mercoledì 30 marzo 2016

Amore e desiderio secondo Wojtyla



In Amore e responsabilità ho cercato di dimostrare almeno una cosa. Il pericolo di mescolare due definizioni sullo sfondo del pensiero, delle parole e prima di tutto delle azioni. Il pensiero, la parola e le azioni riguardanti l’amore. Soprattutto che c’è il rischio di mescolare l’amore come disposizione particolare, riferimento interpersonale o sfruttamento di una persona da parte di un’altra. Ho accettato addirittura questa contrapposizione come chiave per l’analisi dell’intero problema e mi è sembrato che spieghi questo problema in modo quanto mai concreto. Lo spiega fino in fondo, fino all’ultimo presupposto. 


Mi sembra che in questo modo sia possibile notare l’adeguatezza delle norme dell’etica cattolica nell’ambito sessuale, matrimoniale e familiare. Tuttavia è chiaro che non si tratta qui soprattutto di definizioni. L’amore è prima di tutto una realtà interiore, interna alla persona. E contemporaneamente è una realtà interpersonale, da persona a persona, comunitaria. E in ogni dimensione, in questa dimensione interiore come in quella interpersonale o comunitaria, ha una propria particolarità evangelica. Ha ricevuto una certa luce. E se parliamo o di errori nel campo del pensiero, o di distorsioni nel campo della realizzazione, ci rifacciamo sempre a questa luce. Penso che così si debba comprendere per esempio l’importantissimo testo del Magistero conciliare che è il primo capitolo della seconda parte della costituzione Gaudium et spes. Il titolo stesso è significativo, parla di incoraggiamento alla dignità del matrimonio e della famiglia. 



È una lettura della realtà dal punto di vista del patrimonio empirico per così dire, dell’osservazione della vita contemporanea nelle varie gamme, lettura che si riferisce a quella luce che giunge a noi dalla Rivelazione. Questo testo, proprio all’inizio, parla di tutte le distorsioni che questa grande realtà interpersonale, l’amore fra marito e moglie, l’amore familiare, ha subito e subisce, soprattutto ai nostri tempi. L’elenco di queste distorsioni probabilmente non è molto diverso da tutte le letture simili, da tutti gli elenchi che troviamo, per esempio in San Paolo nella sua Lettera ai Romani. Quindi direi che è necessario affermare, riguardo a questo tema, tutta la verità e che bisogna illuminare questo problema fino in fondo e sinceramente. E questo significa anche partire da tutte le mancanze, tutti gli errori, e tutte le distorsioni. Penso che di queste cose sia piena la vita nella coscienza umana e nell’azione dell’uomo e che ne sia piena anche questa nostra terra polacca, che ne sia piena l’intera cultura europea. Penso che solo così si spieghi la contestazione insistente dell’EnciclicaHumanae vitae soprattutto in questo ambito. 



Ho esaminato a Roma un’enorme massa di documenti riguardanti questo testo. Ho letto le dichiarazioni dei vescovi e degli episcopati di tutto il mondo. Alcune erano molto brevi, dei telegrammi, delle annotazioni pastorali. C’erano anche delle dichiarazioni molto lunghe, lettere, confessioni, e anche annotazioni per la pastorale. Ho notato che proprio l’ambito della cultura europea, quello a cui siamo legati molto da vicino, a cui noi dell’Oriente aderiamo, a cui in pratica apparteniamo, è l’unico ambito in cui si critica la Humanae vitae. Per quanto riguarda la nostra comunità, seguendo il primo paragrafo della seconda parte di Gaudium et spes siamo testimoni del fatto che siamo arrivati a una distorsione della definizione e pratica dell’amore, e di una paternità e maternità responsabile. 



E coloro che in passato hanno collaborato alle cause di questa situazione sono quelli che oggi suonano l’allarme con forza. Penso che sarebbe una cosa molto interessante e istruttiva se comparassimo le dichiarazioni degli stessi settimanali o quotidiani nelle edizioni di quindici anni fa e di oggi: allora si invocavano i contraccettivi e li si elevava al rango di imperativo sociale. Dopo quindici anni si richiede un aumento delle nascite. A chi venne detto che bisognava evitare di avere figli nel matrimonio oggi si dice invece che bisogna avere figli e averne in abbondanza. Ma è una cosa realizzabile? L’uomo è forse un meccanismo sul quale è così facile imprimere degli ordini a livello così profondo? Alla base di tutto questo non c’è forse un orribile errore nel campo stesso della visione dell’uomo? E con che faccia possiamo poi ancora parlare di umanesimo? Questo è quanto vorrei dire nella caratterizzazione del problema perché non vorrei andare avanti su questa strada. Desidero invece tornare sul tema dell’amore, dell’insegnamento sul tema dell’amore, che dovremmo porre alla base della preparazione al matrimonio, prima di tutto della gioventù universitaria. 



Quando si tratta della verità sul tema dell’amore, che tutti dobbiamo riconoscere perché fa parte della nostra fede e dobbiamo proclamarla (predicarla) nella pastorale universitaria, essa deve essere autentica, cioè evangelica. Salva reverentia (Fatta salva l’attenzione) per tutte le implicazioni filosofiche di grande valore, che ci hanno sempre aiutato nella formulazione della nostra teologia dell’amore, tutte le formulazioni capitali dieros e agape che hanno un grande significato per la spiegazione della nostra scienza evangelica sull’amore, ma non arrivano a mettersi al suo posto. Essa è assolutamente specifica, assolutamente originale. Infatti l’insegnamento evangelico sull’amore viene riassunto prima di tutto nella Rivelazione, di cui fa parte. Penso che sia necessario introdurre almeno due pensieri sulla Rivelazione che sono come la premessa a quello che intendo dire. Il primo è l’idea di San Giovanni che afferma: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Il secondo è un pensiero dalla Lettera ai Romani di Paolo che afferma: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). 


Perciò, parlando di amore cioè parlandone con la nostra voce, con le nostre labbra, e anche con tutto il nostro corpo, con la coscienza di una certa voce interiore del pensiero e del cuore, noi teologi dobbiamo sempre avere davanti agli occhi l’amore umano come reale partecipazione all’amore di Dio. Tutto il vero amore umano è reale partecipazione all’amore di Dio. Anche l’amore matrimoniale è partecipazione reale all’amore di Dio. L’amore di un uomo e di una donna in tutte le tappe della vita, cominciando dai cosiddetti teenagers, fino agli anniversari che definiamo come 'nozze d’oro', in cui gli sposi a volte vengono nelle nostre parrocchie per ricevere una nuova benedizione. Tutta la ricchezza umana di questo amore non può nascere al di fuori di questa partecipazione all’amore di Dio. Certamente, grazie a Lui, se così si può dire, essa si libera, si sprigiona.

Avvenire