domenica 25 gennaio 2015

Celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. Omelia del Santo Padre.


Celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. Omelia del Santo Padre. "Oggi esiste una moltitudine di uomini e donne stanchi e assetati, che chiedono a noi cristiani di dare loro da bere. È una richiesta alla quale non ci si può sottrarre"

[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
- Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio. 
Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: “Dammi un po’d’acqua da bere” (cfr Gv 4, 7). Hanno preso parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, il Cardinale Kurth Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo di saluto. Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciata nel corso della celebrazione:
Omelia del Santo Padre

In viaggio dalla Giudea verso la Galilea, Gesù passa attraverso la Samaria. Egli non ha difficoltà ad incontrare i samaritani giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci fa capire che il confronto con chi è differente da noi può farci crescere. 
Gesù, stanco per il viaggio, non esita a chiedere da bere alla donna samaritana. La sua sete, lo sappiamo, però, va ben oltre quella fisica: essa è anche sete di incontro, desiderio di aprire un dialogo con quella donna, offrendole così la possibilità di un cammino di conversione interiore. Gesù è paziente, rispetta la persona che gli sta davanti, si rivela a lei progressivamente. Il suo esempio incoraggia a cercare un confronto sereno con l’altro. Per capirsi e crescere nella carità e nella verità, occorre fermarsi, accogliersi e ascoltarsi. In tal modo, si comincia già a sperimentare l’unità. (...) 
La donna di Sicar interroga Gesù sul vero luogo dell’adorazione di Dio. Gesù non si schiera a favore del monte o del tempio, ma va all’essenziale abbattendo ogni muro di separazione. Egli rimanda alla verità dell’adorazione: «Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità» (Gv 4,24). Tante controversie tra cristiani, ereditate dal passato, si possono superare mettendo da parte ogni atteggiamento polemico o apologetico e cercando insieme di cogliere in profondità ciò che ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per mezzo dello Spirito Santo. L’unità dei cristiani, siamo convinti, non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni. (...) Dobbiamo riconoscere che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità e supera il conflitto. Riconcilia le diversità.
Gradualmente, la donna samaritana comprende che Colui che le ha chiesto da bere è in grado di dissetarla. Gesù si presenta a lei come la sorgente da cui scaturisce l’acqua viva che estingue per sempre la sua sete (cfrGv 4,13-14). L’esistenza umana rivela aspirazioni sconfinate: ricerca di verità, sete di amore, di giustizia e di libertà. Sono desideri appagati solo in parte, perché dal profondo del suo essere l’uomo si muove verso un “di più”, un assoluto capace di soddisfare la sua sete in modo definitivo. La risposta a queste aspirazioni viene data da Dio in Gesù Cristo, nel suo mistero pasquale. Dal costato squarciato di Gesù sono sgorgati sangue ed acqua (cfrGv19,34): Egli è la sorgente da cui scaturisce l’acqua dello Spirito Santo, cioè «l’amore di Dio riversato nei nostri cuori» (Rm 5,5) nel giorno del Battesimo. Per opera dello Spirito siamo diventati una sola cosa con Cristo, figli nel Figlio, veri adoratori del Padre. Questo mistero d’amore è la ragione più profonda dell’unità che lega tutti i cristiani e che è molto più grande delle divisioni avvenute nel corso della storia. Per questo motivo, nella misura in cui ci avviciniamo con umiltà al Signore Gesù Cristo, ci avviciniamo anche tra di noi.
L’incontro con Gesù trasforma la Samaritana in una missionaria. Avendo ricevuto un dono più grande e più importante dell’acqua del pozzo, la donna lascia lì la sua brocca (cfr Gv 4,28) e corre a raccontare ai suoi concittadini che ha incontrato il Cristo (cfr Gv4,29). L’incontro con Lui le ha restituito il senso e la gioia di vivere, e lei sente il desiderio di comunicarlo. Oggi esiste una moltitudine di uomini e donne stanchi e assetati, che chiedono a noi cristiani di dare loro da bere. È una richiesta alla quale non ci si può sottrarre. Nella chiamata ad essere evangelizzatori, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più stretta collaborazione. Per poter svolgere efficacemente tale compito, occorre evitare di chiudersi nei propri particolarismi ed esclusivismi, come pure di imporre uniformità secondo piani meramente umani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 131). Il comune impegno ad annunciare il Vangelo permette di superare ogni forma di proselitismo e la tentazione di competizione. Siamo tutti al servizio dell’unico e medesimo Vangelo! (...)
Con questa gioiosa testimoninza dei nostri martiri di oggi e con questa gioiosa certezza, rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti nella Festa della Conversione di San Paolo. Inoltre, mi è gradito salutare i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si svolgerà nei prossimi giorni a Roma. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey e i giovani che beneficiano di borse di studio offerte dal Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, operante presso il Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Sono presenti oggi anche religiosi e religiose appartenenti a diverse Chiese e Comunità ecclesiali che hanno partecipato in questi giorni ad un Convegno ecumenico, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in occasione dell’Anno della vita consacrata. La vita religiosa come profezia del mondo futuro è chiamata ad offrire nel nostro tempo testimonianza di quella comunione in Cristo che va oltre ogni differenza, e che è fatta di scelte concrete di accoglienza e dialogo. Di conseguenza, la ricerca dell’unità dei cristiani non può essere appannaggio solo di qualche singolo o comunità religiosa particolarmente sensibile a tale problematica. La reciproca conoscenza delle diverse tradizioni di vita consacrata ed un fecondo scambio di esperienze può essere utile per la vitalità di ogni forma di vita religiosa nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.
Cari fratelli e sorelle, oggi noi, che siamo assetati di pace e di fraternità, invochiamo con cuore fiducioso dal Padre celeste, mediante Gesù Cristo unico Sacerdote e per intercessione della Vergine Maria, dell’Apostolo Paolo e di tutti i santi, il dono della piena comunione di tutti i cristiani, affinché possa risplendere «il sacro mistero dell’unità della Chiesa» (Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, 2), quale segno e strumento di riconciliazione per il mondo intero. Così sia. (Italiano: testo ufficiale)
Francese
En voyage de la Judée vers la Galilée, Jésus traverse la Samarie. Il n’a pas de difficulté à rencontrer les Samaritains jugés hérétiques, schismatiques, séparés des juifs. Son attitude nous dit que la confrontation avec celui qui est différent de nous peut nous faire grandir. 
Jésus, fatigué par le voyage, n’hésite pas à demander à boire à la femme samaritaine. Cependant, sa soif va bien au-delà de la soif physique : elle est aussi soif de rencontre, désir d’ouvrir un dialogue avec cette femme, en lui offrant aussi la possibilité d’un chemin de conversion intérieure. Jésus est patient, il respecte la personne qui est devant lui, il se révèle à elle progressivement. Son exemple encourage à chercher une confrontation sereine avec l’autre. Pour se comprendre et grandir dans la charité et dans la vérité, il faut s’arrêter, s’accueillir et s’écouter. De cette manière, on commence déjà à expérimenter l’unité. 
La femme de Sykar interroge Jésus sur le véritable lieu de l’adoration de Dieu. Jésus ne prend pas position en faveur de la montagne ou du temple, mais il va à l’essentiel, faisant tomber chaque mur de séparation. Il renvoie à la vérité de l’adoration : « Dieu est esprit, et ceux qui l’adorent, c’est en esprit et vérité qu’ils doivent l’adorer » (Jn 4, 24). Beaucoup de controverses entre chrétiens, héritées du passé, peuvent se dépasser en mettant de côté toute attitude polémique ou apologétique, et en cherchant ensemble à accueillir en profondeur ce qui nous unit, c’est-à-dire l’appel à participer au mystère d’amour du Père révélé à nous par le Fils dans l’Esprit Saint. L’unité des chrétiens ne sera pas le fruit des discussions théoriques raffinées dans lesquelles chacun tentera de convaincre l’autre du bien-fondé de ses propres opinions. Nous devons reconnaître que pour parvenir à la profondeur du mystère de Dieu, nous avons besoin les uns des autres, de nous rencontrer et de nous confronter sous la conduite de l’Esprit Saint, qui harmonise les diversités et dépasse les conflits. 
Progressivement, la femme samaritaine comprend que Celui qui lui a demandé à boire est à même de la désaltérer. Jésus se présente à elle comme la source d’où jaillit l’eau vive qui étanche pour toujours sa soif (cf. Jn 4, 13-14). L’existence humaine révèle des aspirations sans bornes : recherche de vérité, soif d’amour, de justice et de liberté. Ce sont des désirs satisfaits seulement en partie, parce que du fond de son être, l’homme se meut vers un “plus”, un absolu capable d’étancher sa soif de façon définitive. La réponse à ces aspirations est donnée par Dieu en Jésus Christ, dans son mystère pascal. Du côté transpercé de Jésus ont jailli du sang et de l’eau (cf. Jn 19, 34) : il est la source d’où jaillit l’eau de l’Esprit Saint, c’est-à-dire « l’amour de Dieu répandu dans nos coeurs » (Rm 5, 5) au jour du baptême. Par l’oeuvre de l’Esprit nous sommes devenus uns avec le Christ, fils dans le Fils, vrais adorateurs du Père. Ce mystère d’amour est la raison la plus profonde de l’unité qui relie tous les chrétiens et qui est beaucoup plus grande que les divisions advenues au cours de l’histoire. Pour ce motif, dans la mesure où nous nous approchons avec humilité du Seigneur Jésus Christ, nous nous rapprochons aussi entre nous.
La rencontre avec Jésus transforme la Samaritaine en une missionnaire. Ayant reçu un don plus grand et plus important que l’eau du puits, la femme laisse là sa cruche (cf. Jn 4, 28) et elle court raconter à ses compatriotes qu’elle a rencontré le Christ (cf. Jn 4, 29). La rencontre avec Lui lui a rendu le sens et la joie de vivre, et elle sent le désir de le communiquer. Aujourd’hui, il existe une multitude d’hommes et de femmes fatigués et assoiffés, qui nous demandent, à nous chrétiens, de leur donner à boire. C’est une demande à laquelle on ne peut se soustraire. Dans l’appel à être des évangélisateurs, toutes les Églises et Communautés ecclésiales trouvent un cadre essentiel pour une collaboration plus étroite. Pour pouvoir remplir efficacement une telle tâche, il faut éviter de se renfermer dans ses propres particularismes et exclusivismes, comme aussi d’imposer une uniformité selon des plans purement humains (cf. Exhort. Apost. Evangelii gaudium, n. 131). L’engagement commun à annoncer l’Évangile permet de dépasser toute forme de prosélytisme et la tentation de compétition. Nous sommes tous au service de l’unique et même Évangile ! 
Avec cette joyeuse certitude, j’adresse mes saluts cordiaux et fraternels à Son Éminence le Métropolite Gennadios, représentant du Patriarcat oecuménique, à Sa Grâce David Moxon, représentant personnel à Rome de l’Archevêque de Cantorbéry, et à tous les représentants des différentes Églises et Communautés ecclésiales ici rassemblées en la fête de la Conversion de saint Paul. En outre, je suis heureux de saluer les membres de la Commission mixte pour le dialogue théologique entre l’Église catholique et les Églises orthodoxes orientales, auxquels je souhaite un travail fructueux pour la session plénière qui se déroulera dans les prochains jours à Rome. Je salue aussi les étudiants de l’Ecumenical Institute of Bossey et les jeunes qui bénéficient de bourses d’étude offertes par le Comité de Collaboration culturelle avec les Églises orthodoxes, oeuvrant près du Conseil pour la promotion de l’Unité des chrétiens. Sont aussi présents aujourd’hui des religieux et des religieuses appartenant à différentes Églises et Communautés ecclésiales, qui ont participé ces jours-ci à un Colloque oecuménique, organisé par la congrégation pour les Instituts de Vie consacrée et les Sociétés de Vie apostolique, en collaboration avec le Conseil pontifical pour la promotion de l’Unité des chrétiens, à l’occasion de l’Année de la Vie consacrée. La vie religieuse comme prophétie du monde futur est appelée à offrir en notre temps, le témoignage de cette communion dans le Christ qui va au-delà de chaque différence, et qui est faite de choix concrets d’accueil et de dialogue. Et donc, la recherche de l’unité des chrétiens ne peut être l’apanage seulement de quelques personnes ou communautés religieuses particulièrement sensibles à cette problématique. La connaissance réciproque des différentes traditions de vie consacrée et un échange fécond d’expériences peut être utile pour la vitalité de chaque forme de vie religieuse dans les diverses Églises et Communautés ecclésiales. 
Chers frères et soeurs, aujourd’hui nous qui sommes assoiffés de paix et de fraternité, invoquons avec un coeur confiant du Père céleste, par Jésus Christ l’unique Prêtre et par l’intercession de la Vierge Marie, de l’apôtre Paul et de tous les saints, le don de la pleine communion de tous les chrétiens, afin que puisse resplendir « le mystère sacré de l’unité de l’Église » (Conc. oecum. Vat. II, Décret sur l’oecuménisme Unitatis redintegratio, n. 2), comme signe et instrument de réconciliation pour le monde entier. 
Inglese
On his way from Judea to Galilee, Jesus passes through Samaria. He has no problem dealing with Samaritans, who were considered by the Jews to be heretics, schismatics, separated. His attitude tells us that encounter with those who are different from ourselves can make us grow. 
Weary from his journey, Jesus does not hesitate to ask the Samaritan woman for something to drink. His thirst, however, is much more than physical: it is also a thirst for encounter, a desire to enter into dialogue with that woman and to invite her to make a journey of interior conversion. Jesus is patient, respectful of the person before him, and gradually reveals himself to her. His example encourages us to seek a serene encounter with others. To understand one another, and to grow in charity and truth, we need to pause, to accept and listen to one another. In this way, we already begin to experience unity. 
The woman of Sychar asks Jesus about the place where God is truly worshiped. Jesus does not side with the mountain or the temple, but goes to the heart of the matter, breaking down every wall of division. He speaks instead of the meaning of true worship: “God is spirit, and those who worship him must worship in spirit and truth” (Jn 4:24). So many past controversies between Christians can be overcome when we put aside all polemical or apologetic approaches, and seek instead to grasp more fully what unites us, namely, our call to share in the mystery of the Father’s love revealed to us by the Son through the Holy Spirit. Christian unity will not be the fruit of subtle theoretical discussions in which each party tries to convince the other of the soundness of their opinions. We need to realize that, to plumb the depths of the mystery of God, we need one another, we need to encounter one another and to challenge one another under the guidance of the Holy Spirit, who harmonizes diversities and overcomes conflicts. 
Gradually the Samaritan woman comes to realize that the one who has asked her for a drink is able to slake her own thirst. Jesus in effect tells her that he is the source of living water which can satisfy her thirst for ever (cf. Jn 4:13-14). Our human existence is marked by boundless aspirations: we seek truth, we thirst for love, justice and freedom. These desires can only be partially satisfied, for from the depths of our being we are prompted to seek “something more”, something capable of fully quenching our thirst. The response to these aspirations is given by God in Jesus Christ, in his paschal mystery. From the pierced side of Jesus there flowed blood and water (cf. Jn 19:34). He is the brimming fount of the water of the Holy Spirit, “the love of God poured into our hearts (Rom 5:5) on the day of our baptism. By the working of the Holy Spirit, we have become one in Christ, sons in the Son, true worshipers of the Father. This mystery of love is the deepest ground of the unity which binds all Christians and is much greater than their historical divisions. To the extent that we humbly advance towards the Lord, then, we also draw nearer to one another. 
Her encounter with Jesus made the Samaritan women a missionary. Having received a greater and more important gift than mere water from a well, she leaves her jar behind (cf. Jn 4:28) and runs back to tell her townspeople that she has met the Christ (cf. Jn 4:29). Her encounter with Jesus restored meaning and joy to her life, and she felt the desire to share this with others. Today there are so many men and women around us who are weary and thirsting, and who ask us Christians to give them something to drink. It is a request which we cannot evade. In the call to be evangelizers, all the Churches and Ecclesial Communities discover a privileged setting for closer cooperation. For this to be effective, we need to stop being selfenclosed, exclusive, and bent on imposing a uniformity based on merely human calculations (cf. Evangelii Gaudium, 131). Our shared commitment to proclaiming the Gospel enables us to overcome proselytism and competition in all their forms. All of us are at the service of the one Gospel! 
In this joyful conviction, I offer a cordial and fraternal greeting to His Eminence Metropolitan Gennadios, the representative of the Ecumenical Patriarch, to His Grace David Moxon, the personal representative in Rome of the Archbishop of Canterbury, and to all the representatives of the various Churches and Ecclesial Communions gathered here to celebrate the Feast of the Conversion of Saint Paul. I am also pleased to greet the members of the Joint Commission for Theological Dialogue between the Catholic Church and the Orthodox Churches, and I offer them my best wishes for the fruitfulness of the plenary session to be held in these coming days. I also greet the students from the Ecumenical Institute at Bossey, and the young recipients of study grants from by the Committee for Cultural Collaboration with the Orthodox Churches, centred in the Pontifical Council for Promoting Christian Unity. 
Also present today are men and women religious from various Churches and Ecclesial Communities who have taken part in an ecumenical meeting organized by the Congregation for Institutes of Consecrated Life and for Societies of Apostolic Life, in conjunction with the Pontifical Council for Promoting Christian Unity, to mark the Year for Consecrated Life. Religious life, as prophetic sign of the world to come, is called to offer in our time a witness to that communion in Christ which transcends all differences and finds expression in concrete gestures of acceptance and dialogue. The pursuit of Christian unity cannot be the sole prerogative of individuals or religious communities particularly concerned with this issue. A shared knowledge of the different traditions of consecrated life, and a fruitful exchange of experiences, can prove beneficial for the vitality of all forms of religious life in the different Churches and Ecclesial Communities. 
Dear brothers and sisters, today all of us who thirst for peace and fraternity trustingly implore from our heavenly Father, through Jesus Christ the one Priest, and through the intercession of the Blessed Virgin Mary, the Apostle Paul and all the saints, the gift of full communion between all Christians, so that “the sacred mystery of the unity of the Church” (Unitatis Redintegratio, 2) may shine forth as the sign and instrument of reconciliation for the whole world. 
Spagnolo
En viaje desde Judea a Galilea, Jesús pasó por Samaría. Él no tiene ninguna dificultad en encontrarse con los samaritanos, considerados herejes, cismáticos, separados de los judíos. Su actitud nos dice que confrontarse con los que son diferentes de nosotros puede hacernos crecer. 
Jesús, cansado del viaje, no duda en pedir de beber a la mujer samaritana. Su sed, sin embargo, va mucho más allá de la sed física: es también sed de encuentro, deseo de entablar un diálogo con aquella mujer, ofreciéndole así la posibilidad de un camino de conversión interior. Jesús es paciente, respeta a la persona que tiene ante él, se revela a ella gradualmente. Su ejemplo alienta a buscar una confrontación pacífica con el otro. Para entenderse y crecer en la caridad y en la verdad, es preciso detenerse, acogerse y escucharse. De este modo, se comienza ya a experimentar la unidad. 
La mujer de Sicar pregunta a Jesús sobre el verdadero lugar de adoración a Dios. Jesús no toma partido en favor del monte o del templo, sino que va a lo esencial, derribando todo muro de separación. Él se refiere a la verdad de la adoración: «Dios es espíritu, y los que adoran deben hacerlo en espíritu y en verdad» (Jn 4,24). Muchas controversias entre los cristianos, heredadas del pasado, pueden superarse dejando de lado cualquier actitud polémica o apologética, y tratando de comprender juntos en profundidad lo que nos une, es decir, la llamada a participar en el misterio del amor del Padre, revelado por el Hijo a través del Espíritu Santo. La unidad de los cristianos no será el resultado de refinadas discusiones teóricas, en las que cada uno tratará de convencer al otro del fundamento de las propias opiniones. Debemos reconocer que, para llegar a las profundidades del misterio de Dios, nos necesitamos unos a otros, necesitamos encontrarnos y confrontarnos bajo la guía del Espíritu Santo, que armoniza la diversidad y supera los conflictos. 
Poco a poco, la mujer samaritana entiende que quien la ha pedido de beber, puede saciarla. Jesús se le presenta como la fuente de la que brota el agua viva que apaga para siempre su sed (cf. Jn 4,13-14). La existencia humana revela aspiraciones ilimitadas: la búsqueda de la verdad, la sed de amor, de justicia y libertad. Son deseos satisfechos sólo en parte, porque desde lo más profundo de su ser el hombre se mueve hacia un «más», un absoluto capaz de satisfacer su sed de manera definitiva. La respuesta a estas aspiraciones la da Dios en Jesucristo, en su misterio pascual. Del costado traspasado de Jesús fluyó sangre y agua (cf. Jn 19,34): Él es la fuente de la que brota el agua del Espíritu Santo, es decir, «el amor de Dios derramado en nuestros corazones» (Rm 5,5) el día del Bautismo. Por obra del Espíritu, nos hemos convertido en uno con Cristo, hijos en el Hijo, verdaderos adoradores del Padre. Este misterio de amor es la razón más profunda de unidad que une a todos los cristianos, y que es mucho más grande que las divisiones que se han producido a lo largo de la historia. Por esta razón, en la medida en que nos acercamos con humildad al Señor Jesucristo, nos acercamos también entre nosotros. 
El encuentro con Jesús transforma a la mujer samaritana en una misionera. Al haber recibido un don más grande e importante que el agua del pozo, la mujer deja allí su cántaro (cf. Jn 4,28) y corre a decir a sus conciudadanos que ha encontrado al Cristo (cf. Jn 4,29). El encuentro con él le ha devuelto el sentido y la alegría de vivir, y ella siente el deseo de comunicarlo. Hoy existe una multitud de hombres y mujeres cansados y sedientos, que nos piden a los cristianos que les demos de beber. Es una petición a la que no podemos sustraernos. En la llamada a ser evangelizadores, todas las Iglesias y Comunidades eclesiales encuentran un ámbito fundamental para una colaboración más estrecha. Para llevar a cabo este cometido con eficacia, se ha de evitar cerrarse en los propios particularismos y exclusivismos, así como imponer uniformidad según los planes meramente humanos (cf. Exhort. ap., Evangelii gaudium, 131). El compromiso común de anunciar el Evangelio permite superar toda forma de proselitismo y la tentación de la competición. Todos estamos al servicio del único y mismo Evangelio. 
Con esta gozosa certeza, dirijo mi saludo cordial y fraterno a Su Eminencia el Metropolita Gennadios, representante del Patriarcado Ecuménico, a Su Gracia David Moxon, representante personal en Roma del Arzobispo de Canterbury, y a todos los representantes de las diversas Iglesias y Comunidades eclesiales reunidos aquí en la Fiesta de la Conversión de San Pablo. Además, tengo el placer de saludar a los miembros de la Comisión Mixta para el diálogo teológico entre la Iglesia católica y las Iglesias ortodoxas orientales, a quienes deseo un trabajo fructífero para la sesión plenaria que tendrá lugar los próximos días en Roma. Saludo también a los estudiantes del Ecumenical Institute of Bossey y a los jóvenes que se benefician de las becas ofrecidas por el Comité de Colaboración Cultural con las Iglesias ortodoxas, que actúa en el Consejo para la Promoción de la Unidad de los Cristianos. 
También están hoy presentes aquí religiosos y religiosas pertenecientes a diferentes Iglesias y Comunidades eclesiales, que han participado estos días en un encuentro ecuménico, organizado por la Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, en colaboración con el Consejo Pontificio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, con ocasión del Año de la vida consagrada. La vida religiosa, como profecía del mundo futuro, está llamada a ofrecer en nuestro tiempo el testimonio de esa comunión en Cristo que va más allá de toda diferencia, y que está hecha de decisiones concretas de acogida y de diálogo. En consecuencia, la búsqueda de la unidad de los cristianos no puede ser prerrogativa sólo de alguna persona o comunidad religiosa particularmente sensible a esta problemática. El conocimiento mutuo de las diferentes tradiciones de vida consagrada, y un fecundo intercambio de experiencias, puede ser útil para la vitalidad de todas las formas de vida religiosa en las diversas Iglesias y Comunidades eclesiales.
Queridos hermanos y hermanas, hoy nosotros, que estamos sedientos de paz y fraternidad, invocamos con corazón confiado que el Padre celestial, por medio de Jesucristo, único Sacerdote, y la intercesión de la Virgen María, el apóstol Pablo y todos los santos, nos dé el don de la plena comunión de todos los cristianos, para que pueda brillar «el sagrado misterio de la unidad de la Iglesia» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, sobre el ecumenismo, 2), como signo e instrumento de reconciliación para el mundo entero. 
Portoghese
Na sua viagem da Judeia para a Galileia, Jesus passa através da Samaria. Não tem dificuldade em encontrar os samaritanos considerados hereges, cismáticos, separados dos judeus. A sua atitude diz-nos que o confronto com quem é diferente de nós pode fazer-nos crescer. 
Jesus, cansado da viagem, não hesita em pedir de beber à mulher samaritana. Mas a sua sede estende-se muito para além da água física: é também sede de encontro, desejo de abrir diálogo com aquela mulher, oferecendo-lhe assim a possibilidade de um caminho de conversão interior. Jesus é paciente, respeita a pessoa que tem à sua frente, revela-Se-lhe progressivamente. O seu exemplo encoraja a procurar um confronto sereno com o outro. As pessoas, para se compreenderem e crescerem na caridade e na verdade, precisam de se deter, acolher e escutar. Desta forma, começa-se já a experimentar a unidade. 
A mulher de Sicar interpela Jesus sobre o verdadeiro lugar da adoração a Deus. Jesus não toma partido em favor do monte nem do templo, mas vai ao essencial derrubando todo o muro de separação. Remete para a verdade da adoração: «Deus é espírito; por isso, os que O adoram devem adorá-Lo em espírito e verdade» (Jo 4, 24). É possível superar muitas controvérsias entre cristãos, herdadas do passado, pondo de lado qualquer atitude polémica ou apologética e procurando, juntos, individuar em profundidade aquilo que nos une, ou seja, a chamada a participar no mistério de amor do Pai, que nos foi revelado pelo Filho através do Espírito Santo. A unidade dos cristãos não será o fruto de sofisticadas discussões teóricas, onde cada um tenta convencer o outro da justeza das suas opiniões. Temos de reconhecer que, para se chegar à profundeza do mistério de Deus, precisamos uns dos outros, encontrando-nos e confrontando-nos sob a guia do Espírito Santo, que harmoniza as diversidades e supera os conflitos. Pouco a pouco, a mulher samaritana compreende que Aquele que lhe pediu de beber é capaz de a saciar. Jesus apresenta-Se-lhe como a fonte donde jorra a água viva que mata a sua sede para sempre (cf. Jo 4, 13-14). A existência humana revela aspirações ilimitadas: busca de verdade, sede de amor, de justiça e de liberdade. Trata-se de desejos apenas parcialmente saciados, porque o homem, do fundo do seu próprio ser, é movido para um «mais», um absoluto capaz de satisfazer definitivamente a sua sede. A resposta a estas aspirações é dada por Deus em Jesus Cristo, no seu mistério pascal. Do lado trespassado de Jesus, jorraram sangue e água (cf. Jo 19, 34): Ele é a fonte donde brota a água do Espírito Santo, isto é, «o amor de Deus derramado nos nossos corações» (Rm 5, 5) no dia do Baptismo. Por acção do Espírito, tornamo-nos um só com Cristo, filhos no Filho, verdadeiros adoradores do Pai. Este mistério de amor é a razão mais profunda da unidade que liga todos os cristãos e que é muito maior do que as divisões ocorridas no decurso da história. Por este motivo, na medida em que nos aproximamos humildemente do Senhor Jesus Cristo, acontece também a aproximação entre nós. 
O encontro com Jesus transforma a samaritana numa missionária. Tendo recebido um dom maior e mais importante do que a água do poço, a mulher deixa lá o seu cântaro (cf. Jo 4, 28) e corre a contar aos seus compatriotas que encontrou o Messias (cf. Jo 4, 29). O encontro com Ele restituiu-lhe o significado e a alegria de viver, e a mulher sente o desejo de comunicá-lo. Hoje, há uma multidão de homens e mulheres, cansados e sedentos, que nos pedem, a nós cristãos, para lhes dar de beber. É um pedido a que não nos podemos subtrair. Na chamada a ser evangelizadores, todas as Igrejas e Comunidades eclesiais encontram uma área essencial para uma colaboração mais estreita. Para se poder cumprir eficazmente esta tarefa, é preciso evitar de fechar-se em particularismos e exclusivismos e também de impor uniformidade segundo planos meramente humanos (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 131). O compromisso comum de anunciar o Evangelho permite superar qualquer forma de proselitismo e a tentação da competição. Estamos todos ao serviço do único e mesmo Evangelho! 
Com esta jubilosa certeza, dirijo as minhas cordiais e fraternas saudações a Sua Eminência o Metropolita Gennadios, representante do Patriarcado Ecuménico, a Sua Graça David Moxon, representante pessoal em Roma do Arcebispo de Cantuária, e a todos os representantes das diversas Igrejas e Comunidades eclesiais aqui congregados na Festa da Conversão de São Paulo. Além disso, saúdo com grande prazer os membros da Comissão Mista para o Diálogo Teológico entre a Igreja Católica e as Igrejas Ortodoxas Orientais, aos quais desejo um frutuoso trabalho na sessão plenária que terá lugar em Roma nos próximos dias. Saúdo também os alunos do Ecumenical Institute of Bossey e os jovens que beneficiam de bolsas de estudo oferecidas pelo Comité de Colaboração Cultural com as Igrejas Ortodoxas, operativo no Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos. 
Hoje estão presentes também religiosos e religiosas pertencentes a diferentes Igrejas e Comunidades eclesiais que, nestes dias, participaram num convénio ecuménico organizado pela Congregação para os Institutos de Vida Consagrada e as Sociedades de Vida Apostólica, em colaboração com o Pontifício Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos, por ocasião do Ano da vida consagrada. A vida religiosa, como profecia do mundo futuro, é chamada a dar testemunho, no nosso tempo, daquela comunhão em Cristo que ultrapassa toda a diferença e é feita de opções concretas de recepção e diálogo. Consequentemente, a busca da unidade dos cristãos não pode ser prerrogativa apenas de qualquer indivíduo ou comunidade religiosa particularmente sensível a tal problemática. O conhecimento recíproco das diferentes tradições de vida consagrada e um fecundo intercâmbio de experiências podem ser úteis para a vitalidade de toda a forma de vida religiosa nas diferentes Igrejas e Comunidades eclesiais. Amados irmãos e irmãs, hoje nós, que estamos sedentos de paz e fraternidade, com coração confiante invocamos do Pai celeste, por meio de Jesus Cristo único Sacerdote e por intercessão da Virgem Maria, do Apóstolo Paulo e de todos os Santos, o dom da comunhão plena de todos os cristãos, a fim de que possa resplandecer «o sagrado mistério da unidade da Igreja» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sobre o Ecumenismo Unitatis redintegratio, 2) como sinal e instrumento de reconciliação para o mundo inteiro.