mercoledì 31 agosto 2016

Un profeta e un testimone



Il cardinale A. Scola ricorda il suo predecessore Carlo Maria Martini, "un profeta e un testimone"
Diocesi di Milano

Testo dell'omelia dell'arcivescovo di Milano card. Angelo Scola in occasione del quarto anniversrio della scomparsa del cardinale Carlo Maria Martini.
1. Giovanni, un testimone e un profeta
«Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta» (Vangelo, Lc 7, 24-26).
Per tre volte Gesù ripete insistentemente la domanda: che cosa siete andati a vedere? Insiste su questo verbo concreto. Non chiede che dottori avete ascoltato, che cosa avete imparato… Ma: che cosa avete visto, chi avete incontrato? 
All’uomo, tanto più all’uomo di oggi – come acutamente ricordava già Paolo VI –, non basta ascoltare parole anche sapienti, egli ha sete di incontrare testimoni.
Quindi, parlando di Giovanni alle folle, Gesù ne sottolinea la singolarità della statura di testimone e di profeta (uno che, esponendosi e pagando di persona, fa brillare la verità) e apre al futuro.
Non possiamo non riconoscere, nel richiamo al tema della testimonianza e della profezia del Vangelo di oggi, una provvidenziale assonanza con il magistero e con l’azione pastorale del Cardinal Martini che oggi ricordiamo a quattro anni del dies natalis.
2. I tratti della carità
In particolare, in quest’Anno Santo che papa Francesco ha voluto dedicare alla misericordia di Dio, ho visto emergere questi tratti nella celebre Lettera pastorale Farsi prossimo. Essi possiedono un carattere di attualità sia a livello ecclesiale, soprattutto per la nostra Chiesa, sia a livello civile, soprattutto per la metropoli di Milano e per le terre ambrosiane, ed infondono energia ed indirizzi per attraversare, carichi di speranza, la fase di travaglio che stiamo vivendo. Fase che presenta qualche analogia con la Lettura sulle vicende dei Maccabei che abbiamo ascoltato.
Afferma il Cardinal Martini: «La carità è un dono che dobbiamo implorare con umile fiducia, ma anche per insinuare che il fatto indiscutibile, che deve sferzare più fortemente la nostra inerzia, è l'immensità dell'amore di Dio». «Quando un'azione è interiormente animata dal dinamismo della carità, colui che la compie è portato a chiedersi: perché agisco così? […] Chi sono io che agisco in questo modo? Chi è il fratello a cui mi dedico? Qual è la sua più profonda dignità? Qual è il vero bene che gli debbo volere? [...] Carità e verità si cercano reciprocamente». Questo ci permette di comprendere la dimensione culturale della fede chiamata a comunicarsi attraverso la carità e le opere di misericordia. La carità infatti comporta una precisa visione dell’uomo e del senso del suo agire. E ancora, incalza il Cardinale: «Il vero valore non è la condizione povera in sé e per sé, né la lotta per venirne fuori, ma quel potenziale di amore che si può sviluppare nel viverla o nell' uscirne. Ed è la sapienza della fede, interna alla carità, che ci dice di volta in volta quando e come viverla e quando e come uscirne».
Da qui scaturisce il provocante richiamo del Cardinale Carlo Maria: «Dietro la fretta del sacerdote e del levita si nasconde una realtà più grave, cioè la paura di impegnare la propria persona» (Farsi prossimo, Lettera pastorale per l’anno pastorale 1985/86, passim). La misericordia urge in tal modo la nostra libertà all’impegno.
Ringrazio i familiari, la Fondazione Carlo Maria Martini e quanti tra il popolo dei fedeli ne mantengono viva la memoria. E lo fanno certo con tanto affetto, ma soprattutto col desiderio di immedesimarsi nella sua testimonianza di Gesù Cristo. Sono anche lieto di ricordare che il polo museale formato dal Museo diocesano e dal Chiostro di Sant’Eustorgio prenderà ufficialmente il nome del Cardinale Carlo Maria Martini. Mi preme anche citare l’uscita del secondo volume dell’Opera omnia e di un documentario sulla figura dell’Arcivescovo. 
Voglio concludere leggendovi un pensiero autobiografico del Cardinale che un fedele mi ha fatto pervenire in questi giorni. Lo affido a voi nella certezza che vi sarà di realistico conforto come lo è stato per me. 
«Signore Dio, mi hai condotto per anni con pazienza e bontà tra molte sorprese e non poche fatiche; ho vissuto giorni di festa e giorni di pianto; ho avuto tanto da fare ed è stato talvolta così spontaneo cedere alla pigrizia che ho finito per dimenticare il perché delle cose e troppo di rado ho ritrovato l’umiltà e la fede per dirti il mio grazie. Gli anni che passano mi rendono un poco più saggio e pensoso: aiutami ad amare la vita e a renderti sempre grazie per i giorni che mi regali, aiutami a non arrendermi all’amarezza che critica tutto, all’avidità che s’attacca alle cose, alla tristezza che s’affligge per nulla. 
Dammi un po’ di salute, perché possa essere ancora utile; ma dammi anche la fortezza e la pazienza, se la salute viene meno. 
Dammi una fede forte per essere fedele alla preghiera, limpido nella testimonianza, sereno nella prova, vigile nell’attesa del grande incontro con te, che vivi e regni nei secoli dei secoli...». 
Per questo, riuniti nella preghiera per il Cardinale Carlo Maria, possiamo con tutta la Chiesa domandare con speranza certa per lui al Padre, in Cristo Gesù, di «assegnare in cielo un posto di singolare splendore a coloro che in terra hai chiamato alla guida della tua Chiesa» (Prefazio).