martedì 26 maggio 2015

Come calano gli aborti


Consultori pro life e preghiere: così calano gli aborti
di Andrea Zambrano

I volontari dell'associazione Giovanni XXIII ne sono convinti: la preghiera funziona. A dirlo questa volta sono i numeri che certificano come l'attività antiaborto praticata davanti agli ospedali inizi a dare i frutti sperati e a invertire la tendenza. Nei giorni scorsi la realtà fondata da don Oreste Benzi ha presentato i dati del Sostegno alle maternità difficili nel 2014 fornendo un quadro su base nazionale e su base regionale, in Emilia Romagna, regione dove è nata e dove si sono sviluppati per primi i rosari sotto le finestre dei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici dove si praticano gli aborti.
I dati statistici dicono che in due casi su tre vince la vita. Merito delle preghiere certo, che spessoa Modena, Bologna e Rimini sono state osteggiate dalla politica e da associazioni di stampo laicista. Ma merito anche dell'attività di consultorio pro life che quando è lasciata libera di agire, dà i suoi frutti. Nel corso del 2014 la comunità di don Benzi ha preso in carico per una maternità difficile 586donne, 162 in Emilia-Romagna. Poco più del 50% sono donne straniere. 81 mamme incinta o con neonati sono state accolte nelle famiglie e case famiglia dell’associazione (18 in Regione). È aumentato al 32% il numero delle donne indecise, o intenzionate ad abortire, che hanno chiesto aiuto. Il 65% di queste (2 su 3), dopo una proposta di aiuto e di condivisione, ha scelto di continuare la gravidanza. L'associazione ha provato a parametrare questo valore ai 107.192 aborti volontari legalmente eseguiti che avvengono in Italia (Dati del Ministero della Salute, 2013): «Emerge», dicono, «che, se questa modalità di aiuto venisse standardizzata a livello nazionale, 69.674 bambini (il 65%) vedrebbero la luce». «I dati incoraggiano al proseguimento della Preghiera pubblica per la vita nascente, che continuerà con una metodologia tipicamente nonviolenta. Non solo tutti i bambini che sono uccisi ogni anno hanno diritto di nascere, ma la società ha bisogno di loro per far ripartire la natalità e la ripresa economica», ha spiegato Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità.
Significativo il caso delle gestanti indecise che per il 37% è stata fatta oggetto di pressioni oistigata ad abortire. Un dato in crescita rispetto al 2013. In 2 casi su 3 le pressioni hanno avuto origine dall’ambiente familiare: dal partner nel 48% dei casi, dalla famiglia nel 20%, da personale sanitario nel 25%. Positivo il rapporto con le istituzioni che secondo l'associazione è migliorato: «In Emilia-Romagna ad esempio in quasi 1 caso su 3 le mamme ci vengono inviate da strutture pubbliche». Il caso emiliano, nel suo piccolo può fare scuola: 162 donne seguite, di cui 127 gestanti. Il 77% di queste ha continuato la gravidanza. Si tratta per lo più di un caso pilota: se l'attività della Giovanni XXIII potesse essere praticata su tutto il territorio nazionale, il numero di aborti sarebbe destinato a calare drasticamente nonostante le pressioni ideologiche che ancora albergano nelle strutture pubbliche e tra molti partiti. Forse conviene farci un pensierino. 
*«Grazie a voi il mio quinto figlio è venuto al mondo»
di Maria

Questa le lettera che Maria (il nome è di fantasia) ha scritto alla Comunità Papa Giovanni XXIII per ringraziare dell’assistenza ricevuta che le ha permesso di portare a termine la sua gravidanza e di poter rallegrarsi della nascita del suo quinto figlio. 

«Quando ho scoperto di essere incinta del mio 5° figlio ho preso molta paura di non farcela e tutti quelli a cui ho confidato questa notizia non mi hanno di certo incoraggiato. I miei genitori hanno rimarcato la condizione di grande precarietà economica in cui la mia famiglia si trovava, di fatto mio marito era disoccupato già da un anno e avevamo lo sfrato esecutivo a breve termine. Anche la ginecologa mi spaventò avendo avuto, già nella precedente gravidanza, problemi di vene varicose molto gravi. Passai parola anche con l’assistente sociale per sentire se c’erano aiuti  economici per questa nuova gravidanza, ma la sua prima reazione è stata di disappunto, era infastidita dal fato che la nostra famiglia sarebbe cresciuta ancora e si premurò di informarmi subito che, in caso avessi portato avanti la gravidanza, avrei perso la borsa lavoro che avevo appena ottenuto dal comune.
Un altro incontro che mi scioccò fu con il sindaco che addirittura prospettò come soluzione ai nostri problemi economici di inserire i bambini in una struttura per garantire loro il necessario. Io stavo malissimo, tutti questi riscontri negativi mi facevano vacillare e mi inducevano a pensare che non potevo far altro che abortire soffocando il desiderio che c’era nel mio cuore di accogliere comunque questo figlio, nonostante tutte le difficoltà concrete che avevamo.
Mio marito ragionava solo dal punto di vista razionale, non mi sosteneva e scaricava su di me ladecisione. Mi sono affidata al Signore perché mi desse luce e Lui mi ha fato capire che se questo bambino c’era, era perché ci doveva essere e non dovevo essere io a impedirgli di venire al mondo. Finalmente dopo tanti dubbi, conflitti, paure, angosce.... e molte notti insonni, ho trovato dentro di me il coraggio di non sopprimere quella vita che già sentivo crescere dentro di me. Il sostegno della Comunità Papa Giovanni XXIII che conoscevo da tempo e che, in questa situazione si è intensificato attraverso una speciale vicinanza e aiuto concreto, è stato fondamentale per non sentirmi sola contro tutti a difendere la vita del mio bambino.
Marco oggi ha 11 mesi, è amato e coccolato da tutti e rende felici tutti i suoi fratelli che sono unabanda straordinaria e quando lo guardo mi capita spesso di pensare il rischio che ha corso di non essere al mondo, e mi chiedo: come starei oggi? come sarei con gli altri figli? La gioia di avere una famiglia così bella mi da il coraggio di bussare a tutte le porte per chiedere il necessario perché siamo in grosse difficoltà economiche perché mio marito ancora non ha trovato un lavoro fisso. Non abbiamo nessuna agevolazione, il Comune dove abitavo per liberarsi di una famiglia numerosa come la nostra ci ha pagato la cauzione per un appartamento in un altro Comune per incentivarci ad andarcene. I soli aiuti che fino ad ora abbiamo avuto vengono dal volontariato: dai generi alimentari al vestiario, sono state fate per noi persino delle collette in parrocchia per far fronte alle spese di prima necessità. Tutto questo da una parte ci fa sperimentare una bella solidarietà, mentre dall’altra ci lascia l’amaro in bocca per l’umiliazione di non essere in grado di mantenere la nostra famiglia. Ma è necessario continuare a lottare senza perdere la speranza nella fiducia che il Signore è presente nella nostra vita e non si può dimenticare di noi».

*

di Adolfo Marini

Come evitare gli aborti

La discussione attorno all’aborto soprattutto a livello europeo punta a trasformarlo in “diritto” da estendere a tutte le donne sostanzialmente senza alcuna limitazione concreta sia in termini di momento in cui si decide di interrompere la gravidanza, sia in termini di motivazioni necessarie per farlo. Un’altra via è invece sempre possibile per proclamare non un fantomatico diritto delle donne ad abortire, ma il reale diritto del bambino a nascere. La praticano le associazioni del volontariato cattolico il cui lavoro questo giornale non si stanca di sottolineare. Parliamo oggi di una di queste, una delle più note e amate d’Italia.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha preso in carico nel 2014 in Italia per una maternità difficile 586 donne, 162 in Emilia-Romagna. Poco più del 50% sono donne straniere. 81 mamme incinta o con neonati sono state accolte nelle famiglie e case famiglia dell’associazione (18 in Regione). E’ aumentato al 32% il numero delle donne indecise, o intenzionate ad abortire, che hanno chiesto aiuto. Il 65% di queste (2 su 3), dopo una proposta di aiuto e di condivisione, ha scelto di continuare la gravidanza.

Riparametrando questo valore ai 107.192 aborti volontari legalmente eseguiti che avvengono in Italia (Dati del Ministero della Salute, 2013) emerge che, se questa modalità di aiuto venisse standardizzata a livello nazionale, 69.674 bambini (il 65%) vedrebbero la luce. Tra le gestanti indecise, più di 1 su 3 (precisamente il 37%) è stata fatta oggetto di pressioni o istigata ad abortire, dato in crescita rispetto al 2013. In 2 casi su 3 le pressioni hanno avuto origine dall’ambiente familiare: dal partner nel 48% dei casi, dalla famiglia nel 20%, da personale sanitario nel 25%.
E’ migliorata la collaborazione con le istituzioni, in particolare in Emilia-Romagna dove oggi in quasi 1 caso su 3 le mamme ci vengono inviate da strutture pubbliche.
Come segnale di dialogo con il territorio, a Bologna la Comunità Papa Giovanni XXIII ha spostato il luogo di preghiera dal marciapiede di via Massarenti, antistante le finestre della Clinica Ginecologica, per spostarsi in via Albertoni, in prossimità di uno degli ingressi dell’ospedale.
Giovanni P.Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha commentato: «I dati incoraggiano al proseguimento della ‘Preghiera pubblica per la vita nascente’, che continuerà con una metodologia tipicamente nonviolenta. Non solo tutti i bambini che sono uccisi ogni anno hanno diritto di nascere, ma la società ha bisogno di loro per far ripartire la natalità e la ripresa economica».
27/05/2015 La Croce quotidiano