lunedì 25 maggio 2015

Martedì della VIII settimana del Tempo Ordinario



Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno 
in questo momento della storia sono uomini che,
attraverso una fede illuminata e vissuta,
rendano Dio credibile in questo mondo.
Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio,
imparando da lì la vera umanità.
Abbiamo bisogno di uomini 
il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio 
e a cui Dio apra il cuore,
in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri
e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri.
Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio,
Dio può far ritorno presso gli uomini.

J. Ratzinger, L’Europa nella crisi delle culture,
Conferenza tenuta il 1 aprile 2005 a Subiaco

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Dal Vangelo secondo Marco 10,28-31.

Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».
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Nelle parole di Pietro si percepisce la tensione che da sempre anima la Chiesa. E' vero che i suoi figli "hanno lasciato tutto per seguire il Signore", ma è ancor più vero che l'abbandono di ogni sicurezza mondana è proprio l'impossibile fatto possibile da Dio, perché è impossibile seguire Colui che non è la tua unica ricchezza. A nome della Chiesa Pietro professa l’amore a Cristo, ma è un balbettio, non è ancora fede adulta. Centrale, infatti, è l'enfasi su quel "noi abbiamo...." dove la carne cerca un premio. Seguire Gesù, invece, è innanzitutto una liberazione, l'incontro con la misericordia che strappa alla schiavitù del peccato per farti pregustare la pienezza del Cielo. La risposta di Gesù annuncia un nuovo modo di vivere sulla terra, un rapporto nuovo tra le persone, anticipo della vita beata che si incarna nella comunione dei santi. Ovunque i cristiani sono a casa propria. Ovunque per loro vi sono "fratelli, sorelle, madri, figli" perché ovunque la vita è feconda, piena e realizzata. L'amore soprannaturale che si estende oltre i confini di razza, lingua, cultura e condizione sociale, e si fa comunione anima la città che Dio ha innalzato sul monte. Per questo la Chiesa è chiamata ogni giorno a conversione, cioè a lottare contro la tentazione di spegnere questa luce, ritornare alla carne e frustrare la propria missione. Pietro e ogni cristiano saranno sempre insidiati dall'inganno di cercare e sperare "ricompense" visibili e mondane che certifichino l'esito della propria missione. Mentre il Signore annuncia che, già "al presente", la "ricompensa" dei suoi discepoli è una primizia della vita celeste, la sovrabbondanza espressa nel "centuplo". Come nella moltiplicazione dei pani, chi "segue" Gesù non "lascia tutto" astrattamente, ma lo consegna a Lui perché "case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi" diventino un "tutto" infinitamente più grande. "Tutto" quello che fa parte della nostra vita ci è dato per essere vissuto in Cristo, con Lui e per Lui; il lavoro, la casa, gli affetti, anche gli svaghi, e le malattie, i dolori e i fallimenti, nelle sue mani "tutto" è trasfigurato. Ogni cosa supera i limiti del tempo e dello spazio, non è più una tenaglia che ci stringe nel terrore di perderla senza averne gustato appieno. "Seguendo" il Signore tutto si dilata mentre l'istante "presente" risuona nell'eternità e ci accoglie per vivere con totale libertà, tipica di chi ama senza offrire nulla a se stesso. Per difendere la Grazia da appropriazioni indebite, Dio accompagna il "centuplo" con le "persecuzioni". Proprio il rifiuto del mondo che, geloso della sua, non accetta l'annuncio della vita nuova incarnata nella Chiesa, ne certifica la qualità. Se “perdendola” nel martirio la “ritroveranno”, se sapranno morire per amore conservando pace e gioia senza entrare in crisi, allora davvero i cristiani annunceranno il Cielo. Per la Chiesa le "persecuzioni" segnano il successo della sua missione. Se siamo rifiutati dal collega, se anche l'amico respinge al mittente il nostro annuncio, se il fidanzato scappa di fronte alla testimonianza di una relazione cristiana, se il cugino si scandalizza perché non abbiamo fatto causa a chi ci ha preso del nostro, significa che stiamo compiendo la nostra missione. Allora, altro che allori, le "persecuzioni" che oggi ti aspettano indicheranno che Cristo è vivo in te. Certo, vorremmo che gli altri lo accogliessero subito e cambiassero vita. Cerchiamo "ricompense" carnali, risultati immediatamente riscontrabili. E invece quasi sempre sono rifiuti, e solo la fede adulta sa discernere in essi l'opera di Dio. Desideri che tua figlia ascolti quando le parli di Lui, vero? E invece si chiude in camera irata, attratta dal mondo e ferita nella lotta con Dio. Ma proprio questo rifiuto è la soglia del suo cuore dischiuso sulla conversione; Dio non desidera altro che questo, e tu? Perché possa convertirsi e salvarsi il Padre le sta consegnando suo Figlio fatto carne in te: tu sei il Vangelo per lei, e forse sarà rifiutato, come tu hai rifiutato Cristo, e nel suo amore che non si è ribellato al tuo male, hai conosciuto il perdono e la salvezza. Allora, come non "lasciare" tutto, anche l'ideale di figlia che hai cullato, pur di annunciarle l'unica notizia di cui ha bisogno? Non sai quando l'ascolterà, è libera. Ma tu sei chiamato solo ad amarla gratuitamente come Cristo ha amato te: offrendo il Vangelo alla sua libertà e prendendo su di te i suoi peccati. Così si trasmette la fede, così si annuncia il Vangelo. Ma forse stiamo "seguendo" Gesù con qualche pretesa... Abbiamo sì "lasciato tutto", come preti, suore, missionari viviamo senza un euro; come genitori ci siamo aperti alla vita accogliendo un altro figlio; e va tutto bene, ma la nostra volontà, l’abbiamo sciolta in quella di Dio? E il cuore, che cosa desidera davvero? Abbiamo fatto l'esperienza che seguire Gesù è una liberazione, oppure, celate dietro a un'apparente dedizione, vi sono la mormorazione, l'attesa di una ricompensa, un'esigenza? Il cuore è colmo di gratitudine o di frustrazione? Comunque sia Gesù ci annuncia oggi di essere Lui la nostra ricompensa, Lui in noi per ogni uomo, perché tutti siano salvati. Coraggio, perché nella Chiesa puoi sperimentarlo diventando sempre più una cosa sola con Cristo, al punto che, "per causa sua e del Vangelo", saremo "ultimi" nel mondo perché perseguitati, ma "primi" nella carovana dell'umanità per aprire a tutti il cammino verso il Cielo.