domenica 21 febbraio 2016

Il riconoscimento pubblico della santità

PadreFiglioSpiritoSanto
Da Padre Giovanni Cavalcoli
La santità cristiana si manifesta nelle opere dei santi. E quando queste opere manifestano una grande virtù, se vengono a conoscenza di fedeli capaci di giudicare, colui che le compie, spesso già in vita, comincia ad acquistarsi la fama di santo.
E, normalmente, tanto maggiormente e rapidamente si diffonde questa fama, quanto più grande è il bene che il santo fa, sia per la qualità che per la quantità delle opere, quanto più grande è il numero delle persone beneficate, quanto maggiore è la capacità di giudizio nel popolo e nei pastori, quanto più esse possono esprimersi liberamente, quanto più grandi sono lo zelo e i mezzi con i quali devoti ed ammiratori diffondono la fama del santo e sanno vincere gli ostacoli, che si oppongono alla diffusione di questa fama, e quanto più il santo sa capire ed andare incontro ai bisogni del proprio tempo.
Non bisogna però dimenticare che in questa dinamica, comprensibile e del tutto logica, si aggiungono, si inseriscono, interferiscono e giocano l’iniziativa imprevedibile e l’azione misteriosa dello Spirito Santo, il quale illumina, anima, scuote, muove, stimola, spinge, infervora, incoraggia, rafforza, infiamma, ove più ove meno, ora qui ora lì, senza che se ne possa capire il motivo, le anime e i cuori, le forze e le energie di ciascuno di coloro che, a partire dal santo stesso, sono interessati o coinvolti o protagonisti o attori o collaboratori in queste vicende o movimenti di opinione o imprese nelle opere della carità e della misericordia.
Così pure Dio permette, a volte, più o meno a lungo, in vari modi e misure, in certe circostanze, un molteplice e diverso intervento ostile di forze demoniache, sempre, s’intende, sotto il controllo della Provvidenza, e magari per la maggior gloria del santo, forze comunque attive, efficaci e pericolose, che intralciano, rallentano o demoliscono quello che il santo e i suoi devoti costruiscono, almeno a certe riprese o in certe situazioni.
In tal modo non è affatto detto, come l’esperienza dimostra, che ogni volta, quanto maggiore è il bene che il santo fa, tanto maggiore sia il successo che riscuote e più si diffonda la sua fama, come solitamente avviene, per esempio, se non intervengono ostacoli o contrasti accidentali o difetti organizzativi, quando si lancia un buon prodotto sul piano tecnologico, alimentare o commerciale.
Riguardo alla questione di come riconoscere i santi tra noi, dovere essenziale del cristiano, oltre a condurre egli stesso una vita santa e a darne l’esempio, è quello di osservare con molta attenzione, prudenza e capacità critica, l’ambiente ecclesiale nel quale vive, per discernere gli esempi di santità emergenti, riconoscere i segni e le prove della santità tra le persone con le quali vive.
Indubbiamente, non è facile riconoscere la presenza di un santo o di persone sante, anche disponendo di un buon criterio di giudizio, perché tutti noi abbiamo in questa vita pregi e difetti e non è facile giudicare cosa prevale, se il buono o il cattivo; non facile farci il giudizio complessivo su di una persona. Non ci è facile essere oggettivi ed imparziali, non esser mossi da passioni o nostri particolari interessi.
E’ importante disporre di un buon criterio di giudizio, valido e aggiornato. L’ideale della santità sostanzialmente è immutabile; l’imitazione di Cristo, che è sempre lo stesso, heri, hodie et cras. Tuttavia, la Chiesa, nei secoli, comprende sempre meglio le esigenze della santità.
Per questo, per fare un esempio, il Concilio Vaticano II propone un nuovo ideale di santità, che è più avanzato ed evangelico di quello del preconcilio, che andava bene allora, ma oggi è superato. Per esempio, un fedele che oggi cerca la santità, non può ignorare il dialogo ecumenico o con fedeli di altre religioni o con non-credenti. Non può ignorare la Messa novus ordo, anche se gli è consentito assistere a quella vetus ordo.
Lo Spirito Santo apre sempre nuovi orizzonti al cammino della Chiesa nella storia. Fedeltà non deve voler dire conservatorismo o restare indietro o fermi, quando si deve andare avanti. Un fedele che si proponesse di farsi santo sulla base di un modello medioevale o del 1950, salva la buona fede, mancherebbe di obbedienza e quindi di comunione con la Chiesa, cosa che è evidentemente necessaria alla santità.
Nessuno mi impedisce di prendere S.Tommaso o S.Domenico a modello di santità, anzi, come domenicano e teologo, devo farlo. Devo però sforzarmi di capire che cosa oggi questi santi farebbero, per realizzare il Vangelo in comunione con la Chiesa di oggi.
E’ interessante notare come in ogni periodo storico, tranne eccezioni o fraintendimenti involontari, i santi di una medesima area geografica, ma oggi a livello mondiale, tranne che non vi siano insormontabili difficoltà oggettive, si riconoscono tra di loro, fino a cercarsi a vicenda, a incontrarsi e a collaborare al servizio della Chiesa e delle anime, o un un’opera comune o in opere differenti, ma sempre in una grande stima e comunione reciproche.
Per riconoscere e apprezzare i santi del presente e del passato, canonizzati o non canonizzati, non dico che sia necessario esser santi a propria volta; anche se vale l’antico principio, secondo il quale è il simile che conosce il simile. O, come recita il proverbio popolare, “Dio li fa e li accompagna”.
Ma il minimo richiesto per questo riconoscimento è la bontà del criterio di giudizio, l’oggettività del giudizio stesso, la sincerità dell’intenzione e il desiderio della perfezione. A queste condizioni, anche un peccatore pentito e desideroso di riscatto può benissimo riconoscere un santo e magari cercare di confessarsi da lui e chiedergli un indirizzo per la sua vita. Così, per riconoscere i buoni medici, non è necessario esser medici a propria volta, ma basta voler guarire, vedere chi guarisce meglio e andare da lui.
In quest’opera di riconoscimento, capita di non essere sufficientemente informati, di andare per sentito dire, di interpretare male. La conoscenza diretta, attenta, benevola, critica, approfondita e possibilmente prolungata nel tempo è sempre la cosa migliore per non sbagliare. Oppure la testimonianza di persone fidate. Quanto alla fama, occorre verificare chi la diffonde e perchè e quali ne sono i contenuti.
Il riconoscimento ufficiale della santità esemplare di un fedele morto in concetto di santità segue degli iter e subisce vicende svariatissimi nel tempo e nei modi, anche se i passi giuridici che devono essere compiuti sono, nella sostanza, regolati dal diritto ormai da secoli.
Per esempio, mentre il martire domenicano Pietro da Verona, morto nel 1252, fu canonizzato l’anno dopo e Papa Giovanni Paolo II lo fu 9 anni dopo la morte avvenuta nel 2005, S.Alberto Magno, morto alla fine del sec.XIII, fu canonizzato solo da Pio XII e Giovanna d’Arco, morta nel sec.XV, fu anch’essa canonizzata solo nel secolo scorso.
Antonio Rosmini, morto nel 1854, fu beatificato solo nel 2007, dopo che per 150 anni fervettero aspri contrasti fra teologi e filosofi cattolici sul giudizio da dare circa il valore dottrinale delle sue opere. Da cinque secoli si sta discutendo sull’opportunità di beatificare il Savonarola e pare che ormai la Causa sarà avviata.
Il santo è consapevole della qualità e della quantità dei doni, dei talenti e delle ricchezze che Dio gli ha dato, che egli ha fatto fruttare e che sono ancora da far fruttare. E’ quindi consapevole anche del grado delle sue virtù, più alto o più basso di quelle di altri, senza mai cessare nello sforzo di progredire e di tener lontano il peccato. Evita quello mortale, ma non può evitare quello veniale, presente anche nei santi.
Il santo si distingue per le sue pratiche di penitenza. Castiga se stesso severamente anche per colpe leggere, approfittando delle croci quotidiane, mentre è comprensivo e misericordioso verso le colpe degli altri, mite ed obbediente, benchè all’occorrenza, sappia combattere la buona battaglia della fede, ammonire i peccatori, ergersi profeticamente contro le ingiustizie, denunciare i vizi, redarguire con coraggio e franchezza i superbi, anche se costituiti in autorità, e fermare i prepotenti che opprimono i deboli.
Il santo conduce una vita pia, pacifica, sobria, laboriosa, austera e disciplinata, che gli consente di operare rinunce a favore dei poveri, dominare le passioni e correggere le sue cattive tendenze: in tal modo rafforza la sua volontà, così da poter mirare verso mete sempre più alte.
Il santo sa confrontarsi sia con chi ha ricevuto di più, che con chi ha ricevuto di meno, non solo in senso materiale, ma anche spirituale, intellettuale, culturale e morale. Dona misericordiosamente e generosamente al primo ed impara o apprende docilmente, volenterosamente ed umilmente dal secondo.
Il santo è consapevole anche dei propri limiti, della propria fallibilità, delle proprie debolezze, dei propri bisogni, delle proprie fragilità, dei propri peccati, dei propri errori, delle proprie carenze, dei propri difetti, delle proprie malattie, delle proprie miserie e delle proprie cattive tendenze. Il santo non possiede veri e propri vizi, se non in piccole cose.
Dobbiamo lodare Dio per le opere che compie nei suoi santi e stare attenti ad evitare l’invidia; a meno che non si tratti di quella santa invidia, che ci spinge ad imitarli, ascoltarli e ad accettarne le correzioni.
La santità in questa vita può essere cosa precaria, perchè l’uomo è mutevole. Chi è buono oggi può diventare cattivo domani, come, del resto, e questo è fonte di speranza, chi è cattivo oggi, può diventare buono domani. Comunque, salvo i casi di santi morti giovani o giovanissimi, la vera, grande santità non si improvvisa, ma è come un sole che, apparendo all’alba, sale, sempre più luminoso, nel corso del mattino, fino a giungere al massimo del suo splendore a mezzogiorno.
I modelli di santità variano a seconda dei tempi, delle culture, delle circostanze storiche, delle situazioni sociali e politiche. I martiri occupano sempre il tradizionale primo piano. Il modello, però, che oggi sembra attirare soprattutto, è quello del santo dedito alle opere sociali, nel soccorso ai più poveri e bisognosi nei vari settori della società e della Chiesa.
Non manca però anche la sensibilità per chi ha svolto funzioni di servizio a vari livelli di autorità o competenza, nel campo della guida della Chiesa o della società civile, della teologia, della vita sacerdotale o religiosa, delle missioni, della famiglia, della cultura, della scienza, dell’economia, dell’arte o del lavoro.
Un settore che a me teologo domenicano pare scoperto e bisognoso di essere valorizzato, è quello della teologia, come scuola di sapienza. Bisogna che la Chiesa proponga modelli di santi teologi del nostro tempo. Occorre riscoprire modelli di santità nei quali il Medioevo e il primo cristianesimo ha abbondato.
Il Medioevo con i dottori della Chiesa, come S.Beda, S.Anselmo, S.Bernardo, S.Ildegarda, S.Alberto Magno, S.Tommaso d’Aquino, S.Raimondo da Peñafort, S.Antonio di Padova, S.Bonaventura, S.Gertrude la Grande, S.Caterina da Siena e S.Antonino da Firenze. Il primo cristianesimo, con i SS.Padri, come S.Giustino, S.Clemente, S.Ireneo, S.Ilario, S.Ambrogio, S.Agostino, S.Giovanni Crisostomo, S.Basilio, S.Gregorio Nisseno, S.Gregorio Nazianzeno, S.Leone Magno, S.Gregorio Magno, S.Massimo il Confessore.
La santità nell’ordine della sapienza resta sempre, anche per il nostro tempo ed anzi mai come per il nostro tempo, un bisogno essenziale per la Chiesa nel suo servizio di carità per il mondo e per il suo cammino verso il regno di Dio.
La sapienza è in grado di mettere in luce i valori della modernità: la dignità della coscienza, la percezione della dignità della persona, il bisogno di libertà, il senso dell’uguaglianza umana, la prospettiva della giustizia, l’appello della solidarietà umana, la coesistenza pacifica, l’ideale del progresso, il dominio razionale della natura, tutti questi valori, che sono il patrimonio della modernità, lo si riconosca o non lo si riconosca, hanno le loro radici nella sapienza cristiana.
Da esse traggono criterio, alimento e forza. E senza santità non esiste sapienza cristiana. Solo infatti chi mette in pratica la legge della carità ed è illuminato dalla verità evangelica, può indicare al mondo e alla Chiesa la via che conduce a Dio e alla salvezza.
In questo campo i santi dell’Ordine di San Domenico da otto secoli svolgono un prezioso servizio. E’ bello ricordare questo, proprio quest’anno che l’Ordine festeggia l’ottavo centenario della sua fondazione. Ancor oggi, la Famiglia domenicana, come ha sempre fatto nel corso dei secoli, attingendo alla sua ricca tradizione di santi teologi e sapienti[1], fa “scorrere sul suolo assetato l’acqua” della sapienza (Is 44,3).
Mi limito qui a ricordare i seguenti: il Beato Mons.Pio Alberto del Corona[2], il Beato Giuseppe Girotti[3], del Venerabile Padre Giocondo Pio Lorgna[4], il Servo di Dio Padre Joseph Lagrange[5], il Servo di Dio Padre Tomas Tyn[6] e il Padre Mariano Cordovani[7].
Note:
[1] Cf G.Cavalcoli, Teologi un bianco e nero. Il contributo della scuola domenicana alla storia della teologia, Edizioni Piemme, Milano 2000.
[2] Cf il sito delle Suore Domenicane dello Spirito Santo.
[3] M.Negrelli,OP, La carità segreta. Il Beato Giuseppe Girotti OP martire, Edizioni ESD, Bologna 2014.
[4] G.Cavalcoli, P.Lorgna: sacerdozio, eucaristia e vta, un Sacra Doctrina, 6, 1988, pp.696-739.
[5] B.Montagnes, Marie-Joseph Lagrange. Un biblista al servizio della Chiesa, Edizioni ESD, Bologna 2007.
[6] G.Cavalcoli, Padre Tomas Tyn. Un tradizionalista postconciliare, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007; Padre Tomas Tyn, in Siate Santi! Domenicani alla ricerca di Dio, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2008, pp.245-250.
[7] M.Rivi, Padre Mariano Cordovani, in Siate Santi!, pp.81-105.