sabato 31 gennaio 2015

Still Alice



Nel film diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland, una donna, Alice, afflitta dal morbo di Alzheimer, è sostenuta dai suoi familiari e la tentazione dell'eutanasia viene superata


Alice ha 50 anni, svolge una professione che le dà piena soddisfazione (è professoressa di Linguistica presso la Columbia University) e vive in una famiglia a cui dà e riceve molto affetto (è sposata con tre figli ormai grandi). Dopo alcune analisi le viene diagnosticato il morbo di Alzheimer. I suoi familiari la colmano di attenzioni ma Alice ha davanti a se un lungo cammino in discesa: dovrà abbandonare la sua professione e alla fine non sarà più in grado di riconoscere chi le sta davanti…
Nel recente La teoria del tutto abbiamo visto come la malattia, gravemente limitante nel fisico, di Stephen Hawking, il celebre scienziato inglese, sia stata combattuta e gestita nel migliore dei modi. Il suo libro più famoso fu scritto proprio quando lui ormai poteva muovere un solo dito.
Per l’Alzheimer, la malattia che ha colpito Alice in modo precoce a cinquant’anni, la situazione è in qualche modo più drammatica: il fisico non viene intacomportano come ci si dovrebbe aspettare. Il marito è premuroso, anche se, per i suoi numerosi impegni di lavoro, finirà per ingaggiare una badante che possa stare in casa con Alice nei periodi in cui lui è via. Delle figlie, solo la più piccola si mostra più premurosa. Senza impegni sentimentali e con un lavoro precario (sta cercando di affermarsi come attrice di teatro) passa più tempo con lei, a volte litigando, poi chiedendo scusa oppure leggendole qualche brano di drammaturgia.
Lo sconforto non viene mai a galla in modo palese ma prende la via di azioni concrete. In due momenti viene presa in considerazione l’eutanasia. Alice registra sul suo PC un promemoria per se stessa indicando dove ha nascosto in casa certe pillole letali. Il progetto non avrà seguito per l’incapacità cronica di Alice, mesi dopo, di seguire quelle semplici istruzioni. Il marito, in un momento in cui si trova da solo con Alice, le chiede se si è stancata di quella vita. Alice non comprende la domanda e il marito non insiste.
Il film cerca di distinguersi dai tanti già realizzati su questa malattia cercando di coinvolgere lo spettatore in questo progressivo viaggio verso il vuoto. E’ un intento riuscito solo in parte. Il film può contare sulla recitazione strabiliante di Julianne Moore, che ha la capacità di trasferire sul suo volto la progressiva invasività della malattia. Meno curata invece l’interazione fra lei e gli altri componenti della famiglia. La figura del marito è la meno sviluppata (eppure si tratta di Alec Baldwin), preso in conflitto irrisolto fra l’attenzione verso la moglie e la necessità di non ridurre i suoi impegni di lavoro. Lo stile narrativo è complessivamente discreto, quasi pudico e ci mostra un lento avanzare, senza strappi, verso ciò che deve inesorabilmente accadere. Ma Alice sembra più circondata di gentilezza che di affetto. E’ vero che l’ultima parola che Alice riesce a proferire coscientemente è “amore” rivolta a Lydia (Kristen Stewart), ma è la mente che perde progressivamente le sue capacità cognitive e la persona colpita, finché riesce ad essere cosciente a se stessa, si accorge del suo inesorabile procedere verso l’inutilità e del peso crescente che arreca alle persone che le stanno intorno.
Questo film è un modo di vivere “dentro” la malattia: è la cronaca, mese per mese di ciò che accade ad Alice, visto con i suoi stessi occhi. Le sue visite al dottore, i suoi piccoli trucchi per mantenere sempre attiva la memoria. Nella prima fase Alice si rivela ancora combattiva e accetta la sfida di parlare a una conferenza sulla sua malattia. Intorno a lei tutti si cl’unica figlia che l’ha realmente accudita, a sottolineare la vittoria del prendersi cura rispetto ad altre soluzioni più sbrigative ed egoiste, ma sembra quasi che ogni familiare abbia fatto, per Alice, quello che era giusto aspettarsi da loro, evitando accuratamente di venir coinvolti emotivamente. Sorgono inoltre dei dubbi sulla rappresentazione di un decorso così progressivo e “dolce” della malattia. In altri film, come Una sconfinata giovinezza del nostro Pupi Avati, è stato ricordato come sia possibile aspettarsi, dal malato, anche fasi di reazione violenta.
*
Titolo Originale: Still AlicePaese: USA
Anno: 2014
Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Sceneggiatura: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Produzione: KILLER FILMS, BIG INDIE PICTURES, SHRIVER FILMS
Durata: 99
Interpreti: Julianne Moore, Kristen Stewart, Alec Baldwin, Kate Bosworth
Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it