mercoledì 26 novembre 2014

I 550 anni dalla morte della Beata Margherita di Savoia

I 550 anni dalla morte della Beata Margherita di Savoia


(di Cristina Siccardi) «A partire dal XVII secolo noi Europei siamo stati assillati dalla questione sull’identità. Chi sono? Qual è la mia identità come essere umano, come cristiano, come domenicano? E ci richiudiamo nelle nostre piccole identità che ci danno poca sicurezza. (…) Dal XVII secolo le nostre società hanno sviluppato l’orrore nei riguardi della folla. Nella folla, l’individuo perde la sua identità.
Nella folla noi non sappiamo chi siamo. La folla è pericolosa, come la folla della Rivoluzione Francese. Ma per noi, c’è una folla immensa, che nessuno può contare, la folla dei santi. Il nostro destino è appartenere a questa folla; è qui che noi saremo liberati da tutte le nostre piccole questioni d’identità, perché chi siamo è al di la di ciò che noi possiamo immaginare. E noi saremo liberi». Questo disse il domenicano Padre Timothy Radcliffe nell’omelia che tenne a Friburgo il 1° Novembre 1992.
Nella «folla dei santi» figura, fra i 29 beati domenicani, Margherita di Savoia, colei che piegò la volontà dell’antipapa Felice V e della quale quest’anno ricorrono i 550 anni dal suo dies natalis. Era imparentata con le principali famiglie reali d’Europa: suo padre era il conte Amedeo di Savoia-Acaja, mentre sua madre, Caterina di Ginevra, era una della sorelle dell’antipapa Clemente VII. Margherita si meritò l’appellativo di “Grande”: fu infatti testimone d’evangelica grandezza nei differenti stati in cui Dio la mise alla prova, come figlia, sposa, sovrana, monaca, mistica.
Nacque nel castello di Pinerolo (TO) nel 1382 (altri biografi, la minoranza, sostengono nel 1390). La sua vicenda iniziò poco dopo la morte di santa Caterina da Siena, in un periodo doloroso sia per le guerre continue tra i Signori del tempo, sia per lo sconvolgimento portato nella Chiesa dallo scisma d’Occidente. A 12 anni rimase orfana e passò sotto la tutela dello zio Ludovico, che per mancanza di eredi maschi diretti, succedette al defunto Principe Amedeo.
Primo pensiero di Ludovico di Savoia fu di porre fine alle lunghe discordie fra Piemonte e Monferrato servendosi della nipote Margherita: da decenni il territorio subalpino era sconvolto per il suo possesso dalle guerre tra i Savoia, i marchesi di Saluzzo, i marchesi del Monferrato ed i Visconti di Milano, la giovane principessa sarebbe stata una speranza di pace. Ella, in cuor suo, già era orientata al chiostro, riconfermata nel suo proposito dallo spagnolo domenicano san Vicent Ferrer; tuttavia si sacrificò per il bene delle popolazioni, stremate per le guerre e le carestie.
Così, appena tredicenne, per ragioni di Stato, si unì in matrimonio, nel 1403, con Teodoro II Paleologo, marchese del Monferrato. Il marito aveva 39 anni e già due figli. Margherita, il cui primo pensiero fu sempre e solo rivolto a Dio, accettò di sacrificarsi per amore del Signore e per amore del suo prossimo: se Cristo era stato crocefisso anche le sue aspirazioni potevano essere crocefisse.
Nei quindici anni di matrimonio si prodigò per smussare le angolosità dello scontroso marito, si dedicò all’educazione dei figliastri e con eroica carità soccorse poveri, malati, appestati. Rimase vedova nel 1418 e divenne sovrana reggente del Monferrato, stimata e amata.
Terminato il suo compito, si ritirò nel suo palazzo di Alba (CN) insieme alle sue più fedeli dame per dedicarsi alla preghiera e alle opere di carità, rifiutando perciò la proposta di nozze avanzata da Filippo Maria Visconti. Dapprima divenne terziaria domenicana, poi fondò il monastero delle domenicane di Santa Maria Maddalena. E un giorno ebbe una visione: Cristo le porgeva tre frecce, recanti ciascuna una scritta: malattia, calunnia, persecuzione, che realmente subirà.
Le tre frecce, che attraversano il suo stemma nobiliare, ricordano che solo la croce accettata con Cristo conferisce alla persona la vera, imperitura nobiltà, che i secoli non possono cancellare.
Nonostante le molteplici difficoltà e sofferenze, per circa venticinque anni superò tutto con la preghiera, lo studio, la carità. Formidabile fu il ruolo che assunse di riappacificazione unitiva nella Chiesa: si prodigò con successo affinché suo cugino Amedeo VIII, eletto antipapa dal Concilio di Basilea con il nome di Felice V, recedesse dalla sua posizione. Tornò pertanto a guidare l’Ordine Mauriziano da lui fondato nel monastero sulle rive del lago di Ginevra e fu creato Cardinale, nonché legato pontificio. Morì in fama di santità ed oggi riposa nella Cappella della Sindone di Torino.
Margherita di Savoia si spense ad Alba il 23 novembre 1464, circondata dall’affetto e dalla venerazione. San Pio V, già religioso domenicano e priore del convento di Alba, nel 1566 permise per Margherita un culto locale riservato al suo monastero, mentre Papa Clemente IX la beatificò nel 1669. Il suo corpo incorrotto è oggetto di ininterrotta devozione.
L’insegnamento di san Domenico, che Margherita fece suo, è sintetizzato nella nota formula di un altro gigante domenicano, san Tommaso d’Aquino: «contemplari et contemplata aliis tradere»: contemplare, attingere la verità nell’ascolto e nella comunione con Dio, donando agli altri il frutto della propria contemplazione.