venerdì 27 novembre 2015

Visita al Santuario cattolico dei Martiri dell’Uganda a Namugongo. Santa Messa. Omelia di Papa Francesco

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Visita al Santuario cattolico dei Martiri dell’Uganda a Namugongo. Santa Messa. Omelia di Papa Francesco: "Non abbiamo bisogno di viaggiare per essere discepoli missionari. In realtà abbiamo soltanto bisogno di aprire gli occhi alle necessità che incontriamo nelle nostre case e nelle nostre comunità locali per renderci conto di quante opportunità ci attendono. Anche in questo i Martiri d’Uganda ci indicano la via"
Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Omelia del Santo Padre
«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8).
Dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo. Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei Martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue. Tutti questi testimoni hanno coltivato il dono dello Spirito Santo nella propria vita ed hanno dato liberamente testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, anche a costo della vita, e molti in così giovane età.
Anche noi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per diventare figli e figlie di Dio, ma anche per dare testimonianza a Gesù e farlo conoscere e amare in ogni luogo. Abbiamo ricevuto lo Spirito quando siamo rinati nel Battesimo, e quando siamo stati rafforzati con i suoi doni nella Confermazione. Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri.
Il dono dello Spirito Santo è un dono che è dato per essere condiviso. Ci unisce gli uni agli altri come credenti e membra vive del Corpo mistico di Cristo. Non riceviamo il dono dello Spirito soltanto per noi stessi, ma per edificarci gli uni gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore. Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. Poiché essi avevano coltivato la propria fede e avevano accresciuto l’amore per Dio, non ebbero timore di portare Cristo agli altri, persino a costo della vita. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua ad ispirare tante persone nel mondo. Essi continuano a proclamare Gesù Cristo e la potenza della Croce.
Se, come i martiri, noi quotidianamente ravviviamo il dono dello Spirito che abita nei nostri cuori, allora certamente diventeremo quei discepoli missionari che Cristo ci chiama ad essere. Per le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti. Questa apertura verso gli altri incomincia nella famiglia, nelle nostre case, dove si impara la carità e il perdono, e dove nell’amore dei nostri genitori si impara a conoscere la misericordia e l’amore di Dio. Tale apertura si esprime anche nella cura verso gli anziani e i poveri, le vedove e gli orfani.
Proprio come la madre e i sette figli del Secondo Libro dei Maccabei si incoraggiarono l’un l’altro nel momento della grande prova (7,1-2.9-14), allo stesso modo, come membri della famiglia di Dio, dobbiamo assisterci l’un l’altro, proteggerci l’un l’altro, e condurci l’un l’altro alla pienezza della vita. Penso qui con gratitudine a tutti coloro – Vescovi, sacerdoti, uomini e donne consacrati e catechisti – che in tanti modi hanno offerto il loro aiuto alle famiglie cristiane. Possa la Chiesa in questo Paese, specialmente mediante le comunità parrocchiali, continuare ad assistere le giovani coppie nella preparazione al matrimonio, incoraggiare gli sposi a vivere il legame coniugale nell’amore e nella fedeltà, e assistere i genitori nel loro compito di primi maestri della fede dei figli.
Come gli Apostoli e i Martiri dell’Uganda prima di noi, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo per diventare discepoli missionari chiamati ad uscire verso gli altri e portare il Vangelo a tutti. Questo a volte può anche portarci ai confini del mondo, come missionari in terre lontane. Questo è essenziale per la diffusione del Regno di Dio, e vi domando sempre una generosa risposta a tale esigenza. Tuttavia, non abbiamo bisogno di viaggiare per essere discepoli missionari. In realtà abbiamo soltanto bisogno di aprire gli occhi alle necessità che incontriamo nelle nostre case e nelle nostre comunità locali per renderci conto di quante opportunità ci attendono.
Anche in questo i Martiri d’Uganda ci indicano la via. La loro fede cercò il bene di tutti, incluso lo stesso Re, che li condannò per il loro credo cristiano. La loro risposta intese opporre all’odio l’amore, e in tal modo irradiare lo splendore del Vangelo. Essi non si limitarono a dire al Re quello che il Vangelo proibiva, ma mostrarono con la loro vita che cosa realmente significa dire “sì” a Gesù. Significa misericordia e purezza di cuore, essere umili e poveri in spirito e avere sete della giustizia, nella speranza della ricompensa eterna.
La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire. Ciò non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune.
Cari fratelli e sorelle, questa è l’eredità che avete ricevuto dai Martiri ugandesi: vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo.
Possano i Martiri ugandesi, insieme con Maria, Madre della Chiesa, intercedere per noi, e possa lo Spirito Santo accendere in noi il fuoco dell’amore divino!
Omukama Abawe Omukisa! (Dio vi benedica!)
Inglese 
“You shall receive power when the Holy Spirit has come upon you; and you shall be my witnesses in Jerusalem and in all Judea and Samaria and to the end of the earth” (Acts 1:8).
From the age of the Apostles to our own day, a great cloud of witnesses has been raised up to proclaim Jesus and show forth the power of the Holy Spirit. Today, we recall with gratitude the sacrifice of the Uganda martyrs, whose witness of love for Christ and his Church has truly gone “to the end of the earth”. We remember also the Anglican martyrs whose deaths for Christ testify to the ecumenism of blood. All these witnesses nurtured the gift of the Holy Spirit in their lives and freely gave testimony of their faith in Jesus Christ, even at the cost of their lives, many at such a young age.
We too have received the gift of the Spirit, to make us sons and daughters of God, but also so that we may bear witness to Jesus and make him everywhere known and loved. We received the Spirit when we were reborn in Baptism, and we were strengthened by his gifts at our Confirmation. Every day we are called to deepen the Holy Spirit’s presence in our life, to “fan into flame” the gift of his divine love so that we may be a source of wisdom and strength to others.
The gift of the Holy Spirit is a gift which is meant to be shared. It unites us to one another as believers and living members of Christ’s mystical Body. We do not receive the gift of the Spirit for ourselves alone, but to build up one another in faith, hope and love. I think of Saints Joseph Mkasa and Charles Lwanga, who after being catechized by others, wanted to pass on the gift they had received. They did this in dangerous times. Not only were their lives threatened but so too were the lives of the younger boys under their care. Because they had tended to their faith and deepened their love of God, they were fearless in bringing Christ to others, even at the cost of their lives. Their faith became witness; today, venerated as martyrs, their example continues to inspire people throughout the world. They continue to proclaim Jesus Christ and the power of his Cross.
If, like the martyrs, we daily fan into flame the gift of the Spirit who dwells in our hearts, then we will surely become the missionary disciples which Christ calls us to be. To our families and friends certainly, but also to those whom we do not know, especially those who might be unfriendly, even hostile, to us. This openness to others begins first in the family, in our homes where charity and forgiveness are learned, and the mercy and love of God made known in our parents’ love. It finds expression too in our care for the elderly and the poor, the widowed and the orphaned.
Just as the mother and seven sons from the Second Book of Maccabees encouraged one another in their moment of great trial (7:1-2. 9-14), so too, as members of God’s family, we are to assist one another, to protect one another, and to lead one another to the fullness of life. Here I think with gratitude of all those – bishops, priests, consecrated men and women, and catechists – who in so many ways help to support Christian families. May the Church in this country continue, especially through its parish communities, to assist young couples to prepare for marriage, to encourage couples to live the marital bond in love and fidelity, and to assist parents in their duty as the first teachers of the faith for their children.
Like the Apostles and the Uganda martyrs before us, we have received the gift of the Holy Spirit to become missionary disciples called to go forth and bring the Gospel to all. At times this may take us to the end of the earth, as missionaries to faraway lands. This is essential to the spread of God’s Kingdom, and I ask always for your generous response to this need. But we do not need to travel to be missionary disciples. In fact, we need only to open our eyes and see the needs in our homes and our local communities to realize how many opportunities await us.
Here too the Uganda martyrs show us the way. Their faith sought the good of all people, including the very King who condemned them for their Christian beliefs. Their response was to meet hatred with love, and thus to radiate the splendour of the Gospel. They did not simply tell the
King what the Gospel does not allow, but showed through their lives what saying “yes” to Jesus really means. It means mercy and purity of heart, being meek and poor in spirit, and thirsting for righteousness in the hope of an eternal reward.
The witness of the martyrs shows to all who have heard their story, then and now, that the worldly pleasures and earthly power do not bring lasting joy or peace. Rather, fidelity to God, honesty and integrity of life, and genuine concern for the good of others bring us that peace which the world cannot give. This does not diminish our concern for this world, as if we only look to the life to come. Instead, it gives purpose to our lives in this world, and helps us to reach out to those in need, to cooperate with others for the common good, and to build a more just society which promotes human dignity, defends God’s gift of life and protects the wonders of nature, his creation and our common home.
Dear brothers and sisters, this is the legacy which you have received from the Uganda martyrs – lives marked by the power of the Holy Spirit, lives which witness even now to the transforming power of the Gospel of Jesus Christ. This legacy is not served by an occasional remembrance, or by being enshrined in a museum as a precious jewel. Rather, we honour them, and all the saints, when we carry on their witness to Christ, in our homes and neighbourhoods, in our workplaces and civil society, whether we never leave our homes or we go to the farthest corner of the world.
May the Uganda martyrs, together with Mary, Mother of the Church, intercede for us, and may the Holy Spirit kindle within us the fire of his divine love!
Omukama Abawe Omukisa! (God bless you!)
Francese
« Vous allez recevoir une force quand le Saint Esprit viendra sur vous ; vous serez alors mes témoins à Jérusalem, dans toute la Judée et la Samarie et jusqu’aux extrémités de la terre » (Ac 1 8).
Depuis l’âge apostolique jusqu’à nos jours, un grand nombre de témoins est sorti pour proclamer Jésus et manifester la puissance de l’Esprit Saint. Aujourd’hui, nous rappelons avec gratitude le sacrifice des martyrs ougandais, dont le témoignage d’amour pour le Christ et son Église a justement rejoint “les extrémités de la terre”. Nous rappelons aussi les martyrs anglicans, dont la mort pour le Christ rend témoignage à l’oecuménisme du sang. Tous ces témoins ont cultivé le don de l’Esprit Saint dans leur vie et ont librement donné le témoignage de leur foi en Jésus Christ, même au prix de leur vie, et beaucoup dans un si jeune âge.
Nous aussi, nous avons reçu le don de l’Esprit, pour nous faire fils et filles de Dieu, mais aussi pour porter témoignage à Jésus et le faire connaître et aimer en tout lieu. Nous avons reçu l’Esprit lorsque nous sommes renés dans le Baptême, et lorsque nous avons été fortifiés par ses dons dans la Confirmation. Chaque jour, nous sommes appelés à approfondir la présence de l’Esprit Saint dans notre vie, à “raviver” le don de son amour divin de façon à être à notre tour source de sagesse et de force pour les autres.
Le don de l’Esprit Saint est un don qui est donné pour être partagé. Il nous unit les uns aux autres comme fidèles et membres vivants du Corps mystique du Christ. Nous ne recevons pas le don de l’Esprit seulement pour nous-mêmes, mais pour nous édifier les uns les autres dans la foi, dans l’espérance et dans l’amour. Je pense aux saints Joseph Mkasa et Charles Lwanga, qui, après avoir été instruits dans la foi par les autres, ont voulu transmettre le don qu’ils avaient reçu. Ils l’ont fait dans des temps dangereux. C’est non seulement leur vie qui a été menacée, mais aussi la vie des plus jeunes confiés à leurs soins. Puisqu’ils avaient cultivé leur foi et avaient fait grandir leur amour pour Dieu, ils n’ont pas eu peur de porter le Christ aux autres, même au prix de leur vie. Leur foi est devenue témoignage ; aujourd’hui, vénérés comme martyrs, leur exemple continue d’inspirer
beaucoup de personnes dans le monde. Ils continuent à proclamer Jésus Christ et la puissance de la Croix.
Si, comme les martyrs, nous ravivons chaque jour le don de l’Esprit qui habite en nos coeurs, nous deviendrons alors certainement ces disciples-missionnaires que le Christ nous appelle à être. Pour nos familles et nos amis sûrement, mais aussi pour ceux que nous ne connaissons pas, spécialement pour ceux qui pourraient être peu bienveillants et même hostiles à notre égard. Cette ouverture envers les autres commence dans la famille, dans nos maisons, où on apprend la charité et le pardon, et où dans l’amour de nos parents, on apprend à connaître la miséricorde et l’amour de Dieu. Elle s’exprime aussi dans le soin envers les personnes âgées et les pauvres, les veuves et les orphelins.
Vraiment comme la mère et les sept fils du Second livre des Maccabées s’encouragèrent les uns les autres au moment de la grande épreuve (7, 1-2.9-14), de la même manière, comme membres de la famille de Dieu, nous devons nous assister les uns les autres, nous protéger les uns les autres, et nous conduire les uns les autres à la plénitude de la vie. Je pense ici avec gratitude à tous ceux – évêques, prêtres, hommes et femmes consacrées et catéchistes – qui de bien des façons ont offert leur aide aux familles chrétiennes. Puisse l’Église en ce Pays, spécialement au moyen des communautés paroissiales, continuer d’accompagner les jeunes couples dans leur préparation au mariage, encourager les époux à vivre le lien conjugal dans l’amour et dans la fidélité, et soutenir les parents dans leur tâche de premiers maîtres de la foi des enfants.
Comme les Apôtres et les martyrs de l’Ouganda avant nous, nous avons reçu le don de l’Esprit Saint pour devenir des disciples-missionnaires appelés à sortir vers les autres et à porter l’Évangile à tous. Cela peut parfois nous conduire aussi aux confins du monde, comme missionnaires en terres lointaines. C’est essentiel pour l’expansion du Royaume de Dieu, et je vous demande toujours une réponse généreuse à cette exigence. Toutefois, nous n’avons pas besoin de voyager pour être des disciples-missionnaires. En réalité, nous avons seulement besoin d’ouvrir les yeux aux nécessités que nous rencontrons dans nos maisons et dans nos communautés locales pour nous rendre compte de toutes les opportunités qui nous attendent.
En cela aussi, les martyrs de l’Ouganda nous indiquent la voie. Leur foi a cherché le bien de tous, incluant même le Roi, qui les a condamnés pour leur credo chrétien. Leur réponse a entendu opposer à la haine l’amour, et de cette manière rayonner la splendeur de l’Évangile. Ils ne se limitèrent pas à dire au Roi ce que l’Évangile interdisait, mais ils montrèrent par leur vie ce que signifie réellement dire “oui” à Jésus. Cela signifie miséricorde et pureté de coeur, être humbles et pauvres en esprit et avoir soif de la justice dans l’espérance de la récompense éternelle.
Le témoignage des martyrs montre à tous ceux qui ont écouté leur histoire, à l’époque et aujourd’hui, que les plaisirs mondains et le pouvoir terrestre ne donnent pas une joie et une paix durables. C’est plutôt la fidélité à Dieu, l’honnêteté et l’intégrité de la vie et l’authentique préoccupation pour le bien des autres qui nous apportent cette paix que le monde ne peut offrir. Cela ne diminue pas notre souci de ce monde, comme si nous regardions seulement vers la vie future. Au contraire, cela offre un but à la vie en ce monde et nous aide à rejoindre ceux qui sont dans le besoin, à coopérer avec les autres pour le bien commun et à construire une société plus juste, qui promeut la dignité humaine, sans exclure personne, qui défend la vie, don de Dieu, et protège les merveilles de la nature, la Création, notre maison commune.
Chers frères et soeurs, c’est l’héritage que vous avez reçu des martyrs ougandais : des vies marquées par la puissance de l’Esprit Saint, des vies qui témoignent encore aujourd’hui du pouvoir transformant de l’Évangile de Jésus Christ. On ne s’approprie pas cet héritage comme un souvenir de circonstance ou en le conservant dans un musée comme si c’était un joyau précieux. Nous l’honorons vraiment et nous honorons tous les Saints, lorsque plutôt nous portons le témoignage qu’ils ont rendu au Christ dans nos maisons et à nos voisins, dans nos lieux de travail et dans la société civile, soit que nous restions dans nos maisons ou que nous nous rendions jusqu’au coin le plus reculé du monde.
Puissent les martyrs ougandais, avec Marie, Mère de l’Église, intercéder pour nous, et puisse l’Esprit Saint allumer en nous le feu de l’amour divin !
Omukama Abawe Omukisa! (Que Dieu vous bénisse!)
Spagnolo
«Recibirán la fuerza del Espíritu Santo que descenderá sobre ustedes, y serán mis testigos en Jerusalén, en toda Judea y Samaría, y hasta los confines de la tierra» (Hch 1,8).
Desde la época Apostólica hasta nuestros días, ha surgido un gran número de testigos para proclamar a Jesús y manifestar el poder del Espíritu Santo. Hoy, recordamos con gratitud el sacrificio de los mártires ugandeses, cuyo testimonio de amor por Cristo y su Iglesia ha alcanzado precisamente «los extremos confines de la tierra». Recordamos también a los mártires anglicanos, su muerte por Cristo testimonia el ecumenismo de la sangre. Todos estos testigos han cultivado el don del Espíritu Santo en sus vidas y han dado libremente testimonio de su fe en Jesucristo, aun a costa de su vida, y muchos de ellos a muy temprana edad.
También nosotros hemos recibido el don del Espíritu, que nos hace hijos e hijas de Dios, y también para dar testimonio de Jesús y hacer que lo conozcan y amen en todas partes. Hemos recibido el Espíritu cuando renacimos por el bautismo, y cuando fuimos fortalecidos con sus dones en la Confirmación. Cada día estamos llamados a intensificar la presencia del Espíritu Santo en nuestra vida, a «reavivar» el don de su amor divino para convertirnos en fuente de sabiduría y fuerza para los demás.
El don del Espíritu Santo se da para ser compartido. Nos une mutuamente como fieles y miembros vivos del Cuerpo místico de Cristo. No recibimos el don del Espíritu sólo para nosotros, sino para edificarnos los unos a los otros en la fe, en la esperanza y en el amor. Pienso en los santos José Mkasa y Carlos Lwanga que, después de haber sido instruidos por otros en la fe, han querido transmitir el don que habían recibido. Lo hicieron en tiempos difíciles. No estaba amenazada solamente su vida, sino también la de los muchachos más jóvenes confiados a sus cuidados. Dado que ellos habían cultivado la propia fe y habían crecido en el amor de Cristo, no tuvieron miedo de llevar a Cristo a los demás, aun a precio de la propia vida. Su fe se convirtió en testimonio; venerados como mártires, su ejemplo sigue inspirando hoy a tantas personas en el mundo. Ellos siguen proclamando a Jesucristo y el poder de la cruz.
Si, a semejanza de los mártires, reavivamos cotidianamente el don del Espíritu Santo que habita en nuestros corazones, entonces llegaremos a ser de verdad los discípulos misioneros que Cristo quiere que seamos. Sin duda, lo seremos para nuestras familias y nuestros amigos, pero también para los que no conocemos, especialmente para quienes podrían ser poco benévolos e incluso hostiles con nosotros. Esta apertura hacia los demás comienza en la familia, en nuestras casas, donde se aprende a conocer la misericordia y el amor de Dios. Y se expresa también en el cuidado de los ancianos y de los pobres, de las viudas y de los huérfanos.
Como aquella madre y sus siete hijos, que describe el segundo Libro de los Macabeos, se animaban unos a otros en el momento de la gran prueba (7,1-2.9-14), del mismo modo, como miembros de la familia de Dios, debemos ayudarnos unos a otros, protegernos y guiarnos a la plenitud de la vida. Pienso con gratitud en todos aquellos –Obispos, sacerdotes, mujeres y hombres consagrados y catequistas– que de mil modos diversos han ayudado a las familias cristianas. Que la Iglesia en este país, especialmente mediante las comunidades parroquiales, siga ayudando a las parejas jóvenes en su preparación al matrimonio, anime a los esposos a vivir el vínculo conyugal en el amor y la fidelidad, y ayude a los padres en su tarea de ser los primeros maestros de la fe de sus hijos.
Al igual que los Apóstoles y los mártires de Uganda antes que nosotros, hemos recibido el don del Espíritu Santo para ser discípulos-misioneros, llamados a salir hacia los otros y llevar el Evangelio a todos. En ocasiones esto supondrá ir hasta los confines del mundo, como misioneros en tierras lejanas. Esto es esencial para la difusión del Reino de Dios, y les pido siempre una respuesta generosa a esta exigencia. Sin embargo, no es necesario viajar para ser discípulos-misioneros. En realidad, solamente hace falta abrir los ojos a las necesidades que encontramos en nuestras casas y en nuestras comunidades locales para darnos cuenta de las numerosas oportunidades que allí nos esperan.
También en esto los mártires de Uganda nos indican el camino. Su fe buscó el bien de todos, incluso del mismo Rey que los condenó por su credo cristiano. Su respuesta buscaba oponer el amor al odio, y de ese modo irradiar el esplendor del Evangelio. Ellos no se limitaron a decir al Rey lo que el Evangelio prohibía, sino que mostraron con su vida lo que significa realmente decir «sí» a Jesús. Significa misericordia y pureza de corazón, ser humildes y pobres de espíritu, y tener sed de la justicia, con la esperanza de la recompensa eterna.
El testimonio de los mártires nuestra, a todos los que han conocido su historia, entonces y hoy, que los placeres mundanos y el poder terreno no dan alegría ni paz duradera. Es más, la fidelidad a Dios, la honradez y la integridad de la vida, así como la genuina preocupación por el bien de los otros, nos llevan a esa paz que el mundo no puede ofrecer. Esto no disminuye nuestra preocupación por las cosas de este mundo, como si mirásemos solamente a la vida futura. Al contrario, nos ofrece un objetivo para la vida en este mundo y nos ayuda a acercarnos a los necesitados, a cooperar con los otros por el bien común y a construir, sin excluir a nadie, una sociedad más justa, que promueva la dignidad humana, defienda la vida, don de Dios, y proteja las maravillas de la naturaleza, la creación, nuestra casa común.
Queridos hermanos y hermanas, esta es la herencia que han recibido de los mártires ugandeses: vidas marcadas por la fuerza del Espíritu Santo, vidas que también ahora siguen dando testimonio del poder transformador del Evangelio de Jesucristo. Esta herencia no la hacemos nuestra como un recuerdo circunstancial o conservándola en un museo como si fuese una joya preciosa. En cambio, la honramos verdaderamente, y a todos los santos, cuando llevamos su testimonio de Cristo a nuestras casas y a nuestros prójimos, a los lugares de trabajo y a la sociedad civil, tanto si nos quedamos en nuestras propias casas como si vamos hasta los más remotos confines del mundo.
Que los mártires ugandeses, junto con María, Madre de la Iglesia, intercedan por nosotros, y que el Espíritu Santo encienda en nosotros el fuego del amor divino.
¡Omukama abawe omukisa! (Que Dios los bendiga).
Portoghese
«Ides receber uma força, a do Espírito Santo, que descerá sobre vós, e sereis minhas testemunhas em Jerusalém, por toda a Judeia e Samaria e até aos confins do mundo» (Act 1, 8).
Desde a Idade Apostólica até aos nossos dias, surgiu um grande número de testemunhas que proclamam Jesus e manifestam a força do Espírito Santo. Hoje lembramos, com gratidão, o sacrifício dos mártires ugandeses, cujo testemunho de amor a Cristo e à sua Igreja chegou, justamente, até «aos confins do mundo». Recordamos também os mártires anglicanos, cuja morte por Cristo dá testemunho do ecumenismo do sangue. Todas estas testemunhas cultivaram o dom do Espírito Santo na sua vida e, livremente, deram testemunho da sua fé em Jesus Cristo, mesmo a preço da vida, e vários deles numa idade muito jovem.
Também nós recebemos o dom do Espírito para nos fazer filhos e filhas de Deus, mas também para dar testemunho de Jesus e torná-Lo conhecido e amado em todos os lugares. Recebemos o Espírito, quando renascemos no Baptismo e quando fomos reforçados com os seus dons na Confirmação. Cada dia somos chamados a aprofundar a presença do Espírito Santo na nossa vida, a «reavivar» o dom do seu amor divino para sermos, por nossa vez, fonte de sabedoria e de força para os outros.
O dom do Espírito Santo é-nos concedido para ser partilhado. Une-nos uns aos outros como fiéis e membros vivos do Corpo místico de Cristo. Não recebemos o dom do Espírito só para nós mesmos, mas para nos edificarmos uns aos outros na fé, na esperança e no amor. Penso nos Santos José Mkasa e Carlos Lwanga que, depois de ter sido instruídos na fé pelos outros, quiseram transmitir o dom que receberam. Fizeram-no em tempos perigosos: não só a vida deles estava ameaçada, mas também a vida dos mais novos, confiados aos seus cuidados. Dado que tinham cultivado a fé e crescido no amor a Deus, não tiveram medo de levar Cristo aos outros, inclusive a
preço da vida. A fé deles tornou-se testemunho; venerados hoje como mártires, o seu exemplo continua a inspirar muitas pessoas no mundo. Continuam a proclamar Jesus Cristo e a força da Cruz.
Se nós, como os mártires, reavivarmos diariamente o dom do Espírito que habita nos nossos corações, tornar-nos-emos certamente naqueles discípulos-missionários que Cristo nos chama a ser. Sê-lo-emos sem dúvida para as nossas famílias e os nossos amigos, mas também para aqueles que não conhecemos, especialmente para quantos poderiam ser pouco benévolos e até mesmo hostis para connosco. Esta abertura aos outros começa na família, nos nossos lares, onde se aprende a caridade e o perdão, e onde, no amor dos nossos pais, se aprende a conhecer a misericórdia e o amor de Deus. A referida abertura exprime-se também no cuidado pelos idosos e os pobres, as viúvas e os órfãos.
Assim como a mãe e seus sete filhos, referidos no Segundo Livro dos Macabeus (7,1-2.9-14), se encorajaram entre si no momento da grande prova, assim também nós, como membros da família de Deus, devemos ajudar-nos uns aos outros, proteger-nos mutuamente e fazer-nos chegar à plenitude da vida. Penso aqui, com gratidão, em todas as pessoas – bispos, sacerdotes, homens e mulheres consagrados e catequistas – que de tantas formas ofereceram a sua ajuda às famílias cristãs. Que a Igreja neste país, especialmente através das comunidades paroquiais, possa continuar a ajudar os noivos na preparação para o matrimónio, a encorajar os esposos a viver o vínculo conjugal no amor e na fidelidade e a apoiar os pais na sua missão de primeiros mestres da fé dos filhos.
Recebemos, como antes de nós o receberam os Apóstolos e os mártires do Uganda, para nos tornarmos discípulos-missionários, chamados a sair ao encontro dos outros e levar o Evangelho a todos. Às vezes, isto pode levar-nos para os confins do mundo como missionários em terras distantes, o que é essencial para a difusão do Reino de Deus, pedindo-vos eu uma resposta sempre generosa se tal vos for solicitado. Mas não precisamos de viajar para ser discípulos-missionários; precisamos apenas de abrir os olhos para as necessidades que encontramos nos nossos lares e nas nossas comunidades locais para nos darmos conta de quantas oportunidades nos esperam.
Também nisto os mártires do Uganda nos apontam o caminho. A sua fé procurou o bem de todos, incluindo o do próprio rei que os condenou pelo seu credo cristão. A sua resposta quis opor o amor ao ódio, e assim irradiar o esplendor do Evangelho. Não se limitaram a referir ao rei aquilo que o Evangelho proibia, mas mostraram com a sua vida o que realmente significa dizer «sim» a Jesus: significa misericórdia e pureza de coração, ser humildes e pobres em espírito e ter sede da justiça na esperança da recompensa eterna.
O testemunho dos mártires mostra a quantos, ontem e hoje, ouviram a sua história que os prazeres mundanos e o poder terreno não dão alegria e paz duradouras. Mas são a fidelidade a Deus, a honestidade e integridade da vida e uma autêntica preocupação pelo bem dos outros que nos trazem aquela paz que o mundo não pode oferecer. Isto não diminui a nossa solicitude por este mundo, como se nos limitássemos a olhar para a vida futura; pelo contrário, dá uma finalidade à vida neste mundo e ajuda-nos a ir ter com os necessitados, a cooperar com os outros em prol do bem comum e a construir uma sociedade mais justa, que promova a dignidade humana, sem excluir ninguém, que defenda a vida, dom de Deus, e proteja as maravilhas da natureza, a criação, a nossa casa comum.
Queridos irmãos e irmãs, esta é a herança que recebestes dos mártires ugandeses: vidas marcadas pela força do Espírito Santo, vidas que ainda hoje testemunham o poder transformador do Evangelho de Jesus Cristo. Não tomamos posse desta herança com uma comemoração passageira ou conservando-a num museu como se fosse uma jóia preciosa. Mas honramo-la verdadeiramente, como honramos todos os Santos, quando levamos o seu testemunho de Cristo para os nossos lares e a nossa vizinhança, para os locais de trabalho e a sociedade civil, quer permaneçamos em nossas casas, quer tenhamos de ir até ao canto mais remoto do mundo.
Que os mártires ugandeses juntamente com Maria, Mãe da Igreja, intercedam por nós, e o Espírito Santo acenda em nós o fogo do amor divino.
Omukama Abawe Omukisa! [Deus vos abençoe!]
***
Al termine, dopo il saluto dell’Arcivescovo di Kampala, S.E. Mons. Cyprian Kizito Lwanga, e la benedizione finale, il Papa rientra alla Nunziatura Apostolica.