lunedì 27 ottobre 2014

L’anno zero della Chiesa: “Parlare chiaro per farsi capire”



CITTÀ DEL VATICANO
«Va sconfitta la tendenza al clericalismo, che riassumo in un consiglio ricevuto una volta quando ero giovane: “Se vuoi andare avanti, pensa chiaramente e parla oscuramente”. Un invito all’ipocrisia. Bisogna evitarla a ogni costo». Sta in queste parole, confidate un anno fa da Francesco ai superiori degli ordini religiosi, una chiave di lettura su quanto accaduto nel Sinodo straordinario sulla famiglia.  

Un’assemblea che rappresenta soltanto la prima tappa di un lungo percorso e che si è conclusa con inediti accenni di attenzione e vicinanza alle famiglie «ferite», alle coppie sposate civilmente, e anche alle convivenze. Ma che su alcuni punti «caldi» - la possibilità di riammettere in certi casi e a certe condizioni i divorziati risposati ai sacramenti e la pastorale per le persone omosessuali - non ha raggiunto il consenso dei due terzi dei padri sinodali. Un Sinodo caratterizzato, come mai era accaduto prima, dall’assoluta libertà di parola, sollecitata all’inizio dei lavori dallo stesso Francesco.  

«La Chiesa, da sempre, ha avuto un’ampia diversità di criteri e sguardi sulla realtà, sugli aspetti teologici e pastorali - spiega il sacerdote argentino Eduardo De Paola, che conosce Bergoglio da molti anni - ma questa diversità era una sorda e silenziosa corrente che scorreva sotto traccia e che, di tanto in tanto, spinta da situazioni particolari, emergeva in superficie, timidamente, cercando di non creare conflitti». Questa volta invece le differenti posizioni non sono rimaste ovattate. Sono emerse con nettezza, dopo che Francesco ha invitato ad esprimersi senza pensare di dover compiacere il Papa e senza alcuna paura. «È stato sollevato il coperchio. Quello che sta affiorando non è ancora tutto quello che c’è da dire. Prima devono uscire tutte le tensioni accumulate, le ideologie represse, la dispute personali», spiega padre De Paola. Devono emergere e sfumare i vapori compressi per lungo tempo. 

Da una parte ci sono quanti hanno affermato che su certi argomenti non era neanche possibile aprire una discussione: è la linea incarnata soprattutto da alcuni porporati curiali, come il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gerhard Ludwig Müller e il Prefetto della Segnatura apostolica Leo Raymond Burke, sostenuta in aula con forza anche dal Prefetto della Congregazione dei vescovi, Marc Ouellet e dal «ministro dell’Economia» George Pell. Dall’altra c’è chi si è detto favorevole ad approfondire la possibilità di concedere in certi casi i sacramenti ai risposati e ha proposto un atteggiamento più comprensivo e accogliente verso le persone omosessuali, come hanno fatto il cardinale Reinhard Marx a nome dei vescovi tedeschi, il cardinale di Vienna Christoph Schönborn e il vescovo italiano Bruno Forte.  

Il tema dei gay, marginale rispetto alla riflessione sulle sfide riguardanti la famiglia e citato nei testi preparatori soprattutto in relazione all’atteggiamento da tenere verso i figli che vivono con queste coppie, ha finito per diventare l’argomento più controverso del Sinodo, a motivo della formulazione notevolmente aperturista (e poco rappresentativa degli umori dell’aula) contenuta nel documento di lavoro di metà percorso, poi emendato nella stesura finale. Un testo che ha provocato anche la vivace reazione dei vescovi africani. 

Alle «tentazioni» a cui ha assistito in aula, citate nel suo discorso finale - quella dell’«irrigidimento ostile» di chi si considera «padrone» della dottrina, e quella del «buonismo distruttivo, che in nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle» - Francesco ha contrapposto l’atteggiamento dei «pastori veri», che «portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli». 

Il metodo della «parresía», cioè della franchezza nell’esprimersi senza timori reverenziali, e dell’«ascolto umile», ha prodotto un effetto a cui la Chiesa non era più abituata. E non potrà non avere ripercussioni anche a livello locale. È difficile infatti immaginare che in un sinodo diocesano non vi sia ora chi chieda uguale franchezza e libertà di espressione.  

Il tema della cura pastorale delle famiglie in difficoltà e dei sacramenti per i divorziati risposati non è peraltro nuovo. Era emerso l’ultima volta nel corso del Sinodo sulla nuova evangelizzazione del 2012. Benedetto XVI, figura molto più complessa di certi cliché nella quale hanno cercato di schiacciarla certi sedicenti «ratzingeriani», nel giugno di quell’anno, dall’incontro mondiale delle famiglie a Milano, aveva usato parole da pastore che mostra di «portare nel cuore» gioie e lacrime dei fedeli: «Il problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette».  
«Sarebbe sbagliato leggere ciò che è accaduto al Sinodo con le categorie usate per descrivere le cronache parlamentari - spiega a La Stampa padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica - parlando di minoranze e maggioranze.  

La Chiesa non è un’assemblea parlamentare e non va letta con categorie politiche. E questo anche quando vota, perché da sempre ha votato nel corso della sua storia. Pensiamo al conclave. È invece importante notare che nel dialogo si sono confrontate, con piena libertà di espressione, posizioni differenti tra loro». «A emergere - conclude Spadaro - sono in fondo due approcci, due diverse visioni di Chiesa e del rapporto tra la Chiesa e la storia, il mondo»

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Troveremo una buona soluzione...

Cardinal Kasper

27-10-2014  di Aurelio Molè
fonte: Città Nuova
Intervista al cardinal Walter Kasper, eminente teologo, presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani

La questione pastorale dei divorziati risposati è emersa nelle discussioni in preparazione al prossimo Sinodo dopo l’introduzione del cardinal Kasper al Concistoro del 20-21 febbraio scorsi.
Lei è stato in prima linea nelle discussioni in vista del Sinodo. Un bilancio?
«La mia valutazione è molto positiva. È stato uno scambio molto fraterno perché nella sostanza c’è unità nell’episcopato ed è normale che ci sia un dibattito su alcuni punti. Si è creata un’atmosfera nuova come ai tempi del Concilio. Anche nelle questioni più discusse come quelle che riguardano i separati, i divorziati, gli omosessuali abbiamo raggiunto una maggioranza qualificata anche se relativa. Non sono deluso. Penso che ora sia chiaro che le questioni sono in tavola, devono essere discusse, approfondite, devono maturare. Non è stato deciso nulla, ma è stato un passo in avanti».
Secondo lei quali passi in avanti sono stati fatti in avanti per la premura verso le famiglie nella sofferenza?
«Il discorso del papa alla fine del Sinodo ha mostrato che vuole andare avanti, vuole una soluzione pastorale. Ho avuto la sensazione che il cosiddetto effetto Francesco cresca nell’episcopato. Si parla di più di misericordia, c’è un nuovo approccio ai problemi, si vuole essere per la gente, con la gente. Si comincia con i problemi, ma poi si vuole accompagnare, non solo con una dottrina astratta. Penso che ci saranno frutti buoni il prossimo anno».
Nell’episcopato ha trovato un’apertura a queste tematiche…
«Non in tutti. Persistono, dubbi, perplessità. È un loro diritto ed è normale che ci sia un dibattito come è avvenuto anche durante il Concilio Vaticano II. Ho l’impressione che alla fine con una buona maggioranza troveremo una buona soluzione verso un’apertura responsabile, perché nell’episcopato cattolico cresce l’idea della misericordia».
Lei ha proposto l’assoluzione per i divorziati risposati civilmente, ma viene ribadito, anche da altri cardinali, che i divorziati permangono in uno stato di peccato grave per cui non possono avere l’assoluzione. Non si comprende come poterne uscire…
«È l’argomento centrale di coloro che si oppongono. Si deve discutere su questo punto, ma personalmente direi che se uno si pente di ciò che ha fatto, compie tutto ciò che è possibile nella sua concreta situazione. Io non avrei il coraggio di parlare di un adulterio permanente. Sono le mie domande, ma si deve approfondire. Nella pastorale molti parroci nei confessionali offrono già una certa soluzione pastorale. Senza abbandonare la dottrina, ma approfondendola, bisogna trovare non un cambiamento ma uno sviluppo dottrinale».

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(Matteo Matzuzzi) Sabato mattina, nell'Aula Paolo VI, il Papa ha incontrato i partecipanti al pellegrinaggio della Famiglia di Schönstatt, in occasione del centenario della fondazione del Movimento, che a Roma regge la parrocchia San Francesco e Santa Caterina Patroni, zona stazione Trastevere.  (...)