sabato 24 gennaio 2015

Custodia del creato, un’enciclica tra attese e scetticismo



Voci diverse si intrecciano alla vigilia del primo documento sul tema

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVATRENTO

Fonti spagnole la davano in uscita a fine gennaio, in Italia qualcuno era certo della pubblicazione a marzo, ma papa Francesco, a una precisa domanda nel corso della conferenza stampa al rientro dal viaggio in Asia, ha informato lui stesso sullo stato dei lavori annunciando che l’enciclica è prevista per giugno-luglio. «L'importante è che ci sia un po' di tempo tra l'uscita e il prossimo incontro sul clima di Parigi» (Cop 21), ha commentato.

Di questo scritto, in assoluto il primo documento di un Pontefice a occuparsi del tema della custodia del creato (con l’eccezione dell’intero capitolo quarto della Caritas in Veritate di Benedetto XVI «Sviluppo dei popoli, diritti, doveri, ambiente»), si discute da tempo in diversi ambienti – anche per le diverse collaborazioni e consulenze ad ampio raggio – ma le reazioni e i commenti sono a dir poco contrastanti. Anzi, in certi gruppi di cattolici, soprattutto statunitensi, le critiche vanno ad aggiungersi a quelle, acide, sul tema della critica al capitalismo, di cui quella frase «quest’economia uccide» contenuta al n. 53 dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium costituisce un’ottima sintesi di un pontificato che non cessa di collocare i poveri al centro dell’attenzione della Chiesa. Ma che risulta difficile da digerire a una buona fetta di fedeli.

Stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda il creato perché di un papa anche ambientalista molti farebbero volentieri a meno. È noto che il tema del cambiamento climatico trova molto scettici le frange più conservatrici, inclini a ignorare per motivi politici quanto confermato anche dal recente  5° Rapporto dell’Ipcc, l’organismo internazionale, con sede a Ginevra, che raccoglie dati dai migliori centri di ricerca e università al mondo. «La stragrande responsabilità umana del cambiamento climatico è inequivocabile», si legge nel testo diffuso lo scorso anno. Anthony Leiserowitz, direttore del «Progetto di Yale» sui cambiamenti climatici, ritiene che la più grande resistenza ad agire contro i cambiamenti climatici è localizzata negli ambienti conservatori di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Australia. «Il Papa non sa di cosa sta parlando» è l’affermazione perentoria e molti lo accusano di mascherare di fatto un’agenda degna degli ambientalisti: ancora una volta, come per la critica all’economia di mercato, starebbe troppo a sinistra. «Dovremmo forse prestare ascolto a un papa che parla di riscaldamento globale?» si è chiesta Fox News.

E dire che la preoccupazione per lo stato del pianeta e i suoi risvolti sulle popolazioni in via di sviluppo fa parte del magistero dei Papi dalla Populorum Progressio in poi e Benedetto XVI era stato definito il pontefice «più verde» della storia per i suoi numerosi interventi: «Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti “profughi ambientali”?» aveva detto nel Messaggio per il 1° gennaio 2010 (n. 4).

«Il cambiamento climatico è diventato una questione culturale totemica, come l'aborto e il matrimonio gay» scrive molto critico Thomas M. Doran, citando un articolo di Matt Ridley sul Wall Street Journal, per poi però concludere, da cattolico, che «all'uomo è stato dato il dominio sulla terra e se le donne e gli uomini, gli unici animali intelligenti, sono inoltre tenuti a essere buoni amministratori di questo mondo e delle sue risorse». Se è vero che anche molti vescovi sarebbero assai critici, a cominciare dal cardinale Pell (che ancora in Australia pronunciava affermazioni che avevano suscitato reazioni da parte di diversi tecnici), in una larga parte di cattolici, gerarchie comprese, l’attesa è forte, sebbene qualcuno (pochi peraltro) sia tentato di spegnere gli entusiasmi perché (non sia mai) che il Pontefice possa prestare fianco al movimento verde. «Non sarà certo una romantica dichiarazione sull’ambiente» e tanto meno «una sorta di manifesto ambientalista» si sente in giro.

Di fatto sono molte le voci che attendono un documento forte e chiaro sulla responsabilità dei cristiani nei confronti del creato e delle sue risorse, dono di Dio da condividere tra tutte le popolazioni del pianeta come insegnano la morale sociale e il magistero.

Tra quanti sono più impegnati a spiegare la portata del primo intervento papale sul tema in testa si collocano proprio i suoi confratelli della Compagnia di Gesù sul portale «Ecojesuit».

«È altamente probabile che l'enciclica sarà influenzato dalle intuizioni di coloro che lavorano con le persone colpite da degrado ambientale, in particolare nella regione amazzonica e un po’ in tutta l’America Latina» scrive Henry Longbottom, SJ, che cita come fonti d’ispirazione Erwin Kräutler, vescovo emerito di Xingu nella foresta pluviale brasiliana e il teologo Leonardo Boff e ricorda le parole di Bergoglio all’Università del Molise nel luglio 2014, sulla falsariga del patriarca «verde» Bartolomeo I: «Lo sfruttamento inaccettabile della terra è un peccato».

E si allunga la lista dei diversi interventi anche di altri esponenti della Chiesa cattolica come quello del segretario di Stato Parolin alle Nazioni Unite o i cardinali Rodriguez Maradiaga e Onaiyekan che hanno sottoscritto una dichiarazione interreligiosa per chiedere agli Stati dell’Onu di «lavorare in modo costruttivo verso un accordo globale e di vasta portata sul clima a Parigi nel 2015».

«Tutti noi vediamo la necessità di un documento sull’ambiente», dichiara il cardinale brasiliano Claudio Hummes, francescano, amico ed elettore di Bergoglio.

Uno dei responsabili di Cafod (l’organizzazione inglese membro di Caritas Internationalis), ha detto all'Observer: «L'attesa intorno alla prossima enciclica di papa Francesco è senza precedenti. Abbiamo migliaia di persone che si impegnano a fare in modo che i loro parlamentari sappiano che il cambiamento climatico sta colpendo le comunità più povere del pianeta».

È questo, in fondo, il vero obiettivo di papa Francesco che parla del creato senza mai disgiungerlo dalla situazione dei poveri della terra, i primi a subirne le conseguenze, con la speranza che in dicembre a Parigi la sua voce possa essere ascoltata. Ma, evidentemente, non può essere lasciato solo.