mercoledì 23 settembre 2015

Colosso dell’evangelizzazione



A Washington viene proclamato santo Junípero Serra. 

(José Rodríguez Carballo) Vero figlio di san Francesco di Assisi, Junípero Serra (1713-1784) cercò di adeguare la sua vita all’invito del Poverello di andare «nel mondo intero», per recare a tutti, con «la parola e le opere», la Buona Novella e il suo contenuto: la persona di Gesù Cristo (cfr. San Francesco, Lettera all’Ordine, 9 ss).
Junípero nacque in Spagna, isola di Maiorca, e si dedicò all’insegnamento universitario. Ma essendo già francescano mai tralasciò il ministero della predicazione. Accorrevano le folle per ascoltarne la parola. Il suo modo di parlare rivelava un ardente zelo apostolico, lo stesso che all’età di trentacinque anni lo portò in Messico come missionario.
Vi andò con frate Francisco Palóu, che gli rimase accanto per tutta la vita (come collaboratore, amico, storico), frate Juan Crespi e altri trenta missionari francescani. Qui fondò cinque missioni: Jalpán (dedicata a san Giacomo), Conca (a san Michele Arcangelo), Landa de Matamoros (all’Immacolata concezione), Tilaco (a san Francesco d’Assisi) e Tancoyol (a Nostra Signora della luce). In queste zone lavorò con costanza e zelo apostolico, apprese la lingua Pame e tradusse in questo idioma le preghiere e i precetti cristiani, diffondendo inoltre la devozione all’Immacolata.
Le circostanze storiche, poi, portarono il sacerdote francescano a svolgere l’attività presso le popolazioni dell’Alta California, l’attuale Stato californiano negli Stati Uniti d’America, dove fondò ben nove missioni: San Diego (1769), San Carlos Borromeo (denominata anche missione carmel, 1770), San Antonio e San Gabriel (1771), San Luis (1772), missione dolores (San Francisco) e San Juan Capistrano (1776), santa Clara (1777) e San Buenaventura (1782).
Giustamente Junípero Serra fu definito un colosso dell’evangelizzazione. Non risparmiò sforzi per portare a tutti la Buona novella. Per lui il Vangelo era tutto. Ecco perché con vera passione si dedicò a predicarlo e testimoniarlo ai vicini e ai lontani (cfr. Ef 2, 17), prima di tutto con la sua vita e poi anche con la parola. In diciassette anni, dal 1767 al 1784, percorse nella sola California circa diecimila chilometri a piedi. Con una piaga in un piede che lo accompagnò fino alla morte, fedele al suo motto: «Avanti, sempre avanti!». Fino al giorno della sua morte, avvenuta a Monterey il 28 agosto 1784, Junípero fu pervaso da una sola passione, quella di condividere con tutti la “dolcezza del Signore”. Considerato il padre degli indios, fu onorato come un eroe nazionale: la sua statua troneggia nella Sala dei congressi tra i padri fondatori degli Stati Uniti.
La sua attività evangelizzatrice fa di Junípero una delle figure più importanti della storia d’America. La sua grandezza, però, non consiste soltanto nei risultati visibili della sua opera, nel grande numero di missioni che ha fondato, o nei chilometri che ha fatto a piedi. La sua grandezza, come quella di tutti noi, sta in lui stesso. Nel caso di Junípero non si tratta tanto di quello che ha fatto, ma di come lo ha fatto e perché lo ha fatto. Potremmo dire che si tratta di uno stile, risultato delle forze interiori che modellano l’atteggiamento spirituale di una persona. Nel suo caso, come si vede dai suoi scritti: la semplicità, la fede, la carità, la pietà, l’umanità, la vicinanza alla gente, lo spirito di sacrificio, la compassione, la passione per il Vangelo. Tutti atteggiamenti che devono caratterizzare un vero evangelizzatore. Le sue Lettere, che sono tante, ci rivelano una personalità molto ricca umanamente parlando, un grande missionario, un grande apostolo di Cristo, un vero araldo del Vangelo. Chi desidera conoscere la ricca personalità di Junípero non può fare a meno di leggerle. Il nuovo santo si presenta a noi, prima di tutto, come esempio di passione per il Vangelo. Lui che come frate minore aveva professato di vivere il Vangelo come sua “Regola e vita” (cfr. san Francesco, Regola Bollata, i, 1), e aveva gustato la bellezza di una vita in conformità con il Vangelo, non poteva fare a meno di condividere con gli altri questa grazia. È la sorte di quanti scoprono il tesoro, è quello che fa dire a Paolo: «Guai a me se non evangelizzo!». D’altra parte si presenta a noi come esempio di una vera inculturazione del Vangelo in una nuova cultura, rispettandola profondamente, e, allo stesso tempo, evangelizzando detta cultura in tutto quello che non era compatibile con il Vangelo.
Canonizzando Junípero Serra il 23 settembre a Washington, Papa Francesco lo addita alla Chiesa locale e a quella universale come l’incarnazione di un suo sogno, ripetuto continuamente, quello di una «Chiesa in uscita», «in cammino» per portare la Buona novella a tutti gli uomini e in tutte le culture. E di fronte alle difficoltà di questa missione, Junípero ci esorta: «Avanti, sempre avanti!».

L'Osservatore Romano