mercoledì 28 dicembre 2016

Il bambino ha bisogno di una madre e di un padre naturali.




Se non volete concepirlo, lasciate perdere

di Silvana de Mari.
Di gravidanza e di parto si può morire e si muore. Il corpo della madre ne porta i segni per sempre anche quando tutto è andato bene. Anche nei parti più normali e fisiologici sia madre che figlio ne escono dolenti e stremati, dopo di che inevitabilmente si abbracciano, a meno che il neonato non sia immediatamente sequestrato per essere lavato e messo in un’insopportabile culla sterile, dove i suoi polmoni saranno spinti allo spasimo in un dolorosissimo pianto nella inutile ricerca di qualcuno che lo consoli (pratica ormai abbandonata, fortunatamente).
L’abbraccio, l’odore della pelle, provoca in entrambi una sensazione di piacere mediata dalle endorfine. Questa scarica di endorfine è enorme nel neonato e ulteriormente aumentata da quelle contenute nel latte materno. Solo dove c’è dolore può esserci consolazione. Che il parto umano sia così lungo e doloroso secondo alcuni fisiologi favorisce un attaccamento così grande da permettere una vicinanza lunghissima, di molti anni. L’attaccamento madre/figlio è l’emozione più potente che esista in natura e su questa è basata la sopravvivenza della vita.
Tutte le altre emozioni sono pallide imitazioni. Chi ha sentito una vita muoversi dentro di sé, chi ha provato il dolore dal parto, che sa quanti rischi anche mortali gravidanza e parto vogliono dire, che intensa felicità dia il primo sorriso del bimbo (verso i due mesi, quasi sempre quando sta succhiando il latte, si interrompe, guarda mamma e poi sorride), sa di cosa si stia parlando.
È questa lunghissima vicinanza, basata sul dolore dell’allontanamento e sulla gioia della vicinanza tra madre e figlio, il fatto che il piccolo non sia sbattuto a cavarsela da solo dopo pochi anni, che permette il processo educativo, il fatto che ogni generazione trasmetta il proprio sapere alla successiva che non riparte più da zero.
Il processo educativo è la base della civiltà umana. Dove non c’è madre che possa consolare, il dolore resta non consolato, una ferita aperta. Quello che succede negli orfani. Essere separati dalla madre è una ferita primaria.
Sulla gravidanza, il periodo in cui il feto e la madre condividono i neurotrasmettitori si fa tutto l’adattamento epigenetico, l’adattamento che permette la sopravvivenza della specie. Se mamma ha sofferto la fame durante la gravidanza, il bambino avrà una forte tendenza a ingrassare (dove non c’è roba, meglio metterla da parte), e a non essere troppo alto (dove c’è poco, meglio non sprecare). Se la madre ha vissuto in condizione di stress alto, bombardamenti, violenza, il bambino tenderà ad essere estremamente ansioso e più facilmente aggressivo.
Una mia carissima amica suonatrice di liuto durante la gravidanza del suo secondogenito ha provato tutti i giorni un pezzo di musica del barocco napoletano in previsione di un concerto dato all’ottavo mese di gravidanza. Dopo di che non ha più suonato quel pezzo. La volta in cui la radio lo ha trasmesso, suo figlio di quattro anni ha cominciato a canticchiarlo anticipando le battute.
Il legame madre figlio è sacro. Quando il legame con la madre è spezzato il bambino per tutta la vita esprime ormoni da stress, sempre, anche quando sembra tranquillo e moltiplica il rischio di sviluppare una depressione grave, oppure una malattia fisica. Stesso discorso per la madre. Chiunque lo spezzi volutamente questo legame commette un crimine. Nell’onnipresente figura dell’orfano, personaggio chiave di tutta la letteratura fantastica c’è questo dolore assoluto. Nel bel libro “Milioni di Farfalle”, il neurochirurgo Alexander, adottato piccolissimo da una meravigliosa famiglia adottiva, ci spiega come questo dolore non sia MAI superabile. Tra l’altro il suo è anche un bellissimo libro per superare definitivamente la paura della morte.
Aimee Mullins ha subito una ferita primaria: l’amputazione delle gambe all’età di un anno. Questo non le ha impedito di diventare una modella, un’atleta e di correre i 100 metri. L’essere umano è una creatura straordinaria. É nel dolore che gli dei ci rendono visita, è nelle ferite che incontriamo Dio. Perdere le gambe è una ferita primaria come è una ferita primaria perdere la madre o non avere il padre. Una ferita che l’essere umano può superare perché questa è la nostra straordinaria natura. Mio suocero è nato orfano di madre, morta per darlo alla luce. Questa ferita credo lo ha reso un padre molto severo, ma non gli ha impedito di essere un nonno dolcissimo. Capitani di industria e fondatori di imperi sono usciti da orfanotrofi, ma la ferita esiste, come esiste il velo di tristezza che questa bellissima donna nasconde quando al mattino deve scegliere quale delle coppie di gambe mettere (ne ha diverse a seconda del tacco).
Esistono bambini senza madre, morta di parto, esistono bambini che non conoscono il nome del padre, e questi bambini lo superano, ma lo superano nel dolore. Affermare che non è importante per un bambino avere padre e madre e che siano i suoi perché ci sono bambini che non li hanno e se la cavano, ha lo stesso senso che affermare che non è importante avere le gambe perché ci sono bellissime persone che ne fanno a meno e vincono anche le olimpiadi. Far nascere un bambino orfano di padre, figlio di donatore anonimo, con metà del suo senso di identità spazzato via è un crimine paragonabile all’amputazione di una gamba, tanto se la cava lo stesso. La perdita della madre, della donna che ha portato la gestazione, è una catastrofe tale che per tutta la vita restano alti gli ormoni da stress, è come amputare le gambe per il gusto di amputarle, tanto poi ci sono le protesi.
Se non siete in grado di concepire o di portare una gravidanza, non usate il corpo di una donna povera, ma accettate che non è vostro destino essere madri. Se semplicemente non avete voglia di portare la gravidanza perché avete di meglio da fare, continuate a farlo e lasciate perdere l’idea di diventare madre facendo altro. Se volete diventare madre, ma non siete in grado di accettare e amare il corpo di un uomo, allora lasciate perdere: non avrete la capacità di amare il corpo maschile di un figlio maschio e di far capire a una figlia femmina il valore della femminilità.
Se volete diventare padri, ma il corpo di una donna non vi affascina, non siete in grado di diventare padri. Prendete atto della cosa. Diventare genitori a distanza di un bambino e di una mamma poveri, anche una piccola distanza, che questo bambino vi conosca, che siate i suoi zii, che possiate vederlo crescere, essere fieri dei suoi successi e allora sarete persone che portano luce nel buio e ordine nel caos. Altrimenti diventerete persone che distruggono l’ordine verso il caos e annientano la luce nel buio. Fate il contrario. Siate Re Magi: coloro che portano doni.
Fonte: post dell’autrice su Facebook