martedì 26 aprile 2016

O cor soave. Laude filippine


Brano tratto dal repertorio promosso da San Filippo in quella che possiamo considerare la Roma investita dall’onda della controriforma con la tensione a valorizzare la partecipazione dei fedeli. Insieme a Cristo a morir Tendea costituiscono tra le laudi quaresimali che maggiormente danno risalto alla figura di nostro Signore Gesù Cristo, risvegliando in noi, attraverso l’evocazione di un linguaggio di domanda e supplica, il colore di una preghiera che con la vivacità del suono aiuta l’immedesimazione del cuore.

***
O cor’ soave,
cor’ del mio Signore,
ferito gravemente
non da coltel pungente,
ma dallo stral
che fabbricò l’Amore.
O cor’ soave,
quand’io ti rimiro
posto in tanta agonia,
manca l’anima mia,
né voce s’ode
più né men sospiro.
Questo bellissmo canto polifonico è contenuto nel IV libro delle Laudi. Molto probabilmente è riconduciblie al padre Francisco Soto contemporaneo di s Filippo Neri a cui si legò entrando a far parte della sua congregazione e per il quale compose numerose Laudi arricchendo un genere particolarmente coltivato negli oratori filippini
La sosta del cuore su questo brano, suscita inevitabilmente un atteggimento orante e il desiderio ardente di aderire con la vita all’amore estremo di Gesù. 

Il testo, mentre affascia con la sua bellezza poetica, suscita una profonda meditazione sul mistero della passione di Cristo e ridesta in noi la consapevolezza di quale sia la suprema manifestazione dell’amore del Padre (1 Gv 4,9-10) per la quale è possibile dire che Dio è per definizione amore (1 Gv 4,8.16). Un amore che si fa condiscendenza, umiliazione e kenosi nella storia concreta di Gesù Cristo culminante con la sua morte di croce.
I versi di questo canto portano lo sguardo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio. Il suo cuore ferito gravemente dall’amore è l’espressione di Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ciascuno di noi. Questa verità illumina tutta la nostra vita e la tocca nel più profondo dell’essere.
Si è sacrificato per amor mio. Cristo condannato a morire è il prezzo della mia salvezza. Tutta la nostra esistenza è sospesa a quell’amore in cui si uniscono il dono gratuito che Dio fa di sé all’uomo e il suo desiderio appassionato di reciprocità.
Come non rimanere disarmati di fronte a tanto amore ! Come non rimanere attratti, senza fiato e corrispondere a questo amore offrendo e affidando la nostra pochezza perchè in essa Lui fissi la sua dimora?
Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv12,32).
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