venerdì 17 giugno 2016

Il Papa e la morale evangelica




Dal blog di Andrea Tornielli:

Cari amici, grazie alla trascrizione parola per parola che mi ha mandato oggi un amico, vi propongo la risposta che ieri Papa Francesco, all’apertura del convegno della diocesi di Roma in San Giovanni in Laterano, ha dato a proposito della «doppia morale». Questa la domanda rivolta al Pontefice da una donna laica:«Come si fa a non arrivare a una doppia morale, una esigente ed una permissiva e una rigorista ed una lassista?». È una questione centrale, che entra nel dibattito scaturito dopo la pubblicazione dell’esortazione «Amoris laetitia».
Questa la risposta di Francesco:
«Le due non sono verità, il Vangelo sceglie un’altra strada. Per questo quelle quattro parole: accogliere, accompagnare, integrare, discernere, senza mettere il naso nella vita cosiddetta morale della gente. Per la vostra tranquillità, perché questo devo dirlo, tutto quanto è scritto nell’Esortazione - e prendo le parole di un grande teologo… il cardinale Schönborn, che l’ha presentata – è tomista dall’inizio alla fine, è la dottrina sicura. Ma noi vogliamo tante volte che la dottrina sicura sia con quella sicurezza matematica, che non esiste».
«Sia col lassismo, manica larga, sia con la rigidità… ma pensiamo a Gesù, la storia è la stessa eh, si ripete: Gesù quando parlava la gente diceva: “Ma questo parla non come i nostri dottori, parla come uno che ha autorità”. Questi dottori conoscevano la Legge, ma per ogni caso avevano una legge esplicita, fino ad arrivare quasi a 600 comandamenti. Tutto regolato, tutto no? E il Signore… l’ira di Dio io la vedo in quel capitolo XXIII di Matteo eh, è terribile quel capitolo eh, e soprattutto mi fa impressione quando parla del IV comandamento e dice: “Ma voi, che invece di dare da mangiare ai vostri genitori anziani dite loro: no ho fatto la promessa, è meglio l’altare che voi”. Entrano in contraddizione. E Gesù era così, è stato condannato per odio, perché era così. E gli mettevano sempre il tranello davanti: “Si può fare questo o non si può?”. Pensiamo alla scena dell’adultera. Sta scritto che deve essere lapidata. E la morale è chiara. E non rigida eh, quella non è rigida, è una morale chiara. Deve essere lapidata perché? Perché il sacro [vincolo] del matrimonio, la fedeltà, in questo Gesù è chiaro. La parola è adulterio. È chiaro. E Gesù fa un po’ “lo scemo”, lascia passare il tempo, scrive e poi… “Ma incominciate, il primo di voi che non abbia peccato scagli la prima pietra”».
«Ha mancato la Legge Gesù lì? Sono andati via cominciando da noi, i più vecchi.“Donna nessuno t’ha condannato, neppure io”. E la morale qual è? Era di lapidarla, ma Gesù manca, ha mancato la morale. Questo ci fa pensare che non si può parlare…. la rigidità, la sicurezza, deve essere matematico nella morale come la morale del Vangelo. Poi continuiamo con le donne no? Come quella signora o signorina, non so cosa fosse, incominciò a fare la catechista: “In questo monte o in quello?”… Tuo marito? “Non ne ho” Hai detto la verità. E lei aveva tante medaglie di adulterio, tante onorificenze. È stata lei, prima di essere perdonata, è stata l’apostolo della Samaria».
«Ma come si fa così? Andiamo al Vangelo, andiamo al Vangelo, andiamo a Gesù. Questo non significa buttare dalla finestra l’acqua col bambino, no no! Questo significa cercare la verità. E che la morale è un atto di amore sempre. Amore a Dio, amore al prossimo. È anche un atto che lascia spazio alla conversione dell’altro, non condanna subito lascia spazio. Una volta, ci sono tanti preti qui, ma scusatemi, il mio predecessore no, l’altro, il cardinale Aramburu che è morto dopo del mio predecessore, quando sono stato nominato arcivescovo m’ha dato un consiglio: “Quando tu vedi che un sacerdote è così così, scivola, chiamalo e digli: ‘Mi hanno detto che tu stai in questa situazione quasi di doppia vita, non so’. E tu vedrai che questo sacerdote dirà ‘Non è vero’. Non lasciarlo parlare, digli: ‘Vattene a casa, pensa e torna entro 15 giorni e continuiamo a parlare’. E in quei 15 giorni, così mi diceva lui, aveva il tempo di pensare, ripensare, davanti a Gesù e tornare ‘Sì è vero aiutami’».
«Sempre il tempo. Ma quest’uomo ha vissuto, ha celebrato la messa in peccato mortale 15 giorni! Così dice la morale e lei [si rivolge alla laica] cosa dice? Che è stato meglio? Che il vescovo abbia avuto quella generosità di dare 15 giorni per ripensare col rischio di celebrare la messa in peccato morale, è meglio questo o non lo è? È la morale rigida. Questa l’ho sentita io. Quando noi eravamo in teologia, l’esame per ascoltare le confessioni ad audiendas si faceva al III anno, ma a noi quelli di II avevano permesso di andare ad ascoltare per prepararci. E una volta ad un compagno nostro e stato posto un caso di una persona che va a confessarsi, ma un caso così intricato, del VII comandamento, ma proprio un caso così irreale. E questo compagno, che era normale, ha detto al professore: “Ma padre, questo nella vita non si trova, c’è nei libri”. Questo l’ho visto io eh. Ma per queste cose non andate ad accusarmi dal cardinale Müller per favore».

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Quel Buon Pastore che prende Giuda sulle spalle...

di Andrea Tornielli  (Vatican Insider)
Papa Francesco, aprendo la sera del 16 giugno in San Giovanni in Laterano il convegno della diocesi di Roma, in un passaggio del suo intervento ha invitato a non «mettere in campo una pastorale di ghetti e per dei ghetti», ricordando che il realismo evangelico «non significa non essere chiari nella dottrina». «Non si tratta - ha aggiunto - di non proporre l’ideale evangelico, al contrario, ci invita a viverlo all’interno della storia, con tutto ciò che comporta». A questo proposito Bergoglio ha parlato di un antico capitello medievale che a un estremo rappresenta Giuda e all’altro Gesù che porta il traditore ormai morto sulle spalle: «Don Primo Mazzolari fece un bel discorso su questo, era un prete che aveva capito bene questa complessità della logica del Vangelo: sporcarsi le mani come Gesù, che non era pulito andava dalla gente e prendeva la gente come era, non come doveva essere».  

Francesco ha fatto riferimento a un capitello della basilica di Vèzelay, in Borgogna, dedicata a santa Maria Maddalena, che sorge sulla via che porta a Santiago di Compostela. Una chiesa dalla perfetta architettura romanica ben conservata, meta di pellegrinaggi nel Medio Evo, con migliaia di persone che venivano a invocare misericordia guardando all’esempio della donna che aveva incontrato la profonda compassione di Cristo ed era stata prima testimone della sua resurrezione. In alto, sul primo capitello a destra per chi entra, c’è una scultura poco conosciuta, anche a motivo dell’altezza a cui è posta, circa venti metri dal suolo. Una scultura che vista da vicino colpisce e sconcerta. Da un lato si vede Giuda impiccato, con la lingua di fuori, circondato dai diavoli. E fin qui nulla di nuove: esistono tante rappresentazioni della drammatica e violenta fine da suicida dell’apostolo che aveva tradito Gesù vendendolo per trenta denari. La sorpresa arriva dall’altro lato del capitello. Si vede un uomo che porta sulle spalle il corpo di Giuda. Quest’uomo ha una strana smorfia sul volto: metà bocca appare corrucciata, l’altra metà sorridente. L’uomo veste la tunica corta ed è un pastore. È il Buon Pastore che porta sulle sue spalle la pecora perduta, la centesima pecora per cercare la quale ha lasciato le altre 99. L’artista che ha scolpito la scena e il monaco che l’ha ispirata ha voluto rappresentare qualcosa di estremo ipotizzando che anche Giuda vi sia stata salvezza.  

A commento di questa immagine, Papa Francesco ha citato un’omelia che don Primo Mazzolari, il parroco di Bozzolo precursore del Concilio Vaticano II, tenne il Giovedì Santo del 1958, dedicata proprio a «Giuda, il traditore». «Povero Giuda - aveva esordito il sacerdote - Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: “Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!”».  

«Amico! Questa parola - continua Mazzolari - che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli sono diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro».  

Dopo aver ricordato la fine disperata dell’apostolo traditore, Mazzolari concludeva: «Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia».  

«E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico».