Brano tratto dal repertorio promosso da San Filippo in quella che possiamo considerare la Roma investita dall’onda della controriforma con la tensione a valorizzare la partecipazione dei fedeli. Insieme a Cristo a morir Tendea costituiscono tra le laudi quaresimali che maggiormente danno risalto alla figura di nostro Signore Gesù Cristo, risvegliando in noi, attraverso l’evocazione di un linguaggio di domanda e supplica, il colore di una preghiera che con la vivacità del suono aiuta l’immedesimazione del cuore.
***
O cor’ soave,
cor’ del mio Signore,
ferito gravemente
non da coltel pungente,
ma dallo stral
che fabbricò l’Amore.
cor’ del mio Signore,
ferito gravemente
non da coltel pungente,
ma dallo stral
che fabbricò l’Amore.
O cor’ soave,
quand’io ti rimiro
posto in tanta agonia,
manca l’anima mia,
né voce s’ode
più né men sospiro.
quand’io ti rimiro
posto in tanta agonia,
manca l’anima mia,
né voce s’ode
più né men sospiro.
Questo bellissmo canto polifonico è contenuto nel IV libro delle Laudi. Molto probabilmente è riconduciblie al padre Francisco Soto contemporaneo di s Filippo Neri a cui si legò entrando a far parte della sua congregazione e per il quale compose numerose Laudi arricchendo un genere particolarmente coltivato negli oratori filippini
La sosta del cuore su questo brano, suscita inevitabilmente un atteggimento orante e il desiderio ardente di aderire con la vita all’amore estremo di Gesù.
Il testo, mentre affascia con la sua bellezza poetica, suscita una profonda meditazione sul mistero della passione di Cristo e ridesta in noi la consapevolezza di quale sia la suprema manifestazione dell’amore del Padre (1 Gv 4,9-10) per la quale è possibile dire che Dio è per definizione amore (1 Gv 4,8.16). Un amore che si fa condiscendenza, umiliazione e kenosi nella storia concreta di Gesù Cristo culminante con la sua morte di croce.
I versi di questo canto portano lo sguardo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio. Il suo cuore ferito gravemente dall’amore è l’espressione di Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ciascuno di noi. Questa verità illumina tutta la nostra vita e la tocca nel più profondo dell’essere.
Si è sacrificato per amor mio. Cristo condannato a morire è il prezzo della mia salvezza. Tutta la nostra esistenza è sospesa a quell’amore in cui si uniscono il dono gratuito che Dio fa di sé all’uomo e il suo desiderio appassionato di reciprocità.
Come non rimanere disarmati di fronte a tanto amore ! Come non rimanere attratti, senza fiato e corrispondere a questo amore offrendo e affidando la nostra pochezza perchè in essa Lui fissi la sua dimora?
Il testo, mentre affascia con la sua bellezza poetica, suscita una profonda meditazione sul mistero della passione di Cristo e ridesta in noi la consapevolezza di quale sia la suprema manifestazione dell’amore del Padre (1 Gv 4,9-10) per la quale è possibile dire che Dio è per definizione amore (1 Gv 4,8.16). Un amore che si fa condiscendenza, umiliazione e kenosi nella storia concreta di Gesù Cristo culminante con la sua morte di croce.
I versi di questo canto portano lo sguardo a Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio. Il suo cuore ferito gravemente dall’amore è l’espressione di Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ciascuno di noi. Questa verità illumina tutta la nostra vita e la tocca nel più profondo dell’essere.
Si è sacrificato per amor mio. Cristo condannato a morire è il prezzo della mia salvezza. Tutta la nostra esistenza è sospesa a quell’amore in cui si uniscono il dono gratuito che Dio fa di sé all’uomo e il suo desiderio appassionato di reciprocità.
Come non rimanere disarmati di fronte a tanto amore ! Come non rimanere attratti, senza fiato e corrispondere a questo amore offrendo e affidando la nostra pochezza perchè in essa Lui fissi la sua dimora?
Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv12,32).
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