giovedì 28 aprile 2016

Salvatore Martinez: quando si dimette?

Papa Francesco con Salvatore Martinez - ANSA
 Ormai da tempo immemorabile è presidente di RnS. Allora??? Non c'è più nessun altro? E daiiiiiiiiiiii! Sarà attaccato pure lui (e la moglie...) alla poltrona?admin
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Si dice che è l’ora dei laici, ma l’orologio sembra essersi fermato. E’ uno dei passaggi forti della lettera di Papa Francesco al cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, pubblicato ieri, incentrato sul ruolo del laicato nella vita della Chiesa. Un testo che ha destato grande interesse ben al di là dei confini latinoamericani. Il commento di Salvatore Martinez, presidente in Italia del Rinnovamento nello Spirito Santo:
R. - L’espressione del Santo Padre balza subito all’occhio. La cosiddetta “ora dei laici” sembra essere scoccata; il Papa dice attenzione perché l’orologio in realtà sembra essersi fermato. Si rivolge soprattutto ai pastori, ma non c’è dubbio che interpella anche noi laici. Ai pastori dice: attenzione, perché non siete voi a dare un volto al popolo fedele di Dio, ma è il popolo fedele di Dio che dà un volto alla Chiesa e dunque al pastore. Allora c’è necessità di capire fino a che punto questa ricchezza che viene da Dio e che il Papa lega come sempre allo Spirito Santo - quindi a questa visione dello Spirito Santo che deriva dal Battesimo - è valorizzata. Il Papa dice che la Chiesa nasce laica. Tutti, quando siamo battezzati, non abbiamo un Sacramento che precede il Battesimo. Il Papa, prima di ogni cosa, desidera sottolineare questo tratto di laicità che la Chiesa non deve in alcun modo perdere. Laicità che - ribadisce - si gioca nella storia ancor prima che nelle sacrestie o nelle nostre chiese, nelle nostre comunità, come a dire: attenzione a pensare che la valorizzazione del laicato sia da ascriversi a quelle che sono le funzioni che permettiamo loro di svolgere all’interno delle nostre chiese, quasi come se fosse una concessione che deriva dalle autorità ecclesiali, senza invece evidenziare che in forza del Battesimo i laici hanno questa loro autorità che va riconosciuta soprattutto nella vita di ogni giorno.
D. - C’è un passaggio in cui Francesco dice che i bravi laici non sono solo quelli che si occupano delle “cose dei sacerdoti” …
R. – Sì, leggendo questa espressione “cose da preti”, mi sono tornate alla mente le parole di don Luigi Sturzo, che diceva che in questo modo la Chiesa diventa una “chiesuola”, addirittura roba da preti e da bigotti, come diceva lui. Il Papa si preoccupa di vedere se oltre che credenti siamo anche cittadini. Lo ha ribadito durante il suo discorso a Firenze - alla Chiesa italiana - lo ridice ora alla Commissione per l’America Latina, quindi a questo laicato che indubbiamente ha una grande effervescenza. C’è un diffuso senso di Dio, ancora una religiosità popolare molto accentuata. Il Santo Padre la ripropone. Però ancora una volta il Papa dice attenzione che noi guardando ai laici ci preoccupiamo di determinare una sorta di élite dentro la Chiesa, un’élite anche culturale, anche pastorale che si associa a quelle che sono le espressioni dominanti della vita della Chiesa senza accentuare, invece, l’importanza che i laici stanno nelle città. Quindi la domanda è: cosa stiamo facendo per loro? Loro stanno lavorando nella vita pubblica? Questo significa – dice il Papa – che più che dominare spazi ecclesiali, noi dobbiamo provare a generare processi sociali.
D. - Nei giorni scorsi si è conclusa la convocazione del Rinnovamento nello Spirito che ha ricevuto anche il messaggio di Papa Francesco. Quali sono stati gli aspetti salienti?
R. - La parola stessa “convocazione” dice che c’è qualcuno che convoca. Questo è lo Spirito Santo di Dio che poi si manifesta in tanti accenti sacramentali e carismatici. Noi, umilmente, ma con grande consapevolezza, ci consideriamo un Giubileo di Misericordia permanente, nel senso che il tema della lode, della gioia, della festa, della danza, sono connaturati con la spiritualità carismatica. Un’altra cosa che mi piace sottolineare è stata la presenza di alcuni musulmani che recuperano l’autenticità del Corano nei loro studi biblici e naturalmente nella proposta dell’islam, ribadendo in modo molto chiaro che non è possibile comprendere il Corano se non a partire dal Vangelo e dell’Antico Testamento e quindi con le sue radici cristiane. Dunque, non solo è più facile parlare di pace, di dialogo, di unità, di riconciliazione; non solo è più facile vedere ciò che ci unisce – oggi le tre religioni monoteiste hanno un disperato bisogno di unità – ma si tratta anche di creare fenomeni concreti di costruzione di pace per evitare non solo guerre violenze che continuano a generarsi ma, soprattutto  in questa stagione, per curare gli effetti devastanti di quanto sta accadendo che colpisce indiscriminatamente cristiani e musulmani costretti a fuggire, ad abbandonare le loro case e perdere il loro lavoro. RV