martedì 26 aprile 2016

Una quiete preoccupante




di Alfredo Mantovano

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Dopo il clamore della discussione al Senato, una coltre di silenzio accompagna i lavori della Camera sul ddl Cirinnà. Nonostante siano stati presentati numerosi emendamenti di merito al testo, legati ai differenti e preoccupanti profili del ddl, la consegna sembra quella di ignorare il dibattito in corso nella commissione Giustizia di Montecitorio; una consegna osservata in modo quasi unanime dai media e finalizzata all’approvazione rapida e indolore, cioè senza modifiche. Una sorta di anticipo al contrario della riforma costituzionale: quella abolisce il Senato, comunque ne ridimensiona le competenze; nel caso delle unioni civili, a essere abolito pare il passaggio alla Camera, al punto che si preferisce non parlarne. Fra i punti controversi vi è quello dell’adozione: più volte su queste colonne si è constatato come dal ddl Cirinnà derivi direttamente la piena possibilità di adottare da parte di una coppia composta da persone dello stesso sesso, anche oltre i confini della stepchild adoption. I sostenitori del ddl lo hanno ammesso nella sostanza, all’insegna del “tutti sono capaci di donare amore” e del “non lasciamo i bambini in orfanotrofio”: hanno usato l’argomento della generosità per mascherare la volontà ideologica di parificare la coppia same-sex a quella etero.


Non riprendo le considerazioni sul danno per un bambino derivante dalla sua crescita contando non sulla complementarietà delle figure dei genitori, bensì sulla duplicazione della medesima figura. Mi limito a constatare come finora sul piano delle adozioni nazionali lo squilibrio vi è stato, e in modo pesante, ma nella direzione opposta: fra la lunghissima lista d’attesa dei potenziali genitori adottivi, ritenuti idonei, e la quantità ridotta dei bambini adottabili. In istituto si trova un minore prossimo a diventare adulto, in genere con handicap, comunque con problemi fisici e psichici tali che chi vuole adottare si tira indietro: sarebbe interessante che le istituzioni individuassero facilitazioni e aiuti per chi è disponibile a compiere un passo del genere, invece che blaterare su amore da donare e abbandoni.
La novità è che in Parlamento sta per essere approvata una riforma del diritto di famiglia che, fra l’altro, elimina i Tribunali per i minori, facendone assorbire le competenze dalle sezioni famiglia dei Tribunali ordinari; per carità, si vuol puntare a una gestione giudiziaria unitaria, e quindi omogenea, della crisi familiare. Quel che non si capisce è se e come verrà garantita la specifica professionalità di chi si interesserà di queste vicende: la frequente automaticità della trattazione dei divorzi si estenderà a minore approfondimento delle situazioni di disagio minorile?
Che si fa, stiamo sereni?
Le note più dolenti provengono dalle adozioni internazionali. Qui la patologia e il blocco sembrano quasi cercati. Da quasi 3 anni la commissione Adozioni internazionali è ferma. Le oltre 60 associazioni che si occupano di facilitare l’iter delle pratiche relative non hanno interlocutori: e non cessano di denunciarlo. Eppure finché ha funzionato, la Cai, che ha ruolo di impulso e coordinamento ed è incardinata nella presidenza del Consiglio, ha favorito l’arrivo in Italia di quasi 38 mila bambini; fra i compiti che la legge le demanda vi è la collaborazione con organismi omologhi di altri Stati, la vigilanza sull’attività degli enti che assistono i coniugi per l’adozione, l’esame delle segnalazioni riguardanti i casi in corso, il monitoraggio. Funzioni importanti, che esigono una dedizione continuativa e non burocratica. Qualche giorno fa gli enti che operano nel settore hanno rivolto un ennesimo appello a Renzi: è peraltro singolare che al nuovo ministro per gli Affari regionali sia stata conferita la delega sulla famiglia, con esclusione proprio delle adozioni internazionali, mentre in Parlamento è stata presentata una proposta per istituire agenzie regionali che trattino la materia.
In breve, invece di curare e governare con attenzione ed equilibrio un settore delicato, l’Esecutivo blocca quel che ha funzionato fino al suo insediamento, e crea le basi normative per mandare a gambe all’aria l’intero ordinamento minorile. Che facciamo, stiamo sereni?

Tempi