martedì 22 dicembre 2015

Alla scoperta della bellezza



Presentata la terza lettera della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. 

Non è più tempo di una spiritualità individuale, ma di una spiritualità di comunione, perché la Chiesa non è un cammino che si fa da soli, ma insieme. È un vero e proprio sussulto quello che il cardinale João Braz de Aviz ha chiesto a tutti i consacrati. L’occasione è stata la presentazione della terza lettera del dicastero dal titolo Contemplate. Ai consacrati e alle consacrate sulle tracce della Bellezza, edita dalla Libreria Editrice Vaticana. 
Durante l’incontro, svoltosi nei giorni scorsi alla Pontificia università Urbaniana, , il prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha fatto riferimento alla Trinità per far comprendere che in questa ottica deve essere rivista ogni relazione, compreso anche il rapporto tra autorità e obbedienza negli istituti. Questo infatti dovrebbe essere un rapporto in cui si cerca insieme la volontà di Dio.
Il cardinale ha poi ricordato che entrare nella contemplazione significa sempre più ricreare la relazione con Dio e tra di noi. E considerando Dio come Trinità, è necessario fare esperienza di lui sperimentando la relazione d’amore nella profondità della solitudine e del silenzio. Da qui l’invito a riconoscere che nell’altro c’è qualcosa di importante per arrivare a Dio: un atteggiamento non sempre facile, che tuttavia va riscoperto imparando l’umiltà da Gesù, il quale si fa bambino nel mistero del Natale. Il porporato ha infine annunciato che la prossima lettera, la quarta e ultima, sarà dedicata alla missione.
Da parte sua, l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario del dicastero, ha parlato della formazione alla dimensione contemplativa della vita consacrata. «Le varie forme di vita consacrata eremitica e verginale, monastica e canonicale, conventuale e apostolica, secolare e di nuova fraternità — ha detto — bevono alla fonte della contemplazione, vi si ristorano e prendono vigore». In essa incontrano il mistero che «le abita e trovano pienezza per vivere la cifra evangelica della consacrazione, della comunione e della missione». Per questo il momento formativo non può prescindere dall’educare alla vita di contemplazione.
Il presule ha poi fatto notare come non si faccia fatica a scoprire tra i nostri contemporanei, soprattutto tra i giovani, la domanda di spazi di silenzio, di autenticità, di ascolto della parola di Dio, di ricerca di esperienza mistica. «A questi germi — ha detto — non sempre corrisponde una risposta concreta». Spesso, infatti, tali richieste non sono accompagnate dal «desiderio di attendere i tempi lunghi che occorrono per fare esperienza di Dio e diventare nella città degli uomini parabola di sapienza evangelica».
La lettera del dicastero, ha spiegato l’arcivescovo, dedica un intero capitolo, l’ultimo, al «Formare»: un «impegno richiesto ai singoli e alle comunità per varcare la soglia del mistero e immergersi nel Volto del più bello tra i figli dell’uomo, e imparare a riconoscerlo nei volti sfigurati dei fratelli». Un invito, ha sottolineato, che «si dipana nello stile della bellezza, nella prossimità della misericordia, nella danza del creato». Proprio bellezza, misericordia e cura della casa comune sono «i concreti cammini formativi suggeriti per aiutare a vivere la dimensione contemplativa di ogni vita consacrata». La Bellezza in particolare, filo conduttore insieme al racconto biblico del Cantico dei Cantici, è anche il sottotitolo della lettera: Bellezza intesa quale «stile di formazione, quale binario che conduce alla contemplazione». Nel cammino di cristiani e consacrati, infatti, c’è bisogno «di riconoscere le tracce della Bellezza: una via verso il trascendente, verso il mistero ultimo, verso Dio».
In poche parole, ha aggiunto il presule, siamo chiamati «a percorrere la via pulchritudinis, che costituisce un percorso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica». Infatti, i nostri cammini formativi «devono aiutarci e abilitarci a leggere dentro le cose, a percorrere la strada per giungere dalle forme della bellezza penultima all’armonia della Bellezza suprema». Si tratta di cammini formativi che conducono, anche attraverso le forme dell’arte, della musica, della letteratura, a scoprire «l’Autore di ogni bellezza».
Anche suor Nicla Spezzati, sottosegretario del dicastero, ha ricordato come la parola bellezza ricorra nel testo della lettera ben novantasette volte. La dedica lega poi l’invito-tema di fondo Contemplate «alla capacità di essere, come attitudine d’intelligenza, di cuore, di sensi, cioè con tutto il proprio essere in relazione con la Bellezza».
Suor Spezzati ha invitato a leggere la lettera per trovare indicazioni per uno stile di vita che ha racchiuso in un simbolo: «Una composizione musicale per quattro mani, eseguiti da due pianisti sul medesimo strumento». In una composizione del genere, ha detto, è presente «la melodia composta in genere con note acute le più penetranti, quelle che risultano più facilmente riconoscibili dall’ascolto e che l’ascoltatore memorizza nasce dall’ispirazione del compositore». La partitura armonica, poi, «viene costruita per sostenere e arricchire la melodia con tecniche e regole ben precise». La melodia corre veloce, «creativa in un continuum che sembra inarrestabile. L’armonia invece si sussegue con accordi, suoni che danno un senso di moto calmo e forte, di compiutezza».
Padre Sebastiano Paciolla, sottosegretario del dicastero, ha spiegato infine come il testo della lettera si colleghi, in una linea di continuità, alla produzione magisteriale del Pontefice. Ha poi sottolineato che la dimensione contemplativa è «radicalmente una realtà di grazia, vissuta dal credente come un dono di Dio, che lo abilita a conoscere il Padre nel mistero della comunione trinitaria, sì da poter gustare “le profondità di Dio”». Questa dimensione contemplativa viene descritta «fondamentalmente come la risposta teologale di fede, speranza e amore con cui il credente si apre alla rivelazione e alla comunione del Dio vivente per Cristo nello Spirito Santo».

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Sulle tracce di una storia d’amore
(Nicla Spezzati) La terza lettera della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica — datata 15 ottobre, memoria liturgica di santa Teresa d’Ávila, dottore della Chiesa — fa seguito ai testi Rallegratevi e Scrutate nel tempo prezioso in cui il cammino dell’anno della vita consacrata incontra il tempo giubilare nel mistero della misericordia. Fissare lo sguardo su Gesù Cristo volto della misericordia del Padre, contemplare la misericordia fatta parola, gesti, stile e santità ospitale, conduce al cuore del nostro vivere nella forma del Vangelo. Risuona l’invito Contemplate a chiedere ragione della nostra ricerca di Dio, a interrogare la misura vitale dei nostri giorni, a riconoscere il mistero di grazia che ci sostanzia, ci appassiona, ci trasfigura.
La parola del Cantico dei Cantici accompagna come cantus firmus la riflessione che il testo offre sulle tracce di una storia d’amore che pur svolgendosi in contesti precisi, agresti e cittadini, non è mai compiuta, come metafora che chiama a nuova ricerca, a nuovi incontri, a nuovo mistero. Si narra di un amore orientato alla relazione interpersonale, decentrato, intento a contemplarne il volto amato e a udirne la voce: estasi dinanzi alla terra sacra dell’altro. Per permanere in tale epifania bisogna allenare occhi e cuore ad assaporare la Bellezza come mistero che avvolge e coinvolge. Un particolare invito viene espresso dal testo: riconoscere la bellezza nella propria identità che è eternamente ricevuta, data per grazia e custodire l’originaria umana bellezza nei contesti sociali contemporanei.
Stendhal guarda alla bellezza come promessa di felicità, donandoci il carattere intuitivo della bellezza, mentre Rilke riflette sul quid della bellezza che per essere rivelato attraversa l’angoscia e il dolore. La Bellezza ha il sapore della passione. La lettera ricorda che l’attitudine contemplativa si alimenta alla bellezza velata della croce.
Il Verbo che era presso Dio, appeso ai rami dell’albero posto a legare i cieli e la terra, diventa lo scandalo per eccellenza, davanti al quale ci si vela il volto. Dalle croci del mondo, oggi altre vittime della violenza, quasi altri “cristi”, pendono umiliati, mentre il sole si oscura, il mare diventa amaro e i frutti della terra maturati per la fame di tutti si spartiscono per l’avidità di pochi. Risuona per i consacrati e le consacrate l’invito a purificare lo sguardo per contemplare l’enigma pasquale della salvezza vivo e operante, oggi. Nelle fraternità e nelle comunità che vivono immerse nelle culture contemporanee, spesso rese mercato dell’effimero, può accadere che anche il nostro sguardo perda la capacità di riconoscere la bellezza della Pasqua: la compostezza disarmata e inerme che si profila nel volto dei fratelli e delle sorelle che ci sono familiari come su quello dei cristi rifiutati dalla storia che incontriamo nelle nostre diaconie di carità. Volti senza apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, e provarne diletto.
Ogni giorno lo spettacolo della sofferenza umana si mostra nella sua crudezza. Esso è tale che nessuna redenzione può essere cercata senza affrontare lo scandalo del dolore. Questo mistero attraversa come un’onda immane la storia umana e invita a riflessione. Siamo chiamati a ricomporre nella città umana i frammenti smarriti della Bellezza, nella misericordia di un abbraccio che ricompone e risana.
L'Osservatore Romano