venerdì 28 novembre 2014

Come farsi sospendere da scuola...


Spieghi cos'è un aborto? Sospeso dalla scuola
di Riccardo Cascioli

Si parla di bioetica, si parla di aborto, così il professore di religione chiede: «Volete vedere un video che spiega cosa succede con l’aborto?». I ragazzi, terza liceo nell’Istituto Cardano di Milano, dicono sì, guardano il video. Nessun problema, senonché qualcuno da fuori viene a sapere cosa è stato fatto vedere, comincia a montare i ragazzi («Il prof non può far vedere queste cose», «È un terrorista»), altri insegnanti cavalcano la cosa, viene coinvolto il preside e passo dopo passo si scatena il putiferio. E la cosa – ovviamente – finisce sui giornali: il video diventa choc, le ragazze scappano dalla classe piangendo, i genitori sono sconvolti, il professore è interdetto dall’insegnamento. Ecco confezionato un altro “mostro” da dare in pasto all’opinione pubblica.
Si può ben dire ormai che fare l’insegnante di religione è uno dei mestieri più rischiosi. Anche quando si ha una lunga esperienza e un bel rapporto con i ragazzi, come è per G.N., il professore protagonista suo malgrado di quest’altra storiaccia. N. (mettiamo solo le iniziali perché c'è un procedimento in corso) insegna da 26 anni, è anche scrittore e pubblicista nonché autore di diversi libri. Nella classe in questione, una terza liceo, sono nove i ragazzi che seguono la lezione di religione (che è facoltativa) e si mettono a tema diverse questioni che hanno a che fare con le realtà più profonda dell’uomo. Si finisce sull’aborto: «Viste le domande e l’interesse ho chiesto ai ragazzi se erano interessati a vedere un documentario che mostra cosa è effettivamente un aborto», racconta il professore a La Nuova BQ. E i ragazzi hanno acconsentito senza dubbi.

Il documentario oggetto dello scandalo è una vecchia pellicola americana realizzata nel 1984 dal professor Bernard Nathanson, un medico abortista poi convertitosi e diventato un paladino delle battaglie per la vita (clicca qui per il video). Si chiama “L’urlo silenzioso” (The Silent Scream), è certamente un documentario che non lascia molto all’immaginazione mostrando in diretta gli effetti di un aborto guardato dall'ecografia. È scioccante dal punto di vista della realtà, visto che la società fa di tutto per censurare cosa sia davvero un aborto; non può essere certamente considerato scioccante per le immagini in sé, visto cosa vedono quotidianamente in tv o su internet i nostri ragazzi.  Peraltro il professor N. aveva già usato quel video altre volte nel corso degli anni, così come altri insegnanti, senza alcun problema.
E infatti gli studenti del prof. G.N. non sono affatto sconvolti: «L’ho fatto vedere che mancavano 15 minuti alla fine della lezione e nessuno è uscito piangendo, come è stato scritto. Nella classe però a un certo punto è entrato un signore anziano, estraneo alla scuola, che ha chiesto di poter assistere – dice il prof. N. -. Ovviamente ho rifiutato, ma quella persona si è accomodata in un’aula vicina». 
Persona estranea alla scuola? Chi era e cosa faceva lì? «Non lo so, probabilmente è un insegnante in pensione che aspettava qualche studente per fare ripetizione, ha detto di essere della “Scuola popolare” ma ha rifiutato di dire il suo nome quando abbiamo avuto una discussione».
Una discussione?«Sì, perché alla fine della lezione, alle 14, ha fermato i ragazzi mentre uscivano dicendo che io non potevo far vedere quei video, che ero un terrorista e così via. Perciò quando sono uscito mi sono trovato davanti a questa scena ed è iniziata una discussione. Ma è stata una cosa breve, è finita lì e della cosa non si è più parlato».
Ma gli studenti non si sono poi lamentati con lei di quel che aveva fatto vedere, i genitori non sono venuti a lamentarsi?«No. Tanto che la settimana successiva abbiamo fatto lezione senza alcun problema, nessuno ha sollevato obiezioni».
E allora quando è iniziata la reazione?«La settimana ancora successiva, siamo alla fine di ottobre, arrivo in classe e non trovo i ragazzi. Erano stati convocati dal preside, ma da quel momento si sono esonerati dalla mia lezione. Successivamente un genitore mi ha chiesto come mai avessi fatto vedere quel documentario, ma nient’altro. Solo che evidentemente nel frattempo alcuni insegnanti, ideologicamente molto agguerriti contro la religione, hanno fatto ulteriori pressioni. Il preside si è consultato con la Curia di Milano, poi ha deciso di sanzionarmi con otto giorni di sospensione dall’insegnamento a partire da martedì prossimo».
Quindi lei sta ancora andando a scuola regolarmente.«In realtà stamattina (28 novembre, ndr) quando sono arrivato il vice-preside mi ha chiesto – su iniziativa del preside che era fuori sede – di mettermi in ferie fino a lunedì. La cosa era finita sui giornali e quindi mi si consigliava di starmene a casa. Dovrei tornare a scuola il 10 dicembre».
Ma sui giornali si parlava anche della revoca dell’idoneità all’insegnamento da parte della Curia.«L’ufficio scuola della Curia ha aperto un procedimento di verifica che può portare alla revoca dell’idoneità dell’insegnamento della religione, ma mi è stato detto che era una iniziativa quasi obbligata dopo la decisione del preside di sospendermi. La decisione della Curia sarà comunque presa il 12 dicembre. Io ho presentato una memoria difensiva, e so che molti studenti stanno scrivendo alla Curia per testimoniare in mio favore».
Basterà?
«Spero di sì, amo l’insegnamento e mi piace stare con i ragazzi, con i quali ho sempre avuto un ottimo rapporto. Sono 26 anni che insegno, e ho scritto anche diversi libri in proposito. Sarebbe curioso se si scoprisse adesso che non sono idoneo».
Che idea si è fatta di questa vicenda, perché hanno montato un caso di questo genere?«È una cosa politica, ci sono insegnanti e forze che non sopportano l’insegnamento della religione. Non vogliono che gli studenti conoscano punti di vista diversi. Tre anni fa altri insegnanti mi hanno creato problemi perché in un’altra classe avevo fatto vedere un video che confutava la teoria darwinista. E ora cercano il pretesto per mandarmi fuori della scuola. Stanno anche cercando di screditarmi sul piano personale per ottenere questo scopo».

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Mestieri pericolosi: l'insegnante di religione
di Gabriele Mangiarotti*

Il 10 maggio di quest’anno sono stato invitato a commentare la giornata del Papa con la scuola in Radio Vaticana. Venendo da fuori Roma e temendo per il traffico in occasione di un evento così importante sono arrivato con molto anticipo, per cui ho varcato le porte della Radio a mezzogiorno. Da poco i Giuristi per la Vita avevano sporto la denuncia perché al liceo Giulio Cesare di Roma era stato dato da leggere «Sei come sei» di Melania Mazzucco. E molti sapranno del contenuto osceno di alcune pagine, dalla descrizione cruda e realistica di un rapporto omosessuale al racconto dettagliato della raccolta dello sperma per l’inseminazione artificiale voluta da uno dei protagonisti, che desiderava in questo modo fecondare un «utero in affitto». Sapete che il Presidente del Senato on. Grasso ha impedito la lettura di queste pagine nell’aula del Senato perché ritenute «sconvenienti».
Ebbene, incontrando un responsabile della Diocesi di Roma e commentando l’azione giudiziaria intrapresa, mi sono sentito dire che tale azione era inappropriata, in quanto quel liceo era famoso per la vicenda delle baby squillo, e che quindi quelle pagine non avrebbero fatto nessun effetto sulle menti di quei ragazzi (adolescenti di 14 e 15 anni). Ho pensato: «Ma si danno questi testi ai ragazzi perché sono così, oppure questi ragazzi sono così proprio perché si danno loro questi testi?», ma non ho trovato risposta.
Oggi poi leggo su Repubblica e vengo a sapere dalla TV che un insegnante di Milano sarebbe stato sospeso dall’insegnamento della religione cattolica colpevole di avere fatto vedere agli alunni del liceo sedicenni «L’urlo silenzioso», un film dove si mostra l’ecografia di un aborto. Il titolo fa riferimento al "grido silenzioso di dolore" che il feto ha emesso aprendo la bocca durante l'intervento. Repubblica così riporta la decisione della Curia di Milano: «A seguito della segnalazione di alcuni genitori del liceo Cardano di Milano al preside dell’istituto — si legge nel comunicato della Diocesi — il 10 novembre il Servizio insegnamento della religione cattolica della diocesi di Milano ha avviato la procedura di revoca dell’idoneità all’insegnamento della religione cattolica del professore G.N. per il venire meno della necessaria “abilità pedagogica”, ai sensi del canone 804 comma 2 del Codice di diritto canonico».
Non conosco altro rispetto a quanto è accaduto, ma mi chiedo se era proprio il caso di revocare l’idoneità in questa circostanza. È vero, forse alcune allieve saranno state ferite – e purtroppo anche per esperienza personale – di fronte a quelle immagini. Ma bisogna nascondere la verità (e la Chiesa parla dell’aborto come «abominevole delitto», se non vado errato) per timore di ferire la coscienza dei giovani? Quei giovani bombardati, anche a scuola, delle immagini delle oche spennate o dell’orsa uccisa, se pur involontariamente?
Anche qui risuonano le inascoltate parole di Papa Francesco a proposito della scuola che può diventare un «campo di rieducazione» nella complice omertà di troppi benpensanti: «Vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti - riferendosi a progetti concreti di educazione - si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”» [Francesco alla delegazione dell'Ufficio Internazionale Cattolico dell'Infanzia (BICE)].
E, se mi è permesso, vorrei chiedere alla Chiesa di essere madre nei confronti di quegli insegnanti che rischiano quotidianamente di trasmettere l’insegnamento cristiano nelle scuole. A che serve la gogna mediatica? A che serve mettere in pasto alla opinione pubblica questi provvedimenti? Sono un segno di lealtà nei confronti del potere? Umilmente suggerisco la lettura di Havel, Il potere dei senza potere, che mostra come il coraggio della verità, andando controcorrente, sia il migliore servizio alla società degli uomini.
* Direttore di culturacattolica.it

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Oui, je suis Catherine Deneuve, nonna ammazza bimbi
di Luigi Santambrogio

Ricordate la sciccosa signora di Francia? Talleurino rosso di Chanel, sguardo ammaliatore, usciva da una Lancia Delta e si proponeva di tre quarti agli spettatori per dire soltanto, con esibita ma frettolosa spocchia: Oui, je suis Catherine Deneuve. Quella frase, pronunciata nel francese snob e arrotato dell’aristocratica rive gauche parigina, divenne subito un fortunato tormentone e ancora oggi, dopo trenta e passa anni, circola in forma di battute rivedute e corrette. Deneuve aveva già interpretato film impegnati e immemorabili (Les Parapluies de CherbourgBelle de jour, La mia droga si chiama Julie), lavorando con i più importanti registi italiani e francesi. Ma più che a Luis Buñuel, madame deve la sua fama a quello spot, allora si chiamava réclame, e ai quei due secondi di recitazione da grande attrice.
Ancora oggi, quel je suis è una pietra miliare nella storia della cinematografia a scopo pubblicitario.Tanto che, qualche anno dopo, Catherine venne scelta per convincere gli italiani a portare sulle loro tavole solo purissima acqua minerale in bottiglia. Dalla benzina all’acqua, dall’avvocato Agnelli con il Rolex sopra il polsino al ruspante Giuseppe Ciarrapico, cavaliere e presidente della Roma, "a’ maggica": «Oui, je suis Catherine Deneuve, e bevo sempre acqua Fiuggi», la costrinsero a reclamare. Ma la classe, si sa, non è acqua e quello spottino non aveva niente a che vedere con l'originale.  
Vabbè, tracannare minerale con gas non era certo glamour e charmante come scendere da un’auto firmata Giugiaro, ma a cachet donato non si guarda in bocca. Sempre meglio, comunque, dello spot che l’altro giorno la ormai ultrasettantenne Deneuve ha recitato sul quotidiano La Repubblica, house organ della sinistra bon ton. Un articolo griffato in prima persona dall’ètoile per festeggiare il 40esimo anniversario della legge Veil, quella che legalizzò l’aborto in Francia. La bella Catherine, in quegli anni, era in prima fila tre le Marianne abortiste e firmò il celebre “Manifesto delle 343”: donne che confessavano pubblicamente di aver abortito nel 1971, quando la legge lo proibiva. Una sorta di Emma Bonino à la parisienne: in Italia la leader radicale praticava forsennatamente aborti clandestini servendosi di una pompa da bicicletta, in Francia la Deneuve firmava appelli e marciava in piazza, rivendicando il diritto all'amore libero e senza l'onere del figlio. Sempre con molto glamour ed eleganza, il va sans dire.
Su Repubblica (l’articolo è in realtà ripreso dall’Huffington Post France), la fu top model ricordaquegli anni formidabili, perché, scribacchia, «il diritto all'aborto ha favorito in maniera determinante la parità tra uomo e donna. Da quel momento, non ho potuto che rallegrarmi dei progressi di questa battaglia. Parlando della nostra professione, posso portare come esempio quello delle donne che, tra le altre figure, guadagnano sempre più accesso al mestiere di regista o di produttrice». Insomma, l’aborto come livella sociale: pareggia i conti con i maschi e apre folgoranti carriere in rosa tra i cinematografari. Particolare davvero inedito, questo, che nessun movimento pro-choice aveva ancora scoperto. L’interruzione di gravidanza in stile Hollywood: ciak si giri, che la facciamo abortire. 
Ma non è l’unica perla di cinismo à la carte che la Deneuve regala ai raffinati lettori repubblichini. Il resto è ancora peggio. Scrive, la disgraziata, che mettere in dubbio il diritto all’aborto è «un fatto gravissimo» e i movimenti per la vita sono «un’aberrazione». Quel che segue, poi, è un capolavoro di mattoide ideologia, rara dimostrazione di furto con scasso dell’umana intelligenza. «Sono convinta», fa sapere sua eleganza, «che in Francia non torneremo indietro rispetto a questo diritto acquisito perché le donne lo impediranno. È come se volessimo ripristinare la pena di morte: è impensabile». A tali livelli di furfanteria mentale, neppure il più radicale dei radicali era mai arrivato: l’aborto, cioè il bimbo fatto a pezzi o risucchiato da un’elettropompa, come antidoto al boia e alla ghigliottina. O viceversa: la sua abolizione come equivalente al ritorno della pena capitale. Follia d'alta classe, mica paglia.
E pensare che solo lo scorso anno in Francia ci sono stati più di 270mila aborti e altrettanti bimbimai nati perché uccisi qualche mese prima. Una fortuna per madame Deneuve così cieca e sorda (l’età non c’entra) che in questa mattanza degli infanti non vede il sangue e lo strazio di quelle vite innocenti. Anzi è «un progresso fenomenale» e indietro non si torna.  Ma la battaglia non è finita e la strada per la piena emancipazione femminile è ancora lunga. «Conciliare figli e lavoro, questa sarà la nostra sfida per l'eternità», conclude l’attempata suffragetta. Già, ma in Francia quanti figli ci saranno ancora da conciliare con il lavoro se le idee dell’abortista Deneuve avranno ancora più seguito? Pochini, anche ad avere a disposizione l’eternità. 
Svarioni da quarta età, furori vegliardi eccitati da degenerazione neurologiche questi della grand-mère Catherine? Ma no, la tarda età non ha colpe: a venticinque anni, su vita e dintorni la diva la pensava come oggi. E pensare che una così aveva l’impudenza di dare lezioni di moralità alle donne di Francia. Come quando, quattro anni fa, criticò furiosamente la première dame, Carla Bruni, per essersi schierata al fianco di Sakineh, la donna iraniana accusata di adulterio e condannata alla lapidazione dal regime degli ayatollah. La signora Sarkozy non  doveva lanciare appelli perché moralmente indegna e con un passato tutt’altro che «morigerato». Contro questo femminismo da osteria, pardon, da bistrot, i francesi mandare a farsi friggere la pseudo immacolata Santa Caterina della Lancia con un pernacchioso: “senti chi parla”. Come la Bruni pure la bionda era adultera, per giunta con figlio.
Forse c’era anche un poco di invidia in quello starnazzare velenoso contro donna dell’Eliseo e il sospetto che la bella Bruni l’avrebbe presto scalzata dal trono. Due anni dopo, infatti, Carlà le soffiava il posto di testimonial nella campagna Lancia della nuova Musa. Spot profetico e crudele: avanti la nuova star, al diavolo la vecchia carampana. Oggi le resta solo quel frusto ritornello, aggiornato in chiave abortista: oui, je suis Catherine Deneuve, la nonna ammazza bimbi.