sabato 31 gennaio 2015

Lo sguardo nello sguardo del prossimo


Papa Francesco e la vita consacrata: l'influsso di Romano Guardini


Per comprendere l’insegnamento di papa Francesco circa la vita consacrata importante è l’intervento che fece al Sinodo del 1994 – ripreso nella Lettera Apostolica a tutti i consacrati in occasione dell'Anno della Vita Consacrata – in cui afferma: «Non si può riflettere sulla vita consacrata se non all'interno della Chiesa. Mi piace pensare queste relazioni in termini di tensione, per cui la cornice sarà cornice di tensioni. Così va inteso, perché è una cornice di vita. Ogni tensione si realizza fra polarità; quindi, come si risolve? Una tensione non si può risolvere per assimilazione di uno dei poli, e neppure per sintesi (di tipo hegeliano) che annulli le polarità. La tensione (e in questo caso la tensione ecclesiale) deve risolversi in un piano superiore, che non sia sintesi, ma che la soluzione contenga virtualmente le polarità che producono le tensioni» (riportato integralmente qui). Tale attenzione alla “tensione tra polarità” è una reminiscenza dell’opera di Romano Guardini, L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente. Questo scritto del teologo italo tedesco risulta quindi fondamentale per comprendere il modo con cui papa Francesco si approccia alla realtà, compresa quella della vita consacrata, come evidenza il gesuita argentino Diego Javier Fares in una prefazione alla suddetta opera di Guardini pubblicata da L’Osservatore Romano il 22 agosto 2014.
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L’affinità di Papa Francesco con Romano Guardini è – lo dico con gioia – esistenziale, perché è molto più grande e intensa di una semplice affinità intellettuale. L’occhio che ascolta – titolo di un’opera di Paul Claudel – è la qualità che von Balthasar individua nella visione di Guardini: il suo occhio ascolta, si mette a disposizione totale di colui che sta guardando (il concreto vivente, cioè l’altro, e quindi in definitiva Gesù Cristo, perché è Lui il Concreto Vivente). Questo occhio che ascolta, con attenzione e amore, è «l’elemento essenziale dell’incontro»: lo sguardo nello sguardo del prossimo. Credo che sia una bella immagine per rappresentare l’affinità fra Papa Francesco e Romano Guardini: entrambi guardano con occhi che ascoltano.
Nel libro L’opposizione polare, scritto in gioventù, Guardini sviluppò un suo metodo per realizzare una visione che lasciasse spazio all’oggetto, in modo tale che l’oggetto stesso potesse essere il fulcro da cui far partire la riflessione. «La visione che lascia spazio a ciò che si mostra è possibile solo con la disciplina e un impegno faticoso che ha lo scopo di superare se stessi». Guardini afferma che «la vita umana in generale, sia nella sua totalità che nei suoi aspetti particolari, è strutturata in forma oppositiva». Per questo motivo «la verità è il risultato delle opposizioni polari, in cui una volta può prevalere la rinuncia del soggetto che in questo modo non dà più valore a se stesso, e permette all’oggetto di guadagnare spazio; al contrario in un’altra occasione può prevalere lo sforzo di applicazione del soggetto fuori da se stesso, all’interno dell’oggetto, per guadagnare più comprensione».
Guardini si rese subito conto della ricchezza e duttilità del suo metodo e avrebbe preferito aspettare di svilupparlo più in profondità, prima di pubblicarlo, ma così non accadde. Anche dopo la pubblicazione Guardini perfezionò il suo metodo di osservazione, mantenendo le tensioni polari e applicandolo a temi e figure concrete. Per questo motivo credo fermamente che L’opposizione polare sia un’opera magistrale, da tenere accanto e da consultare mentre si leggono altre opere di Guardini. Per esempio Il Signore, dello stesso autore, potrà essere affrontata con maggiore chiarezza e precisione di analisi tenendo presente la visione più ampia e originale sul tema offerta dall’Opposizione polare.
Consideriamo, infatti, il prologo al Signore: qui Guardini afferma che «chiunque decida di parlare della vita e della personalità di Gesù Cristo, deve prendere coscienza in modo chiaro e perfetto di ciò che si accinge a fare e deve altresì prendere coscienza dei “limiti” che tale argomento gli impone». Ma qual è il modo giusto per operare questa presa di coscienza? A mio parere, è sfogliare L’opposizione polare, lettura che sola consente di raggiungere il risultato auspicato: «Partendo da punti di vista diversi (in tensione polare uno con l’altro), mostrare che tutte le qualità e i tratti essenziali di Gesù portano all’incomprensibile; un’incomprensibilità però piena di un’infinita promessa».
Dunque L’opposizione polare ci permette di prendere coscienza dell’immenso lavoro di Guardini in quella che abbiamo definito l’arte di «limitare» se stesso per poter vedere, e ascoltare in tutta la sua ricchezza, non un «oggetto» che sarebbe in gran parte «una proiezione del soggetto e delle sue tecniche» ma «il vivente concreto», che si offre e si rivela accettando di essere ricevuto e compreso dall’altro. 
L’utilità di leggere e consultare questo saggio non risiede, quindi, nel tentativo di comprendere l’opposizione polare come teoria astratta ma, invece, nella possibilità di avvalersi del metodo strutturato dall’opera di Guardini in tutta la sua ricchezza e profondità. 
Forse il suo lavoro non è mai stato adeguatamente valorizzato dalle élites intellettuali né adeguatamente presentato all’attenzione dei lettori, a cui può capitare di leggerlo apprezzandone la parte «comprensibile», la superficie, senza però rendersi conto dell’immenso lavoro intellettuale profuso per rendere le idee nel modo più nitido e semplice.
Le affinità tra Romano Guardini e Papa Francesco possono essere illuminate da un sogno di Guardini che Bergoglio trascrisse e commentò nel 1986, mentre lavorava alla propria tesi di dottorato proprio sull’autore dell’Opposizione polare. Leggiamo in una lettera: «Questa notte, mentre albeggiava, quando di solito arrivano i sogni, cominciai a farne uno. Cosa successe nel sogno non lo so più, però qualcosa fu detto, e non so se fu detto a me o su di me. E fu detto che quando l’uomo nasce gli viene donata una parola e ciò ha un significato molto importante: non è solamente una capacità o un’attitudine ma è una parola. Questa parola è detta dentro se stesso (Wesen), però è una parola d’ordine (Passwort) per tutto ciò che accade. È sia forza che debolezza. È un incarico e un dono. È una sicurezza (protezione) e un rischio. Tutto ciò che accade mentre gli anni scorrono è la traduzione di questa parola, è il suo chiarimento, è la sua realizzazione. E tutto questo avviene perché colui a cui fu detta questa parola (ad ogni uomo viene detta una parola) la comprenda e viva rispettandola. E forse questa parola sarà la base (il supporto) di quella parola che il Giudice un giorno gli dirà».
Bergoglio nei suoi appunti di lavoro per la tesi commenta così: «Qui troviamo un riferimento a una nostalgia suscitata dalla prima Parolache fu detta (e ciò significa che fu annunciata). Quindi abbiamo unkèrigma esistenziale previo al kèrigma evangelico e sul quale si radica il kèrigma evangelico. Com’è questo kèrigma esistenziale? Questa parola-kèrigma esistenziale è donata all’uomo. 
La sua vita è un’avventura fatta di incontri, perdite e re-incontri con la vita stessa. I momenti in cui si realizza una sorta di “consonanza” interiore riguardano l’incontro, quelli che si riferiscono alla dissonanza sono la ricerca e il non-incontro. Anche qui abbiamo una base per la consolazione teologale (esempio di consonanza) e la desolazione (dissonanza). La parola “fiamma”: è nostalgia. Questa parola, quindi, ha una storia: è storica. Il mito che meglio rappresenta sia il rincontro che il ritorno è quello di Ulisse: il nòstos-àlgos in quel contesto è chiaro. Tutto il suo viaggio è un non accettare le “parole” che non sono la parola».
L’estetica, o il fatto estetico, «ha nelle opere di Guardini un potere vitale che si esprime nella sua visione del kèrigma. Il suo modo di annunciare il Vangelo e di domandarsi qual è la verità di tale annuncio non è solo una ricerca intellettuale. La spiegazione intellettuale prepara, fornisce gli elementi e conduce fino a uno spazio o a un ambito di mediazione in cui è collocato chi annuncia il kèrigma, il quale non va più avanti ma, possiamo dire, consegna questo spazio, questo ambito, a colui che ascolta il kèrigma. Ebbene: in questo ambito possiamo trovare alcuni aspetti della struttura dell’intelletto e della volontà (verum et bonum), tuttavia la mia ipotesi è che in Guardini, per ciò che concerne questo ambito, il verum e il bonum vengono ristrutturati in funzione del pulchrum. È un ambito di mediazione fondamentalmente estetico».
Questo spazio riservato alla mediazione è il luogo dove Papa Francesco si colloca quando va a incontrare l’uomo contemporaneo. Guardini intuì che questo «ambito umano», che è venuto prima dell’epoca moderna, che è stato dimezzato dalla natura (che è sempre aperta verso il Creatore), e che oggi è ulteriormente dimezzato dalla tecnica, si sta chiudendo sempre di più. Le attuali scoperte scientifiche stanno imprimendo alla nostra vita un ritmo ansioso e nevrotico mentre le statistiche e le scienze matematiche ci stanno imponendo una visione fredda e inumana. Per questo motivo la scelta di Papa Francesco di cercare una vicinanza e un incontro con le persone ha ottenuto un riscontro così entusiastico: il mondo era assetato e desideroso di uno spazio di incontro così caldo, disteso, comprensivo e gratuito.
Papa Francesco si appella a questo kèrigma esistenziale, che è precedente al kèrigma esplicito del Vangelo. Si sintonizza con la Parola che viene detta a tutti gli uomini che nascono in questo mondo. Per questo motivo viene ascoltato così attentamente, perché parla un linguaggio che viene da lontano. E in questo discorso L’opposizione polare si inserisce come la presa di coscienza di tutto ciò che occorre per «aprire questo ambito» e «situarsi in esso», al fine di non dire parole che non siano la «Parola».
Zenit