martedì 26 gennaio 2016

La TV che mente


« Monica Cirinnà: Essenziale è che “si faccia almeno un primo passo avanti” in attesa di una legge che “equiparerà i diritti delle unioni omosessuali a quelli della famiglia eterosessuale”.
Si può poi sperare che “i tribunali dei minori concedano, sentenza dopo sentenza, anche l’adozione”. »
Nessuna mediazione è possibile.
La legge va fermata.

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RAI E MEDIASET, LA TV CHE MENTE
di Giovanna Arminio (La Croce quotidiano)
Come nella migliore tradizione del giornalismo di casa nostra, avvicinandosi la data dell’approdo in Senato del d.d.l. Cirinnà, il Potere Mediatico si organizza, trasmettendo interviste a raffica con l’unico obiettivo di fare percepire l’urgenza, l’impellenza e l’assoluta necessità dell’approvazione della legge sulle unioni civili, nella sua attuale formulazione.
In prima serata si sceglie accuratamente di rivolgendosi a due diversi tipi di pubblico: di quello “colto” e radical chic se ne occupa Presa Diretta su Rai 3 e di quello giovane, invece, Le Iene su Italia 1.
Guardare queste trasmissioni dopo cena disturba la digestione e nuoce gravemente alla salute di chi ha ancora un residuo senso critico.
La tecnica è sempre la stessa: c’è una tesi da dimostrare e tutto deve convergere in un’unica direzione, senza contraddittorio e punti di vista diversi.
Prima intervista: strumentalizzazione della malattia.
L’abile regia della puntata di Presa Diretta ha come scopo quello di obnubilare il cervello dello spettatore e fare spuntare la lacrimuccia: si comincia, infatti, con l’intervista a Scialpi e al compagno Roberto Blasi - sposatisi a New York - che raccontano i momenti terribili vissuti durante il ricovero per problemi cardiaci del cantante e il successivo intervento chirurgico, oltre alla grave discriminazione subita dal marito che non avrebbe potuto prendere alcuna decisione, né assisterlo né essere informato, essendo per la legge italiana un perfetto estraneo.
Ovviamente l’Ospedale non è stato chiamato né invitato ad intervenire o smentire.
Alla domanda su cosa sia la famiglia, la risposta è “il nostro amore”.
Lacrimuccia.
Ma le cose non stanno così.
Basta, infatti, andare a consultare la guida di Altro Consumo per rendersi conto che i conviventi possono prevedere contrattualmente che - in tutti i casi di malattia fisica o psichica o qualora la capacità di intendere e di volere di uno di essi sia compromessa - il partner abbia la facoltà di assistenza, il diritto di visita, attribuendosi anche apposita delega per conoscere ogni informazione riguardante lo stato di salute, le cure e le terapie a cui il convivente venga sottoposto.
Seconda intervista: strumentalizzazione della morte.
Si passa, quindi, alla storia di una coppia omosessuale in cui, deceduto uno dei due partner, il superstite si lamenta per il pagamento di una tassa di successione assai più alta di quella che avrebbe corrisposto nel caso in cui fossero stati regolarmente sposati.
Ora, non è che si faccia una gran bella figura a buttare il discorso sul vil denaro, però, tant’è!
Di questo si parla e del fatto che, avendo optato per la cremazione del corpo, si è reso necessario il consenso della madre.
Ovviamente il defunto non aveva fatto testamento sul punto né la coppia aveva stipulato un contratto di convivenza.
Terza intervista: imprese gay friendly.
Si passano in rassegna tutte le aziende virtuose (Alma Viva, ATAC, Università Alma Mater di Bologna, Teatro Massimo di Palermo, DHL, Banca Intesa San Paolo, Telecom e, in testa, Ikea) che, non solo riconoscono pari diritti alle coppie omosessuali in tema di licenza per matrimonio, assistenza del partner e simili, ma addirittura si esprimono a favore della veloce approvazione della legge.
Quarta intervista: rinnovata versione della famiglia del mulino bianco (due papà sorridenti, bambino biondo, giocattoli, casa accogliente).
Si accompagna lo spettatore, con una gradevole musica di sottofondo e un abile montaggio, a casa del senatore PD Logiudice, sposatosi in Norvegia con il proprio compagno, a sua volta padre di un bambino.
Alla domanda: “di chi è figlio Luca?”, io avrei risposto: “di suo padre e della donna (sua madre) che lo ha partorito e consegnato alla coppia committente”.
Entrambi si crucciano che il piccolo non abbia il suo secondo genitore.
In realtà ce l’ha e si chiama “mamma”, ma nella totale mistificazione della realtà il dato non interessa a nessuno.
Cosa potrebbe accadere a questo punto della trasmissione?
Quinta intervista: mistificazione della realtà.
Beh, che ti venga propinata un’intervista ad una madre surrogante (si dice così e non surrogata, comunque), che ha già portato avanti due gravidanze per due coppie omosessuali italiane.
Lo fa perchè qualcosa dentro di lei la spinge ad adoperarsi a favore di chi non può avere figli. Riferisce di non provare alcun coinvolgimento emotivo nei confronti del bambino che porta in grembo perché a livello mentale sa che non le appartiene.
Questa l’ho già sentita: qualcuno dice che i figli si concepiscono nella mente, come Atena che schizzò fuori dalla testa di Zeus!
Ci tiene a precisare che la legge è molto rigorosa perché a un certo punto “arrivano gli avvocati che redigono un contratto” e…. no, non lo fa per soldi, anzi è “addirittura l’ultima ad essere pagata”, nonostante sia “quella che sta lavorando per nove mesi”.
Insomma, nonostante la domanda le venga ripetuta per ben tre volte, non dice a quanto ammonta il compenso per la prestazione.
Seguire la trasmissione comincia a diventare una scelta autolesionista di come concludere (male) la giornata, ma ormai non ho scelta.
Sesta intervista: strumentalizzazione dei bambini, sovraesposizione mediatica, descrizione di una falsa realtà (il padre non esiste e non importa, non è così indispensabile).
Comincia il servizio sulla coppia omosessuale composta da due donne - una delle due è madre di due bambine - sposatesi in Spagna. Raccontano che “…è stato il nostro matrimonio, ma non il matrimonio delle loro mamme ma il matrimonio di tutte e quattro”.
Vabbè, prendo atto.
Arrivano le testimonianze di Emma e Giada “intervistate”, o meglio ammaestrate, istruite, addestrate, private dell’innocenza tipica dell’età, indotte a dire: “una cosa che può fare un babbo può farla anche una mamma…abbiamo lo stesso cervello tutti quanti, non è che c’è differenza tra un maschio e una femmina, in fondo abbiamo solo razionalizzato che i maschi sono più forti delle femmine ma magari non è neanche vero…le persone cosi ce ne sono…ve lo posso assicurare…tantissime…magari con due papà o con due mamme…non importa l’amore è amore non si cambia!”
Sorrido amaramente: avendo anche io bambine più o meno di quell’età non me le immagino proprio a usare il termine “razionalizzato”!
Questa è veramente la parte peggiore del programma: bambine così piccole che recitano una parte, imparano a memoria le parole giuste da dire e sono esposte come trofei e sottoposte all’attenzione mediatica dalla loro stessa madre, alla quale non basta vivere liberamente la propria omosessualità ma, per affermare se stessa, mette al mondo figli privandoli del padre, ridotto a venditore-donatore di sperma.
Ovviamente scopo dell’intervista è dimostrare l’ingiustizia insita nell’impossibilità, per la compagna della madre, di adottare le bambine. Non è certamente preso in considerazione il diritto di quelle bambine ad avere il loro padre, al quale probabilmente, anche volendo, sarà impossibile risalire.
Settima intervista: stravolgimento del principio di separazione dei poteri, delirio di onnipotenza della magistratura militante.
Per concludere, la parola passa a Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, balzata alle cronache per avere emesso la prima sentenza in cui è stata di fatto riconosciuta l’adozione da parte della compagna della madre biologica.
No, non è vero che la magistratura legifera depotenziando il ruolo del Parlamento!
Tutto regolare.
Quando penso di avere toccato il fondo, vado a leggere gli studi scientifici e giuridici citati da Iacona. Mi dico: senza preconcetti!
Prendo “Utero surrogato: normative a confronto” dell’avvocato Ida Parisi, pubblicato sul sito web Luca Coscioni (non vi dice niente, no?).
Faccio uno sforzo: “Risulta possibile, infatti, ritrovare tracce della pratica di delegare ad un’altra donna la procreazione di un figlio, anche nell’esperienza storica e, in particolare, in quella biblica. Si racconta, ad esempio, di Sara che, ormai settantacinquenne, convinse Abramo ad avere un figlio dalla propria schiava Agar, e di Giacobbe che ebbe due figli dalla schiava della propria moglie Rachele; presso gli antichi romani, ancora, diffusa era la pratica del ventrem locare, mediante la quale un uomo cedeva la propria moglie ad un amico, che non aveva avuto la fortuna di sposare una donna fertile, per poi riprenderla subito dopo il parto.”
Respiro profondamente.
Ciascuno di noi, leggendo la Bibbia (e cercando di comprenderla, magari contestualizzandola) saprà che, come risulta anche dal codice di Hammurabi, una moglie sterile poteva dare al proprio marito una schiava per fargli avere dei figli. Il comportamento di Sara, Agar e Abramo è in perfetta sintonia con gli usi dei tempi.
Ma Agar era e rimase schiava.
Giustificare l’introduzione dell’utero in affitto tirando per la giacchetta Abramo è di un’ignoranza bestiale.
Se la citazione invece, vuole fare un parallelismo tra maternità surrogata e schiavitù, è da un bel pezzo che lo sosteniamo!
Arrivati a questo punto della trasmissione non ascolto quasi più le interviste dei senatori interpellati.
Ho solo tre domande.
Chi è il padre delle sorelline intervistate?
Chi è la madre di Luca, il bambino che il senatore Logiudice vorrebbe adottare in qualità di compagno-marito del padre biologico.
Perche la madre surrogante americana non ha voluto dire quanti soldi ha incassato per la prestazione svolta?
Vi risparmio la descrizione della trasmissione Le Iene, che ha messo in onda un video in cui bambini e bambine di coppie omosessuali ed eterosessuali presenti alle manifestazioni di piazza, reagiscono in vario modo alla proposta di matrimonio (con tanto di anello e bacio appassionato) tra due uomini.
E poi dicono che non viviamo in una società adultocentrica. No.
Ah dimenticavo: ma se il d.d.l. Cirinnà non introduce di fatto l’utero in affitto effettuato all’estero (rendendolo efficace attraverso la stepchild adoption) perché entrambe le trasmissioni televisive si sono concentrate sul diritto di adottare il figlio naturale del partner?