sabato 25 ottobre 2014

Un continente unito

Nell’anniversario della proclamazione di san Benedetto a patrono d’Europa.
24.10.64 - Paolo VI riconsacra la chiesa abbaziale di Montecassino
(Marcello Filotei)
«La settimana di Montecassino mi è stata molto benefica, per il soggiorno, il silenzio, la preghiera, i ricordi». Il 10 giugno 1930, in occasione di un ritiro nel decimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale, Giovanni Battista Montini in poche righe indirizzate ai familiari suggellava i termini di un rapporto privilegiato con un luogo che gli sarebbe stato ancora più caro. Non poteva sapere, il giovane Montini, che trentaquattro anni dopo, il 24 ottobre del 1964, sarebbe salito a Montecassino come Paolo VI per sigillare la rinascita del monastero dopo il terribile bombardamento del 15 febbraio 1944.

Ricordando l’evento nell’omelia tenuta il 25 ottobre durante la celebrazione dei Vespri a Montecassino nel cinquantesimo anniversario della proclamazione di san Benedetto a patrono primario d’Europa, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha riproposto le parole pronunciate da Paolo VI in quell’occasione: «Fra le tante impressioni, che questa casa della pace suscita ora nei nostri spiriti, una pare dominare sulle altre; ed è la virtù generatrice della pace. (...) Qui la pace ci appare altrettanto vera che viva; qui ci appare attiva e feconda. Qui si rivela nella sua capacità (...) di ricostruzione, di rinascita, di rigenerazione».
L’orizzonte monastico della sensibilità spirituale di Papa Montini e il suo profondo ideale benedettino spiegano la sua decisione di consacrare personalmente la nuova Basilica, già pienamente riedificata nel 1949, e di proclamare contemporaneamente san Benedetto patrono dell’intera Europa, ha spiegato il segretario di Stato.
«Paolo VI — ha rilevato ancora il porporato — era un “monaco nel cuore”, come dimostrano i suoi numerosi discorsi ai monaci, nei quali riemerge quella prima impressione d’incanto che egli ebbe al momento della sua originaria esperienza della vita monastica e che fu per lui al tempo stesso scoperta della bellezza della preghiera». Fu lui stesso a rivelarlo in un discorso tenuto agli abati benedettini il 1° ottobre 1973, nel quale affermò di avere provato in quel soggiorno giovanile «un senso di estasi per la maniera con la quale i monaci celebravano le sacre cerimonie, e (...) la perizia con cui sapevano cantare il canto gregoriano (...) e questa impressione, (...) fu scolpita nella mia anima, (,,,) e rimase uno degli argomenti, uno dei motivi, per cui mi fu caro dare la mia vita al servizio del Signore». È questo, secondo il beato Paolo VI, il modello sul quale l’Europa è stata plasmata, «un continente — sottolinea il segretario di Stato nell’omelia — che a partire da questi presupposti deve porsi come obiettivi fondamentali la fede e l’unità, cioè, l’unità spirituale dei popoli europei».
Su queste basi appare ancora più evidente il motivo per il quale Paolo VI volle proclamare san Benedetto patrono dell’Europa, forte del suo passato e delle speranze per il suo futuro. Un patrono e protettore i cui strumenti di unità e di evangelizzazione tra popoli differenti furono la Croce, il libro e l’aratro. Con la Croce, afferma Montini nella lettera apostolica Pacis nuntius, del 24 ottobre 1964, «diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata». Con il libro, ossia con la cultura, continua, salvò «la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta ai posteri e restaurando il culto del sapere». Con l’aratro, conclude, «riuscì a trasformare terre deserte ed inselvatichite in campi fertilissimi e in graziosi giardini e, unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo il famoso motto ora et labora, nobilitò ed elevò la fatica umana».
L'Osservatore Romano