domenica 30 agosto 2015

Non invecchiare davanti alla parola di Dio


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di Innocenza Laguri
Tre  suggestioni, tratti da letture di  questo periodo,  mi sono di aiuto nel  vivere la famosa età anziana e mi permettono anche di praticare , almeno un po’ di più,  cose già intuite ( e messe nei precedenti contributi)
1)  In un suo recente testo (Il magnifico segno) Silvano Petrosino osserva che,  in fondo,  pochi momenti della nostra vita  sono esperienza. “ Su un numero limitatissimo di eventi –dice Petrosino- il soggetto si ferma a ri-flettere, a pensare, a parlare. Esiste dunque uno scarto  irriducibile, una drammatica  sproporzione tra la vita vissuta dal soggetto e l’esperienza che egli compie del suo stesso vivere. E’ impossibile negarlo,non tutto il nostro vissuto  è in verità propriamente  vissuto: gran parte della nostra vita resta irrimediabilmente nell’ombra, al di fuori di ogni esperienza, estranea a ogni parola, consegnata a un silenzio assoluto. “ Petrosino esemplifica: non ci si ricorda  dei primi anni di vita, del tempo trascorso a dormire , degli infiniti incontri che facciamo
Questa osservazione mi aiuta a capire perché, ora che ho 69 anni,  mi risulta  più fare una gerarchia degli impegni,  fermare il flusso della vita di contro alla abitudine della facilità comunicativa,della reattività, all’emozionalismo ma soprattutto dell’attivismo !!! Sono insomma più consapevole del dramma cui accenna Petrosino E’ anche per questo che mi sveglio presto al mattino come tanti anziani?
2) Dentro  questa osservazione ci sta molto bene l’altra  di Jean Guitton (Saggio sull’amore umano), secondo cui proprio le cose più ovvie sono le meno conosciute cioè sono quelle di cui più ci sfugge il significato, in primis l’amore
“Non troveremo molti aiuti se vogliamo capire l’essenza dell’amore perché è estremamente difficile conoscere una realtà quotidiana  e comune. L’esperienza, quando si riduce a qualcosa che semplicemente si ripete ( e quanto si ripete la parola amore  nella cultura mediatica!! n.d.r) ,finisce per inebetire”.
La considerazione di Guitton mi viene incontro quando mi ridomando  cosa voglia dire alla mia età voler bene ai familiari e agli amici, al di là dello scontato e la risposta non è affatto immediata. Per esempio non mi è facile distinguere quando le aspettative verso i figli siano segnate dall’attesa di una soddisfacente ricompensa (con tutto quello che ho fatto!!) o dalla sincera preoccupazione della loro crescita umana (le due cose sembrano coincidere in molti casi, ma non sono equivalenti). Questa riflessione  si collega a quell’intuizione (già detta) del vederci tutti come morenti per cominciare sin da ora a vedere il buono, ad aver cura del destino  di chi ci sta accanto
3) La terza suggestione è  di  Von Balthasar (Il tutto nel frammento). Cito la frase che mi ha colpito “Non c’è sapienza cristiana della vecchiaia”. Scossa da questa frase  che sembra smentire la questione della “spiritualità anziana” che mi sta a cuore, ho cercato di capire cosa volesse dire leggendo  il testo (sia pur a fatica per la difficoltà).  Ecco alcune spiegazioni che ho capito: la rassegnazione (con cui molti fanno coincidere, se ne parlano, la vecchiaia) non è affatto una virtù cristiana perché Cristo non era un rassegnato alla morte né lo erano i santi , né i martiri .
La rassegnazione osserva il teologo,  si basa su un senso del tempo come qualcosa che scompare del tutto. Invece la concezione cristiana è quella di un tempo che va verso il suo compimento (nonostante il dramma della perdita di tanta esperienza possibile).  Poi Balthasar  dice che Gesù fu, una volta per sempre , solo  bambino e  giovane, senza conoscere la vecchiaia. Cioè, se il linguaggio di Dio si è incarnato in un giovane e in un  piccolo, c’è una giovinezza  nella sua  parola  che non può essere perduta. Questa giovinezza consiste nel non trovarsi mai a proprio agio nel mondo disincantato degli adulti.  Balthasar cita come esempio la “giovinezza”  del discorso della montagna che si presenta come “fuori dal mondo”. Tra le indicazioni che il teologo chiama “i misteri del ringiovanimento”   ci sono la confessione e l’eucarestia, la concezione escatologica del tempo, lo stare davanti alla vita,il  donare più di quanto si riceve.  Se c’è insomma  una giovinezza nella parola di Dio,se il Vangelo è eternamente giovane , non è cristiano invecchiare davanti alla parola di Dio, accontentarsi cioè di ciò che si è conosciuto, ci vuole sempre un nuovo assoggettarsi,un ascolto sempre docile . Nella vecchiaia c’è una prossimità impareggiabile del Dio che si rivela , la vecchiaia  si  può tradurre in una grande apertura .”Si deve essere una pienezza che viene rapita nel momento del suo massimo sviluppo” .
Chiarita  così, la  provocazione di Balthasar  non vuole dire che non c’è un modo cristiano di invecchiare, c’è ma non nel senso della rassegnazione, dell’abitudine, della chiusura che rimbambisce. Mi sembra sia un altro modo  di confermare l’idea di Guardini, che ho citato a suo tempo (la vecchiaia come  inveramento delle caratteristiche  che Dio ha posto  nelle precedenti età dell’uomo).  Poi  sembra anche a me, leggendo la liturgia di ogni giorno, che ci sia  una profondità da scoprire.  All’esempio delle beatitudini aggiungo anche il pozzo profondo della frase che sento da decenni e decenni  “ama il prossimo tuo come te stesso”.
La meditazione sulla parola di Dio mi sembra offrire un punto di riferimento per quella riflessione sul vivere che secondo Petrosino è molto esile e anche per quella guittoniana ( non inebetire dando per scontate realtà ripetute e quotidiane, come l’amore ). Da qualche anno partecipo  per pochi  giorni o anche per una sola giornata alla vita monastica ,ad  Orta in Piemonte, a Valserena e  a Cortona in Toscana. Non mi sembra più del tutto lontano quell’ aspetto importante del monachesimo che è il fermare il lavoro per andare a pregare o per la lectio divina .Una monaca del monastero di Orta testimoniava come durante il  suo lavoro (nel quale un’interruzione può comportare difficoltà),  costi fatica lasciare spazio logistico, temporale e interiore alla preghiera e alla meditazione. Anche a me costa fatica  lasciare quel tempo, che decido io e a cui do così tanta importanza, per un “altro” tempo. Ma forse aiuta a restare giovani nel senso di Balthasar,a sprecare meno possibilità di esperienza, a non inebetire nello scontato.