lunedì 29 giugno 2015

Benedizione dei Palli e Celebrazione Eucaristica nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Omelia del Papa.



Benedizione dei Palli e Celebrazione Eucaristica nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. "La comunità di Pietro e di Paolo ci insegna che una Chiesa in preghiera è una Chiesa “in piedi”, solida, in cammino!" 

La Chiesa vi vuole uomini di fede, maestri di fede: che insegnino ai fedeli a non aver paura dei tanti Erode che affliggono con persecuzioni, con croci di ogni genere. Nessun Erode è in grado di spegnere la luce della speranza, della fede e della carità di colui che crede in Cristo!
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]  
Nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, alle ore 9.30, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha benedetto i Palli, presi dalla Confessione dell’Apostolo Pietro e destinati ai 46 Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’anno. Il Pallio verrà poi imposto a ciascun Arcivescovo Metropolita dal Rappresentante pontificio nella rispettiva Sede Metropolitana.
Dopo il Rito di benedizione dei Palli, il Papa ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica con i nuovi Arcivescovi Metropoliti. Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, era presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata dalla Delegazione inviata da S.S. Bartolomeo I e guidata da Sua Eminenza Ioannis (Zizioulas), Metropolita di Pergamo, accompagnato da Sua Eminenza Maximos, Metropolita di Silyvria e dal Rev. Padre Heikki Huttunen, della Chiesa Ortodossa di Finlandia.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

Omelia del Santo Padre

La lettura tratta dagli Atti degli Apostoli ci parla della prima comunità cristiana assediata dalla persecuzione. Una comunità duramente perseguitata da Erode che «fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni» e «fece arrestare anche Pietro … Lo fece catturare e lo gettò in carcere» (12,2-4).
Tuttavia, non vorrei soffermarmi sulle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni, purtroppo ancora oggi presenti in tante parti del mondo, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Vorrei invece oggi venerare il coraggio degli Apostoli e della prima comunità cristiana; il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un impero pagano; venerare la loro vita cristiana che per noi credenti di oggi è un forte richiamo alla preghiera, alla fede e alla testimonianza.
Un richiamo alla preghiera. La comunità era una Chiesa in preghiera: «Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). E se pensiamo a Roma, le catacombe non erano luoghi per sfuggire alle persecuzioni ma erano, innanzitutto, luoghi di preghiera, per santificare la domenica e per elevare, dal grembo della terra, un’adorazione a Dio che non dimentica mai i suoi figli.
La comunità di Pietro e di Paolo ci insegna che una Chiesa in preghiera è una Chiesa “in piedi”, solida, in cammino! Infatti, un cristiano che prega è un cristiano protetto, custodito e sostenuto, ma soprattutto non è solo.
E prosegue la prima lettura: «Pietro … stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro … E le catene gli caddero dalle mani» (At12,6-7).
Pensiamo a quante volte il Signore ha esaudito la nostra preghiera inviandoci un Angelo? Quell’Angelo che inaspettatamente ci viene incontro per tirarci fuori da situazioni difficili. Per strapparci dalle mani della morte e del maligno; per indicarci la via smarrita; per riaccendere in noi la fiamma della speranza; per donarci una carezza; per consolare il nostro cuore affranto; per svegliarci dal sonno esistenziale; o semplicemente per dirci: “Non sei solo”.
Quanti angeli Egli mette sul nostro cammino! Ma noi, presi dalla paura o dall’incredulità, oppure dall’euforia, li lasciamo fuori dalla porta – esattamente come avvenne a Pietro quando bussò alla porta della casa e «una serva di nome Rode, si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, però, per la gioia non aprì la porta» (At12,13-14).
Nessuna comunità cristiana può andare avanti senza il sostegno della preghiera perseverante! La preghiera che è l’incontro con Dio, con Dio che non delude mai; con il Dio fedele alla sua parola; con Dio che non abbandona i suoi figli. Si chiedeva Gesù: «Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?» (Lc18,7). Nella preghiera il credente esprime la sua fede, la sua fiducia, e Dio esprime la sua vicinanza, anche attraverso il dono degli Angeli, i suoi messaggeri.
Un richiamo alla fede: nella seconda lettura san Paolo scrive a Timoteo: «Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo … e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno» (2 Tm 4,17-18). Dio non toglie mai i suoi figli dal mondo o dal male, ma dona loro la forza per vincerli. Soltanto chi crede può dire veramente: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (Sal 23,1).
Quante forze, lungo la storia, hanno cercato – e cercano – di annientare la Chiesa, sia dall’esterno sia dall’interno, ma vengono tutte annientate e la Chiesa rimane viva e feconda!, rimane inspiegabilmente salda perché, come dice san Paolo, possa acclamare «a Lui la gloria nei secoli dei secoli» (2 Tm 4,18).
Tutto passa, solo Dio resta. Infatti, sono passati regni, popoli, culture, nazioni, ideologie, potenze, ma la Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante tempeste e i molti peccati nostri, rimane fedele al deposito della fede nel servizio, perché la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli, è soltanto di Cristo. Solo chi vive in Cristo promuove e difende la Chiesa con la santità della vita, sull’esempio di Pietro e di Paolo.
I credenti nel nome di Cristo hanno risuscitato i morti; hanno guarito gli infermi; hanno amato i loro persecutori; hanno dimostrato che non esiste una forza in grado di sconfiggere chi possiede la forza della fede!
Un richiamo alla testimonianza: Pietro e Paolo, come tutti gli Apostoli di Cristo che nella vita terrena hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa, hanno bevuto al calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio.
Paolo, con tono commovente, scrive a Timoteo: «Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4,6-8).
Una Chiesa o un cristiano senza testimonianza è sterile; un morto che pensa di essere vivo; un albero secco che non dà frutto; un pozzo arido che non dà acqua! La Chiesa ha vinto il male grazie alla testimonianza coraggiosa, concreta e umile dei suoi figli. Ha vinto il male grazie alla proclamazione convinta di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», e alla promessa eterna di Gesù (cfr Mt 16,13-18).
Cari Arcivescovi che oggi ricevete il pallio, esso è il segno che rappresenta la pecora che il pastore porta sulle sue spalle come il Cristo, Buon Pastore, ed è pertanto simbolo del vostro compito pastorale; esso è «segno liturgico della comunione che unisce la Sede di Pietro e il suo Successore ai Metropoliti e, per loro tramite, agli altri Vescovi del mondo» (Benedetto XVI, Angelus del 29 giugno 2005).
Oggi, con il pallio, vorrei affidarvi questo richiamo alla preghiera, alla fede e alla testimonianza.
La Chiesa vi vuole uomini di preghiera, maestri di preghiera; che insegnino al popolo a voi affidato dal Signore che la liberazione da tutte le prigionie è soltanto opera di Dio e frutto della preghiera, che Dio nel momento opportuno invia il suo angelo a salvarci dalle tante schiavitù e dalle innumerevoli catene mondane. Anche voi per i più bisognosi siate angeli e messaggeri della carità!
La Chiesa vi vuole uomini di fede, maestri di fede: che insegnino ai fedeli a non aver paura dei tanti Erode che affliggono con persecuzioni, con croci di ogni genere. Nessun Erode è in grado di spegnere la luce della speranza, della fede e della carità di colui che crede in Cristo!
La Chiesa vi vuole uomini di testimonianza. Diceva san Francesco ai suoi frati: predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole! (cfr Fonti Francescane, 43). Non c’è testimonianza senza una vita coerente! Oggi non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della sua Croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo. Sull’esempio di Pietro e di Paolo e di tanti altri testimoni lungo tutta la storia della Chiesa, testimoni che, pur appartenendo a diverse confessioni cristiane, hanno contribuito a manifestare e a far crescere l’unico Corpo di Cristo. E questo mi piace sottolinearlo alla presenza – sempre molto gradita – della Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, inviata dal caro fratello Bartolomeo I.
La cosa è tanto semplice: perché la testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri!
Cari fratelli, insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!

*

Elenco degli Arcivescovi Metropoliti ai quali il Santo Padre ha consegnato oggi il Pallio


1.
 Card. Rainer Maria WOELKI
Arcivescovo di Köln (Germania)
2.
 Card. Antonio CAÑIZARES LLOVERA
Arcivescovo di Valencia (Spagna)
3.
 Mons. Julian LEOW BENG KIM
Arcivescovo di Kuala Lumpur (Malaysia)

4.
 Mons. Eduardo Eliseo MARTÍN
Arcivescovo di Rosario (Argentina)
5.
 Mons. Florentino Galang LAVARIAS
Arcivescovo di San Fernando (Filippine)
6.
 Mons. Anthony PAPPUSAMY
Arcivescovo di Madurai (India)
7.
 Mons. Sevastianos ROSSOLATOS
Arcivescovo di Athenai (Grecia)
8.
 Mons. Thomas Aquino Manyo MAEDA
Arcivescovo di Osaka (Giappone)
9.
 Mons. Carlos OSORO SIERRA
Arcivescovo di Madrid (Spagna)
10.
 Mons. Eamon MARTIN
Arcivescovo di Armagh (Irlanda)
11.
 Mons. Anthony Colin FISHER, O.P.
Arcivescovo di Sydney (Australia)
12.
 Mons. Blase J. CUPICH
Arcivescovo di Chicago (U.S.A.)
13.
 Mons. Oscar Omar APARICIO CÉSPEDES
Arcivescovo di Cochabamba (Bolivia)
14.
 Mons. José Antonio FERNÁNDEZ HURTADO
Arcivescovo di Durango (Messico)
15.
 Mons. Stane ZORE, O.F.M.
Arcivescovo di Ljubljana (Slovenia)
16.
 Mons. Djalwana Laurent LOMPO
Arcivescovo di Niamey (Niger)
17.
 Mons. Vincenzo PELVI
Arcivescovo di Foggia-Bovino (Italia)
18.
 Mons. Richard Daniel ALARCÓN  URRUTIA
Arcivescovo di Cuzco (Perú)
19.
 Mons. Jean MBARGA
Arcivescovo di Yaoundé (Camerun)
20.
 Mons. Edmundo Ponciano VALENZUELA MELLID, S.D.B.
Arcivescovo di Asunción (Paraguay)
21.
 Mons. Beatus KIN YAIYA, O.F.M. Cap.
Arcivescovo di Dodoma (Tanzania)
22.
 Mons. Max Leroy MÉSIDOR
Arcivescovo di Cap-Haïtien (Haiti)
23.
 Mons. Kieran O’REILLY, S.M.A.
Arcivescovo di Cashel and Emly (Irlanda)
24.
 Mons. Filomeno do NASCIMENTO VIEIRA DIAS
Arcivescovo di Luanda (Angola)
25.
 Mons. Martin MUSONDE KIVUVA
Arcivescovo di Mombasa (Kenya)
26.
 Mons. Vicente JIMÉNEZ ZAMORA
Arcivescovo di Zaragoza (Spagna)
27.
 Mons. Benjamin NDIAYE
Arcivescovo di Dakar (Senegal)
28.
 Mons. José Antônio PERUZZO
Arcivescovo di Curitiba (Brasile)
29.
 Mons. Menghesteab TESFAMARIAM, M.C.C.J.
Arcivescovo di Asmara (Eritrea)
30.
 Mons. Stefan HEßE
Arcivescovo di Hamburg (Germania)
31.
 Mons. Juan NSUE EDJANG MAYÉ
Arcivescovo di Malabo (Guinea Equatoriale)
32.
 Mons. Yustinus HARJOSUSANTO, M.S.F.
Arcivescovo di Samarinda (Indonesia)
33.
 Mons. Freddy Antonio de Jesús BRETÓN MARTÍNEZ
Arcivescovo di Santiago de los Caballeros (Repubblica Dominicana)
34.
 Mons. Charles Jude SCICLUNA
Arcivescovo di Malta (Malta)
35.
 Mons. David MACAIRE, O.P.
Arcivescovo di Fort-de-France (Martinica)
36.
 Mons. Alojzij CVIKL, S.I.
 Arcivescovo di Maribor (Slovenia)
37.
 Mons. Fülöp KOCSIS
Arcivescovo di Hajdúdorog
 per i Cattolici di rito Bizantino (Ungheria)
38.
 Mons. John Charles WESTER
Arcivescovo di Santa Fe (U.S.A.)
39.
 Mons. Denis GRONDIN
Arcivescovo di Rimouski (Canada)
40.
 Mons. Francescantonio NOLÈ, O.F.M. Conv.
Arcivescovo di Cosenza-Bisignano (Italia)
41.
 Mons. Celso MORGA IRUZUBIETA
 Arcivescovo di Mérida-Badajoz (Spagna)
42.
 Mons. Gustavo Rodríguez VEGA
 Arcivescovo di Yucatán (Messico)
43.
 Mons. Erio CASTELLUCCI
Arcivescovo eletto di Modena-Nonantola (Italia)
44.
 Mons. Heiner KOCH
Arcivescovo di Berlin (Germania)
45.
 Mons. Lionginas VIRBALAS, S.I.
Arcivescovo di Kaunas (Lituania)
46.
 Mons. Thomas Ignatius MACWANn
Arcivescovo di Gandhinagar (India)

*

Traduzione in lingua francese
La lecture tirée des Actes des Apôtres, nous parle de la première communauté chrétienne assiégée par la persécution. Une communauté durement persécutée par Hérode qui «se saisit de certains membres de l’Église pour les mettre à mal… il décida aussi d’arrêter Pierre… Il le fit appréhender et emprisonner» (12, 2-4).
Je ne voudrais pas pourtant m’arrêter sur les persécutions atroces, déshumaines et inexplicables, malheureusement encore aujourd’hui présentes dans de nombreuses parties du monde, souvent sous les yeux et le silence de tous. Mais je voudrais aujourd’hui vénérer le courage des Apôtres et de la première communauté chrétienne; le courage de continuer l’œuvre d’évangélisation, sans crainte de la mort et du martyre, dans le contexte social d’un empire païen; leur vie chrétienne qui pour nous, croyants d’aujourd’hui, est un fort rappel à la prière, à la foi et au témoignage.
Un rappel à la prière: la communauté était une Église en prière: «Tandis que Pierre était ainsi détenu dans la prison, l’Église priait Dieu pour lui avec insistance» (Ac 12, 5). Et si nous pensons à Rome, les catacombes n’étaient pas des lieux pour échapper aux persécutions mais elles étaient, avant tout, des lieux de prière, pour sanctifier le dimanche et pour élever, du sein de la terre, une adoration à Dieu qui n’oublie jamais ses enfants.
La communauté de Pierre et de Paul nous enseigne qu’une Église en prière est une Église debout, solide, en chemin! En effet, un chrétien qui prie est un chrétien protégé, gardé et soutenu, mais surtout, il n’est pas seul.
Et la première lecture continue: «des gardes étaient en faction devant la porte de la prison. Et voici que survint l’ange du seigneur, et une lumière brilla dans la cellule. Il réveilla Pierre… et les chaînes lui tombèrent des mains» (12, 6-7).
Pensons-nous aux nombreuses fois où le Seigneur a exaucé notre prière en nous envoyant un Ange? Cet Ange qui, à l’improviste, vient à notre rencontre pour nous tirer de situations difficiles? Pour nous arracher aux mains de la mort et du Malin; pour nous indiquer le mauvais chemin ; pour rallumer en nous la flamme de l’espérance; pour nous donner une caresse; pour consoler notre cœur accablé; pour nous réveiller du sommeil existentiel; ou simplement pour nous dire: «Tu n’es pas seul».
Combien d’anges met-il sur notre chemin, mais nous, pris par la peur ou par l’incrédulité ou bien par l’euphorie nous les laissons à la porte – exactement comme il arriva à Pierre quand il frappa à la porte de la maison et la «jeune servante du nom de Rhodè s’approcha pour écouter. Elle reconnut la voix de Pierre et, dans sa joie, au lieu d’ouvrir la porte, elle rentra» (12, 13-14).
Aucune communauté chrétienne ne peut aller de l’avant sans le soutien de la prière persévérante! La prière qui est la rencontre avec Dieu, avec Dieu qui ne déçoit jamais; avec le Dieu fidèle à sa Parole; avec Dieu qui n’abandonne pas ses enfants. Jésus se demandait: «Dieu ne ferait pas justice à ses élus, qui crient vers lui jour et nuit?» (Lc 18, 7). Dans la prière, le croyant exprime sa foi, sa confiance et Dieu exprime sa proximité, aussi à travers le don des anges, ses messagers.
Un rappel à la foidans la seconde lecture, saint Paul écrit à Timothée: «Le Seigneur, lui, m’a assisté. Il m’a rempli de force pour que, par moi, la proclamation de l’Évangile s’accomplisse jusqu’au bout… et j’ai été arraché à la gueule du lion; le Seigneur m’arrachera encore à tout ce qu’on fait pour me nuire. Il me sauvera et me fera entrer dans son Royaume céleste» (2 Tm 4, 17-18). Dieu n’enlève pas ses enfants du monde ou du mal mais il leur donne la force pour les vaincre. Seulement celui qui croit peut vraimentdire: «Le Seigneur est mon berger: je ne manque de rien (Ps 23, 1).
Combien de forces, au long de l’histoire, ont cherché – et cherchent – à anéantir l’Église, aussi bien à l’intérieur qu’à l’extérieur, mais elles sont toutes anéanties et l’Église reste vivante et féconde! Elle reste inexplicablement solide pour que, comme dit saint Paul, elle puisse acclamer: «À lui la gloire pour les siècles des siècles» (2 Tm 4, 18).
Tout passe, seul Dieu reste. En effet, ils ont passé des royaumes, des peuples, des cultures, des nations, des idéologies, des puissances, mais l’Église, fondée sur le Christ, malgré beaucoup de tempêtes et nos nombreux péchés, reste fidèle au dépôt de la foi dans le service, parce que l’Église n’est pas l’Église des Papes, des évêques, des prêtres et non plus des fidèles, elle est seule et seulement du Christ. Seul celui qui vit dans le Christ promeut et défend l’Église avec la sainteté de sa vie, à l’exemple de Pierre et de Paul.
Les croyants dans le nom du Christ ont ressuscité les morts; ils ont guéri les infirmes; ils ont aimé leurs persécuteurs; ils ont démontré qu’il n’existe pas de force capable de vaincre celui qui détient la force de la foi!
Un rappel au témoignagePierre et Paul, comme tous les Apôtres du Christ qui durant leur vie terrestre ont fécondé l’Église de leur sang, ont bu au calice du Seigneur, et ils sont devenus les amis de Dieu.
Paul a écrit à Timothéeavec un accent émouvant : «Bien-aimé, je suis déjà offert en sacrifice, le moment de mon départ est venu. J’ai mené le bon combat, j’ai achevé ma course, j’ai gardé la foi. Je n’ai plus qu’à recevoir la couronne de justice: le Seigneur, le juste juge, me la remettra en ce jour-là, et non seulement à moi, mais aussi à tous ceux qui auront désiré avec amour sa Manifestation glorieuse» (2 Tm 4, 6-8).
Une Église ou un chrétien sans témoignage est stérile; un mort qui pense être vivant; un arbre sec qui ne donne pas de fruit; un puits asséché qui ne donne pas d’eau! L’Église a vaincu le mal grâce au témoignage courageux, concret et humble de ses enfants. Elle a vaincu le mal grâce à la proclamation convaincue de Pierre: «Tu es le Christ, le Fils du Dieu vivant» et à la promesse éternelle de Jésus (cf.Mt 16, 13-18).
Chers Archevêques qui recevez aujourd’hui le pallium. Il est le signe qui représente la brebis que le pasteur porte sur ses épaules comme le Christ, Bon Pasteur, et il est par conséquent le symbole de votre tâche pastorale; il est «signe liturgique de la communion qui unit le Siège de Pierre et son Successeur aux Archevêques métropolitains et, par leur intermédiaire, aux autres Évêques du monde» (Benoît XVI, Angelusdu 29 juin 2005).
Aujourd’hui avec le pallium, je voudrais vous confier ce rappel à la prière, à la foi et au témoignage.
L’Église vous veut hommes de prière, maîtres de prière; qui enseignent au peuple que le Seigneur vous a confié que la libération de toutes les prisons est seulement l’œuvre de Dieu et le fruit de la prière; que Dieu envoie au moment opportun son ange pour nous sauver de beaucoup d’esclavages et des innombrables chaînes mondaines. Vous aussi, pour ceux qui sont le plus dans le besoin, soyez des anges et des messagers de la charité!
L’Église vous veut hommes de foi, maîtres de foi: qui enseignent aux fidèles à ne pas avoir peur des nombreux Hérode, qui affligent par les persécutions, par les croix de tous genres. Aucun Hérode n’est capable d’éteindre la lumière de l’espérance, de la foi et de la charité de celui qui croit au Christ!
L’Église vous veut hommes de témoignage: saint François disait à ses frères: prêchez toujours l’Évangile et si c’est nécessaire, aussi par les paroles! (cf. Sources franciscaines, 43). Il n’y a pas de témoignage sans une vie cohérente! Aujourd’hui, il n’y a pas tant besoin de maîtres que de témoins courageux, convaincus et convaincants; des témoins qui n’ont pas honte du Nom du Christ et de sa Croix ni devant les lions rugissants, ni devant les puissances de ce monde. À l’exemple de Pierre et de Paul et de beaucoup d’autres témoins tout au long de l’histoire de l’Église, témoins qui, appartenant aussi à différentes confessions chrétiennes, ont contribué à manifester et à faire grandir l’unique Corps du Christ. Je souhaite souligner la présence – toujours très appréciée – de la Délégation du Patriarcat œcuménique de Constantinople, envoyée par le cher frère Bartolomée I.
La chose est très simple: parce que le témoignage le plus efficace et le plus authentique est celui de ne pas contredire, par son comportement et par sa vie, tout ce que l’on prêche par la parole et tout ce que l’on enseigne aux autres!
Enseignez la prière en priant; annoncez la foi en croyant; portez témoignage en vivant!

Traduzione in lingua inglese
The reading, taken from the Acts of the Apostles, speaks to us of the first Christian community besieged by persecution. A community harshly persecuted by Herod who “laid violent hands upon some who belonged to the Church… proceeded to arrest Peter also… and when he had seized him he put him in prison” (12:1-4).
However, I do not wish to dwell on these atrocious, inhuman and incomprehensible persecutions, sadly still present in many parts of the world today, often under the silent gaze of all. I would like instead to pay homage today to the courage of the Apostles and that of the first Christian community. This courage carried forward the work of evangelisation, free of fear of death and martyrdom, within the social context of a pagan empire; their Christian life is for us, the Christians of today, a powerful call to prayer, to faith and to witness.
A call to prayerthe first community was a Church at prayer: “Peter was kept in prison; but earnest prayer for him was made to God by the Church” (Acts 12:5). And if we think of Rome, the catacombs were not places to escape to from persecution but rather, they were places of prayer, for sanctifying the Lord’s day and for raising up, from the heart of the earth, adoration to God who never forgets his sons and daughters.
The community of Peter and Paul teaches us that the Church at prayer is a Church on her feet, strong, moving forward! Indeed, a Christian who prays is a Christian who is protected, guarded and sustained, and above all, who is never alone.
The first reading continues: “Sentries before the door were guarding the prison; and behold, an angel of the Lord appeared, and a light shone in the cell; and he struck Peter on the side… And the chains fell off his hands” (12:6-7).
Let us think about how many times the Lord has heard our prayer and sent us an angel? An angel who unexpectedly comes to pull us out of a difficult situation? Who comes to snatch us from the hands of death and from the evil one; who points out the wrong path; who rekindles in us the flame of hope; who gives us tender comfort; who consoles our broken hearts; who awakens us from our slumber to the world; or who simply tells us, “You are not alone”.
How many angels he places on our path, and yet when we are overwhelmed by fear, unbelief or even euphoria, we leave them outside the door, just as happened to Peter when he knocked on the door of the house and the “maid named Rhoda came to answer. Recognizing Peter’s voice, in her joy she did not open the door” (12:13-14).
No Christian community can go forward without being supported by persistent prayer! Prayer is the encounter with God, with God who never lets us down; with God who is faithful to his word; with God who does not abandon his children. Jesus asked himself: “And will not God vindicate his elect, who cry to him day and night?” (Lk 18:7). In prayer, believers express their faith and their trust, and God reveals his closeness, also by giving us the angels, his messengers.
A call to faithin the second reading Saint Paul writes to Timothy: “But the Lord stood by me and gave me strength to proclaim the word fully… So I was rescued from the lion’s mouth. The Lord will rescue me from every evil and save me for his heavenly Kingdom” (2 Tim4:17-18). God does not take his children out of the world or away from evil but he does grant them strength to prevail. Only the one who believes can truly say: “The Lord is my shepherd, there is nothing I shall want” (Ps 23:1).
How many forces in the course of history have tried, and still do, to destroy the Church, from without as well as within, but they themselves are destroyed and the Church remains alive and fruitful! She remains inexplicably solid, so that, as Saint Paul says, she may acclaim: “To him be glory for ever and ever” (2 Tim 4:18).
Everything passes, only God remains. Indeed, kingdoms, peoples, cultures, nations, ideologies, powers have passed, but the Church, founded on Christ, notwithstanding the many storms and our many sins, remains ever faithful to the deposit of faith shown in service; for the Church does not belong to Popes, bishops, priests, nor the lay faithful; the Church in every moment belongs solely to Christ. Only the one who lives in Christ promotes and defends the Church by holiness of life, after the example of Peter and Paul.
In the name of Christ, believers have raised the dead; they have healed the sick; they have loved their persecutors; they have shown how there is no power capable of defeating the one who has the power of faith!
A call to witnessPeter and Paul, like all the Apostles of Christ who in their earthly life sowed the seeds of the Church by their blood, drank the Lord’s cup, and became friends of God.
Paul writes in a moving way to Timothy: “My son, I am already on the point of being sacrificed; the time of my departure has come. I have fought the good fight, I have finished the race, I have kept the faith. From now on there is laid up for me the crown of righteousness, which the Lord, the righteous judge, will award to me on that Day, and not only to me but also to all who have loved his appearing” (2 Tim 4: 6-8).
A Church or a Christian who does not give witness is sterile; like a dead person who thinks they are alive; like a dried up tree that produces no fruit; an empty well that offers no water! The Church has overcome evil thanks to the courageous, concrete and humble witness of her children. She has conquered evil thanks to proclaiming with conviction: “You are the Christ, the Son of the living God” (cf. Mt16:13-18).
Dear Archbishops who today receive the Pallium, it is a sign which represents the sheep that the shepherd carries on his shoulders as Christ the Good Shepherd does, and it is therefore a symbol of your pastoral mission. The Pallium is “a liturgical sign of communion that unites the See of Peter and his Successor to the Metropolitans, and through them to the other Bishops of the world” (Benedict XVI,Angelus of 29 June 2005).
Today, by these Palliums, I wish to entrust you with this call to prayer, to faith and to witness.
The Church wants you to be men of prayer, masters of prayer; that you may teach the people entrusted to your care that liberation from all forms of imprisonment is uniquely God’s work and the fruit of prayer; that God sends his angel at the opportune time in order to save us from the many forms of slavery and countless chains of worldliness. For those most in need, may you also be angels and messengers of charity!
The Church desires you to be men of faith, masters of faith, who can teach the faithful to not be frightened of the many Herods who inflict on them persecution with every kind of cross. No Herod is able to banish the light of hope, of faith, or of charity in the one who believes in Christ!
The Church wants you to be men of witness. Saint Francis used to tell his brothers: “Preach the Gospel always, and if necessary, use words!” (cf. Franciscan sources, 43). There is no witness without a coherent lifestyle! Today there is no great need for masters, but for courageous witnesses, who are convinced and convincing; witnesses who are not ashamed of the Name of Christ and of His Cross; not before the roaring lions, nor before the powers of this world. And this follows the example of Peter and Paul and so many other witnesses along the course of the Church’s history, witnesses who, yet belonging to different Christian confessions, have contributed to demonstrating and bringing growth to the one Body of Christ. I am pleased to emphasize this, and am always pleased to do so, in the presence of the Delegation of the Ecumenical Patriarchate of Constantinople, sent by my beloved brother Bartholomew I.
This is not so straightforward: because the most effective and authentic witness is one that does not contradict, by behaviour and lifestyle, what is preached with the word and taught to others!
Teach prayer by praying, announce the faith by believing; offer witness by living!
Traduzione in lingua spagnola
La lectura tomada de los Hechos de los Apóstoles nos habla de la primera comunidad cristiana acosada por la persecución. Una comunidad duramente perseguida por Herodes que «hizo pasar a cuchillo a Santiago, hermano de Juan» y «decidió detener a Pedro… Mandó prenderlo y meterlo en la cárcel» (12,2-4).
Sin embargo, no quisiera detenerme en las atroces, inhumanas e inexplicables persecuciones, que desgraciadamente perduran todavía hoy en muchas partes del mundo, a menudo bajo la mirada y el silencio de todos. En cambio, hoy quisiera venerar la valentía de los Apóstoles y de la primera comunidad cristiana, la valentía para llevar adelante la obra de la evangelización, sin miedo a la muerte y al martirio, en el contexto social del imperio pagano; venerar su vida cristiana que para nosotros creyentes de hoy constituye una fuerte llamada a la oración, a la fe y al testimonio.
Una llamada a la oración. La comunidad era una Iglesia en oración: «Mientras Pedro estaba en la cárcel bien custodiado, la Iglesia oraba insistentemente a Dios por él» (Hch 12,5). Y si pensamos en Roma, las catacumbas no eran lugares donde huir de las persecuciones sino, sobre todo, lugares de oración, donde santificar el domingo y elevar, desde el seno de la tierra, una adoración a Dios que no olvida nunca a sus hijos.
La comunidad de Pedro y de Pablo nos enseña que una Iglesia en oración es una iglesia en pie, sólida, en camino. Un cristiano que reza es un cristiano protegido, custodiado y sostenido, pero sobre todo no está solo.
Y sigue la primera lectura: «Estaba Pedro durmiendo… Los centinelas hacían guardia a la puerta de la cárcel. De repente, se presentó el ángel del Señor, y se iluminó la celda. Tocó a Pedro en el hombro… Las cadenas se le cayeron de las manos» (Hch 12,6-7).
¿Pensamos en cuántas veces ha escuchado el Señor nuestra oración enviándonos un Ángel? Ese Ángel que inesperadamente nos sale al encuentro para sacarnos de situaciones complicadas, para arrancarnos del poder de la muerte y del maligno, para indicarnos el camino cuando nos extraviamos, para volver a encender en nosotros la llama de la esperanza, para hacernos una caricia, para consolar nuestro corazón destrozado, para despertarnos del sueño existencial, o simplemente para decirnos: «No estás solo».
¡Cuántos ángeles pone el Señor en nuestro camino! Pero nosotros, por miedo, incredulidad o incluso por euforia, los dejamos fuera, como le sucedió a Pedro cuando llamó a la puerta de una casa y una sirvienta llamada Rosa, al reconocer su voz, se alegró tanto, que no le abrió la puerta (cf. Hch 12,13-14).
Ninguna comunidad cristiana puede ir adelante sin el apoyo de la oración perseverante, la oración que es el encuentro con Dios, con Dios que nunca falla, con Dios fiel a su palabra, con Dios que no abandona a sus hijos. Jesús se preguntaba: «Dios, ¿no hará justicia a sus elegidos que le gritan día y noche?» (Lc 18,7). En la oración, el creyente expresa su fe, su confianza, y Dios expresa su cercanía, también mediante el don de los Ángeles, sus mensajeros.
Una llamada a la fe. En la segunda lectura, San Pablo escribe a Timoteo: «Pero el Señor me ayudó y me dio fuerzas para anunciar íntegro el mensaje… Él me libró de la boca del león. El Señor seguirá librándome de todo mal, me salvará y me llevará a su reino del cielo» (2 Tm 4,17-18). Dios no saca a sus hijos del mundo o del mal, sino que les da fuerza para vencerlos. Solamente quien cree puede decir de verdad: «El Señor es mi pastor, nada me falta» (Sal 23,1).
Cuántas fuerzas, a lo largo de la historia, ha intentado –y siguen intentando– acabar con la Iglesia, desde fuera y desde dentro, pero todas ellas pasan y la Iglesia sigue viva y fecunda, inexplicablemente a salvo para que, como dice san Pablo, pueda aclamar: «A Él la gloria por los siglos de los siglos» (2 Tm 4,18).
Todo pasa, solo Dios permanece. Han pasado reinos, pueblos, culturas, naciones, ideologías, potencias, pero la Iglesia, fundada sobre Cristo, a través de tantas tempestades y a pesar de nuestros muchos pecados, permanece fiel al depósito de la fe en el servicio, porque la Iglesia no es de los Papas, de los obispos, de los sacerdotes y tampoco de los fieles, es única y exclusivamente de Cristo. Solo quien vive en Cristo promueve y defiende a la Iglesia con la santidad de vida, a ejemplo de Pedro y Pablo.
Los creyentes en el nombre de Cristo han resucitado a muertos, han curado enfermos, han amado a sus perseguidores, han demostrado que no existe fuerza capaz de derrotar a quien tiene la fuerza de la fe.
Una llamada al testimonio. Pedro y Pablo, como todos los Apóstoles de Cristo que en su vida terrena han hecho fecunda a la Iglesia con su sangre, han bebido el cáliz del Señor, y se han hecho amigos de Dios.
Pablo, con un tono conmovedor, escribe a Timoteo: « Yo estoy a punto de ser sacrificado, y el momento de mi partida es inminente. He combatido bien mi combate, he corrido hasta la meta, he mantenido la fe. Ahora me aguarda la corona merecida, con la que el Señor, juez justo, me premiará en aquel día; y no sólo a mí, sino a todos los que tienen amor a su venida» (2 Tm 4,6-8).
Una Iglesia o un cristiano sin testimonio es estéril, un muerto que cree estar vivo, un árbol seco que no da fruto, un pozo seco que no tiene agua. La Iglesia ha vencido al mal gracias al testimonio valiente, concreto y humilde de sus hijos. Ha vencido al mal gracias a la proclamación convencida de Pedro: «Tú eres el Mesías, el Hijo de Dios vivo», y a la promesa eterna de Jesús (cf. Mt 16,13-18).
Queridos Arzobispos, el palio que hoy recibís es un signo que representa la oveja que el pastor lleva sobre sus hombros como Cristo, Buen Pastor, y por tanto es un símbolo de vuestra tarea pastoral, es un «signo litúrgico de la comunión que une a la Sede de Pedro y su Sucesor con los metropolitanos y, a través de ellos, con los demás obispos del mundo» (Benedicto XVI, Angelus, 29 junio 2005).
Hoy, junto con el palio, quisiera confiaros esta llamada a la oración, a la fe y al testimonio.
La Iglesia os quiere hombres de oración, maestros de oración, que enseñéis al pueblo que os ha sido confiado por el Señor que la liberación de toda cautividad es solamente obra de Dios y fruto de la oración, que Dios, en el momento oportuno, envía a su ángel para salvarnos de las muchas esclavitudes y de las innumerables cadenas mundanas. También vosotros sed ángeles y mensajeros de caridad para los más necesitados.
La Iglesia os quiere hombres de fe, maestros de fe, que enseñéis a los fieles a no tener miedo de los muchos Herodes que los afligen con persecuciones, con cruces de todo tipo. Ningún Herodes es capaz de apagar la luz de la esperanza, de la fe y de la caridad de quien cree en Cristo.
La Iglesia os quiere hombres de testimonio. Decía san Francisco a sus hermanos: Predicad siempre el Evangelio y, si fuera necesario, también con las palabras (cf. Fuentes franciscanas, 43). No hay testimonio sin una vida coherente. Hoy no se necesita tanto maestros, sino testigos valientes, convencidos y convincentes, testigos que no se avergüencen del Nombre de Cristo y de su Cruz ni ante leones rugientes ni ante las potencias de este mundo, a ejemplo de Pedro y Pablo y de tantos otros testigos a lo largo de toda la historia de la Iglesia, testigos que, aun perteneciendo a diversas confesiones cristianas, han contribuido a manifestar y a hacer crecer el único Cuerpo de Cristo. Me complace subrayarlo en la presencia –que siempre acogemos con mucho agrado– de la Delegación del Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, enviada por el querido hermano Bartolomé I.
Es muy sencillo: porque el testimonio más eficaz y más auténtico consiste en no contradecir con el comportamiento y con la vida lo que se predica con la palabra y lo que se enseña a los otros.
Enseñad a rezar rezando, anunciad la fe creyendo, dad testimonio con la vida.

Traduzione in lingua portoghese
A leitura tirada dos Actos dos Apóstolos fala-nos da primeira comunidade cristã assediada pela perseguição. Uma comunidade duramente perseguida por Herodes, que «mandou matar à espada Tiago (...) e mandou também prender Pedro (...). Depois de o mandar prender, meteu-o na prisão» (12, 2-4).
Mas não quero deter-me nas atrozes, desumanas e inexplicáveis perseguições, infelizmente ainda hoje presentes em tantas partes do mundo, muitas vezes sob o olhar e o silêncio de todos. Prefiro hoje venerar a coragem dos Apóstolos e da primeira comunidade cristã; a coragem de levar por diante a obra de evangelização, sem medo da morte nem do martírio, no contexto social dum império pagão; venerar a sua vida cristã, que para nós, crentes de hoje, é um forte apelo à oração, à fé e ao testemunho.
Um apelo à oração. A comunidade era uma Igreja em oração: «Enquanto Pedro estava encerrado na prisão, a Igreja orava a Deus, instantemente, por ele» (Act 12, 5). E, pensando em Roma, as catacumbas não eram lugares para escapar das perseguições, mas principalmente lugares de oração, para santificar o domingo e para elevar, do seio da terra, uma adoração a Deus que nunca esquece os seus filhos.
A comunidade de Pedro e Paulo ensina-nos que uma Igreja em oração é uma Igreja de pé, sólida, em caminho! Na verdade, um cristão que reza é um cristão protegido, guardado e sustentado, mas sobretudo não está sozinho.
E a primeira leitura continua: «Diante da porta estavam sentinelas de guarda à prisão. De repente apareceu o anjo do Senhor e a masmorra foi inundada de luz. O anjo despertou Pedro, tocando-lhe no lado (…) e as correntes caíram-lhe das mãos» (12, 6-7).
Pensamos porventura nas vezes sem conta que o Senhor respondeu à nossa oração enviando-nos um Anjo? Aquele Anjo que, inesperadamente, vem ao nosso encontro para nos salvar de situações difíceis? Para nos arrancar das mãos da morte e do maligno; para nos apontar o caminho perdido; para reacender em nós a chama da esperança; para nos fazer uma carícia; para consolar o nosso coração dilacerado; para nos despertar do sono existencial; ou simplesmente para nos dizer: «Não estás sozinho».
Quantos anjos coloca Ele no nosso caminho, mas nós, dominados pelo medo ou a incredulidade ou então pela euforia, deixamo-los fora da porta – precisamente como aconteceu a Pedro quando bateu à porta da casa e «uma serva chamada Rode veio atender. Reconheceu a voz de Pedro e com alegria, em vez de abrir, correu a anunciar que Pedro se encontrava em frente da porta» (12, 13-14).
Nenhuma comunidade cristã pode prosseguir sem o apoio da oração perseverante! A oração que é o encontro com Deus, com Deus que jamais desilude; com o Deus fiel à sua palavra; com Deus que não abandona os seus filhos. Assim Jesus nos punha a questão: «E Deus não fará justiça aos seus eleitos, que a Ele clamam dia e noite?» (Lc18, 7). Na oração, o crente exprime a sua fé, a sua confiança, e Deus exprime a sua proximidade, inclusive através do dom dos Anjos, os seus mensageiros.
Um apelo à fé. Na segunda leitura, São Paulo escreve a Timóteo: «O Senhor, porém, esteve comigo e deu-me forças, a fim de que, por meu intermédio, o anúncio [do Evangelho] fosse plenamente proclamado (…). Assim fui arrebatado da boca do leão. O Senhor me livrará de todo o mal e me levará a salvo para o seu Reino celeste» (2 Tm 4, 17-18). Deus não tira os seus filhos do mundo ou do mal, mas dá-lhes a força para vencê-los. Só quem acredita pode verdadeiramente dizer: «O Senhor é meu pastor, nada me falta» (Sal22/23, 1).
Ao longo da história, quantas forças procuraram – e procuram – aniquilar a Igreja, tanto a partir do exterior como do interior, mas todas foram aniquiladas e a Igreja permanece viva e fecunda! Inexplicavelmente, permanece firme para poder – como diz São Paulo – aclamar, «a Ele, a glória pelos séculos dos séculos» (2 Tm 4, 18).
Tudo passa, só Deus resta. Na verdade, passaram reinos, povos, culturas, nações, ideologias, potências, mas a Igreja, fundada sobre Cristo, não obstante as inúmeras tempestades e os nossos muitos pecados, permanece fiel ao depósito da fé no serviço, porque a Igreja não é dos Papas, dos Bispos, dos padres e nem mesmo dos fiéis; é só e unicamente de Cristo. Só quem vive em Cristo promove e defende Igreja com a santidade da vida, a exemplo de Pedro e Paulo.
Em nome de Cristo, os crentes ressuscitaram os mortos; curaram os enfermos; amaram os seus perseguidores; demonstraram que não existe uma força capaz de derrotar quem possui a força da fé!
Um apelo ao testemunho. Pedro e Paulo, como todos os Apóstolos de Cristo que na vida terrena fecundaram a Igreja com o seu sangue, beberam o cálice do Senhor e tornaram-se os amigos de Deus.
Em tom comovente, Paulo escreve a Timóteo: «Quanto a mim, já estou pronto para oferecer-me como sacrifício; avizinha-se o tempo da minha libertação. Combati o bom combate, terminei a corrida, permanecia fiel. A partir de agora, já me aguarda a merecida coroa, que me entregará, naquele dia, o Senhor, justo juiz; e não somente a mim, mas a todos os que anseiam pela sua vinda» (2 Tm 4, 6-8).
Uma Igreja ou um cristão sem testemunho é estéril; um morto que pensa estar vivo; uma árvore ressequida que não dá fruto; um poço seco que não dá água! A Igreja venceu o mal, através do testemunho corajoso, concreto e humilde dos seus filhos. Venceu o mal, graças à convicta proclamação de Pedro: «Tu és Cristo, o Filho de Deus vivo», e à promessa eterna de Jesus (cf. Mt 16, 13-18).
Amados Arcebispos que, hoje, recebestes o pálio! Este é o sinal que representa a ovelha que o pastor carrega aos seus ombros como Cristo, Bom Pastor, sendo, pois, símbolo da vossa tarefa pastoral; é «sinal litúrgico da comunhão que une a Sé de Pedro e o seu Sucessor aos Metropolitas e, através deles, aos outros Bispos do mundo» (Bento XVI, Angelus do dia 29 de Junho de 2005).
Hoje, com o pálio, quero confiar-vos este apelo à oração, à fé e ao testemunho.
A Igreja quer-vos homens de oração, mestres de oração: que ensinam ao povo que o Senhor vos confiou que a libertação de todas as prisões é apenas obra de Deus e fruto da oração; que Deus, no momento oportuno, envia o seu anjo para nos salvar das muitas escravidões e das inúmeras cadeias mundanas. E sede vós também, para os mais necessitados, anjos e mensageiros da caridade!
A Igreja quer-vos homens de fé, mestres de fé: que ensinem os fiéis a não terem medo de tantos Herodes que afligem com perseguições, com cruzes de todo o género. Nenhum Herodes é capaz de apagar a luz da esperança, da fé e da caridade daquele que crê em Cristo!
A Igreja quer-vos homens de testemunho: como dizia São Francisco aos seus frades, pregai sempre o Evangelho e, se for necessário, também com as palavras! (cf. Fontes Franciscanas, 43). Não há testemunho sem uma vida coerente! Hoje sente-se necessidade não tanto de mestres, mas de testemunhas corajosas, convictas e convincentes; testemunhas que não se envergonham do Nome de Cristo e da sua Cruz, nem diante dos leões que rugem nem perante as potências deste mundo. Seguindo o exemplo de Pedro e Paulo e de muitas outras testemunhas ao longo de toda a história da Igreja; testemunhas que, embora pertencendo a diferentes confissões cristãs, contribuíram para manifestar e fazer crescer o único Corpo de Cristo. Apraz-me sublinhá-lo na presença – sempre muito grata – da Delegação do Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, enviada pelo querido irmão Bartolomeu I.
O motivo é muito simples: o testemunho mais eficaz e mais autêntico é aquele que não contradiz, com o comportamento e a vida, aquilo que se prega com a palavra e aquilo que se ensina aos outros!
Ensinai a oração, orando; anunciai a fé, acreditando; dai testemunho, vivendo!