martedì 24 maggio 2016

Il tasso di suicidi nella Svezia gay-friendly

omosessuali disturbi

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«Il disagio che viviamo non è causato solo dal mondo esterno, ma sopratutto dalla nostra pratica omosessuale e da ciò che viviamo». Con queste parole il giovane giornalista Philippe Ariño, omosessuale dichiarato, ha spiegato le numerose difficoltà di vita purtroppo sperimentate dalle persone con attrazione dello stesso sesso.
«Il rifiuto della differenza sessuale, che è la fonte della nostra esistenza e della nostra umanità, porta gravi conseguenze. Le persone appaiono divise, con una ferita», ha proseguito. Queste “gravi conseguenze” sono puntualmente certificate da decine di studi scientifici, tanto che addirittura l’agenzia di pianificazione familiare delle Nazioni Unite (UNFPA) ha riconosciuto la «significativa prevalenza di violenza domestica tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con gli uomini», rilevando altissimo tasso di promiscuità e il fatto che«sono più propensi a utilizzare alcol e droghe rispetto alla media della popolazione generale», soprattutto per mantenere ad «alto livello» le compulsive prestazioni sessuali.
Quasi sempre le associazioni Lgbt giustificano questi dati accusando la società di omofobia: le generalizzate discriminazioni nei loro confronti porterebbero le persone omosessuali a soffrire di questi disturbi. Una spiegazione che tuttavia è stata ancora una volta smentita da una ricerca pubblicata recentemente sull’European Journal of Epidemiology, in cui i ricercatori hanno valutato il tasso di suicidio in Svezia, confrontando coppie omosessuali sposate a coppie eterosessuali sposate. Va premesso che su WikiPink, la Svezia viene definita come «uno dei paesi più “gay-friendly” d’Europa. Il matrimonio e le adozioni gay sono completamente legali e le persone omosessuali sono protette da leggi anti-discriminazione sul campo del lavoro e dei servizi pubblici». Non solo l’omofobia non esiste, dunque, ma anche se esistesse verrebbe immediatamente punita da leggi anti-discriminazione.
Eppure, i risultati sui disagi vissuti dalle persone omosessuali sono gli stessi che vengono verificati in tutto il resto d’Europa, tanto che, si legge,«il rischio di suicidio è più elevato tra gli individui dello stesso sesso sposati rispetto agli individui sposati di sesso diverso». Sia per quanto riguarda le donne ma, ancor di più, gli uomini: «gli uomini omosessuali sposati hanno un rischio di suicidio quasi tre volte maggiore rispetto agli uomini coniugati con un partner del sesso opposto». Questo ha portato, quindi, a concludere che «anche in un Paese con un clima relativamente tollerante per quanto riguarda l’omosessualità, come la Svezia, gli individui sposati dello stesso sesso evidenziano un elevato rischio di suicidio rispetto agli altri individui sposati». Lo stesso accade in altri Paesi ampiamente gay-friendly, come l’Inghilterra, dove è stata trovata impiccata la prima donna che si è unita in matrimonio con un’altra donna, a causa della violenza domestica subita (non certo per l’omofobia della società).
«Inutile negare la realtà»ha commentato l’intellettuale omosessuale Philippe Ariño, «viviamo un malessere, ma spesso non ne parliamo direttamente. La vera libertà è quella di riconoscere l’attrazione omosessuale per quella che è, cioè il sintomo di profonde ferite dell’identità affettiva». Bisognerebbe abbracciare queste persone, far loro presente che è possibile una riscoperta della propria vera identità. Certamente, le ferite non si emargineranno mai credendo al mito dell’omofobia spacciato come tappabuchi dall’associazionismo Lgbt. Il quale non vuole affatto il loro bene.
La redazione
(articolo inserito nell’archivio dedicato alle tematiche Lgbt)