venerdì 28 novembre 2014

Il coraggio del dialogo di Papa Francesco


Spadaro: "Il dialogo è accoglienza e Bergoglio ama il conflitto, serve a risolvere i problemi"

di Marco Ansaldo
CITTÀ DEL VATICANO - "SERVE il coraggio del dialogo", scrive Papa Francesco sulla copertina del nuovo libro di padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore della rivista La Civiltà Cattolica , uomo vicinissimo al Pontefice argentino ( Oltre il muro, pubblicato da Rizzoli). "Non possiamo permetterci il lusso di guardare al futuro senza speranza ", aggiunge Omar Abboud, il leader musulmano già direttore del Centro islamico di Buenos Aires, amico di Bergoglio cardinale, che il Papa ha voluto con sé lo scorso maggio al Muro del pianto di Gerusalemme assieme al rabbino Abraham Skorka. Francesco oggi sbarca in Turchia, nel più grande Paese musulmano non arabo. Per parlare di questo viaggio importante Repubblica li ha riuniti a colloquio.

Ma il dialogo tra fedi non dovrebbe essere già in corso? E piuttosto non sarebbe necessario puntare oltre?
Abboud: "In Argentina il nostro punto di vista è stato quello di costruire una convivenza, non una tolleranza. Nel 2005 abbiamo sottoscritto un documento ufficiale contro il terrorismo, in cui l'allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, diceva che l'atteggiamento fondamentale non deve essere solo quello di attaccare le conseguenze del terrorismo, ma di studiarne le motivazioni. E questa è una fase di crescita rispetto al dialogo".
Spadaro: "E dialogo significa accoglienza. La cosa che mi ha colpito di Bergoglio è che il suo concetto di dialogo non corrisponde a quello ordinario. Per noi è un confronto di idee. Il Papa invece ha una visione diversa, dove la priorità è data dall'azione. E il gesto simbolicamente più forte del viaggio in Terra Santa è stato l'abbraccio tra Francesco, Abboud e Skorka".

Perché?
Spadaro: "Perché ha evidenziato una cosa: che il Papa, scegliendo di avere con sé un amico islamico e un amico ebreo, ha sconvolto l'immaginario del dialogo, ponendo la dimensione profetica dell'amicizia come modello".

E oggi il Pontefice userà la platea della Turchia, di fronte a Iraq e Siria, per parlare ai terroristi che si sono impadroniti di pezzi di quei Paesi. Che cosa vi aspettate?
Abboud : "La verità non si può portare avanti prendendo seduti il tè. È necessario essere contundenti. Questo viaggio del Papa in Turchia è particolarmente significativo perché è un grandissimo Paese islamico, quello che più a lungo ha avuto la tradizione dei Califfi. E il Papa che viene dalla "fine del mondo" parlerà della violenza che si sta consumando in queste zone calde".
Spadaro: "Francesco si prepara a incontrare un Paese che vive un difficile bilanciamento fra laicità e religione. Io penso che un punto importante sia ribadire l'importanza della cooperazione di tutte le parti della società per il bene comune. Riaffermerà il ruolo dei cristiani. E un altro punto importante è la condanna della strumentalizzazione delle religioni. Visto che proprio in Turchia ci troviamo al confine con l'Isis, una delle chiavi sarà che nessuno può uccidere in nome di Dio".

Qui i cristiani si trovano in una posizione di grande difficoltà. Ricordiamo nel 2006 e nel 2010 gli omicidi a Trebisonda e a Iskenderun di don Andrea Santoro e di monsignor Luigi Padovese. E il mondo musulmano moderato si trova in una posizione di imbarazzo di fronte al fondamentalismo.
Abboud: "È vero che la religione spesso viene utilizzata per compiere alcuni atti di violenza, però noi non possiamo accettare in nessun modo che questa venga classificata come una guerra di religione".

La Turchia che da decenni chiede di entrare in Europa rappresenta però per il Vecchio continente la porta del mondo musulmano. Con quale riflesso oggi?
Spadaro: "Più che un riflesso, direi che qui si accende un riflettore. E non è un caso che il Papa stia facendo questi viaggi, prima l'Albania, ora la Turchia, prima ancora di visitare un grande Paese europeo. Questa dialettica costante fra centro e periferia viene messa in evidenza dalla geografia, direi quasi della geometria dei suoi viaggi. Il Papa parte dall'Albania, va a Strasburgo, e rimbalza in Turchia. Questo non è casuale".

È molto significativo, no?
Spadaro: "Sì, perché il tragitto Tirana- Strasburgo-Ankara dà l'idea del compasso bergogliano. E la geometria significa relazioni. Il Papa ha detto che il centro si comprende dalla periferia, e questa è un'operazione ermeneutica, cioè lui non sta indicando solo dei contenuti ma un metodo".

E qual è il suo atteggiamento verso il mondo musulmano?
Spadaro: "La sua visione è determinata dalla sua esperienza argentina. È un rapporto che considera innanzitutto l'accoglienza, ma senza avere paura del conflitto. Questo Papa ha la passione per i conflitti. Cioè lui nel conflitto si trova a suo agio. Vedi il recente Sinodo dei vescovi a ottobre. Il Papa potrebbe insistere sugli elementi di riconciliazione, di gioia. Insiste invece sul conflitto. E sul fatto che i conflitti vanno abbracciati, anzi accarezzati. Per lui questo diventa un luogo di discernimento, di scelta".

E il mondo musulmano come guarda a Francesco?
Abboud: "Esistono dei leader islamici che considerano il Papa come una figura strategica per poter creare una nuova categoria di credenti: il risultato di come cristiani, musulmani, eccetera siano in grado di costruire un "noi". Direi che la mano è tesa, e che questa occasione è grande".
La Repubblica

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