venerdì 31 ottobre 2014

Solennità di Tutti i Santi 2014

1 NOVEMBRE
TUTTI I SANTI
Solennità

 MESSALE
Antifona d'Ingresso
Rallegriamoci tutti nel Signore
in questa solennità di tutti i Santi:
con noi gioiscano gli angeli
e lodano il Figlio di Dio.
 


Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare in un'unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo, per la comune intercessione di tanti nostri fratelli, l'abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signore...



LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
  Ap 7,2-4.9-14
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.
 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 23
Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Seconda Lettura  1 Gv 3,1-3
Vedremo Dio così come egli è.
 

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.


Canto al Vangelo
   Mt 11,28
Alleluia, alleluia.

Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.

Alleluia.

  
  
Vangelo
 Mt 5,1-12a
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
 

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

*

"Lui, il Santo, ci ha scelti, eletti"

Commento al Vangelo della Solennità di Tutti i Santi


Una speranza invincibile e la forza infinita d'una chiamata: la santità è un'elezione, un esser messi a parte per qualcosa di speciale, per abitare la Terra. I santi sono gli eredi della Terra dove scorre latte e miele. Il Cielo. Tra le pieghe della festa di oggi, dietro la santità si scorge la storia di un Popolo. Ad ogni beatitudine si odono le eco dei passi degli umili, dei piccoli, di un resto. I riscattati che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti e le hanno rese candide nel sangue dell'Agnello.
E' Lui che, vittorioso sul peccato e sulla morte, precede i suoi nella Galilea che è il mondo in attesa del Regno. E' Lui il Santo che ci fa santi. Oggi siamo tutti dinanzi alla Terra, come Giosuè. Le parole del Signore ci invitano a non aver paura, ad essere coraggiosi e forti, a non scoraggiarci dinanzi alle difficoltà, ai popoli che abitano la nostra eredità.
Non aver paura di noi stessi, dei nostri peccati, dei nostri limiti, delle nostre debolezze, dei nostri difetti. Sono tanti e numerosi come i Popoli che abitavano la Terra che si dischiudeva dinanzi agli occhi di Giosuè. "Forza e coraggio" gli ripeteva il Signore sull'erta di quel monte, "perché il Signore è con te ovunque tu vada". Forza e coraggio sono l'altra metà della povertà. Solo chi ha conosciuto davvero, come Giacobbe, la propria debolezza, può abbandonarsi con una sconfinata fiducia in Colui che lo chiama.
E' la fede che coniuga nei santi la forza e il coraggio. Israele, il Popolo da cui proveniamo, significa proprio "Forte con Dio". Il santo è il forte con il Più forte. Vive aggrappato a Colui che ha legato il demonio, ha sconfitto uno ad uno i Popoli che usurpavano l'eredità, e con Lui entra a prenderne possesso. Un Popolo santo, separato, consacrato in Colui che lo ha amato di un amore unico, gratuito, infinito.
Il Signore ci annuncia oggi la beatitudine di chi abita, felice, nella sua Terra. Che ci è data, come primizia, nella Chiesa, il mistero d'amore e comunione che supera ogni nostro limite carnale. Anche oggi, come ad ogni mattino che si apre dinanzi a noi, ci troviamo sul monte con il Signore. E su quel monte ammantato dalla rugiada d'ogni alba della nostra vita, Lui ci chiama ad entrare nella Sua eredità. Ogni aurora che ci accoglie ci dona il Suo Spirito Santo che ci fa figli, coeredi di un Destino meraviglioso.
Lo Spirito di fortezza perché non cediamo al timore dinanzi alla Croce che ci attende. Ecco la nostra vita santa che ci fa santi. Ogni evento in cui ci imbattiamo, ogni persona che incontriamo è la Terra preparata per noi, la nostra eredità. Nostra moglie oggi, così come si sveglierà; nostro marito è la terra che ci farà sante quando tornerà nervoso e intrattabile dal lavoro; nostro figlio che si è appena messo un orecchino; nostra figlia che ha sbattuto la porta e se ne è andata in discoteca; nostra suocera che non ce ne fa passare una, con quel sorrisetto ironico che dice tutto; il collega che ci ha infilzato calunniandoci con il capo reparto. E il cancro che ci ha visitato, la cassa integrazione, lo sfratto.
Ogni fatto della nostra vita ci fa santi, perché in ciascuna ora che segna le nostre esistenze Lui ci precede, combatte per noi come già ha fatto innumerevoli volte nel passato; anche quando eravamo schiavi del peccato in Egitto dove ci ha salvati, redenti, amati d'un amore eterno. Lui ci precede nella camera operatoria e nel dialogo serrato con i figli; allora, perché temiamo di vivere e chiamare gli altri a vivere una vita santa, piena, compiuta nell’amore? Perché ci accontentiamo di galleggiare mentre possiamo essere santi?
Perché c’è una sola possibilità per essere felici, noi e la nostra famiglia, i fratelli, gli amici: essere santi, ovvero lasciarci condurre nella Terra dove consegnarci per amore, nel compimento della promessa che ci ha chiamati alla vita. Desideri la santità per tuo figlio? O piuttosto un lavoro, la salute e altre cosette così? Non desideri che conosca l’amore che lo perdona e lo trasforma in figlio di Dio, in un santo offerto al mondo?
Perché il Signore ha pensato a te e a me, ai nostri figli per condurci per mano al possesso della nostra eredità, la sua stessa santità. Lui, il Santo, ci ha scelti, eletti. Questa speranza purifica i nostri cuori e le nostre menti e ci fa santi come Lui. Poveri con Lui, afflitti con Lui, miti con Lui, affamati e assetati con Lui, puri, operatori di pace, perseguitati con Lui. Piccoli, deboli, pieni di difetti e di contraddizioni. Eppure santi.
Celebriamo oggi la santità di tutti coloro che ci hanno preceduto in questo cammino, che hanno gustato le primizie della Terra promessa nelle pieghe dell'esistenza quotidiana. Celebriamo la comunione con i santi, testimoni veraci della Patria che ci attende.
Essi ci chiamano oggi ad entrare nel riposo preparato per noi. Qui, ora come siamo e dove siamo, anticipo di quello che, in pienezza, gusteremo con chi ha terminato la corsa prima di noi.
Affrettiamoci dunque ad entrare oggi nella Terra santa che è questa nostra vita. Affrettiamoci ad accogliere il Santo, a lasciarci amare, e che Lui ci faccia santi sulle orme che il suo Popolo ci ha lasciato. La nostra vita, il nostro corpo, tutto di noi è preparato per essere tempio santo per la sua santità. Che il Padre illumini gli occhi della nostra mente per comprendere a quale speranza siamo chiamati, "quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi".

*

Santi, cioè felici Ma è solo Dio che ci fa così
di Stefano Bimbi
La festa di tutti i Santi ha una grande importanza per la Chiesa in quanto mette in evidenza la bellissima realtà della Chiesa trionfante, cioè di quelle persone che, essendo in Paradiso, sono eternamente felici con Dio. A questo punto è bene chiedersi se anche noi siamo incamminati nella via di santità oppure se la nostra vita si perde in altri obiettivi e interessi.
Per capire chi di noi aspira alla santità basta porsi la semplicedomanda: voglio andare in Paradiso? A questo interrogativo probabilmente il 100% delle persone risponde di sì. Se ne deduce che tutti vogliamo diventare santi, perché santo è chi è in paradiso. La via della santità è quindi l'unica che ci conduce alla felicità e quindi in Paradiso. Se ci pensiamo bene, infatti, coloro che rispondono di voler andare in Paradiso dicono così perché vogliono essere felici. Quindi diventar santi, cioè stare alla presenza eterna di Dio, vuol dire essere pienamente felici.
Abbiamo così scoperto la vera natura della santità. A volte descrivendo la vita di un santo ci si sofferma su quante opere buone ha fatto oppure sulla vita di preghiera e di penitenza che ha vissuto oppure, ancora, sui miracoli che ha fatto. Ebbene, nessuna di queste cose, in realtà, è la santità. Le opere buone, le preghiere, le penitenze sono vie per arrivare alla santità, ma non sono la santità. Questa consiste non in cose che facciamo noi. Essere santi vuol dire stare alla presenza del tre volte santo, cioè Dio stesso. Ecco perché coloro che sono in Paradiso sono santi anche se non sono stati proclamati tali dalla Chiesa, la quale ne proclama alcuni che hanno esercitato eroicamente le virtù in modo che possiamo avere dei modelli e degli intercessori.
Chi è alla presenza di Dio è santo grazie a questa semplice presenza. È Dio che ci fa santi, non le nostre opere. Ecco che anche su questa terra ci si può avvicinare alla santità tanto più ci si avvicina a Dio, credendo in Lui e facendo la sua volontà. Ecco perché compiere opere buone, pregare e fare penitenza non sono automaticamente segno di santità, perché sono "solo" mezzi per arrivare alla santità.
Che dire poi dei miracoli? Una volta una signora si chiedeva come facesse Santa Gianna Beretta Molla a essere santa se in vita non aveva fatto nemmeno un miracolo. La santa aveva scelto di non curare un fibroma all'utero per essere certa di far nascere la sua quarta figlia dicendo ai medici: «Se dovete scegliere tra la mia vita e quella di mia figlia, nessuna esitazione: scegliete (e lo esigo) la bambina; salvate lei!». In effetti, santa Gianna durante la sua vita non ha fatto nessun miracolo e anzi, andando in ospedale, aveva detto all'infermiera che l'aveva accolta: «Sono qui per compiere il mio dovere di mamma». Dimostrava così di ritenere normale donare la sua vita per la figlia: il suo sacrificio e la sua esemplare vita cristiana sono stati i mezzi che le hanno permesso di arrivare in Paradiso anche se non ha fatto nessun miracolo nella sua vita terrena. Il miracolo, infatti, è richiesto dalla Chiesa dopo la morte per poter essere proclamato beato e poi santo, per avere la certezza che la persona sia in Paradiso e quindi possa ottenere il miracolo per intercessione, cioè chiedendo una grazia, per una persona sulla terra, direttamente a Dio che vede faccia a faccia.
In conclusione, la santità è l'unica via per essere felici e dobbiamo continuamente chiedere a Gesù che ci ammetta alla sua presenza chiedendogli perdono per i nostri peccati. Solo così potremo sperare un giorno di "guadagnare" il Paradiso dove l'amore che sempre cerchiamo trovi la sua definitiva e appagante risposta eterna.

Come cambia l'informazione ai tempi di Internet


Internet ha cambiato il volto dell'informazione

Il professor Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, presenterà il suo nuovo libro, dal titolo “Informazione: istruzioni per l’uso. Notizie, Rete e tutela della persona”, lunedì 3 novembre alle ore 18 a Palazzo Cusani, Via Brera, 15, a Milano. Ne discuteranno, insieme con lui: Elio Catania - Presidente Confindustria digitale Maurizio Costa - Presidente Fieg (Federazione italiana editori giornali) Augusta Iannini - Vicepresidente Autorita' Garante per la protezione dei dati personali Maria Latella – Giornalista. Modera: Vira Carbone - Giornalista e conduttrice di “Buongiorno Benessere” (Rai 1). Titolo del dibattito: “Informazione in Rete, tra insidie e opportunità. Tecnologie e nuove professionalità per il “Sistema Paese". Tra i temi, anche quelli affrontati dal professor Razzante in questo articolo.

Il Parlamento spagnolo ha appena approvato la “Google Tax”, cioè un balzello che i motori di ricerca dovranno pagare agli editori per indicizzare i loro contenuti. Dal primo gennaio, quindi, gli editori riscuoteranno una sorta di “compensazione equitativa” dagli aggregatori di contenuti. Un primo passo verso una redistribuzione degli utili nella filiera di produzione e trasmissione delle informazioni. Il compenso verrà riscosso per il diritto di citazione o di rassegna, anche se limitato a frammenti «non significativi di informazione, opinione o intrattenimento». In Italia se n’è parlato all’epoca del governo Letta (proposta del deputato Pd, Francesco Boccia), poi più nulla. Ma questo è solo uno dei nodi da sciogliere nel mondo dell’informazione.
Il sistema dei media tradizionali è contrassegnato da consolidate posizioni “impure”, stante la commistione inestricabile tra interessi editoriali e posizioni di potere economico-finanziario, imprenditoriale, pubblicitario e politico. Per decenni il sistema si è retto artificialmente grazie al meccanismo distorto dei finanziamenti pubblici, ad una legislazione incoerente, frastagliata e sbilanciata in favore dei soggetti dominanti e a un mercato dell’advertising “drogato”. Il lento e inesorabile crollo dei fatturati pubblicitari, la metamorfosi nelle “diete mediatiche” degli italiani, la perdita di credibilità della categoria dei giornalisti per ragioni che cercheremo di evidenziare e argomentare, hanno messo in crisi un modello di business alimentato da calcoli convenientistici anziché da strategie aziendali illuminate. E l’avvento della Rete, con l’errore fatale di alcuni editori di puntare ad erodere quote di pubblico dai media tradizionali attraverso la fornitura gratuita dei contenuti on line, ha comportato una complessiva svalutazione dei prodotti editoriali e ha spiazzato editori, giornalisti e operatori del settore.
Si è salutata l’esplosione dell’informazione on line come una conquista della democrazia, si è celebrata la bidirezionalità nei flussi informativi come la panacea di quel virus che sembrava inestirpabile e che prendeva il nome di faziosità dell’informazione. E invece si è scoperto col tempo, inesorabilmente, il rovescio della medaglia: informazioni in Rete non vagliate, giornali on line fatti da non giornalisti, cioè da soggetti non vincolati sul piano disciplinare al rispetto di opportune norme di autodisciplina, saturazione degli spazi di attenzione dell’utenza, non sempre capace di oculato discernimento nella distinzione tra notizie veritiere e notizie infondate e manipolate, sostituzione di vecchie posizioni dominanti con nuove e più avvolgenti situazioni di abnorme vantaggio sul mercato pubblicitario. Le leggi stanno puntando a realizzare un efficace bilanciamento tra le garanzie della libertà d’informazione e la tutela dei diritti della personalità, in primis l’onore, la reputazione, l’immagine, la privacy, senza contare l’impervia difesa del diritto d’autore.
Il mondo dei media patisce condizionamenti di ogni tipo, a partire dai grumi di interessi che si addensano attorno agli assetti proprietari e che spesso ostacolano linearità e trasparenza nella filiera di produzione e divulgazione delle informazioni. E in Rete si materializzano progressivamente altri rischi di sospensione per la democrazia, dovuti alle posizioni gigantescamente dominanti di colossi che gestiscono una mole sconfinata di dati per finalità commerciali e che sembrano porre nell’angolo le professionalità giornalistiche. Viaggiano on line, infatti, fiumi maestosi di notizie prodotte da semplici utenti e spacciate per informazioni attendibili e soggette a filtri di autenticazione. In realtà si tratta di notizie riversate nel mare magnum della Rete senza le dovute verifiche, con l’aggravante che esse finiscono per confondersi e apparire indistinguibili da quelle invece confezionate da giornalisti attenti a pubblicare le notizie soltanto dopo averne valutato fondatezza e rilevanza. In questo senso, la “democrazia della connessione” sconta un deficit di qualità e affidabilità assai più vistoso rispetto alla tradizionale “democrazia dell’informazione”. 
Editori, direttori, giornalisti e pubblico sono avviluppati, più o meno consapevolmente, in una selva di vincoli inestricabili e di condizionamenti paralizzanti che incidono sul prodotto finale, determinando distorsioni nella democrazia dell’informazione e compromettendo il carattere pubblico e neutrale delle notizie. Senza contare che l’invadenza della pubblicità nel campo dell’informazione si amplifica on line in ragione di sempre più collaudate tecniche di profilazione dei percorsi di navigazione degli utenti. É il tema della pubblicità comportamentale (behavioural advertising), basata sulla raccolta di dati in Rete relativi al comportamento degli internauti. Essa utilizza informazioni sulle pagine visitate o le ricerche effettuate dall’utente per identificare la tipologia di contenuti pubblicitari da proporgli. Quest’attività è condotta attraverso i cookie, piccoli file di testo che i siti visitati inviano al terminale dell’utente, dove vengono memorizzati, per poi essere ritrasmessi agli stessi siti alla visita successiva. In base ai link cliccati da chi naviga in Rete, è possibile, infatti, tracciare profili particolareggiati delle abitudini, dei gusti, delle preferenze degli utenti, ai quali indirizzare pubblicità mirata. Diventa indispensabile, alla luce di tali criticità, redistribuire i proventi derivanti dalla produzione e circolazione delle notizie in Rete e ridiscutere i meccanismi della filiera informativa, proprio per renderli remunerativi per tutti i soggetti coinvolti. 

L’universo nel grembo di Dio?




Da Francesco Agnoli
Si è parlato più volte, in questa rubrica, del Big Bang. Ma che Francesco lo abbia fatto pubblicamente (dietro suggerimento di chi, lo vedremo), con un discorso all’Accademia pontificia delle Scienze che ha destato scalpore, costringe a ritornarci. Non tanto per una curiosità (oggi ci si stupisce che la Chiesa “accetti” il Big bang, quando invece tale teoria fu bollata, in origine, come un “complotto della Chiesa”, ad opera di un prete, per far passare surrettiziamente l’idea della creazione dal nulla), quanto per focalizzare due concetti.
Il primo è questo: con il Big Bang viene applicata all’universo l’idea evolutiva. Cioè, in altri termini, l’Universo viene ad avere una storia: nasce e diviene, è luogo di generazione e degenerazione non solo delle singole parti, ma dell’insieme. Caratteristiche queste che richiamano, di primo acchito, l’idea di un Universo non autosufficiente, non perfetto,
non divino, bensì creato.
L’universo, scriveva Claude Tresmontant, nasce, si logora e muore come un “fiore di campo”; anche le singole stelle e le galassie, hanno un’ età, una storia, che impedisce di identificare l’universo con l’Essere assoluto (l’“Essere che è e non può non essere”, direbbe Parmenide).
Proprio l’universo di Parmenide, di Aristotele, di Spinoza, in generale delle concezioni in cui Dio e Universo coincidono (cioè in cui l’Universo costituisce la totalità della realtà esistente), invece, è increato. Non ha vera storia. In esso il divenire o non esiste, o è infinito o è eterno ripetersi dell’eguale (esiste, cioè, solo apparentemente). Rivediamo gli aggettivi che Parmenide usa per l’universo: ingenerato, indistruttibile, quieto, indiveniente, compiuto…
Dopo l’affermarsi del concetto di evoluzione, di storia dell’Universo, come scrive il Nobel I. Prigogine, “il divenire appare la sostanza stessa dell’universo” e il mondo diviene “un mondo in costruzione”, che “non è retto da certezze, ma da possibilità”; un mondo “la cui descrizione include, al tempo stesso, leggi ed eventi, certezze e probabilità”; un mondo in cui il futuro non è totalmente determinato, implicato dal presente (con grande sollievo del credente, per il quale -come nota Tanzella Nitti, astronomo e sacerdote- “un universo perfettissimo e necessario finirebbe con l’assumere i caratteri filosofici dell’Assoluto”, e si configurerebbe come l’unico universo possibile, limitando così la libertà di Dio).
Ma ciò che diviene, non richiede forse una Causa? Quanto a ciò che nell’universo trova abitazione, non essendo necessario, è solo possibile; l’Universo stesso in evoluzione è somma di entità possibili, non necessarie. Ma il possibile, non richiede il Necessario? E le leggi, non postulano un Legislatore? Domande metafisiche che si presentano davanti a dati fisici.
La seconda notazione è la seguente. L’universo del Big bang è molto più grande di quello di Copernico, che era assai più esteso di quello di Aristotele. Ma allora, l’uomo, questo puntino infinitesimale, cosa conta?
Un tentativo di risposta può venire anche dalla cosmologia (benché per Lemaitre, padre del Big bang, la scienza che più avvicina a Dio sia la psicologia). Piero Benvenuti, già Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, nota che l “esplosione” del big bang generò un universo in cui le stelle “erano, in un certo senso, necessarie alla vita, in quanto produttrici dei mattoni –carbonio, ossigeno, azoto ecc.- che la rendono possibile”; un universo che evolve unitariamente, e cioè in cui il volo di una farfalla in un continente, ha effetti dall’altra parte del globo; un universo in cui la materia va organizzandosi sino a “produrre” qualcosa che la trascende, l’uomo. Un simile universo appare a molti non solo creato, ma anche continuamente accudito, quasi nell’utero di Dio. Se infatti le stelle sono necessarie alla nascita dell’uomo, se vi è un “sottile filo rosso che ci lega indissolubilmente alle stesse stelle che emozionavano l’autore del salmo 8”, se l’ “emergere dell’uomo e della coscienza è conseguente alla caratteristica fondamentale dell’universo stesso, la sua evoluzione”, come non riaffermare una centralità (ben più che geometrica) dell’uomo stesso? L’uomo è davvero straniero e smarrito nell’universo? Oppure l’universo è la grande casa di una creatura più grande, spiritualmente, di lui? Un uomo che è polvere (dice la Bibbia), polvere di stelle (specifica la scienza), animato dal soffio di Dio? Un uomo arrivato buon ultimo, sia per la Rivelazione che per la scienza, per puro caso o in quanto vertice di una creatio continua?
Infine: chi ha suggerito a Francesco il suo discorso? Un’ipotesi: il già citato Benvenuti. Non solo perché è un membro dell’Academia pontificia delle Scienze, ma perché in un suo bellissimo saggio, insieme a Francesco Brancato, Contempla il cielo ed osserva, compaiono gli stessi concetti espressi dal pontefice. In particolare Benvenuti vi sostiene che l’opinione pubblica è erroneamente “convinta che non vi possa essere conciliazione tra teoria del Big Bang e l’atto creativo”, ma solo perché si ignora che la creatio di Dio è continua, ed “abbraccia il passato e il futuro dell’universo e lo sostiene in esistenza in ogni istante”. Come se l’universo fosse un embrione –sottoposto alle leggi e alla storia- nel grembo di Dio? (Il Foglio, 31 ottobre 2014)

La verità è una “stella fredda”?



di Andrea Tornielli

Sulla Stampa ho pubblicato le prime due puntate di un viaggio nel post-Sinodo. Potete leggere la prima qui, e la seconda qui.
Oggi sul Foglio diretto da Giuliano Ferrara un editoriale riprende i miei articoli affermando che l’inchiesta “è tutta rivolta a polemiche retrospettive,aggressive e inutili contro i ratzingeriani, cioè gli intellettuali o voci laiche che scommisero sull’alleanza di ragione e fede contro il correttismo ideologico”. Ringrazio per la lezione, ho molto da imparare dal Foglio per evitare polemiche inutili e aggressive.
Mi interessa però fissare l’attenzione sull’ultima riga dell’editoriale di Ferrara, dove si legge: “La pastorale può essere calda e misericordiosa, ma la verità è una stella fredda“. Sono parole che meglio di qualsiasi inchiesta o articolo o commento descrivono quali siano realmente le posizioni in gioco. Il direttore del Foglio non ha – per sua stessa ammissione – il dono della fede: s’interessa delle cose di Chiesa da esterno, per così dire. E dunque comprendo benissimo come possa definire la verità “una stella fredda”.
Faccio molta più fatica, invece, a capire come possano seguire questa impostazione i cattolici per i quali la verità è una persona, Gesù Cristo. Non una “stella fredda”.
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Cardinale Giuseppe Versaldi: «Né conservatori né progressisti, i Padri sinodali sono fedeli al Vangelo»
Vatican Insider
 
(Domenico Agasso jrIl Presidente della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede racconta il Sinodo sulla famiglia in un’intervista al settimanale diocesano di Alessandria -- In questa fase di riflessione post-Sinodo straordinario sulla famiglia, bisogna essere attenti alle facili etichette (...)

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Il card. Burke e l’attivista gay

Da Libertà e Persona

di Jorge Soley
Per tutti quello che hanno seguito il recente Sinodo straordinario sulla famiglia sui media generalisti, il card. Burke è una specie di orco, un retrogrado intransigente e carente di misericordia, desideroso di infastidire gli omosessuali e i divorziati.
La realtà è ben diversa. Almeno questo è quello che si può intuire a partire dalla testimonianza di Erc Hess che ha pubblicato un articolo “Coming out of Sodom” in cui si riferisce ai suoi rapporti con l’allora vescovo Burke.
Hess spiega in questo modo la sua esperienza:
“Dal 1990 al 1994 sono andato in chiesa di tanto in tanto. Nel 1995 dissi al mio compagno che non potevo andare perchè ero molto arrabbiato con la Chiesa. Misi in una scatola tutti i miei crocifissi e bibbie e l’ho lasciata presso la sede del vescovo di La Crosse, Winsconsin, con una lettera in cui rinunciavo alla fede cattolica.
Con mia sorpresa, il vescovo Raymond Burke rispose con una amabile lettera esprimendomi la sua tristezza. Mi diceva che rispettava la mia decisione e che l’avrebbe notificata alla parocchia dove ero stato battezzato. Molto educatamente il vescovo Burke mi disse che avrebbe pregato per me e che sperava in un futuro nel quale volessi riconciliarmi con la Chiesa.
Come uno dei più espliciti attivisti gay del Winsconsin, pensai: “Che arroganza!”. Allora scrissi una lettera al Vescovo accusandolo di molestie. Gli dissi che le sue lettere non erano benvenute e gli chiesi come poteva osare scrivermi.
I miei sforzi non riuscirono a logorarlo. Il vescovo Burke mi inviò un’altra lettera assicurandomi che non mi avrebbe più scritto, però che se in futuro avessi preso la decisione di riconciliarmi con la Chiesa, egli mi avrebbe accolto con le braccia aperte.
In realtà il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non si diedero per vinti con me. Pochi anni dopo parlai con un buon sacerdote che ha unito le sue preghiere a quelle del vescovo Burke dall’agosto del 1998.
Il 14 agosto, festa di S.Massimiliano Kolbe e vigilia della Santissima Assunziona di Maria, la misericordia divina penetrò la mia anima mentre ero in un ristorante. Non sapevo, quando sono entrato in quel ristorante con il mio “compagno” da più di otto anni, che il Signore stava per afferarmi quel pomeriggio e portarmi fuori da Sodoma, al banco della sua misericordia risanante, il Santo Sacramento della Penitenza.
Il sacerdote che avevo consultato stava lì.Mentre lo guardavo una voce interiore parlò al mio cuore. Era soave, chiara dentro la mia anima. La voce mi disse: “Questo sacerdote è l’immagine di ciò che ancora può essere, se solo ti rivolgi a me”
Ritornato a casa dissi al mio compagno: “Devo andare alla chiesa cattolica”. Anche se ha versato qualche lacrima mi rispose in modo affettuoso: “Eric, lo sapevo da molto tempo. Fai quello che devi fare per essere felice. Fin dall’inizio sapevo che questo giorno sarebbe arrivato…”
Poi ho chiamato l’ufficio del vescovo Burke. La sua segreteria sapeva bene chi ero, così dissi che volevo che il vescovo Burke fosse il primo a sapere che rientravo nella Chiesa, che mi stavo preparando per il sacramento della Confessione. Mi ha chiesto di aspettare un attimo. Quando è ritornato mi ha detto che il vescovo voleva incontrarmi.
Dopo ho confessato i miei peccati ad un umile e devoto sacerdote, pastore di anime e ricevetti l’assoluzione. Come parte essenziale del mio recupero una buona famiglia cattolica mi diede rifugio fino a quando ho trovato il mio posto.
Un mese dopo la mia riconciliazione con Dio e con la Chiesa mi recai agli uffici del vescovo Burke e mi accolse con un abbraccio. Mi ha chiesto se ricordavo le mie cose che gli avevo inviato insieme alla mia lettera di abbandono della Chiesa. Certo che me en ricordavo. Il vescovo Burke le aveva conservate perchè era certo che sarei ritornato alla Chiesa.”
Hanno detto che è un mostro senza misericordia, un “homófobo” insensibile e ideológico….
fonte: Los blog de Religion en Libertad (nostra traduzione)

Come il panno che asciuga le lacrime


Sabato in Spagna la beatificazione di don Pedro Asúa Mendía.


(Aitor Jimènez Echave, Postulatore) El paño de lágrimas, colui che asciugava le lacrime dei bisognosi: è stata infatti la generosità uno dei tratti caratterizzanti il ministero del sacerdote don Pedro Asúa Mendía, che viene beatificato sabato pomeriggio, 1° novembre, a Vitoria, in Spagna. Il rito è presieduto, in rappresentanza di Papa Francesco, dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. 
Viene così elevato agli onori degli altari il prete basco martire della persecuzione religiosa spagnola del 1936, che è stato anche architetto, avendo costruito tra l’altro edifici come il teatro Coliseo Albia di Bilbao, il frontón Jai-Alai a Madrid e le scuole Mendía nella sua Balmaseda. Qui nacque il 30 agosto 1890, quinto figlio di Isidro Luis Asúa e Francisca Mendía y Conde. A pochi giorni dalla nascita, fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Severino e a quattro anni entrò nella locale scuola delle Figlie della Croce. A dieci passò al collegio dei padri gesuiti di Orduña. Trasferitosi a Madrid, ottenne il titolo di architetto e iniziò la professione, senza tuttavia abbandonare gli esercizi di pietà e una intensa vita di fede, che a poco a poco diedero frutto: dapprima avviò a Balmaseda l’adorazione notturna e nel 1919 decise di entrare in seminario. Il 14 giugno 1924 fu ordinato prete.
Svolse un’intensa attività apostolica e quando iniziò la persecuzione fu sottoposto a vari interrogatori. Al termine di uno di essi commentò: «Dobbiamo stare pronti, se è necessario, a essere martiri». Continuò la sua missione nonostante gli arresti e le perquisizioni. Ma il 25 agosto, dopo aver celebrato la messa, che sarebbe stata l’ultima, fu costretto rifugiarsi nella vicina Sopuerta. E il 27 attraverso Bilbao si trasferì a Erandio. Il giorno seguente fu raggiunto da miliziani di Balmaseda. Senza giudizio, fu trasportato direttamente sul luogo del martirio, a Liendo, in Cantabria. Sottoposto a maltrattamenti, fu poi fucilato. Il corpo, abbandonato in una cava, fu ritrovato e riconosciuto solo in seguito. Il 31 luglio 1938 furono riesumati i resti, poi portati alla tomba di famiglia a Balmaseda. Anni dopo, la diocesi di Vitoria procedette alla tumulazione definitiva nel seminario che egli stesso aveva costruito.
Motivo principale della sua uccisione fu l’odio alla fede e per il suo lavoro con la gente semplice. Alcuni degli esecutori hanno testimoniato che in punto di morte disse loro: «“Dio vi perdoni, come io vi perdono nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Gli sparammo due proiettili alla testa e uno alla spalla».
Il processo canonico ha messo in luce in particolare il suo fervore religioso: don Pedro visse pienamente la vocazione sacerdotale, sostenendola con la preghiera frequente e intensa, e manifestando attenzione preferenziale all’Eucaristia. Questa realtà si rifletteva nelle sue parole, nei suoi atteggiamenti e gesti, nella devozione e nel raccoglimento con cui celebrava la messa. Fu inoltre umile — non volle mai distinguersi, mai ricercò privilegi, mai volle omaggi — e generoso nell’assistenza verso i bisognosi: non c’era povero che non soccorresse; gli infermi, i disoccupati, le persone in difficoltà andavano a chiedergli aiuto e non trovavano mai la porta chiusa. Infine si ricorda la sua dedizione apostolica. In definitiva attuò il motto del movimento sacerdotale di Vitoria: «Solo sacerdote, sempre sacerdote e in tutto sacerdote».
L'Osservatore Romano

Cammino che non si ferma

Il Patriarca Bartolomeo sulla visita del Papa al Fanar.    

«Un segno importante del reciproco attaccamento fra le Chiese ortodossa e cattolica»: così il patriarca ecumenico, Bartolomeo, ha definito la visita che Papa Francesco effettuerà a fine novembre a Istanbul in occasione della festa di sant’Andrea. Parlando a un gruppo di giornalisti austriaci ricevuti nei giorni scorsi al Fanar, l’arcivescovo di Costantinopoli — riferisce Radio Vaticana — ha precisato che non ci saranno «gesti spettacolari» ma la «dichiarazione che sarà firmata durante l’incontro costituirà una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese». La quasi millenaria separazione «non può essere superata dall’oggi al domani. Nemmeno sessant’anni fa ci si considerava come nemici piuttosto che come fratelli. Ma molte cose positive sono accadute negli ultimi decenni. Certo, ora c’è bisogno di progressi sostanziali», ha osservato il patriarca ortodosso.
Bartolomeo si è soffermato poi sui lavori della tredicesima sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, svoltasi dal 15 al 23 settembre ad Amman, in Giordania, non nascondendo che su alcuni punti — in particolare sulla questione del primato (e quindi sul ruolo del Vescovo di Roma nella Chiesa universale) — permangono divergenze di opinioni al momento insuperabili, soprattutto all’interno del mondo ortodosso. Di contro l’arcivescovo di Costantinopoli ha ricordato l’ottimo rapporto che lo lega a Papa Francesco, fin dalla celebrazione (nel marzo 2013) che segnò l’inizio del ministero petrino: «Era la prima volta dallo scisma del 1054 che un patriarca ecumenico partecipava alla cerimonia di inizio pontificato», ha precisato. Un’amicizia rafforzata nel maggio scorso, durante il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa, e poi l’8 giugno quando Bartolomeo si è recato in Vaticano in occasione dell’invocazione per la pace alla presenza del presidente israeliano, Shimon Peres, e del presidente palestinese, Mahmoud Abbas. «Non ho esitato nemmeno un secondo», ha affermato, parlando dell’invito.
Il patriarca ha quindi confermato il programma del viaggio apostolico di Francesco in Turchia, dal 28 al 30 novembre. In particolare sabato 29 il Papa visiterà a Istanbul il museo di Santa Sofia e la moschea Sultan Ahmet, celebrerà la messa nella cattedrale cattolica dello Spirito Santo e con Bartolomeo guiderà la preghiera ecumenica nella chiesa patriarcale di San Giorgio, alla quale seguirà un incontro privato tra Francesco e il patriarca. Domenica 30, festa di sant’Andrea apostolo, sono previste la divina liturgia nella chiesa patriarcale di San Giorgio, la benedizione ecumenica e la firma della dichiarazione congiunta.
L’arcivescovo di Costantinopoli, nell’incontro con i giornalisti austriaci riportato da Radio Vaticana, ha sottolineato che dopo Paolo VI (nel luglio 1967) anche Giovanni Paolo II nel novembre 1979 e Benedetto XVI nel novembre 2006 sono venuti sul Bosforo. «Gli ultimi due, come ora Francesco, hanno compiuto queste visite poco dopo l’inizio del loro pontificato. Un chiaro segno», ha sottolineato Bartolomeo parlando della tradizionale celebrazione congiunta del 30 novembre, delle buone relazioni tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica.
Le due Chiese — ha osservato — sono in dialogo, «un dialogo di amore e carità. Un dialogo che non è vago idealismo ma un cammino reale che, anche se alle volte irto di difficoltà, non si ferma, perché l’amore stesso ce lo comanda. Così anche le nostre relazioni interpersonali rappresentano una dimensione essenziale nel nostro approccio. Negli ultimi decenni, se il dialogo teologico procede lentamente, secondo i tempi voluti da Dio, i nostri incontri interpersonali corrono più spediti». E ora «la gioia è grande per il prossimo abbraccio che avremo qui, in questa storica sede del patriarcato ecumenico, con il nostro amato fratello, Sua Santità Papa Francesco, per la festa di sant’Andrea il prossimo 30 novembre».
L'Osservatore Romano

La Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti e le Messe della vigilia



Nella Messa vespertina di sabato 1° novembre va usato il Proprio della Solennità d'Ognissanti o della Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti?


*

Quest'anno, la festività di Ognissanti cade di sabato e la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti di domenica. Celebrando sabato 1° novembre in parrocchia la consueta Messa vespertina bisogna usare il Proprio della Solennità di Tutti i Santi o invece della Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti? -- J.Z., New York (USA)
A questa domanda di un nostro lettore d'Oltreoceano, padre Edward McNamara L.C., professore di liturgia e decano di teologia presso il Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum” di Roma, risponde quanto segue.
Dipende dal Paese in cui si vive e dalle disposizioni liturgiche ivi in vigore.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la commissione per il Culto Divino della Conferenza dei Vescovi Cattolici (United States Conference of Catholic Bishops - USCCB) ha rilasciato la seguente chiarificazione:
“Nel 2014, la solennità di Tutti i Santi cade di sabato, mentre la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti (All Souls' Day) avviene la domenica seguente, il 2 di novembre. Il segretariato per il Culto Divino desidera chiarire la situazione riguardo alla corretta Messa e Ufficio da utilizzare nei giorni 1 e 2 novembre. Sia il giorno di Tutti i Santi che il giorno dei Morti occupano il terzo posto nella tabella dei Giorni Liturgici. Di conseguenza, la sera di venerdì 31 ottobre vengono celebrati i Primi Vespri di Tutti i Santi. Sabato 1° novembre vengono celebrate sia le Lodi che i Secondi Vespri di Tutti i Santi, anche se per motivi pastorali – dove è consuetudine - i Secondi Vespri possono essere seguiti dai Vespri per i Morti. Domenica 2 novembre viene recitato l'Ufficio per la 31.ma domenica del Tempo Ordinario, in particolare nella preghiera individuale; tuttavia l'Ufficio per i Morti può essere usato, se le Lodi o i Vespri vengono celebrati con i fedeli (Cfr. Liturgia delle Ore, vol. IV, 2 novembre). Venerdì sera le Messe sono quelle della solennità di Tutti i Santi. Sabato sera, ogni normale programmata Messa vespertina dovrebbe essere quella per la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti. (Se lo si desidera per motivi pastorali, una Messa di Tutti i Santi può essere celebrata il sabato sera al di fuori del normale orario delle Messe.)
“Dal momento che il sabato è un giorno comune per la celebrazione del matrimonio negli Stati Uniti, va segnalato anche che il giorno di Tutti i Santi le Messe rituali sono vietate (Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 372). Mentre la Messa rituale per la celebrazione del matrimonio è vietata,  la Messa del giorno con il rito stesso e la benedizione nuziale può essere celebrata. Alternativamente, il rito del matrimonio al di fuori della Messa può anche essere utilizzato se la celebrazione del matrimonio deve avere luogo in quel giorno. (Messe rituali sono anche vietate nel giorno della Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti). Rammentiamo che Tutti i Santi non è una festa di precetto quest'anno, dovuto alla decisione del 1992 della USCCB che abroga il precetto di partecipare alla Messa quando il 1° novembre cade di sabato o di lunedì. Perciò, Messe funebri possono essere celebrate in questo giorno (cfr. OGMR, n° 380).”
Tuttavia, per chi vive in Inghilterra e nel Galles, ogni volta che un giorno di precetto cade di sabato o di lunedì, viene spostato alla domenica. E dunque quest'anno la solennità di Tutti i Santi verrà celebrata domenica 2 novembre e la commemorazione di  Tutti i Fedeli Defunti lunedì 3 novembre.
In Italia e in molti altri Paesi invece, le date vengono mantenute e Tutti i Santi rimane un giorno di precetto, anche se cade di sabato. Questo significa che i fedeli devono andare a messa due volte nel corso di questo fine settimana, a partire da venerdì 31 ottobre.
Il più completo calendario liturgico a mia disposizione per l'Italia suggerisce che di sabato non c'è la Messa vespertina di Tutti i Fedeli Defunti. Per tutti gli altri sabati dell'anno, questo calendario, che include la diocesi di Roma, menziona esplicitamente che di sabato la Messa vespertina va celebrata seguendo le formule del giorno successivo. Questa nota manca per sabato 1° novembre.
Il calendario ricorda inoltre che – laddove è consuetudine – i Vespri pubblici dei Fedeli Defunti possono essere recitati dopo i Vespri di Tutti i Santi.
D'altra parte, quest'anno molte parrocchie, anche se non tutte, celebrano di sabato una Messa vespertina per i defunti, anticipando la Domenica, e lo stesso Santo Padre celebrerà sabato sera una Messa nel cimitero principale di Roma, il Cimitero Monumentale del Verano.
Non ho trovato nessuna chiarificazione da parte della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) simile a quella dei vescovi statunitensi. Sarebbe però utile chiarire questo punto tecnico, affinché tutti usino gli stessi criteri.
La difficoltà si presenta in parte perché la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti è una celebrazione un po' speciale. In un certo senso è simile al Mercoledì delle Ceneri, cioè senza alcuna specifica classificazione. Non è una solennità, festa o memoriale, in quanto non celebra alcun mistero divino o santo, ma comunque ha precedenza sulla domenica ed altre eventuali celebrazioni. Come si tratta di una Messa per i defunti il Gloria viene omesso, anche se cade di domenica, dato che il Gloria non viene mai utilizzato nei requiem. Ogni volta che cade di domenica dell'Ufficio Divino è quello della domenica, tranne nelle celebrazioni pubbliche.
Nel calendario della forma straordinaria il problema non sussiste, visto che la Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti viene spostato al 3 novembre quando il 2 novembre cade di domenica.
[Traduzione dall'inglese a cura di Paul De Maeyer]

Per un dialogo permanente con la Chiesa



La dichiarazione finale dell’incontro mondiale dei movimenti popolari

Una Lettera degli esclusi agli esclusi sarà diffusa tra i movimenti popolari dei cinque continenti insieme con il testo del discorso che Papa Francesco ha rivolto lo scorso 28 ottobre ai partecipanti all’incontro mondiale riuniti in Vaticano. È una delle iniziative annunciate nella dichiarazione finale stilata al termine della tre giorni convocata dal Pontificio Consiglio della giustizia e della pace e dalla Pontificia Accademia delle scienze. Nel documento i partecipanti all’incontro lanciano anche la proposta di creare uno spazio di dialogo permanente tra i movimenti popolari e la Chiesa. 
Riuniti dal 27 al 29 a Roma per confrontarsi sulle questioni legate alla terra, al lavoro e alla casa, gli oltre cento delegati hanno sintetizzato nella dichiarazione le analisi e le indicazioni emerse durante il dibattito. Caratterizzato — scrivono — da una speciale attenzione al «prezioso contributo» che la dottrina sociale della Chiesa offre alla riflessione sui temi della giustizia e della solidarietà. «Il nostro principale strumento di lavoro — assicurano — è stata la Evangelii gaudiium, esaminata tenendo conto del bisogno di recuperare modelli etici di condotta nella dimensione individuale, di gruppo e sociale della vita umana».
Nel clima «di dibattito appassionato e di fraternità interculturale» che ha caratterizzato le giornate, i delegati definiscono un «evento storico» la presenza di Papa Francesco. Il quale — affermano — «ha sintetizzato nel suo discorso gran parte della nostra realtà, le nostre denunce e le nostre proposte». Proprio «la chiarezza e l’accuratezza delle sue parole non ammettono doppie interpretazioni e ribadiscono che la preoccupazione per i poveri è al centro stesso del Vangelo». In più, «l’atteggiamento fraterno, paziente e caloroso di Francesco verso tutti e ognuno di noi, soprattutto verso i perseguitati, ha a sua volta espresso la sua solidarietà con la nostra lotta tante volte sottovalutata e giudicata a priori, e addirittura perseguitata, repressa o criminalizzata». 
Quanto alle prospettive scaturite dai lavori, la dichiarazione finale mette l’accento anzitutto sulle «cause strutturali della disuguaglianza e dell’esclusione, dal suo radicamento sistematico a livello globale alle sue espressioni locali». Cause che sono state prese in considerazione dai delegati nell’ottica specifica dei popoli poveri, in particolare dei contadini, dei lavoratori senza diritti e degli abitanti di quartieri popolari (villas, favelas, baraccopoli, slum). «Sono state condivise — si legge nel documento — le terribili cifre della disuguaglianza e della concentrazione della ricchezza» nelle mani di pochi. I diversi interventi (fra loro anche quelli di vescovi, sacerdoti e operatori pastorali impegnati accanto agli ultimi) sono stati concordi nell’affermare che l’origine delle ingiustizie sociali e dei disastri ambientali va ricercata nella natura di un sistema economico «che mette il lucro al di sopra dell’essere umano», concentrando un «potere smisurato» nelle mani di pochi e alimentando la tendenza a mercificare e privatizzare tutto. 
Durante l’incontro «si è ribadito che l’accesso pieno, stabile, sicuro e integrale alla terra, al lavoro e alla casa costituisce un diritto umano inalienabile, inerente alla persona e alla sua dignità, che deve essere garantito e rispettato». In particolare la casa e il quartiere vanno considerati come spazi vitali da tutelare e garantire; la terra come «un bene comune che deve essere condiviso tra tutti coloro che la lavorano evitando il suo accaparramento»; e il lavoro dignitoso come l’«asse strutturante di un progetto di vita».
Anche la questione della violenza e della guerra è stata al centro dell’attenzione dei delegati, a partire dell’affermazione di Papa Francesco, che più volte ha parlato di «una terza guerra mondiale» combattuta «a pezzi». In proposito il dibattito ha preso in esame tematiche scottanti come la violenza scatenata dalle mafie del narcotraffico, il traffico di armi e la tratta delle persone. Allo stesso modo si è parlato dei dislocamenti forzati, degli affari legati alle terre, dell’attività mineraria ed estrattiva inquinante, di tutte le forme di marginalizzazione nei confronti delle popolazioni locali, degli interventi delle grandi potenze nei Paesi più poveri. 
Anche la questione ambientale è stata al centro di un ricco scambio di opinioni, a partire dai dati più recenti sull’inquinamento e sul cambiamento climatico, che confermano come «il consumismo insaziabile» e l’«industrialismo irresponsabile» stiano conducendo il mondo sull’orlo di «una catastrofe ecologica». I delegati hanno ribadito la necessità di «combattere la cultura dello scarto» . E «sebbene le sue cause siano strutturali — scrivono — anche noi dobbiamo promuovere un cambiamento dal basso nelle abitudini e nelle condotte dei nostri popoli, dando la priorità agli scambi all’interno dell’economia popolare e al recupero di quello che il sistema scarta». 
Da questo articolato dibattito è emersa in definitiva la consapevolezza che «la guerra e la violenza, l’acutizzarsi dei conflitti etnici e l’uso della religione per legittimare la violenza, come pure la deforestazione, il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità, hanno come motore principale la ricerca incessante del lucro», che provoca il saccheggio delle risorse umane e naturali soprattutto a scapito dei popoli più poveri. Per frenare questa deriva — affermano i delegati — «riteniamo che l’azione e le parole dei movimenti popolari e della Chiesa siano imprescindibili». 
In tale contesto, una «speciale attenzione» è stata riservata alla situazione delle donne, particolarmente colpite dalle conseguenze negative del sistema economico e sociale. «Riconosciamo l’urgente bisogno di un impegno profondo e serio in questa causa giusta e storica» si legge in proposito nella dichiarazione. I partecipanti all’incontro invocano anche la fine «dello scarto e dell’abbandono di bambini e giovani», ammonendo che «se i bambini non hanno una infanzia, se i giovani non hanno un progetto, la terra non ha un futuro».
Il documento non manca di mettere in guardia i movimenti dalla tentazione di cullarsi «nell’autocommiserazione» e di limitarsi alla sterile denuncia. I delegati riaffermano perciò la necessità di un impegno forte e concreto. E sottolineano che «in tale ottica sono state condivise innumerevoli esperienze di lavoro, di organizzazione e di lotta che hanno permesso la creazione di milioni di posti di lavoro dignitoso nel settore popolare dell’economia, il recupero di milioni di ettari di terra per l’agricoltura contadina e la costruzione, l’integrazione, il miglioramento o la difesa di milioni di case e di comunità urbane nel mondo». In questo senso «il ruolo protagonistico» dei movimenti popolari va considerato «indispensabile per i cambiamenti di cui abbiamo bisogno». 
In conclusione i partecipanti all’incontro fanno appello in modo particolare a tutti gli operatori dei media, chiedendo loro di diffondere il discorso di Papa Francesco, che — ribadiscono — «sintetizza gran parte della nostra esperienza, i nostri pensieri e i nostri aneliti». E riecheggiando le parole del Pontefice ripetono: «Terra, casa e lavoro sono diritti sacri! Nessun lavoratore senza diritti! Nessuna famiglia senza casa! Nessun contadino senza terra! Nessun popolo senza territorio!».
L'Osservatore Romano

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  • Udienza di Papa Francesco ai Membri della “Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships”

    16TH INTERNATIONAL Conference

    Udienza di Papa Francesco ai Membri della “Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships”: "Saper ascoltare, accettare le differenze, avere la libertà di pensare diversamente e manifestarlo! Con tutto il rispetto per l’altro che è il mio fratello. Non abbiate paura delle differenze!"
    Sala stampa della Santa Sede
    [Text: Italiano, English]
    Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships in occasione della XVI Conferenza internazionale sul tema: “Lode e adorazione carismatica per una Nuova Evangelizzazione” (Roma, 30 ottobre - 2 novembre 2014). Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro:
    Cari fratelli e sorelle, benvenuti.
    Vi ringrazio per la vostra accoglienza e saluto tutti con affetto. So che laCatholic Fraternity ha già tenuto l’incontro con l’esecutivo e il consiglio e che questo pomeriggio comincerete la XVI conferenza internazionale con il caro P. Raniero.
    Avete avuto la gentilezza di farmi pervenire il programma e vedo che ogni incontro inizia con il discorso che ho rivolto al Rinnovamento Carismatico in occasione dell’incontro allo Stadio Olimpico nello scorso mese di giugno.
    Voglio innanzitutto congratularmi con voi perché avete iniziato ciò che in quel momento era un desiderio. Da circa due mesi la Catholic Fraternity e l’ICCRS hanno già cominciato a lavorare condividendo lo stesso ufficio nel Palazzo San Calisto, dentro l’ "Arca di Noè". Sono consapevole che non dev’essere stato facile prendere questa decisione e vi ringrazio di cuore per questa testimonianza di unità, della corrente di Grazia, che state dando a tutto il mondo.
    Vorrei approfondire alcuni temi che ritengo importanti.
    Unità nella diversità. L’uniformità non è cattolica, non è cristiana. L’unità nella diversità. L’unità cattolica è diversa ma è una. E’ curioso! Lo stesso che fa la diversità è lo stesso che poi fa l’unità: lo Spirito Santo. Fa le due cose: unità nella diversità. L’unità non è uniformità, non è fare obbligatoriamente tutto insieme, né pensare allo stesso modo, neppure perdere l’identità. Unità nella diversità è precisamente il contrario, è riconoscere e accettare con gioia i diversi doni che lo Spirito Santo dà ad ognuno e metterli al servizio di tutti nella Chiesa.
    Oggi nel passo del Vangelo che abbiamo letto nella Messa, c’era questa uniformità di quegli uomini attaccati alla lettera: "Non si deve fare così…", a tal punto che il Signore ha dovuto domandare: "Ma, dimmi, si può fare del bene di sabato o non si può?". Questo è il pericolo dell’uniformità. L’unità è saper ascoltare, accettare le differenze, avere la libertà di pensare diversamente e manifestarlo! Con tutto il rispetto per l’altro che è il mio fratello. Non abbiate paura delle Differenze! Come ho detto nell’Esortazione Evangelii gaudium: «Il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (236), ma fanno l’unità.
    Ho visto nell’opuscolo, dove ci sono i nomi delle Comunità, che la frase che avete scelto di mettere all’inizio è quella che dice: "...condividere con tutti nella Chiesa il Battesimo nello Spirito Santo". La Chiesa ha bisogno dello Spirito Santo, ci mancherebbe! Ogni cristiano, nella sua vita, ha bisogno di aprire il suo cuore all’azione santificante dello Spirito Santo. Lo Spirito, promesso dal Padre, è Colui che ci rivela Gesù Cristo, che ci dà la possibilità di dire: Gesù! Senza lo Spirito non possiamo dirlo. Lui rivela Gesù Cristo, ci conduce all’incontro personale con Lui e così cambia la nostra vita. Una domanda: Vivete questa esperienza? Condividetela! E per condividerla, bisogna viverla, essere testimoni di questo!
    Il tema che avete scelto per il Congresso è "Lode e Adorazione per una nuova evangelizzazione". Di questo parlerà P. Raniero, maestro di preghiera. La lode è l’inspirazione che ci dà vita, perché è l’intimità con Dio, che cresce con la lode ogni giorno. Tempo fa ho ascoltato questo esempio che mi sembra molto appropriato: la respirazione per l’essere umano. La respirazione è costituita da due fasi: inspirare, cioè mettere dentro l’aria, ed espirare, lasciarla uscire. La vita spirituale si alimenta, si nutre nella preghiera e si manifesta nella missione: inspirazionela preghieraed espirazione. Quando inspiriamo, nella preghiera, riceviamo l’aria nuova dello Spirito e nell’espirarlo annunciamo Gesù Cristo suscitato dallo stesso Spirito.
    Nessuno può vivere senza respirare. Lo stesso è per il cristiano: senza la lode e senza la missione non vive da cristiano. E con la lode, l’adorazione. Si parla di adorare, se ne parla poco. "Che cosa si fa nella preghiera?" - "Chiedo delle cose a Dio, ringrazio, si fa l’intercessione…" L’adorazione, adorare Dio. Questo è parte della respirazione: la lode e l’adorazione.
    È stato il Rinnovamento Carismatico che ha ricordato alla Chiesa la necessità e l’importanza della preghiera di lode. Quando si parla di preghiera di lode nella Chiesa vengono in mente i carismatici. Quando ho parlato della preghiera di lode durante una Messa a Santa Marta ho detto che non è solamente la preghiera dei carismatici ma di tutta la Chiesa! È il riconoscimento della signoria di Dio su di noi e sopra tutto il creato espresso nella danza, nella musica e nel canto.
    Vorrei ora riprendere alcuni passaggi di quell’omelia: «La preghiera di lode è una preghiera cristiana per tutti noi. Nella Messa, tutti i giorni, quando cantiamo ripetendo "Santo, Santo, Santo...", questa è una preghiera di lode, lodiamo Dio per la sua grandezza perché è grande. E gli diciamo cose belle, perché a noi piace che sia così… La preghiera di lode ci fa fecondi. Sara ballava nel momento grande della sua fecondità a novant’anni! La fecondità dà lode al Signore. L’uomo o la donna che lodano il Signore, che pregano lodando il Signore - e quando lo fanno sono felici di dirlo - e si rallegrano quando cantano il Sanctus nella Messa sono un uomo o una donna fecondi. Pensiamo che bello è fare le preghiere di lode. Questa dev’essere la nostra preghiera di lode e, quando la eleviamo al Signore, dobbiamo dire al nostro cuore: "Alzati, cuore, perché stai davanti al re della gloria"» (Messa a Santa Marta, 28 gennaio 2014).
    Insieme alla preghiera di lode, la preghiera di intercessione è oggi un grido al Padre per i nostri fratelli cristiani perseguitati e assassinati e per la pace nel nostro mondo sconvolto.
    Lodate sempre il Signore, non smettete di farlo, lodatelo sempre di più, incessantemente. Mi hanno detto di gruppi di preghiera del rinnovamento carismatico in cui si recita insieme il Rosario. La preghiera alla Madonna non deve mancare mai, mai! Ma quando voi vi riunite, lodate il Signore!
    Vedo tra di voi un caro amico, il Pastore Giovanni Traettino, cui ho fatto visita poco tempo fa. Catholic Fraternity, non dimenticare le tue origini, non dimenticare che il Rinnovamento Carismatico è per sua stessa natura ecumenico. Su questo tema il Beato Paolo VI, nella sua magnifica e attualissima Esortazione sull’evangelizzazione, dice: «...la forza dell’evangelizzazione risulterà molto diminuita se coloro che annunziano il vangelo sono divisi tra di loro da tante specie di rotture. Non starebbe forse qui uno dei grandi malesseri dell’evangelizzazione oggi? Il testamento spirituale del Signore ci dice che l’unità tra i suoi seguaci non è soltanto la prova che noi siamo suoi, ma anche che egli è l’inviato del Padre, criterio di credibilità dei cristiani e del Cristo medesimo. Sì, la sorte dell’evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa. È questo un motivo di responsabilità ma anche di conforto» (Evangelii nuntiandi, 77). Fino a qui, il Beato Paolo VI.
    Ecumenismo spirituale, pregare insieme e annunziare insieme che Gesù è il Signore e intervenire insieme in aiuto dei poveri, in tutte le loro povertà. Questo si deve fare e non dimenticare che oggi il sangue di Gesù, versato dai suoi molti martiri cristiani in varie parti del mondo, ci interpella e ci spinge all’unità. Per i persecutori, noi non siamo divisi, non siamo luterani, ortodossi, evangelici, cattolici… No! Siamo uno! Per i persecutori siamo cristiani! Non interessa altro. Questo è l’Ecumenismo del sangue che oggi si vive.
    Ricordatevi: cercate l’unità che è opera dello Spirito Santo e non temete le diversità. La respirazione del cristiano che lascia entrare l’aria sempre nuova dello Spirito Santo e lo espira nel mondo. Preghiera di lode e missione. Condividete il Battesimo nello Spirito Santo con chiunque nella Chiesa. Ecumenismo spirituale e ecumenismo del sangue. L’unità del Corpo di Cristo. Preparare la Sposa per lo Sposo che viene! Una sola Sposa! Tutti. (Ap 22,17)
    Infine, una menzione speciale, oltre al mio grazie, va a questi giovani musicisti che vengono dal nord del Brasile e che hanno suonato all’inizio, spero che continuino a suonare un po’. Mi hanno ricevuto con tanto affetto con il canto "Vive Gesù il Signore". So che hanno preparato qualcosa di più e vi invito tutti ad ascoltarli prima di salutarci. Grazie.
    Inglese
    Dear brothers and sisters,
    I thank you for your warm welcome and I greet you all with affection. I know that the Catholic Fraternity has already met with the executive and the council and that this afternoon you will open the Sixteenth International Conference with our beloved Father Raniero. You have been kind enough to provide me with a programme and I see that each meeting begins with the words which I addressed to the Charismatic Renewal on the occasion of our meeting at the Olympic Stadium last June.
    I wish first of all to congratulate each of you for having embarked upon something which was expressed as a desire at that meeting. For the last two months the Catholic Fraternity and the ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services) have worked together and shared office space in the Palazzo San Calisto. I am aware that it may not have been easy to make this decision and I thank you sincerely for this witness to unity and grace which you offer to the entire world.
    I would like now to reflect upon some themes which I consider important. The first is unity in diversity. Unity does not imply uniformity; it does not necessarily mean doing everything together or thinking in the same way. Nor does it signify a loss of identity. Unity in diversity is actually the opposite: it involves the joyful recognition and acceptance of the various gifts which the Holy Spirit gives to each one and the placing of these gifts at the service of all members of the Church. It means knowing how to listen, to accept differences, and having the freedom to think differently and express oneself with complete respect towards the other who is my brother or sister. Do not be afraid of differences! As I wrote in Evangelii Gaudium: “Our model is not the sphere, which is no greater than its parts, where every point is equidistant from the centre, and there are no differences between them. Instead, it is the polyhedron, which reflects the convergence of all its parts, each of which preserves its distinctiveness” (236). I can see from the programme, where the names of the Communities are mentioned, that at the introduction you have inserted the phrase, “…to share the Baptism in the Holy Spirit with the whole Church”. The Church needs the Holy Spirit! Every Christian in his or her life requires a heart open to the sanctifying action of the Holy Spirit. The Spirit, promised by the Father, is he who reveals Jesus Christ to us, who leads us to a personal encounter with him, and who, in so doing, changes our life. Is this your experience? Share it with others! In order to share this experience, you must live it and witness to it!
    The theme which you have chosen for the Congress is “Praise and Worship for a New Evangelization.” Fr Raniero, a masterful guide in the ways of prayer, will speak on this theme. Praise is the “breath” which gives us life, because it is intimacy with God, an intimacy that grows through daily praise. Some time ago I heard an example of this which seems very appropriate: the way that people breathe. Breathing is made up of two stages: inhaling, the intake of air, and exhaling, the letting out of this air. The spiritual life is fed, nourished, by prayer and is expressed outwardly through mission: inhaling and exhaling. When we inhale, by prayer, we receive the fresh air of the Holy Spirit. When exhaling this air, we announce Jesus Christ risen by the same Spirit. No one can live without breathing. It is the same for the Christian: without praise and mission there is no Christian life.
    The Charismatic Renewal has reminded the Church of the necessity and importance of the prayer of praise. When we speak of the prayer of praise in the Church, Charismatics come to mind. When I spoke of the prayer of praise during a homily at Mass in Santa Martha, I said it is not only the prayer of Charismatics but of the entire Church! It is the recognition of the Lordship of God over us and over all creation expressed through dance, music and song. I would like to revisit with you a few passages from that homily: “The prayer of praise is a Christian prayer, for all of us. In the Mass, every day, when we sing the ‘Holy, Holy, Holy’, this is a prayer of praise: we praise God for his greatness because he is great. And we address him with beautiful words because it pleases us to do this. The prayer of praise bears fruit in us. Sarah danced as she celebrated her fertility – at the age of ninety! This fruitfulness gives praise to God. Men and women who praise the Lord, who pray praising the Lord – and who are happy to do so – rejoice in singing the Sanctus at Mass and they bear fruit. Let us consider how beautiful it is to offer the prayer of praise to God. This should be our prayer and, as we offer it up to God, we ought to say to ourselves, “Arise, O heart, because you are standing before the King of Glory” (Holy Mass at Domus Sanctae Marthae, 28 January 2014).
    Together with the prayer of praise, the prayer of intercession is, in these days, a cry to the Father for our Christian brothers and sisters who are persecuted and murdered, and for the cause of peace in our turbulent world. Praise the Lord at all times, never cease to do so, praise him more and more, unceasingly. I have been told of Charismatic prayer groups in which they pray the Rosary. Prayer to the Mother of God must never be excluded, never! But when you assemble for prayer, praise the Lord!
    I see that you have among you a very dear friend, Pastor Giovanni Traettino, whom I visited recently. Catholic Fraternity, do not forget your origins, do not forget that the Charismatic Renewal is, by its very nature, ecumenical. Blessed Paul VI commented on this in the magnificent Apostolic Exhortation on evangelization which is highly relevant in our own day: “The power of evangelization will find itself considerably diminished if those who proclaim the Gospel are divided among themselves in all sorts of ways. Is this not perhaps one of the great sicknesses of evangelization today? The Lord’s spiritual testament tells us that unity among his followers is not only the proof that we are his but also the proof that he is sent by the Father. It is the test of the credibility of Christians and of Christ himself. Yes, the destiny of evangelization is certainly bound up with the witness of unity given by the Church. This is a source of responsibility and also of comfort” (Evangelii Nuntiandi, 77).
    Spiritual ecumenism is praying and proclaiming together that Jesus is Lord, and coming together to help the poor in all their poverty. Today the blood of Jesus, poured out by many Christian martyrs in various parts of the world, calls us and compels us towards the goal of unity. For persecutors, we Christians are all one! Ecumenism of blood.
    Remember: seek the unity which is the work of the Holy Spirit and do not be afraid of diversity. The breathing of Christians draws in the new air of the Holy Spirit and then exhales it upon the world: it is the prayer of praise and missionary outreach. Share baptism in the Holy Spirit with everyone in the Church. Spiritual ecumenism and the ecumenism of blood. The unity of the Body of Christ. Prepare the Bride for the Bridegroom who comes! One Bride only! (Rev 22:17).
    Finally, in addition to my thanks, I would especially like to mention these young musicians from northern Brazil who have welcomed me with much affection, singing “Long live Jesus my Saviour”. I know that you have prepared something else. I invite you all to listen to them before I say farewell.