sabato 23 gennaio 2016

Libero Stato in libera Chiesa



Un problema tecnico ha impedito che La Croce Quotidiano di oggi fosse online, e questo fa sì che i numerosi contributi offerti dalla redazione non siano fruibili al pubblico.
Visto il grande ricamo del giornalista collettivo sulle nettissime parole pronunciate ieri da Papa Francesco in favore della “famiglia” (non “naturale” o “tradizionale”: la sola ed unica), condividiamo almeno il pungente corsivo di Carezza Nazareno.
Pare che il tema sia questo: i giorni che ci separano dal 30 e dalla manifestazione di uno smisurato orgoglio popolare, forte e tenero come mamma e papà per i loro bambini, saranno minati da una capillare campagna di delegittimazione (di chi di quel popolo si è ritrovato ad essere voce e parola) e da un parallelo tentativo di addomesticare il cuore indomito di quella piazza.
Soltanto tra una settimana si potrà sapere chi avrà vinto, o se avranno perso tutti.

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di Davide Vairani
“Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Lo ha riaffermato con chiarezza Papa Francesco nel suo discorso al Tribunale della Rota Romana, nella tradizionale udienza di inizio anno proprio ieri per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario.
“Il ministero del Tribunale Apostolico della Rota Romana – sottolinea il Papa all’inizio del suo intervento - è da sempre ausilio al Successore di Pietro, affinché la Chiesa, inscindibilmente connessa con la famiglia, continui a proclamare il disegno di Dio Creatore e Redentore sulla sacralità e bellezza dell’istituto familiare”.
E aggiunge: “Una missione sempre attuale, ma che acquista particolare rilevanza nel nostro tempo”.

Colpisce il fatto che Papa Francesco guardi ad un Tribunale (alla regola, alla legge) come un aiuto per se stesso a fare in modo che la Chiesa rimanga fedele nei secoli (“da sempre ausilio al Successore di Pietro” .. “continui a proclamare il Disegno di Dio”) ad una cosa in particolare: proclamare la sacralità e la bellezza dell’istituto familiare. Una missione quanto mai oggi attuale, che la Chiesa (cioè tutto il Corpo di Cristo, laici e consacrati) testimonia “inscindibilmente connessa con la famiglia”, con ciascuno di noi.
Colpisce, perché un incipit così non “buca” sul piano mediatico. Non si veste addosso all’immagine che tanti (troppi) vogliono vendere di Papa Francesco. L’uomo della Misericordia che fa queste dichiarazioni? Ma la Misericordia accoglie tutto e tutti e non fa distinzioni. La Misericordia non ha bisogno della regola, la Misericordia è “cuore”, “amore”, “bene”. La Misericordia esige che tutte le relazioni siano uguali, abbiano tutte la stessa dignità, gli stessi diritti e doveri, insomma.
“Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
D’altronde, un Papa cosa vuoi che dica in pubblico? Che le relazioni e le unioni sono tutte uguali?
“Non può farlo! Sta parlando ai cattolici..” direbbe qualcuno.
Papa Francesco vuole che la Chiesa sia oggi ciò che è sempre stata: “cattolica” (catholicon), cioè universale. Non nella potenza o nella forza: “universale” perché la ragione stessa della Chiesa è “universale”, cioè Cristo stesso. Per questo, Papa Francesco nel parlare ai “cattolici” parla delle ferite di tutta l’umanità. Alle ferite delle famiglie: perché la Chiesa sia sempre più attenta a ciascuna famiglia, alle povertà vecchie e nuove, alle minacce alla famiglia, per abbracciarle una ad una nel Disegno di Dio. La Chiesa non è che di Cristo.
E qual è il Disegno di Dio? “La Chiesa può mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove della vita, e insieme proclamare l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio. Questo servizio è affidato primariamente al Papa e ai Vescovi. Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha – tra l’altro – indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
Dentro questa “logica della Misericordia di Dio”, un Tribunale come la Rota Romana (“Tribunale della famiglia e della verità del vincolo sacro, due aspetti complementari”) compie un servizio prezioso alla Chiesa e, dunque, all’umanità intera perché custodisce la strada, cioè la regola per restare in cammino con Cristo. “Quando la Chiesa, tramite il vostro servizio – sottolinea Papa Francesco -, si propone di dichiarare la verità sul matrimonio nel caso concreto, per il bene dei fedeli, al tempo stesso tiene sempre presente che quanti, per libera scelta o per infelici circostanze della vita, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa. La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità”.
Il “sogno di Dio e della sua Chiesa” è il metodo che Cristo stesso ha usato: ti tengo sul mio cuore sempre. Anche quando sbagli, quando non riesci a vedere l’evidenza. O perché l’evidenza non la vuoi proprio vedere e seguire (“per libertà di scelta”) o a causa di “infelici circostanze della vita” che ti fanno stare nell’”oggettivo errore”.
Per egoismo.
E Papa Francesco in una nota a margine richiama un passo di Montini (da “Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana all’inizio della Quaresima del 1960”): “Le infelici circostanze della vita. Forse tutto questo flagello ha un nome estremamente generico, ma in questo caso tragicamente vero, ed è egoismo. Se l’egoismo governa il regno dell’amore umano, ch’è appunto la famiglia, lo avvilisce, lo intristisce, lo dissolve. L’arte di amare non è così facile come comunemente si crede. A insegnarla l’istinto non basta. La passione ancor meno. Il piacere neppure”.
Cosa ti insegna ad amara davvero? Una compagnia, un Incontro. Una compagnia di persone che hanno talmente coscienza della propria finitezza e fragilità da non vergognarsi di ammetterla. Una compagnia di persone che fa un sacco di sbagli, che “cammina a tentoni”. Con una certezza: che il desiderio di amore e di felicità infinita che ci portiamo nel fondo del nostro cuore non può essere un abbaglio, un miraggio.
“La famiglia e la Chiesa, su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza”- prosegue Papa Francesco. La Chiesa non è che una lunga compagnia che da duemila anni cammina. “E lo fanno certamente (la Chiesa e la famiglia) con gli insegnamenti che trasmettono, ma anche con la loro stessa natura di comunità di amore e di vita. Infatti, se la famiglia si può ben dire “chiesa domestica”, alla Chiesa si applica giustamente il titolo di famiglia di Dio. Pertanto «lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. È scritto a chiare lettere: “Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio”.
E una famiglia come fa ad andare avanti nella quotidianità? Si affida nella “corsa per afferarLo”, per usare le parole di San Paolo.
“E proprio perché è madre e maestra, la Chiesa sa che, tra i cristiani, alcuni hanno una fede forte, formata dalla carità, rafforzata dalla buona catechesi e nutrita dalla preghiera e dalla vita sacramentale, mentre altri hanno una fede debole, trascurata, non formata, poco educata, o dimenticata”.
“È bene ribadire con chiarezza che la qualità della fede non è condizione essenziale del consenso matrimoniale, che, secondo la dottrina di sempre, può essere minato solo a livello naturale (cfr CIC, can. 1055 § 1 e 2). Infatti, l’habitus fidei è infuso nel momento del Battesimo e continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente.
Non è raro che i nubendi, spinti al vero matrimonio dall’instinctus naturae, nel momento della celebrazione abbiano una coscienza limitata della pienezza del progetto di Dio, e solamente dopo, nella vita di famiglia, scoprano tutto ciò che Dio Creatore e Redentore ha stabilito per loro. Le mancanze della formazione nella fede e anche l’errore circa l’unità, l’indissolubilità e la dignità sacramentale del matrimonio viziano il consenso matrimoniale soltanto se determinano la volontà (cfr CIC, can. 1099). Proprio per questo gli errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio devono essere valutati molto attentamente”.
L’essere umano è libero, libero di scegliere il bene o seguire l’istinto, ciò che gli passa per la testa in quel momento. Negare l’evidenza o abbracciarla è un atto di ragione, cioè di volontà. La visione dell’uomo che Papa Francesco riprende è quella di sempre della Chiesa. Ogni gesto dell’uomo è una scelta che implica la coscienza di ciò che si sta percorrendo. Per questo, l’uomo è libero anche di fare il proprio male, cioè di non volere vedere ciò che è chiaramente il proprio bene. Tutte le volte che l’uomo usa come bussola l’egoismo, cioè lo sguardo rattrappito su di sé, sceglie di negare l’evidenza. Sceglie di non seguire il bene.
“La Chiesa, con rinnovato senso di responsabilità continua a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità –, non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo catecumenato - sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato - tanto auspicato da alcuni Padri Sinodali”.
Un nuovo “catecumenato”, cioè cammino verso, che per Papa Francesco sta saldo dentro la tradizione.
Non a caso nell’affermarlo cita in nota ancora un passaggio di Paolo VI nella medesima Lettera Pastorale del 1960 alla Chiesa ambrosiana: “Questa preparazione al matrimonio, noi pensiamo, sarà agevolata, se la formazione d’una famiglia sarà presentata alla gioventù, e se sarà compresa da chi intende fondare un proprio focolare come una vocazione, come una missione, come un grande dovere, che dà alla vita un altissimo scopo, e la riempie dei suoi doni e delle sue virtù. Né questa presentazione deforma o esagera la realtà”.
“Il tempo che viviamo è molto impegnativo sia per le famiglie, sia per noi pastori che siamo chiamati ad accompagnarle”, conclude il messaggio Papa Francesco.
I pastori, cioè i Vescovi, sono chiamati ad accompagnare le famiglie nel cammino di vita. Perché il “matrimonio, nei suoi elementi essenziali (prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità) non sia “un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà”.
“Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
Così come non può esserci confusione sul compito - oggi più che mai – delle famiglie nella Chiesa.
E’ l’ora delle famiglie, è l’ora che le famiglie diventino protagoniste nella società. Che non stiano “sotto le sottane” dei Vescovi (“i Vescovi-pilota), che non attendano “ordini” dall’alto della gerarchia ecclesiastica, perché la vocazione delle famiglie è parte integrante dell’essere-Chiesa, cioè dell’essere “catholicon”, universale. E’ un servizio alla Chiesa tornare ad essere protagonisti. Non per un “ideale di perfezione” che la famiglia vuole arrogarsi su di sé come una supremazia “etico-morale”. Ma per una evidenza.
“Noi vescovi – evidenziava nei giorni scorsi Papa Francesco - abbiamo questa responsabilità di essere testimoni: testimoni che il Signore Gesù è vivo, che il Signore Gesù è risorto, che il Signore Gesù cammina con noi, che il Signore Gesù ci salva, che il Signore Gesù ha dato la sua vita per noi, che il Signore Gesù è la nostra speranza, che il Signore Gesù ci accoglie sempre e ci perdona. La testimonianza. La nostra vita dev’essere questo - precisa - una testimonianza. Una vera testimonianza della Resurrezione di Cristo”.
Ecco i due “mandati» dei pastori: “Il primo compito del vescovo è stare con Gesù nella preghiera. Il primo compito del vescovo non è fare piani pastorali… no, no! Pregare: questo è il primo compito. Il secondo compito è essere testimone, cioè predicare. Predicare la salvezza che il Signore Gesù ci ha portato”.
“Noi tutti sappiamo che i nostri vescovi italiani, tutti, insieme al loro presidente e al segretario generale, sono uniti e compatti nel difendere, promuovere e sostenere il patrimonio universale irripetibile che è la famiglia che è il luogo e il grembo della vita, la prima scuola di umanità, di relazioni, di dialogo. Sì, siamo profondamente uniti, insieme a tutto il popolo di Dio, per prenderci cura sempre più e sempre meglio della famiglia”. Sono le parole del Presidente della CEI, Card. Angelo Bagnasco, pronunciate qualche giorno prima nella cattedrale di San Lorenzo a Genova. Tutto ci paiono tranne in conflitto e in (peggio ancora) in contrapposizione alle parole di papa Francesco che abbiamo appena riportato.
Con buona pace di chi vuole vedere a tutti i costi ciò che non c’è: divisione. Uniti per e con la famiglia.
23/01/2016 La Croce quotidiano