venerdì 30 gennaio 2015

I figli non si pagano, gli uteri non si affittano!

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AL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE
BAN KI MOON
E per conoscenza
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ITALIANO
MATTEO RENZI
AL PRESIDENTE DELL’EUROPARLAMENTO
MARTIN SCHULZ
Nel nome di Sushma Pandey, ragazza 17enne indiana morta a causa dei trattamenti ormonali di stimolazione ovarica propedeutici alla fornitura di ovuli per una procedura di utero in affitto acquistata da due ricchi occidentali, i sottoscrittori di questo documento chiedono ai potenti della terra e alle Nazioni Unite di indire una moratoria dell’applicazione delle leggi che consentono di accedere a forme di genitorialità surrogata.
Nella neolingua di chi pensa che esista un diritto ad avere un figlio, ignorando l’unico vero diritto che è quello di un figlio a non essere considerato un prodotto da acquistare tramite contratto di compravendita oltre a quello di avere un papà e una mamma che non l’hanno ridotto a cosa, alcuni governi hanno consentito al varo di normative che prevedono la “gestazione di sostegno”, la “gestazione per altri” o, appunto, la “maternità surrogata”. Sono tutte espressioni che servono a mascherare la realtà dei fatti. Si chiama comunemente utero in affitto, perché questo è: un passaggio di denaro tra un acquirente o locatario e un venditore o locatore, la cui finalità è la consegna alla fine del processo di un “prodotto” che è però un essere umano. Un bambino.
I firmatari di questo documento affermano che le persone non sono cose, gli esseri umani non possono mai essere considerati oggetti, meno che mai i bambini. I figli non si pagano. Il desiderio di avere un figlio è un desiderio naturale che non può travalicare i limiti della natura stessa e mai e poi mai legittima all’attivazione di meccanismi di compravendita che reificano la persona umana.
Le procedure che portano alla nascita di questi bambini-oggetto sono terrificanti: dalla ricerca di “donatrici di ovulo” (espressione in neolingua, non donano alcunché, ci sono dei ricchi borghesi che se li comprano quegli ovuli e costringono una donna in stato di bisogno ad accettare pochi denari per venderli sotto la pressione di agenzie specializzate che sono i veri lucratori di queste procedure), alla stimolazione ovarica via bombardamento ormonale che porta danni pesantissimi alle donne che vi si sottopongono (fino alla morte, come nel caso di Sushma Pandey), all’operazione di agoaspirazione in sedazione profonda che viene attuata per “catturare” l’ovulo bombardato. Dopo la fecondazione l’ovulo viene inserito nell’utero affittato di un’altra donna, anche essa pagata dall’agenzia intermediaria, in modo che il bambino che nascerà non abbia alcun riferimento a una figura materna che è stata nel frattempo parcellizzata, spezzata in due. E sia la “donatrice di ovulo” che l’affittatrice di utero firmano comunque contratti dove per pochi spiccioli rinunciano a qualsiasi contatto diretto con il nascituro.
Il momento del parto è poi dolorissimo, per donna e neonato. Il bambino, infatti, appena venuto al mondo viene adagiato solo per qualche secondo sul petto della madre partoriente per tranquillizzarlo e poi brutalmente strappato non appena cerca di avvicinarsi al suo seno, per essere consegnato nel pianto disperato alla coppia di ricchi che quel bambino s’è comprato.
Questa è una pratica barbara e noi sottoscrittori chiediamo ai governi di India, Cina, Bangladesh, Thailandia, Russia, Ucraina, Grecia, Spagna, Regno Unito, Canada e degli otto Stati degli Stati Uniti dove è consentita di aderire ad una moratoria immediata dell’applicazione delle proprie normative sull’utero in affitto e di impedire che a tale pratica possano accedere coppie di stranieri.
Le conseguenze terrificanti di queste pratiche, con bambini rifiutati perché nati affetti da qualche malattia, secondo la logica dell’eliminazione del “prodotto fallato” conseguente alla trasformazione delle persone in cose, ha già interrogato molti governi. In Cina si sta procedendo con molta energia per impedire di operare alle agenzie intermediarie, veri responsabili dell’ampliamento di questo che viene considerato da loro un mero business; in India è stato vietato l’accesso alla maternità surrogata sia agli omosessuali che ai single; in Thailandia si va verso l’abolizione totale della possibilità di ricorso a questa pratica, dopo l’incredibile vicenda del piccolo Gammy rifiutato perché affetto da sindrome di Down dalla coppia di australiani che avevano affittato l’utero di una giovanissima thailandese e si sono poi portati in Australia solo la sorella gemella nata sana.
Solo in Europa incredibilmente la Corte di Straburgo ha sanzionato l’Italia perché non riconosce questa supposta “genitorialità surrogata”, affermando di conseguenza la legittimità delle pratiche di utero in affitto. Ma è un Europa che dimentica le sue radici quella che consente allo sfruttamento del corpo della donna, alla mercificazione del corpo della donna, alla trasformazione della persone in cosa, del figlio in oggetto di una compravendita.
Noi siamo italiani orgogliosi del nostro Paese che considera inaccettabile questa violazione plateale dei diritti elementari della donna e del bambino. Per questo diciamo e chiediamo a tutti i cittadini del mondo di dire con noi, in tutte le lingue per arrivare attraverso i governi nazionali e le associazioni interessate fino all’assemblea generale delle Nazioni Unite, che i figli non si pagano e gli uteri non si affittano.
I firmatari di questo documento chiedono, signor segretario generale dell’Onu, di convocare l’assemblea del Palazzo di Vetro per mettere in votazione la proposta di moratoria delle pratiche di utero in affitto e di genitorialità surrogata in tutto il mondo, nel rispetto particolare che si deve ai soggetti più deboli che più fatica fanno a far valere i propri diritti umani e civili come le donne in condizioni di bisogno e i bambini appena nati.
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La Croce, piazza del Gesù 47 00186 Roma.
Questa è la nostra mobilitazione per chiedere all’ONU la moratoria sull’utero in affitto.