ce le ha sempre portate il campanello. Tutto è nato così: le accoglienze, i progetti di sviluppo, le missioni di pace, l’impegno per i giovani. Non dimenticherò mai il dito puntato di un giovane che negli anni ’80, in un incontro pubblico, si alzò e disse: “Tu, Olivero, stanotte dove dormi?”. Io non capivo. “Ehi, dico a te, Olivero, tu dove dormi?”. Continuavo a non capire. Eravamo un gruppo missionario, perché quella domanda? “Allora, dove dormi?”. Ricordo che non risposi ma quella sera avvertii mia moglie che non sarei tornato a casa. Andai con quel ragazzo alla stazione della mia città e scoprii l’inferno. All’epoca Torino offriva appena venti posti per la povera gente. Se oggi nei nostri Arsenali a Torino, Madaba e San Paolo del Brasile ogni notte dormono più di 2mila persone è proprio grazie a quel dito puntato che ci ha fatto cambiare i programmi. Sarà così anche in futuro. Con alcuni punti fermi: la fedeltà a Dio e agli uomini. Solo così riesci ad aprire gli occhi e le orecchie, cambiando forse le tue idee, ma mai i tuoi ideali».

Quali gli obiettivi particolari del Mondiale dei Giovani di Napoli?
«L’appuntamento mondiale dei Giovani della Pace è una delle sorprese della nostra storia, suscitata dagli incontri con amici come Giovanni Paolo II, dom Helder Camara, madre Teresa di Calcutta. Da loro abbiamo avuto l’indicazione di inventarci qualcosa di bello per riportare i giovani a casa. Oggi i giovani sono i più poveri tra i poveri, perché il mondo degli adulti li ha traditi. Ma anche i giovani hanno responsabilità, tutte le volte in cui si sono sballati, non hanno creduto in se stessi e ai loro sogni, non hanno ascoltato la voce della coscienza. Quello di Napoli sarà proprio un appuntamento con la coscienza. Dopo gli incontri di Torino, Asti e L’Aquila, vorremmo invitare tutti a riscoprire una responsabilità, i sì e i no da dire, perché il mondo si può cambiare, ma solo se ognuno mette in gioco la sua vita».

Quali saranno i principali appuntamenti del Mondiale?
«Il Mondiale sarà un pomeriggio di ascolto. Ci ritroveremo il 4 ottobre in piazza del Plebiscito, a partire dalle 16. Abbiamo invitato il corpo diplomatico, le autorità, i rappresentanti del mondo degli adulti nel campo dell’economia, della cultura, della politica, delle religioni. A loro chiederemo di non parlare, ma di ascoltare i giovani. Ci saranno storie bellissime da tutto il mondo, che testimonieranno le scelte di coscienza delle nuove generazioni. Testimoni dal Medio Oriente, dall’Africa, dal Brasile, dall’Italia per dire sì alla vita e no alla droga, sì alla politica come servizio e no all’avidità, sì alla pace e no alle armi, sì all’impegno personale e no all’indifferenza. Nell’occasione, presenteremo anche una speciale “Lettera alla Coscienza” che nasce dal grido di disperazione di tanti giovani. Sarà la base per una vera riconciliazione tra giovani e adulti. Sarà tradotta in ogni lingua, vorremmo farla entrare nei palazzi del potere, senza puntare il dito, senza fare polemiche. Come semplice segno di speranza».

In questo mondo falcidiato dalla “terza guerra mondiale combattuta a capitoli”, come l’ha definita papa Francesco, l’uomo come può e dove deve cercare la pace?
«Negli anni ho capito che il mondo va alla rovescia perché si è allontanato da Dio. Noi dovremmo semplicemente avere il suo profumo, mostrare che è possibile vivere la bontà, che non è buonismo. La bontà è vera solo se è operativa, se sa attaccarsi alla giustizia, a scelte di vita concrete. Altrimenti è pura teoria. Come l’amore che non è mai un sorriso, ma un fatto: è dare da mangiare all’affamato, diventare sguardo per un cieco, speranza per chi è disperato. La chiave della pace e della speranza è questa: non dire mai davanti a una persona che piange “che pena!”, ma semplicemente e con la vita: “Ma io cosa posso fare?”».

*

Sopra il videoclip di "Ognuno ha l'età dei suoi sogni", inno ufficiale del 4° Appuntamento Mondiale dei Giovani della Pace (4 ottobre 2014, Piazza del Plebiscito, Napoli). I ballerini Simona Atzori, Marco Messina e Salvatore Perdichizzi danzano negli spazi dell'ex arsenale militare di Torino, trasformato dai giovani del Sermig in Arsenale della Pace. 


Testo: Ernesto Olivero 
Musica: Mauro Tabasso
Voce: Marco Maccarelli
Ballerini: Simona Atzori, Marco Messina, Salvatore Perdichizzi
Regia: Augusto Storero
Ideazione: Piero Reinerio
Montaggio: Margherita Chiatti
Produzione: Little Bull
Produzione audio: Laboratorio del Suono
Ideazione e realizzazione: Agenzia Armando Testa

www.sermig.org - www.mondialedeigiovani.org - www.labsuono.it

Il brano è disponibile si Google Play
https://play.google.com/store/music/a...


Ognuno ha l'età dei suoi sogni
(Testo integrale)


Ognuno ha l'età dei suoi sogni
ognuno ha l'età dei suoi Re
ognuno ha lo sguardo che vuole per sé
e la faccia che merita.

Non ho l'età che ho
con il cuore di bambino
lascio andare il tempo senza perderlo.
Ogni istante di vita e poi
ogni lacrima che avrò,
fanno strada in me all’uomo che sarò.

Ognuno ha l'età dei suoi sogni
ognuno ha l'età dei suoi Re
ognuno ha lo sguardo che vuole per sé
e la faccia che merita.

Io non sono ciò che ho
sono solo ciò che scelgo.
Il passato non rinchiude se non vuoi.
Sono fatto per la libertà
ma è una lotta di sì e di no.
Sono gli occhi a dire in fondo chi tu sei.

Ognuno ha l'età dei suoi sogni
ognuno ha l'età dei suoi Re
ognuno ha lo sguardo che vuole per sé
e la faccia che merita.

Ognuno ha l'età dei suoi sogni
ognuno ha l'età dei suoi Re
ognuno ha lo sguardo che vuole per sé
e la faccia che merita.

Ognuno ha l'età dei suoi sogni
ognuno ha l'età dei suoi Re
ognuno ha l’età dell’amore che dà 
e non è una predica, 
e non è una favola,
è l’amore che è senza età.