sabato 20 dicembre 2014

Esclusivo: intervista con Asia Bibi

Asia Bibi

«Al Papa chiedo preghiere. Dio perdoni chi mi strumentalizza»


Esclusivo: intervista con Asia Bibi, la madre pakistana da cinque anni in carcere, condannata a morte per blasfemia

PAOLO AFFATATO

A Papa Francesco non chiede appelli pubblici ma preghiere. E, nella sofferenza di una vita da reclusa, nota con amarezza quanti strumentalizzano il suo nome per tornaconto personale. Asia Bibi, la donna cristiana di 44 anni condannata a morte per blasfemia in Pakistan nel 2009, rompe il silenzio e accetta di parlare con Vatican Insider tramite la «Renaissance Education Foundation» di Lahore, che si occupa oggi della sua famiglia e dell’assistenza legale. La contadina del Punjab è finita in prigione «per un bicchier d’acqua», dopo una lite con due donne musulmane che l’hanno accusata falsamente. Oggi racconta il suo sesto Natale dietro le sbarre, la sua vita, le sue angosce e speranze. Da oltre cinque anni nel braccio della morte, attualmente nel carcere di Multan, Asia resta aggrappata alla Bibbia e alla sua profonda fede, confidando più nella Provvidenza di Dio che nella giustizia pakistana. Tuttavia, dopo la conferma della pena capitale in appello, aspetterà con pazienza e accoglierà serenamente il giudizio del processo in terzo grado, appena avviato davanti alla Corte suprema del Pakistan. In attesa del sospirato «miracolo» del suo rilascio.
 
Asia, com'è la sua salute e quali sono le sue condizioni in carcere?
«Mi sento piuttosto bene, sto bene nel nome di Cristo, per quello che può essere una vita in prigione. In carcere si prendono cura di me e mi trattano bene credo anche perché il mio caso è noto a livello internazionale».

Come trascorre le sue giornate?
«Inizio la mia giornata nel nome di Cristo, pregando. Poi la prima colazione e la pulizia della cella. Penso a me, alla mia famiglia, ai miei cari e prego per loro. Segue il pranzo, una passeggiata, la cena. Ogni mio giorno termina rendendo grazie a Gesù Cristo, prima del riposo».

Legge la Bibbia ogni giorno? C’è un versetto che ama ripetere nella preghiera?
«Sì, certo. La Sacra Bibbia è un libro importante per me. La Parola di Dio mi incoraggia, mi dà conforto e luce in tempi bui. Amo pregare con le parole del Salmo 138, quando dice: “Se cammino in mezzo alla sventura, tu mi ridoni vita; contro l'ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva. Il Signore completerà per me l’opera sua”. Così, anche nelle ore di angoscia, il mio cuore torna in pace».

Qual è il suo desiderio profondo, quando pensa alla sua famiglia?
«La mia speranza è tornare a vivere con la mia famiglia, con mio marito Ashiq e con i miei cinque figli. Penso continuamente a loro e mi mancano tanto, soprattutto in questi giorni, mentre tutti si preparano a festeggiare il Natale».

Come vivrà il Natale? Cosa significa per lei oggi?
«Spero che il giorno della nascita di Cristo porti felicità e libertà alla mia vita, che porti la pace nel mondo e soprattutto in Pakistan. Natale non è avere un vestito nuovo o celebrare una festa con una danza. Significa condividere il proprio amore con quanti sono nel bisogno. Oggi soffro perché negli ultimi cinque anni ho trascorso il Natale in carcere lontana dalla mia famiglia. Spero e prego che i cristiani trascorrano il Natale in unità con i propri cari: Dio mantenga unita la vostra famiglia. È il dono più bello che possiate avere».

Cosa pensa del processo in terzo grado, che la vedrà giudicata dalla Corte Suprema?
«Abbiamo presentato l’appello e credo che Gesù Cristo, con la sua mano potente, mi restituirà la libertà. Ricordo l’esperienza di san Pietro: mentre era in carcere, lo Spirito Santo è venuto e ha aperto le porte della prigione. Per il mio rilascio spero davvero in un miracolo».

Quali sono le persone e le organizzazioni che aiutano la sua famiglia?
«Sono grata a quanti, nella comunità internazionale e nelle nazioni cristiane, sono accanto a me, con il sostegno della preghiera. Chiedo a tutti coloro che stanno strumentalizzando il mio nome per i propri calcoli personali: per favore lasciatemi in pace. Sono grata alla “Renaissance Education Foundation”, che è sempre vicina a me e alla mia famiglia. Chi volesse aiutarmi può farlo tramite la Fondazione».

Cosa chiede a Dio?
«Chiedo a Dio di perdonare tutti coloro che strumentalizzano il mio nome per il proprio tornaconto personale e di restituirmi presto la libertà».

Cosa vuol dire a Papa Francesco e ai cristiani in tutto il mondo?
«A Papa Francesco e a tutti i cristiani del mondo dico: vi prego, ricordatevi di me nelle vostre preghiere. Credo fermamente che la vostra preghiera potrà aiutarmi perché un giorno io possa gustare nuovamente il prezioso dono della libertà».