venerdì 13 maggio 2016

Santa imprudenza...



Gazzetta santa marta, mensile jesus
(Iacopo Scaramuzzi) «Prima o poi, vedrete, cambierà idea…». Erano i primi mesi del pontificato di Francesco, e l’esperto di Vaticano spiegava, con la certezza di chi la sa lunga, che l’originale argentino, prima o poi, avrebbe lasciato casa Santa Marta e si sarebbe finalmente insediato, come etichetta comanda, se non Dio, nel palazzo Apostolico. Anni dopo, il Papa sempre lì sta. Si sprecano, attorno a lui, i sospiri spazientiti, gli auspici allarmati, i consigli pressanti ad una maggiore prudenza, e cadono nel vuoto.
Il Papa continua a telefonare ad Eugenio Scalfari e Emma Bonino, nonostante i mal di pancia che la notizia suscita ogni volta in più di un monsignore. Ha ricevuto il capo dei lefebvriani, al “socialista” Usa Bernie Sanders ha stretto la mano (solo pochi minuti, certo, per cortesia, ma non è il tipo da stringere la mano che non vuole, ne sa qualcosa Ignazio Marino…). E’ andato in Repubblica centrafricana nonostante i militari francesi, va in Armenia nonostante la Turchia. Ha lavato i piedi, stravolgendo la liturgia, alle donne musulmane, ha regalato un calice, simbolo della comunione comune, ai luterani. Lo hanno accusato di fomentare l’invasione islamica d’Europa, lui da Lesbo si è portato dietro dodici profughi tutti musulmani.
Con questi gesti sovrani Francesco ribadisce, se bisogno ce ne fosse, che il Papa è lui. Calibra, con i gesti, il suo messaggio. Terremota una Curia stantia. Ma il Papa gesuita fa di più. Obbedisce a quel che il Signore, nella preghiera, gli suggerisce. Anche quando è poco consono, poco diluibile, anche se al colpo al cerchio non segue quello alla botte. Per un pastore di anime, d’altronde, ignorare Dio sarebbe, questo sì, imprudente.