mercoledì 25 marzo 2015

Patrimonio dell’umanità



Nel ventennale dell’«Evangelium vitae». 

«Urge la promozione di “una cultura della vita” che diventi un patrimonio esistenziale di tutta l’umanità». È l’auspicio espresso dal segretario del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, monsignor Jean-Marie Mupendawatu, alla giornata di studio dedicata all’Evangelium vitae nel ventesimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica di Giovani Paolo II.Organizzato a Roma dal dicastero vaticano per la pastorale della salute mercoledì 25 marzo, l’incontro ha inteso rilanciare la responsabilità «della promozione della cultura della vita» attraverso la rilettura di quella è considerata una pietra miliare del pontificato wojtyliano. Un documento che resta «di straordinaria attualità» — ha spiegato il prelato nel suo intervento — poiché «ribadisce con forza come l’uomo costituisca la prima e fondamentale via della Chiesa». Ecco perché non si è trattato di una semplice commemorazione celebrativa, quanto piuttosto di un comune interrogarsi dei partecipanti sulla cultura della vita nell’attuale contesto culturale e sociale. Significativa è in proposito la coincidenza con la solennità dell’Annunciazione del Signore, «festa congiunta — l’ha definita il relatore — di Cristo e della Vergine: del Verbo che si fa Figlio di Maria, e della Vergine che diviene madre di Dio». Infatti ella «con il suo fiat generoso divenne, per opera dello Spirito anche vera madre dei viventi accogliendo nel suo grembo l’autore della vita». Di conseguenza, Maria «ha legami personali strettissimi con il vangelo della vita». 
Ritornando al ventennale dell’enciclica, monsignor Mupendawatu ha sottolineato che «rivolgere lo sguardo alle radici fa parte del processo della memoria». E ha citato in proposito il magistero pontificio che «si preoccupa di promuovere la difesa della vita dal suo sorgere al suo momento finale». Un insegnamento che «è divenuto sempre più pressante soprattutto a partire» dall’Humanae vitae di Paolo VI , del 1968, cui è seguita l’esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, nel 1981. «Nel 1983 — ha continuato nel suo excursus il segretario del Pontificio Consiglio — il Sinodo dei vescovi denunciava con sgomento l’immane lotta offerta dal mondo contemporaneo tra la cultura di vita e la cultura di morte, quest’ultima oggi purtroppo sempre più radicata ed espressa»; e «nel 1987, la Congregazione per la dottrina della fede pubblicò l’istruzione Donum vitae e nel 1993 lo stesso Giovanni Paolo II, nell’enciclica Veritatis splendor, offrì i fondamenti della morale cattolica e, a conferma dell'impegno in difesa della vita, istituì nel 1994 la Pontificia Accademia per la vita. Infine nel 1995, in ossequio alla richiesta formulata in maniera unanime dai cardinali nel concistoro straordinario dell’aprile 1991, di fronte agli innumerevoli attentati alla vita perpetuati nel mondo, i vescovi chiesero al Papa di riaffermare, con la sua autorità il valore e l’inviolabilità della vita umana, Giovanni Paolo II pubblicò l’Evangelium vitae, dove troviamo una riaffermazione precisa e ferma del valore della vita umana». Anzi l’enciclica «rappresenta la sintesi del continuo e perenne insegnamento della Chiesa circa il rispetto della vita umana». Un magistero ribadito dallo stesso Papa Francesco, nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, che al numero 99 «dice no alla distruzione della vita».
Sulla stessa lunghezza d’onda la veglia svoltasi la sera di martedì 24, in diversi santuari mariani del mondo. Da Roma a Fatima, da Lourdes a Guadalupe, e da altre città — tra cui Nazaret, che aveva anticipato di qualche giorno l’appuntamento — si è levata una preghiera comune perché la vita sia sempre tutelata e mai scartata. Cuore dell’iniziativa, promossa dal Pontificio Consiglio per la famiglia, la basilica liberiana, la prima al mondo dedicata a Maria. «Siamo qui, uomini e donne, accomunati dall’amore per la vita, dalla passione per difenderla, dal sogno di vederla crescere per tutti», ha detto l’arcivescovo presidente Vincenzo Paglia. «Dare la vita: questo è il martirio di cui abbiamo bisogno oggi», ha aggiunto citando monsignor Romero, che definiva le mamme «martiri quotidiane». E il pensiero è andato subito alle tante madri in difficoltà, ma anche ai bimbi non nati, ai volontari e alle realtà ecclesiali che lavorano a favore della vita, ricordati durante la recita del rosario che ha preceduto la messa. 
Una preghiera scandita dal ringraziamento per il dono di ogni esistenza umana e dall’impegno dei presenti nella basilica di Santa Maria Maggiore a continuare a diffondere la cultura della vita nell’educazione, nella catechesi, nella solidarietà e nel sociale. Come è stato ribadito anche attraverso alcune testimonianze, tra cui quella di una donna ventottenne rimasta incinta a 17 anni, che con il sostegno della famiglia e del Centro di aiuto alla vita di Roma, ha potuto portare a termine la gravidanza. «Nel suo impegno per la vita, la Chiesa non condanna ma stende le mani con misericordia e speranza per sollevare dalla disperazione», ha commentato don Frank Pavone, direttore di Priest for life. Al quale ha fatto eco una volontaria dell’associazione Donum vitae. «Occorre guardare la vita nella sua profondità — ha detto — scoprendo in ogni persona l’immagine del Creatore».
L'Osservatore Romano