lunedì 29 giugno 2015

Programmati per essere “orfani”



I dolorosi paradossi dell’eterologa raccontati dai figli. 

di Benedetta Frigerio
Che cosa prova un figlio quando scopre di essere stato concepito con la fecondazione eterologa? Lo hanno descritto al Daily Mail tre donne nate in provetta: Emma, Joanna e Christine. Quando il padre di Joanna Rose, a 8 anni, le disse che lui non era il suo genitore biologico, ma che era stata concepita grazie a un donatore di sperma anonimo, la notizia la segnò in molti modi.
MANCANZA E DISAGIO. Prima di tutto la piccola Joanna si sentì in colpa e disse all’uomo che credeva essere il suo padre biologico: «Non preoccuparti, sei l’unico padre che conosco e ti voglio bene». Poi però cominciò a sentire una mancanza nella sua vita e anche, paradossalmente, l’ostilità di chi non voleva comprendere questo disagio. «Ci dicono che senza la donazione dei gameti non saremmo qui e che quindi dobbiamo essere d’accordo», racconta. «Veniamo cresciuti secondo un copione che deve essere imparato e interiorizzato su quanto siamo stati voluti e su quanto dovremmo essere grati per il fatto di essere vivi. Ma gli altri bambini non subiscono pressioni per esprimere questa gratitudine».
«SENSO DI TRISTEZZA». Ma il trauma di Joanna è più profondo. Infatti, aveva sempre percepito inconsciamente che nella sua famiglia mancasse qualcosa, dato che il padre «aveva un atteggiamento ambivalente: una volta entusiasta, un’altra freddo». Questo ha prodotto in lei molti disagi, fra cui la depressione e la bulimia: «Vivevo con un profondo senso di tristezza (…). È difficile essere orgogliosi di sé e delle proprie origini quando non sai nulla di queste origini per quanto riguarda un genitore». Secondo la donna, che oggi ha 42 anni, tutti gli adulti concepiti tramite fecondazione artificiale cercano le proprie radici come spinti da una «fame», da «qualcosa di totalmente viscerale».
UN PROMEMORIA VIVENTE. Anche Christine Whipp, oggi sessantenne, è nata da un donatore di sperma perché suo padre era sterile. Lo scoprì solo a 40 anni e allora capì perché «avevo dubbi assillanti sulla mia identità fin da quando ero piccola. Ho sempre percepito che mia madre non mi sopportasse. Penso che tutta la mia esistenza sia stata un continuo promemoria [per i miei genitori] del fatto che le cose non fossero andate in modo normale: una coppia felice che si ama, si sposa e fa bambini».
IL PARADOSSO. Christine, che oggi è «arrabbiata» per tutte le menzogne che le sono state raccontate per anni, sottolinea un paradosso del mercato che produce bambini in provetta: «Quando senti di un bambino che perde il padre in un incidente o in guerra, pensi: “È terribile, crescerà senza conoscere suo papà”. Ma quando questa situazione viene architettata deliberatamente attraverso il concepimento con eterologa, parliamo di “costruzione moderna di famiglia” e diciamo: “Ma che carino!”. Peccato che non sia carino per i figli che crescono, allo stesso modo, senza conoscere uno dei loro genitori».
«ATTO DI CRUDELTÀ». Emma Cresswell, inglese di 27 anni, scoprì la verità su di sé, nata insieme ad altri due gemelli, a 19 anni: «Non sono tuo papà», si sentì dire dall’uomo che l’aveva cresciuta, durante una discussione accesa con lui. Anche Emma sottolinea che «guardando indietro, aveva senso perché era stato assente dalle nostre vite dall’età di 13 anni e si dimenticava i nostri compleanni». Emma decise di cambiare cognome e prendere quello della madre. Come mai? Christine lo spiega così: «C’è qualcosa di profondo e innato nel legame di sangue che condividi con qualcuno», perciò «dico alle persone di non avere bambini tramite la fecondazione eterologa. Credo sia egoista, un atto di crudeltà privare deliberatamente i bambini della conoscenza di parte del proprio patrimonio naturale».
44 MILA BAMBINI. Oggi anche la madre di Joanna la pensa allo stesso modo: «Mia mamma mi disse che allora le sembrava la cosa assolutamente giusta da fare. Ma ora capisce che fu una decisione egoista». Solo in Inghilterra, negli ultimi 20 anni sono nati 44 mila bambini con la fecondazione eterologa. «C’è molta frenesia riguardo al tema di come le persone possono avere figli – ha dichiarato al Daily Mail la dottoressa Rachel Andrews, psicologa della famiglia – ma è solo più tardi che si arriva a scoprire ciò che questo processo significa davvero per i figli, molti dei quali oggi sono adulti».

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