giovedì 28 maggio 2015

Disposti a dar via l’anima



Sia Repubblica sia Avvenire riportano oggi due scritti inediti* di Aleksandr Solženicyn, contenuti in un libro che uscirà il 28 maggio (Il respiro della coscienza, Jaca Book pagg. 236 euro 20). A questo link trovate l’inedito pubblicato da Avvenire, un discorso del 1974 che richiama per alcuni versi lo splendido e celebre discorso pronunciato ad Harvard nel 1978 (se non l’avete mai letto, correte a leggerlo cliccando sul link).
Anche il testo su Repubblica meriterebbe di essere riproposto per intero. Un testo profetico con un attacco fulminante: «Ci siamo così irrimediabilmente disumanizzati che per la modesta pappatoria di oggi siamo disposti a dar via tutti i nostri princìpi, l’anima, tutti gli sforzi dei nostri predecessori e le opportunità dei nostri posteri — qualsiasi cosa pur di non arrecare turbamento alla nostra precaria esistenza. Non sappiamo più cosa siano l’orgoglio, la fermezza, un cuore fervido. Non ci spaventa nemmeno la morte nucleare, la terza guerra mondiale (ci sarà pure un buco dove nascondersi) — una sola cosa temiamo: di dover fare quei pochi passi che ci separano dal coraggio civico!».
Il testo da cui è tratto si intitola Vivere senza menzogna! e il grande scrittore premio Nobel russo conduce il suo ragionamento intorno al tema a lui caro di menzogna/violenza e verità. La menzogna, infatti, per attecchire ha bisogno della complicità di chi, pur non non essendo d’accordo, tace per convenienza o quieto vivere. Contro questa tendenza all’inazione si scaglia Solženicyn che, richiamando la rivoluzione dei “senza potere” di Václav Havel, conclude così il suo scritto:
Quel grande popolo d’Europa che abbiamo ingannato e tradito — il popolo cecoslovacco — non ci ha forse mostrato che un petto inerme può resistere anche ai carri armati se in esso batte un cuore degno? Sarà una via irta di ostacoli? — però la meno gravosa di quelle possibili. Una scelta non facile per il corpo — ma l’unica per l’anima. Una via non facile — tuttavia anche da noi ci sono persone, decine di persone, che da anni si attengono a questi criteri, vivono secondo verità. Non si tratta allora di avviarsi per primi su questa via ma di unirsi a chi l’ha già fatto! Quanto più numerosi e concordi saremo nell’intraprenderla, tanto più agevole e breve ci sembrerà! Se saremo migliaia, non potranno tenerci testa, neanche ci proveranno. Se diventeremo decine di migliaia, il nostro paese cambierà talmente da non riconoscerlo più.
Se invece ci facciamo vincere dalla paura, smettiamo almeno di lamentarci di quelli che ci toglierebbero anche l’aria per respirare — siamo noi stessi a farlo! Incurviamo ancor di più la schiena, aspettiamo di vedere come va, e i nostri amici biologi contribuiranno ad avvicinare il giorno in cui potranno leggerci nel pensiero e riprogrammare i nostri geni.
Se anche stavolta ci lasceremo vincere dalla paura vorrà dire che siamo delle nullità, che per noi non c’è nessuna speranza e che ci meritiamo il disprezzo di Puškin: «A che pro alla mandria della libertà i doni?… / Il loro sol retaggio da generazioni / Sono il giogo, la frusta ed i sonagli».

* In realtà, segnala oggi su Libero Antonio Socci, il testo presentato come inedito da Repubblica, non lo è affatto. Scrive il giornalista di Libero: «In effetti, l’inedito proposto da Repubblica era già stato pubblicato dalla Mondadori nel 1974, proprio con quello stesso titolo (e da quarant’anni si trova nella mia libreria). (…) Naturalmente, un infortunio del genere può capitare in qualsiasi giornale e non è giusto infierire. Ma in questo caso forse, più che di banale svista, si può parlare di episodio significativo che ha una sua logica e una sua storia. È assai probabile, infatti, che per la maggior parte dei giornalisti e degli intellettuali di sinistra i testi di Solgenitsyn si possano considerare degli inediti, nel senso che non sono mai stati letti o considerati da loro: Solgenitsyn non è mai stato un autore del salottismo di sinistra, ma l’esatto contrario».


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